Corte di cassazione
Sezione VI civile
Ordinanza 7 maggio 2015, n. 9169

Presidente: Di Palma - Estensore: Scaldaferri

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con un primo ricorso (n. 22316/12 R.G.), Salvatore Q. e Anna Maria T. hanno impugnato la sentenza non definitiva, depositata il 22 luglio 2011, con la quale la Corte d'appello di Messina ha parzialmente accolto il gravame principale proposto da Cross Factor s.p.a. (nella qualità di cessionaria di alcuni crediti vantati da Sicilcassa s.p.a. in l.c.a.) e rigettato l'appello incidentale avverso la sentenza con cui il G.O.A. del Tribunale di Messina, in sede di opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore della Sicilcassa per il pagamento di somma corrispondente al saldo di un conto corrente intercorso tra le parti sino al luglio 1988 e ad alcuni effetti protestati, aveva dichiarato la nullità delle clausole del contratto di conto corrente relative alla determinazione degli interessi passivi secondo gli usi su piazza e alla capitalizzazione trimestrale degli interessi stessi, e per l'effetto aveva rideterminato il debito degli odierni ricorrenti verso la creditrice calcolando gli interessi al tasso legale e con capitalizzazione annuale. Con la sentenza non definitiva la Corte distrettuale ha riconosciuto l'applicabilità dei tassi di interesse specificamente convenuti nel contratto del 25 febbraio 1985 mantenendone la capitalizzazione annuale sino alla chiusura del rapporto, ed ha disposto la prosecuzione del giudizio per la liquidazione delle somme dovute.

2. Con il secondo ricorso (n. 11151/14 R.G.) Q. e T. hanno impugnato la sentenza definitiva, depositata il 31 ottobre 2013, con la quale la Corte d'appello ha determinato la somma dovuta alla banca per le due causali dedotte, confermando la revoca del decreto opposto.

3. I due ricorsi, chiamati entrambi a questa adunanza camerale a seguito di distinte relazioni, vengono in primo luogo riuniti, a norma degli artt. 283 e 274 c.p.c., applicabili anche in sede di legittimità (ex multis Cass., Sez. un., n. 28537/2008; n. 18125/2005), in quanto le due sentenze, reciprocamente integrandosi, inscindibilmente definiscono un unico giudizio e, quindi, in sede di legittimità, possono essere di esame contestuale e di un'unica decisione.

4. Pregiudiziale è l'esame del ricorso (n. 22316/12) avverso la sentenza non definitiva. Il ricorso, cui ha resistito con controricorso l'intimata Cross Factor, si fonda su quattro motivi. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione di norme di diritto (artt. 345, 633, 645 c.p.c.) per il non consentito mutamento del petitum e della causa petendi in relazione al credito per interessi, che nel ricorso monitorio sarebbero stati reclamati con riferimento esclusivo ai tassi usualmente praticati sulla piazza e in appello con riguardo al tasso convenuto in contratto. Con il secondo motivo censurano, sotto il profilo della nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., le statuizioni con cui la Corte di merito, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, ha ritenuto applicabili i tassi di interesse contrattualmente pattuiti al rapporto di conto corrente in oggetto. Con il terzo motivo lamentano, sotto il profilo della violazione di norme di diritto (artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c.), la mancanza di prova del credito fatto valere dalla banca, in particolare l'illegittimità del supplemento di consulenza tecnica disposto dal giudice di merito. Con il quarto motivo censurano, sotto il profilo della violazione di norme di diritto (artt. 1283, 1284, 1346, 1815 e 1832 c.c.), le affermazioni con le quali la Corte distrettuale ha ritenuto coperta da giudicato intero la legittimità della capitalizzazione annuale degli interessi.

