Corte di cassazione
Sezione II civile
Sentenza 18 marzo 2003, n. 3999

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione 31.10.1977, Giancarlo e Grazia B., premesso che erano eredi per rappresentazione del loro nonno Nello B., il quale nel testamento olografo aveva nominato erede il loro padre nella percentuale del 60% del relitto, lasciando il residuo patrimonio a Rita B.; che essi, inoltre, erano eredi per chiamata diretta di Margherita T., la quale aveva lasciato loro un appartamento sito in Padova e alla Rita B. delle azioni di alcune società; convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Verona, Rita B. al fine di sentir dichiarare lo scioglimento della comunione ed attribuire loro l'immobile sito in Cologna Veneta, già appartenente al suddetto nonno, nonché l'immobile sito in Padova lasciato dalla T.

Costituitasi, la B. eccepiva la nullità del testamento olografo 8.9.1973 della propria madre Margherita T., chiedeva il riconoscimento della quota di legittima relativamente alla successione materna e l'assegnazione dell'immobile sito in Cologna Veneta.

A questa causa veniva riunita l'altra causa promossa (con citazione del 30.12.1977) da Vanna T., che agiva in nome e per conto della figlia minore Ilaria B., per ottenere la riduzione delle disposizioni testamentarie di Margherita T., la quale aveva pretermesso Ilaria B., figlia del premorto Ugo B., a sua volta figlio della de cuius.

Con sentenza non definitiva (24.06/19.10.1983) il Tribunale di Verona assegnava l'immobile di Cologna Veneta congiuntamente a Giancarlo e Grazia B., cui imponeva di versare a Rita B. la somma di lire 26.400.000, e rimetteva le parti davanti al giudice istruttore per il prosieguo del giudizio.

In data 3 aprile 1984 Rita B., Vanna T., per la minore Ilaria B., e Giancarlo B., per sé e per la sorella Grazia B., sottoscrivevano una "convenzione privata", con la quale, premesso che tra le parti pendeva una causa civile "attinente la divisione dei beni caduti in successione di B. Nello e T. Margherita", dichiaravano di voler transigere l'intera vertenza convenendo di assegnare l'immobile di Cologna Veneta a Rita B. e l'immobile sito in Padova a Giancarlo e Grazia B., determinando i conguagli ai coeredi e condizionando l'efficacia della convenzione da parte di Ilaria B. alla necessaria autorizzazione del giudice tutelare.

Poiché la causa che si riteneva transatta non veniva abbandonata, in quanto Grazia B., nonostante le promesse del fratello Giancarlo, si era rifiutata di sottoscrivere la convenzione datata 3 aprile 1984, Rita B. proponeva domanda di accertamento dell'efficacia della convenzione, sostenendo che la stessa doveva ritenersi atto transattivo e quindi efficace nei confronti del firmatario Giancarlo B., almeno nei limiti di disposizione della sua quota.

Con sentenza definitiva (15.01/11.04.1991) il Tribunale di Verona qualificava detta convenzione come atto di divisione e ne dichiarava l'inefficacia per mancanza della firma di Grazia B.; assegnava poi anche l'appartamento sito in Padova a Giancarlo e Grazia B., con l'obbligo di pagare lire 10.880.000 a Ilaria B. e lire 32.640.000 a Rita B., alla quale attribuiva le azioni della Richard Ginori e altri importi a titolo di rendiconto.

Contro la sentenza del Tribunale Rita B. proponeva appello sostenendo che la convenzione aveva natura traslativa e che sulla base della stessa venisse ordinato al Conservatore dei Registri Immobiliari di Verona di annotare l'avvenuto trasferimento dell'immobile di Cologna Veneta in suo favore, avvero, in subordine, che Giancarlo B. venisse condannato a risarcirle i danni subiti, ammontanti a lire 50.000.000.

La Corte d'appello di Venezia, con sentenza non definitiva (07.06/25.11.1994), in parziale riforma della decisione del Tribunale, dichiarava Giancarlo B. tenuto al risarcimento dei danni patiti da Rita B. nei limiti dell'interesse negativo e rimetteva le parti davanti al consigliere istruttore per la determinazione.

Espletata ctu, la Corte d'appello di Venezia, con sentenza definitiva 21/1999, condannava Giancarlo B. a corrispondere a Rita B. la somma di lire 1.456.000, da essa pagata il 7.12.84 per la registrazione della sentenza del Tribunale, nonché la somma di lire 140.000, pagata l'8.01.1987 per Invim, con rivalutazione secondo gli indici Istat, oltre gli interessi legali, e a rimborsare le spese del doppio grado di giudizio, compensandole tra tutte le altre parti.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Rita B. in base a un solo motivo, illustrato da memoria.

Giancarlo B. non si è costituito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo, deducendo violazione dell'articolo 360, nn. 3 e 5, c.p.c. in relazione agli articoli 1218 e 2043 c.c., nonché contraddittoria motivazione, la ricorrente censura l'impugnata sentenza per aver liquidato il risarcimento del danno, sia pure nei limiti dell'interesse negativo, in maniera irrisoria, riconoscendo soltanto le spese per la registrazione della sentenza e Invim, senza considerare che andava riconosciuto anche il risarcimento per la perdita di chance, ossia per la perdita delle occasioni delle quali avrebbe potuto godere la Rita B. se il fratello Giancarlo avesse mantenuto l'impegno assunto. Sostiene, inoltre, la ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in grave errore logico per macroscopica contraddizione fra la premessa (condanna di Giancarlo B. al risarcimento) e la conclusione quantificativa, limitata alle sole spese di registrazione della sentenza e Invim, per le quali non occorreva alcun accertamento tecnico essendo documentate in atti.

Il motivo è infondato.

La parte, alla quale sia stato riconosciuto il risarcimento dei danni subiti nei limiti dell'interesse negativo, qualora voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di chance, ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto almeno di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta (vedi Cassazione 10748/96).

Invero, com'è stato evidenziato da tempo, sia da autorevole dottrina sia dalla giurisprudenza di questa Corte, la chance, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d'autonoma valutazione, onde della sua perdita, vale a dire della perdita della possibilità di conseguire un qualsivoglia risultato utile, deve essere provata la sussistenza (cfr. Cassazione 15759/01; 11340/98).

Nel caso specifico la ricorrente ha provato soltanto gli esborsi per la registrazione della sentenza e per l'Invim; nessuna prova, né per presunzioni né in base a calcolo di probabilità, ha dato della perdita di chance, ossia della perdita delle asserite "occasioni" che il mercato avrebbe offerto per incrementare il proprio patrimonio e non sfruttate a causa dell'inadempimento di Giancarlo B. Neppure la ctu, disposta peraltro proprio per sopperire a tale deficienza probatoria, è riuscita ad individuare (con calcolo probabilistico in relazione ai principi della causalità adeguata) la sussistenza di tale perdita.

Nell'infondatezza del proposto mezzo di doglianza, il ricorso deve essere rigettato.

Non si deve provvedere sulle spese perché il concorrente Giancarlo B. non si è costituito.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.