Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 30 settembre 2010, n. 7239

FATTO

Con le sentenze impugnate il primo giudice ha respinto i ricorsi proposti dalla società odierna appellante avverso taluni provvedimenti con cui il Comune di Monte Argentario ha disposto, su richiesta dei soggetti controinteressati in primo grado, il rinnovo quadriennale di concessioni per ormeggio, in scadenza il 31 dicembre 2006, su porzioni della superficie acquea oggetto della domanda presentata dalla stessa ricorrente, avente ad oggetto il rilascio di concessione rivolta all'uso di approdo turistico.

Nel dettaglio, la Società Marina Management s.r.l., ha presentato, il 28 dicembre 2006 (con la precedente denominazione Etrusca Marina s.r.l.), alla Capitaneria di Porto di Livorno domanda tesa ad ottenere il rilascio di una concessione demaniale marittima su uno specchio d'acqua di mq. 56.030 all'interno del porto di Porto Ercole nel Comune di Monte Argentario, indicata nella modulistica come rivolta all'uso di approdo turistico.

La domanda ha quindi seguito l'iter previsto dal d.P.R. 509/1997, venendo ricondotta a procedimento già pendente in riferimento ad altre domande precedentemente proposte ed a suo tempo sospeso ed è stata sottoposta alla conferenza dei servizi prevista per la procedura disciplinata da detta normativa.

Ha quindi impugnato taluni provvedimenti con cui il Comune ha disposto, su richiesta dei soggetti controinteressati in primo grado, il rinnovo quadriennale di concessioni, in scadenza il 31 dicembre 2006, per ormeggio relativo ad una porzione della superficie chiesta dalla ricorrente; provvedimenti la cui validità è stata espressamente "subordinata... all'esito del procedimento amministrativo in corso di cui al D.P.R. del 02 dicembre 1997 n. 509".

Il primo giudice, nel disattendere i ricorsi, ha ritenuto:

- che sarebbero state invocate, a sostegno dei ricorsi, normative volte a disciplinare situazioni diverse tra loro e non sovrapponibili, il procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto di cui al d.p.r. n. 509/97 applicandosi solo ai porti turistici ed agli approdi turistici, non anche ai punti di ormeggio, per i quali trovano applicazione le pertinenti norme del codice della navigazione;

- che il riferimento all'art. 37 del codice della navigazione ed al "concorso di più domande" ivi contemplato nonché all'esigenza di un'interpretazione comunitariamente orientata del c.d. diritto di insistenza del precedente concessionario non è risolutivo nella specie, la domanda della società ricorrente non essendo omogenea e comparabile, dal punto di vista qualitativo ancor prima che quantitativo, con quelle delle imprese controinteressate;

- che, quanto alla denunciata violazione del principio di trasparenza e dell'art. 18 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione, assuntamente implicante l'impossibilità per la società ricorrente di attendere alla presentazione di una diversa domanda avente il medesimo oggetto di quelle delle controinteressate, l'art. 18 citato, così come il connesso dibattito sull'appropriatezza dei mezzi previsti a garantire un adeguato livello di pubblicità, si riferiscono al caso di "concessione di particolare importanza per l'entità o lo scopo", mentre le concessioni in questione (considerata la superficie acquea interessata, l'entità del canone, la durata prevista e comunque subordinata all'esito del procedimento ex d.p.r. n. 509/97) oggettivamente non rivestono tale carattere;

- che a tali concessioni si attaglia la previsione dell'art. 8 del regolamento stesso, il quale prevede che le concessioni di durata non superiore al quadriennio che non importino impianti di difficile rimozione possono essere rinnovate senza formalità di istruttoria, salvo il parere sulla misura del canone.

Propone distinti appelli la società ricorrente deducendo l'erroneità delle sentenze gravate di cui chiede l'annullamento.

All'udienza del 28 maggio 2010 le cause sono state trattenute per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, va disposta la riunione degli appelli, attesa l'identità delle questioni involte.

Gli appelli vanno accolti.

Giova considerare che con l'unico motivo di gravame si deduce l'erroneità delle sentenze impugnate laddove hanno disatteso la denunciata violazione del principio di trasparenza e dell'art. 18 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione.

Ad avviso della società ricorrente, invero, i provvedimenti impugnati in primo grado, di rinnovo per quattro anni delle sette concessioni demaniali già rilasciate, sono stati adottati in violazione delle norme e dei principi, anche di derivazione comunitaria, che impongono la previa ed adeguata pubblicità e l'osservanza di svolgere procedure di tipo competitivo.

