Corte di cassazione
Sezione VI penale
Sentenza 5 marzo 2020, n. 9582

Presidente: Criscuolo - Estensore: De Amicis

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 gennaio 2020 la Corte di appello di Roma ha disposto la esecuzione del m.a.e. processuale emesso dall'A.G. tedesca (Tribunale di Colonia) nei confronti di O. Calogero, in relazione alla partecipazione ad un procedimento penale ivi pendente per quindici episodi di furto aggravato, nonché per i reati di uso indebito di carte di credito e frode informatica, commessi nel territorio tedesco fra il 19 agosto 2015 ed il 29 ottobre 2016.

Con la medesima pronuncia, inoltre, la Corte d'appello ha differito la consegna a soddisfatta giustizia italiana, per consentire che egli possa espiare le pene alle quali è stato condannato con sentenze passate in giudicato, per le quali si trova tuttora detenuto.

2. Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo l'erronea applicazione dell'art. 25, comma 1, della l. n. 69 del 2005 e dell'art. 28, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI, per non essere ancora pervenuto il richiesto assenso della A.G. olandese, atteso che l'O. era stato in precedenza consegnato all'Italia dall'A.G. dei Paesi Bassi per la esecuzione di sei mandati di arresto europeo emessi per altrettante sentenze irrevocabili di condanna. Si evidenzia, al riguardo, che l'assenso è stato prestato dall'ufficio del P.M. di Amsterdam e non dalla stessa Corte olandese che nel 2017 aveva accolto sei richieste di consegna dell'O. da parte dell'Italia, rigettandone tuttavia altre dodici.

2.1. Con il secondo motivo si lamenta l'erronea applicazione dell'art. 6, commi 4, lett. a), e 6, della l. n. 69 del 2005, in ragione dell'omesso invio della relazione sui fatti addebitati e sulle fonti di prova acquisite in merito alle contestate condotte delittuose.

2.2. Con il terzo motivo, infine, si deduce l'erronea applicazione dell'art. 24, comma 1, della l. n. 69 del 2005 in relazione all'omesso differimento della consegna per consentire la prosecuzione dei numerosi procedimenti penali pendenti in Italia presso diverse Autorità giudiziarie in fase di indagine, dibattimento o appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto entro i limiti e per gli effetti qui di seguito esposti e precisati.

2. Infondato, in primo luogo, deve ritenersi il secondo motivo dedotto nel ricorso, poiché l'autorità di emissione in data 2 ottobre 2019 ha trasmesso alle autorità interne una relazione informativa ove, sia pur sinteticamente, ha dato conto delle fonti di prova raccolte a carico della persona richiesta in consegna, facendo riferimento, ad integrazione di quanto già evidenziato nel mandato di arresto europeo, alle risultanze offerte dagli esiti delle videoriprese effettuate nei luoghi in prossimità dei quali sarebbero avvenute le ipotizzate azioni delittuose, ivi precisandosi, fra l'altro, che il quadro probatorio si presenta in termini analoghi relativamente alle altre ipotesi di reato all'odierno ricorrente ascritte.

Sulla base della documentazione trasmessa dall'autorità dello Stato di emissione, dunque, deve ritenersi che il controllo in ordine ai gravi indizi di colpevolezza sia stato reso possibile e ritualmente effettuato da parte dell'autorità giudiziaria italiana.

3. Fondato, di contro, deve ritenersi il primo motivo di doglianza, atteso che il ricorrente è stato consegnato all'Italia dalle competenti autorità giudiziarie dei Paesi Bassi a seguito di taluni mandati di arresto europeo emessi da varie autorità italiane e che l'assenso richiesto ai Paesi Bassi per la successiva consegna del ricercato alle autorità richiedenti di altro Stato membro ai sensi dell'art. 28, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI sembra essere stato accordato con atto trasmesso al Ministero della giustizia in data 8 luglio 2019 non dalla medesima autorità giurisdizionale che ne ha disposto l'iniziale consegna, ma da un organo del P.M. preposto all'assistenza giudiziaria internazionale sulla cui specifica competenza a provvedere in relazione all'insieme delle complesse ed articolate valutazioni a tal fine richieste dalla richiamata disposizione della decisione quadro la Corte distrettuale non ha svolto alcun accertamento.

L'art. 28, par. 3, della menzionata decisione quadro stabilisce, infatti, che: «L'autorità giudiziaria dell'esecuzione dà il suo assenso alla consegna ad un altro Stato membro secondo le seguenti regole: a) la richiesta di assenso è presentata in conformità dell'articolo 9, corredata delle informazioni di cui all'articolo 8, paragrafo 1, nonché di una traduzione, come previsto all'articolo 8, paragrafo 2; b) l'assenso è accordato qualora il reato per cui è richiesto dia esso stesso luogo a consegna conformemente al disposto della presente decisione quadro; c) la decisione interviene entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta; d) l'assenso è rifiutato per i motivi di cui all'articolo 3 e può essere altrimenti rifiutato soltanto per i motivi di cui all'articolo 4. Per le situazioni di cui all'articolo 5 lo Stato membro emittente deve fornire le garanzie ivi previste».

