Corte di cassazione
Sezione I
Sentenza 30 settembre 2010, n. 20504

RITENUTO

che, con ricorso del 3 gennaio 2005, il Fallimento della s.r.l. Alimer ha impugnato per cassazione, nei confronti del Ministro delle attività produttive, la sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 4938/03 del 24 novembre 2003, con la quale la Corte ha dichiarato la nullità del lodo arbitrale, pronunciato tra lo stesso Fallimento ed il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sottoscritto in data 25 luglio 1996;

che, in particolare, la Corte riferisce, in punto di fatto, che: a) detto lodo - con il quale è stata trasferita alla Società Alimer la proprietà di un lotto di terreno assegnatole nel nucleo di Buccino (SA) per la realizzazione di uno stabilimento industriale ai sensi dell'art. 32 della l. n. 219 del 1981, nell'ambito dei provvedimenti per le zone terremotate - è stato impugnato dal Ministro dell'Industria; b) il Fallimento ha resistito all'impugnazione; c) "nel corso del giudizio è stata disposta l'acquisizione dell'originale o copia autentica della convenzione indicata come regolante il rapporto intercorso tra le parti";

che, inoltre, la Corte d'Appello di Roma, in punto di diritto, ha così motivato la decisione: a) "Nonostante le sollecitazioni rivolte alle parti di produrre l'originale o copia autentica del disciplinare che si afferma stipulato per la regolamentazione del rapporto in questione, risultano prodotte in atti o copie informi, ovvero copie indicate come conformi da pubblico funzionario, ma prive delle sottoscrizioni delle parti e mancanti anche di alcune indicazioni lasciate in bianco (particolarmente rilevante è quella relativa all'entità del contributo). Esiste solo la copia del decreto di concessione dei benefici a firma del Ministro pro tempore in calce. Per il disciplinare v'è quindi solo una dizione di conformità che si riferisce al solo facsimile dello stesso a firma del dirigente dell'amministrazione, mentre mancano del tutto le firme in calce al disciplinare e nelle sue pagine interne"; b) "È evidente che in tale situazione non può essere attribuita alcuna efficacia al regolamento di interessi che avrebbe dovuto costituirsi mediante il disciplinare di cui si tratta, e, in particolare, non risulta assolutamente oggetto del consenso delle stesse la clausola compromissoria contenuta nell'art. 12, la cui specifica approvazione - a pena di assoluta inefficacia - è sancita dall'art. 1341 cpv. c.c. anche per il particolare negozio in esame, da redigere anch'esso in forma scritta ad substantiam, riguardando una p.a. È, pertanto, evidente che, essendosi nella fattispecie in esame rivelata insussistente la volontà contrattuale delle parti, la clausola compromissoria, afferente un contratto anch'esso nullo per difetto di consenso e di forma, è del tutto inesistente o, quantomeno, assolutamente nulla di talché non è mai sorta la potestas iudicandi degli arbitri"; c) "L'originaria e totale carenza di potere degli arbitri - rilevabile d'ufficio - comporta la nullità di tutti gli atti compiuti in conseguenza e, quindi, la radicale nullità del lodo arbitrale emesso che la Corte è tenuta in questa sede a dichiarare, così esaurendo il proprio compito, dato che l'accertamento effettuato impedisce il passaggio alla fase rescissoria che presuppone invece un lodo emesso da arbitri investiti di un'effettiva potestas iudicandi" (viene richiamata la sentenza della Corte di cassazione n. 1723 del 2001);

che con il predetto ricorso per cassazione il Fallimento della s.r.l. Alimer deduce diciassette motivi di censura illustrati con memoria;

che resiste, con controricorso illustrato da memoria, il Ministro dello sviluppo economico.