Secondo il primo giudice l'art. 18 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione, così come il connesso dibattito sull'appropriatezza dei mezzi previsti a garantire un adeguato livello di pubblicità, si riferiscono al caso di "concessione di particolare importanza per l'entità o lo scopo", mentre le concessioni in questione (considerata la superficie acquea interessata, l'entità del canone, la durata prevista e comunque subordinata all'esito del procedimento ex d.p.r. n. 509/97) oggettivamente non rivestono tale carattere, alle stesse essendo riferibile la previsione dell'art 8 del regolamento stesso, il quale prevede che le concessioni di durata non superiore al quadriennio che non importino impianti di difficile rimozione possono essere rinnovate senza formalità di istruttoria, salvo il parere sulla misura del canone.

Si tratta di posizione non condivisa dal Collegio.

L'articolo 18 del regolamento della navigazione marittima stabilisce l'obbligo di pubblicazione delle domande di concessione di particolare importanza per l'entità e lo scopo, senza fare alcuna distinzione tra domande di concessione originarie e domande di rinnovo di concessione già scadute o in scadenza.

A ciò si aggiunga che la rilevanza dell'estensione delle aree interessate dalle concessioni in scadenza consente di ravvisare l'integrazione anche del profilo quanti-qualitativo della particolare importanza della concessione sul piano dell'entità e dello scopo, al quale l'articolo 18 del regolamento, interpretato alla luce del diritto comunitario, che in ogni caso impone l'inversione del rapporto regola-eccezione, subordina l'integrazione delle forme di pubblicità della domanda date dall'affissione nell'albo comunale e dall'inserzione per estratto nel foglio degli annunzi legali.

A ciò comunque si aggiunga – e pare dirimente al Collegio - che, come ritenuto da una diffusa e ormai consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato che è sufficiente in questa sede richiamare (sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168; sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362), l'obbligo di dare corpo a forme idonee di pubblicità deriva in via diretta dai principi del Trattato dell'Unione Europea, direttamente applicabili a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne, in guisa da tenere in non cale disposizioni interne di segno opposto.

È noto, invero, che "l'indifferenza comunitaria al nomen della fattispecie fa sì che la sua sottoposizione ai principi di evidenza trovi il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di un'area demaniale marittima si fornisce un'occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, così da imporre una procedura competitiva ispirata ai principi di trasparenza e non discriminazione" (Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2009, n. 902).

È quanto non può negarsi che possa sostenersi nel caso di specie, se solo si considera che vengono in rilievo rinnovi di concessioni aventi ad oggetto pontili ai quali possono ormeggiare numerose imbarcazioni in un prestigioso porto turistico italiano.

Ebbene, il ricordato principio di trasparenza è stato vulnerato con l'avvio di una procedura non pubblicizzata di rinnovo; omissione certo non surrogabile in forza di un non esigibile onere di attivazione ufficiosa delle imprese interessate.

Nel caso di specie, in particolare, è mancata una adeguata pubblicità, come comprovato dalla omessa pubblicazione nel foglio degli annunzi legali, su quotidiani, sul sito internet della stazione affidante; non vi è neanche prova, peraltro, della pubblicazione delle domande di rinnovo all'Albo pretorio del Comune di Monte Argentario.

Né la conoscenza aliunde della pendenza dei procedimenti di rinnovo può desumersi dalla memoria presentata dalla società appellante all'Amministrazione comunale nel marzo del 2007.

Invero, in disparte quanto già osservato in merito alla non superabilità del vizio derivante dall'omessa pubblicità della procedura di rinnovo con un non esigibile onere di attivazione ufficiosa delle imprese interessate, con la richiamata memoria la società appellante si è limitata a prendere atto della nota n. 431/2007, certo da sé sola inidonea a fornire le informazioni necessarie per consentire la presentazione di una domanda in concorrenza con quelle di rinnovo.

Alla stregua delle esposte considerazioni vanno accolti in parte qua gli appelli, attesa peraltro la non dimostrata sussistenza delle condizioni eccezionalmente legittimanti il rinnovo automatico delle concessioni.

Va, invece, disattesa la domanda risarcitoria, del tutto priva del benché minimo supporto probatorio.

Sussistono tuttavia motivi per compensare integralmente fra le parti anche le spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in Sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando sui ricorsi, li riunisce e li accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati innanzi al TAR.

Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.