Al riguardo, invero, la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 28 giugno 2012 (C-192/12 PPU, ric. West), ha osservato in linea generale che, sulla falsariga della regola di specialità enunciata all'art. 27, par. 2, della decisione quadro, a norma della quale la persona consegnata non è sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quelli per cui è stata consegnata (v. sentenza del 10 dicembre 2008, Leymann e Pustovarov, C-388/08 PPU, Racc. pag. I-8983, punto 43), la regola sancita nell'art. 28, par. 2, della stessa decisione quadro conferisce alla persona ricercata il diritto di non essere consegnata ad uno Stato membro diverso dallo Stato membro di esecuzione ai fini dell'esercizio di azioni penali o dell'esecuzione di una pena privativa della libertà per un reato commesso prima della sua consegna allo Stato membro emittente.

Ne discende che se è vero, come emerge dal par. 3 dell'art. 28, che le autorità giudiziarie di esecuzione devono in linea di principio dare il loro assenso ad una consegna successiva, è pur vero che esse hanno il diritto, a norma del primo comma, lett. d), dello stesso par. 3, di rifiutare di dare il loro assenso ad una consegna successiva per i motivi enunciati dagli artt. 3 e 4 della stessa decisione quadro. Peraltro il secondo comma del medesimo par. 3, come precisato dalla Corte di giustizia, prevede che lo Stato membro emittente, se del caso, debba fornire all'autorità giudiziaria di esecuzione le garanzie previste dall'art. 5 della suddetta decisione quadro (cfr. il punto 65 della citata sentenza).

Se, da un lato, non è necessario, secondo le pertinenti previsioni della decisione quadro (che anche nel par. 1 dell'art. 28 fa genericamente riferimento alla "autorità giudiziaria dell'esecuzione"), che la competenza a provvedere sull'assenso alla successiva richiesta di consegna spetti alla medesima autorità giudiziaria che ha già deliberato sull'esecuzione del mandato di arresto europeo, dall'altro lato traspare con evidenza, dal contenuto delle richiamate disposizioni normative, che la tipologia e l'ampiezza delle valutazioni affidate all'autorità di esecuzione per accordare l'assenso alla successiva consegna del ricercato rientrano nella sfera di un apprezzamento di natura tipicamente giurisdizionale e sostanzialmente sovrapponibile al vaglio delibativo richiesto ai fini della decisione sulla consegna ex art. 15 del su menzionato atto di diritto derivato.

Ciò tanto più è vero ove si consideri che nell'ordinamento italiano spetta alla corte di appello decidere sia sulla richiesta di consegna avanzata ai sensi dell'art. 17, comma 1, della l. n. 69 del 2005, sia sulla richiesta di assenso alla successiva consegna del ricercato ad uno Stato terzo ai sensi dell'art. 25, comma 2, l. cit.

Discende da tali considerazioni l'esigenza di accertare, anche attraverso il ricorso agli strumenti di informazione integrativa contemplati dall'art. 16 l. cit., quale sia nell'ordinamento dei Paesi Bassi l'organo giudiziario competente ad esprimere l'assenso alla consegna sulla base delle regole specificamente contemplate nell'art. 28, par. 3, della menzionata decisione quadro e, qualora si tratti di un ufficio del P.M., se quell'ordinamento contempli la possibilità di attivare un successivo controllo avvalendosi di strumenti di impugnazione del provvedimento dinanzi ad un organo giurisdizionale.

4. Parimenti fondato, infine, deve ritenersi il terzo motivo di ricorso, atteso che nella motivazione dell'impugnata sentenza la consegna sembra essere stata differita anche sotto il profilo della prosecuzione dei processi pendenti dinanzi alle autorità giudiziarie italiane, oltre che per la esecuzione in Italia delle pene già irrogate al ricercato con sentenze passate in giudicato, mentre nel dispositivo della sentenza tale differimento risulta limitato esclusivamente a tale ultimo profilo.

Al riguardo giova richiamare l'insegnamento di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 14764 del 27 marzo 2013, Furman, Rv. 257020; Sez. 6, n. 14860 del 27 marzo 2014, Dumitran, Rv. 259464), secondo cui la facoltà di rinviare la consegna della persona richiesta, per consentirle di essere sottoposta a procedimento penale in Italia per un reato diverso da quello oggetto del m.a.e., implica una valutazione di opportunità che è necessariamente riservata alla Corte di appello e che, nel comportare l'eventuale acquisizione di ulteriore documentazione, deve tener conto non solo dei criteri desumibili dall'art. 20 della l. n. 69 del 2005 (ossia, la gravità dei reati e la loro data di consumazione), ma anche di altri parametri pertinenti, quali, ad es., lo stato di restrizione della libertà, la complessità dei procedimenti, la fase o il grado in cui essi si trovano, l'eventuale definizione con sentenza passata in giudicato, l'entità della pena da scontare e le prevedibili modalità della sua esecuzione.

5. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello in dispositivo indicata, affinché, alla stregua delle regole di giudizio affermate, provveda a colmare i vizi rilevati e le correlative lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii in questa Sede stabiliti.

La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 22, comma 5, della l. n. 69/2005.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, della l. n. 69 del 2005.

Depositata il 10 marzo 2020.

A. Di Majo

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Giuffrè, 2024

F. Caringella

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Dike Giuridica, 2024

L. Alibrandi (cur.)

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La Tribuna, 2024