CONSIDERATO

che il Fallimento ricorrente premette ai motivi del ricorso (cfr. pagg. 22-24 del Ricorso) che: a) a seguito dell'ordinanza, con la quale la Corte d'appello aveva invitato le parti a depositare l'originale o copia conforme del disciplinare stipulato tra l'amministrazione e la Società Alimer, "il MICA, con nota prot. n. 1009223/01, ha rimesso pure copia conforme del decreto e del relativo disciplinare (si tratta del documento depositato all'udienza del 21/03/2003 e fascicolato al n. 12 della produzione in Corte di Appello)"; b) detta produzione è composta dal decreto di ammissione al contributo, sottoscritto dal Ministro pro tempore, che richiama l'allegato disciplinare, da tale disciplinare (che indica anche l'ammontare del contributo), sottoscritto in calce dal Ministro e, nell'ultima pagina degli allegati, dal legale rappresentante della s.r.l. Alimer con sottoscrizione autenticata;

che, con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e/o falsa applicazione di norma di legge - artt. 99 e 112 c.p.c. - Ultrapetizione e/o extrapetizione. Nullità della sentenza. Fattispecie di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 360 c.p.c."), il Fallimento ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che l'attrazione del giudizio arbitrale nell'area dell'autonomia privata delle parti preclude al giudice dell'impugnazione del lodo l'esame d'ufficio circa la validità della clausola compromissoria, in mancanza - come nella specie, segnatamente da parte del Ministro - della relativa deduzione nel corso del giudizio arbitrale o, almeno, della formulazione di corrispondente specifico motivo di impugnazione del lodo;

che, con il secondo (con cui deduce: "Ancora violazione e/o falsa applicazione di norma di legge - artt. 99 e 112 c.p.c. - Ultrapetizione e/o extrapetizione. Nullità della sentenza. Fattispecie di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 360 c.p.c.") e con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - art. 829 c.p.c. in relazione agli artt. 807 e 808 c.p.c. Ultrapetizione e/o extrapetizione - artt. 99 e 112 c.p.c. - Nullità della sentenza. Fattispecie di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 360 c.p.c.") - i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici dell'impugnazione del lodo hanno erroneamente rilevato - d'ufficio - la carenza di potestas iudicandi degli arbitri, derivandola dal precedente rilievo d'ufficio della nullità della clausola compromissoria, senza che, nella specie, il Ministro avesse eccepito alcunché al riguardo, ovvero avesse dedotto tale carenza di potere con uno specifico motivo di impugnazione del lodo;

che, con il quarto (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - art. 1341 c.c. in relazione all'art. 829 n. 1 c.p.c. - Ultrapetizione e/o extrapetizione - artt. 99 e 112 c.p.c. - Nullità della sentenza. Fattispecie di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 360 c.p.c."), con il quarto bis (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - art. 1341 c.c. in relazione all'art. 829 n. 1 c.p.c. - Ultrapetizione e/o extrapetizione - artt. 99 e 112 c.p.c. - Nullità della sentenza. Fattispecie di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 360 c.p.c.") il quinto (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - art. 1341 c.c. - Art. 360 n. 3 c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo - Art. 360 n. 5 c.p.c.") e con il sesto motivo (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - art. 1341 c.c. - Ultrapetizione e/o extrapetizione - artt. 99 e 112 c.p.c. - Art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.") - i quali possono essere del pari esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che i Giudici dell'impugnazione del lodo hanno erroneamente dichiarato d'ufficio l'inefficacia della clausola compromissoria, ai sensi dell'art. 1341 c.c., senza che la natura "vessatoria" della clausola e la sua mancata approvazione per iscritto fossero mai state eccepite dal Ministro o avessero formato oggetto di specifico motivo d'impugnazione del lodo;

