Corte di cassazione
Sezione III civile
Sentenza 14 giugno 2011, n. 12957

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 16 ottobre 2001 Elle U Multimedia s.r.l. propose opposizione avverso il decreto del Tribunale di Milano, col quale, a istanza di Società Pubblicità Editoriale s.p.a., le era stato ingiunto il pagamento della somma di Lire 173.611.200 (pari a Euro 89.662,70). Dedusse che il riconoscimento di debito posto a base del provvedimento monitorio era stato effettuato da persona non munita dei necessari poteri rappresentativi.

L'opposta contestò le avverse deduzioni.

Con sentenza del 30 giugno 2003 il giudice adito respinse l'opposizione.

Proposto dalla soccombente gravame, la Corte d'appello, in data 4 dicembre 2008, lo ha respinto.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione, illustrato anche da memoria, Rolling Thunder International s.r.l. (già Elle U Multimedia s.r.l.), formulando un solo motivo.

Resiste con controricorso Società Pubblicità Editoriale s.p.a.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico motivo l'impugnante lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 350 e 158 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice, ex art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c.

Oggetto delle critiche è la negativa valutazione dell'eccezione di nullità della prova orale, in quanto assunta, in violazione del disposto dell'art. 350 c.p.c., non già dal collegio, ma da uno solo dei suoi membri. Contrariamente all'assunto del decidente, invero, il vizio denunciato atterrebbe alla costituzione del giudice e sarebbe quindi tale da determinare la nullità della sentenza, essendo oltretutto, il mezzo istruttorio irritualmente espletato, elemento probatorio essenziale nella formazione del convincimento del decidente.

2. Il ricorso è infondato.

Occorre muovere dalla considerazione che, per giurisprudenza di legittimità assolutamente consolidata, la violazione della regola - dettata dall'art. 350 c.p.c. (nel testo sostituito dall'art. 55 della l. 26 novembre 1990, n. 353) - della trattazione collegiale del procedimento che si svolge davanti alla corte d'appello non si traduce in un vizio di costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c., e non comporta la nullità assoluta della relativa pronuncia, quando l'attività in concreto svolta (illegittimamente) dal giudice monocratico su delega del collegio abbia rilievo meramente ordinatorio, mentre tale vizio è riscontrabile allorché detto giudice eserciti un'attività sostanzialmente istruttoria che implichi funzioni, se non decisorie, certamente valutative, riservate dalla legge al collegio: con gli ulteriori corollari, relativamente alla prima ipotesi, da un lato, che il vizio è inquadrabile nella disciplina generale delle nullità di cui all'art. 156 c.p.c., sicché, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., esso deve essere tempestivamente eccepito, rimanendo altrimenti sanato (confr. Cass. civ. 23 aprile 2008, n. 10576; Cass. civ. 18 aprile 2005, n. 8070); dall'altro, che l'impugnabilità della sentenza richiede l'allegazione, oltre che della deviazione dal modello procedimentale previsto dalla legge, anche di uno specifico pregiudizio che da quella deviazione sia in concreto derivato sulla determinazione della competenza ovvero sul contraddittorio o sui diritti della difesa (confr. Cass. civ. 22 luglio 2005, n. 15503; Cass. civ. 19 settembre 2003, n. 13894).

2.1. Nello specifico, attività ordinatoria viene unanimemente ritenuta la direzione dell'udienza di prima comparizione delle parti, ovvero di precisazione delle conclusioni, e cioè, in definitiva, di udienze di mero smistamento della causa, mentre l'assunzione di mezzi istruttori è tout court normalmente considerata attività valutativa, riservata, in quanto tale, al collegio (confr. Cass. civ. 13894/2003 cit.).

3. Ora, proprio da tale ultima affermazione la Corte ritiene di doversi discostare, in consapevole e motivato dissenso, per le ragioni che si andranno subito ad esporre, dagli arresti testé menzionati.

Anzitutto, l'inespresso postulato ideologico di fondo dell'opzione ermeneutica fin qui seguita dalla giurisprudenza di legittimità - la necessità che la prova venga assunta dal medesimo organo che, dovendo decidere la controversia, sarà chiamato a scrutinarne gli esiti - è principio nel quale il medesimo legislatore processuale civile mostra di non credere troppo, posto che l'ordinamento disciplina istituti, come la prova delegata (art. 203 c.p.c.), ai quali questa scissione è, per così dire, consustanziale.

A ciò aggiungasi che il carattere automaticamente valutativo dell'attività di assunzione dei mezzi istruttori è affermazione che contrasta con dati di comune esperienza, che ben conosce casi in cui l'assunzione si atteggia, in realtà, come meccanica riproduzione di quel che vien detto o di quel che accade davanti all'istruttore. Ne deriva che l'ottica pragmatica in cui si pone questa Corte allorché, a fronte di attività di carattere sicuramente ordinatorio richiede, ai fini dell'utile denuncia del vizio costituito dal loro irregolare espletamento, l'allegazione di uno specifico pregiudizio che da quella deviazione sia in concreto derivato ai diritti e alle facoltà processuali della parte, merita di essere estesa, e specularmente applicata, anche all'attività istruttoria.

Deve pertanto affermarsi, in tale prospettiva, che la denuncia di nullità per violazione della regola della trattazione collegiale non può prescindere dalla deduzione di specifici profili valutativi che l'attività svolta dal giudice monocratico, su delega del collegio, abbia, in concreto assunto, a tale, positivo riscontro essendo in definitiva affidato l'accoglimento dell'evocato epilogo invalidante del vizio.

4. Venendo al caso di specie, la società ricorrente ha veicolato la sua richiesta di cassazione della sentenza impugnata sulla secca prospettazione dell'assunzione della prova testimoniale, ammessa dal giudice del gravame, da parte di uno solo dei membri dell'organo collegiale, predicandone il carattere astrattamente e sempre valutativo, a prescindere dallo svolgimento che, nei fatti, abbia avuto, il procedimento di assunzione.

Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato in applicazione del seguente principio di diritto: l'attività istruttoria svolta dal giudice monocratico, su delega del collegio, in violazione della regola della trattazione collegiale del procedimento che si svolge davanti alla corte d'appello, non si traduce tout court in un vizio di costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c., con conseguente nullità assoluta della relativa pronuncia, occorrendo, a tal fine, la specifica deduzione e il positivo riscontro, che l'attività stessa abbia, in concreto, comportato l'esplicazione di funzioni, se non decisorie, certamente valutative, riservate dalla legge al collegio.

Il ricorso è rigettato.

La novità del principio di diritto affermato consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le partì le spese del giudizio.