che, con i motivi dal settimo al decimo (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - art. 1350 c.c. ed art. 16 r.d. 2440/1923 - Artt. 807 e 808 c.p.c. - Artt. 214, 215 e 221 c.p.c. - Artt. 2115, 2116, e 2719 c.c. - Fattispecie di cui all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. - Violazione in materia di prove - artt. 2119 e 2729 c.c. - Ultrapetizione e/o extrapetizione - artt. 99 e 112 c.p.c. - Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della causa") - i quali possono essere del pari esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che i Giudici dell'impugnazione del lodo, nel dichiarare d'ufficio la nullità del disciplinare per difetto di forma e/o di consenso: a) hanno omesso di considerare che tale nullità non è mai stata eccepita dal Ministro né ha formato oggetto di specifico motivo di impugnazione del lodo; b) hanno omesso di considerare che la affermata omessa produzione dell'originale del disciplinare o di una sua copia conforme contrasta con la avvenuta produzione sia di una fotocopia sia di una copia conforme, da parte del Ministro, e del decreto di ammissione al contributo e dell'allegato disciplinare, che tali atti sono evidentemente atti scritti, e che anche le copie fotografiche di documenti - ove, come nella specie, non disconosciute - hanno la stessa efficacia delle autentiche; c) hanno illegittimamente disconosciuto d'ufficio - la conformità delle copie prodotte agli originali; d) hanno omesso di considerare che la conformità all'originale della prodotta copia del disciplinare avrebbe potuto essere desunta, per presunzioni, dagli altri elementi probatori costituiti dagli atti successivi alla concessione del contributo;

che, con l'undicesimo motivo (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - artt. 1350, 1326, 1418 c.c. - Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Fattispecie di cui ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c."), il ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che, anche a voler ammettere che il disciplinare di ammissione al contributo non recasse la sottoscrizione delle parti, tale sottoscrizione - la cui apposizione non deve essere necessariamente contestuale alla redazione dell'atto - può essere sostituita dalla produzione in giudizio del relativo documento fatta, come nella specie, dalla parte che non l'ha sottoscritto;

che, con il dodicesimo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione di legge - artt. 807 e 808 c.p.c., in relazione agli artt. 828 e 829 c.p.c. ed art. 1362 e ss. c.c. - Art. 360 n. 3 c.p.c. Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia - art. 360 n. 5 c.p.c."), il ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che - siccome la clausola compromissoria, rappresentando un negozio autonomo rispetto all'atto cui accede, può risultare da atti separati e distinti ma collegati con detto atto -, nella specie, dagli atti di accesso all'arbitrato emerge in modo chiaro la comune volontà delle parti di rimettere la controversia tra le stesse insorta al giudizio degli arbitri;

che, con il tredicesimo motivo (con cui deduce: "Violazione di legge e falsa applicazione - artt. 210 c.p.c. in relazione al'art. 116 c.p.c. Art. 2725 c.c. - Violazione dei principi in tema di prove - art. 360 n. 3 c.p.c. Omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia - art. 360 n. 5 c.p.c."), il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che - nel caso in cui, come nella specie, la mancata produzione in giudizio di un documento non dipenda dalla volontà della parte - è ammessa la prova per testimoni;

che il ricorso merita accoglimento nei sensi di seguito indicati;

che le fattispecie - sostanziale e processuale - sottostanti al ricorso in esame sono analoghe, nell'essenziale, a quelle sottostanti al ricorso per cassazione deciso con la sentenza di questa Corte n. 16332 del 24 luglio 2007, emessa tra il Fallimento della s.p.a. Lucania Cavi ed il Ministro delle attività produttive;

che, con tale sentenza, questa Corte ha affermato: a) che, sebbene "il difetto di potestas iudicandi del collegio arbitrale può essere rilevato anche d'ufficio, indipendentemente dalla sua precedente deduzione nell'ambito del procedimento arbitrale, quando derivi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria (cfr., tra le altre, Cass. 23 marzo 2006, n. 6425; 3 giugno 2004, n. 10561)", tuttavia "costituisce principio fermo nella giurisprudenza di questa Corte che il requisito della forma scritta ad substantiam, richiesto dall'art. 807 c.p.c., è soddisfatto ogniqualvolta la volontà negoziale di compromettere la causa sia contenuta in un atto scritto (cfr., tra le altre, Cass. 19 marzo 2004, n. 5540), e non postula indefettibilmente che la volontà contrattuale sia espressa in un unico documento, avuto riguardo all'autonomia di detta clausola rispetto al contratto cui essa accede (cfr., tra le altre, Cass. 19 dicembre 2000, n,15941; 22 febbraio 2000, n. 198 9)"; b) che, siccome "nel caso di specie entrambe le parti hanno prodotto in causa, per ben due volte, la fotocopia del disciplinare contenente la clausola compromissoria, e poiché in base all'art. 2719 c.c. le fotocopie, non essendo state disconosciute (ma, anzi, essendo state prodotte in un testo avente identico contenuto da entrambe le parti) hanno la stessa efficacia dell'originale (cfr., tra le tante, Cass. 8 maggio 2006, n. 10501; 11 gennaio 2006, n. 212), nessun dubbio può sussistere in ordine alla sussistenza della prova scritta della clausola compromissoria"; c) che "il disciplinare non poteva ovviamente contenere la firma del Curatore fallimentare, trattandosi di contratto stipulato prima della dichiarazione di fallimento della Lucania Cavi e per l'appunto recante la sottoscrizione del rappresentante legale di quest'ultima, munita di autentica notarile, oltre a quella del Ministro dell'epoca, mentre la certificazione della conformità delle fotocopie agli originale era attestata, secondo le disposizioni della l. 4 gennaio 1968, n. 15, recepite dal t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, dal funzionario dell'ufficio (nella specie, il Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato) presso il quale l'originale è depositato. Né ai fini della validità della clausola era necessaria l'apposizione della firma o della sigla su ciascun foglio del documento contrattuale, un simile adempimento non essendo richiesto da alcuna norma di legge"; d) che "Sotto altro profilo, nel ritenere applicabile alla fattispecie il disposto dell'art. 1341 c.c., la Corte d'appello ha implicitamente svolto un'indagine di merito (in ordine alle modalità con le quali è stato stipulato il contratto, alla predisposizione unilaterale delle singole clausole, alla mancata negoziazione di queste) che le era preclusa non solo perché mai richiesto, in sede arbitrale, ma anche perché incompatibile con i limiti che caratterizzano il giudizio di impugnativa del lodo arbitrale, nel cui ambito occorre tenere ben distinta la fase rescindente, limitata alla verifica della sussistenza delle nullità del lodo dedotte dall'impugnante, e la successiva eventuale fase rescissoria, estesa al riesame del merito della controversia entro i confini tracciati dalla pronuncia rescindente e dalle domande della parti. Peraltro la corte d'appello non ha minimamente chiarito nella sentenza impugnata le ragioni per le quali è stata da essa ritenuta applicabile al contratto in parola la disciplina prevista con riguardo ai contratti per adesione";

che, comparando le fattispecie sottostanti a tale sentenza con quelle sottostanti al ricorso in esame (cfr., supra, le circostanze processuali dedotte dal ricorrente circa la produzione nel giudizio di impugnazione del lodo sia del decreto ministeriale di ammissione al contributo, sia dell'allegato disciplinare contenente la clausola compromissoria - non contestate dalla controparte -, premesse alle censure), emerge, dunque, l'affermata analogia delle stesse nell'essenziale;

che, pertanto, il Collegio ritiene che i condivisi principi di diritto enunciati con la predetta sentenza n. 16332 del 2007 devono applicarsi anche nella specie, tanto più che essi rispondono alle erronee rationes decidendi poste a fondamento della sentenza impugnata;

che i medesimi principi rispondono altresì, nell'essenziale, alle critiche formulate dal fallimento ricorrente;

che, conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata e la relativa causa deve essere rinviata alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, la quale, oltre ad uniformarsi ai qui ribaditi principi di diritto, provvederà anche a regolare le spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.

G. Basile

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