4.1. La relazione depositata in Cancelleria così si esprime sul ricorso n. 22316/12: "Il consigliere relatore... ritenuto che, quanto alla preliminare eccezione d'inammissibilità del ricorso svolta dalla controricorrente (concernente l'omessa formulazione della riserva di impugnazione differita da parte dei ricorrenti), occorre rilevare che la sentenza impugnata, limitandosi ad una condanna generica alla prestazione (cfr. art. 278 c.p.c.), rende applicabile il disposto dell'art. 361 c.p.c. (e non già quello dell'art. 360, comma 3, c.p.c. indicato dalla resistente), a norma del quale le parti hanno facoltà di scegliere tra l'impugnazione immediata della sentenza non definitiva (come avvenuto nel caso di specie) e la formulazione di una riserva di impugnazione differita;

che il primo e il secondo motivo, in quanto strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e non paiono meritevoli di accoglimento; che, invero, non sembra ravvisabile nella specie la mutatio libelli dedotta dai ricorrenti atteso che: il giudice di primo grado - chiamato dagli opponenti a pronunciarsi sull'eccessività ed erroneità del computo degli interessi indicati dalla creditrice nel ricorso per decreto ingiuntivo - aveva rilevato d'ufficio la nullità dell'art. 7 del contratto de quo in quanto determinava "salvo patto diverso... gli interessi passivi alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza"; quindi la Banca, con motivo di appello accolto dalla corte di merito, aveva censurato l'erroneo riferimento alla suddetta clausola, in considerazione dell'esplicita deroga contenuta nel contratto stesso e prevedente l'indicazione specifica del tasso che, in accordo con i correntisti, la Banca avrebbe applicato agli interessi passivi (cfr. pag. 6 sent. impugnata); ne consegue che nessuna domanda nuova sembra esser stata avanzata in sede di appello dalla odierna resistente né, tantomeno, alcun vizio di ultra petizione pare ascrivibile alla pronuncia della corte territoriale;

che il terzo motivo pare riferire la doglianza formulata alla sentenza di primo grado, incensurabile tuttavia in sede di legittimità;

che il quarto motivo pare meritevole di accoglimento posto che, come costantemente affermato da questa Corte, la nullità della clausola anatocistica di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi passivi, inserita nel contratto di conto corrente bancario da cui deriva il credito azionato in giudizio, è rilevabile d'ufficio dal giudice, rimanendo irrilevante, a tal fine, l'assenza di una tempestiva deduzione del profilo di invalidità ad opera dell'interessato (cfr. ex multis Cass., Sez. un., n. 21095/2004; n. 23974/2010; n. 19882/2005); che, pertanto, la Corte d'appello avrebbe dovuto rilevare d'ufficio la nullità del patto di anatocismo; che tale carenza può essere rilevata d'ufficio, in base a quanto disposto dall'art. 1421 c.c., anche in questa sede, dal momento che, nel caso di specie, il suo accertamento non implica l'acquisizione di ulteriori elementi di fatto (cfr. ex multis Cass. n. 13846/2007) e la validità della clausola rappresenta un elemento costitutivo della domanda proposta dai ricorrenti (cfr. ex multis Cass. n. 435/2003; n. 10498/2001); ritiene pertanto che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere accolto limitatamente al quarto motivo".

5. Il ricorso proposto contro la sentenza definitiva (n. 11151/14 R.G.), cui ha resistito Cross Factor con controricorso (nel quale ha anche eccepito il difetto di integrità del contraddittorio per mancanza di notifica a Sicilcassa s.p.a. in l.c.a.), si fonda su due motivi. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, sotto il profilo della violazione di norme di diritto, che la Corte distrettuale, da un lato, abbia erroneamente ritenuto di non poter riesaminare la questione, inerente alla applicazione degli interessi convenzionali, sulla quale aveva disposto con la sentenza non definitiva (essendo al riguardo pendente giudizio di impugnazione per cassazione), dall'altro abbia determinato il credito azionato dalla banca sulla base del nuovo calcolo effettuato dal consulente d'ufficio a seguito della precedente sentenza non definitiva, calcolo che in realtà non sarebbe coerente con quanto in essa statuito, risultando basato non già sul tasso indicato in contratto bensì sui tassi via via applicati dalla banca, perché inferiori a quello convenzionale. Con il secondo motivo censurano, sotto il profilo della violazione di norme di diritto, le statuizioni con cui la corte di merito ha confermato l'applicazione della capitalizzazione annuale degli interessi debitori, in quanto non specificamente censurata con appello incidentale dagli odierni ricorrenti, senza considerare (né le censure già proposte sul punto con l'impugnazione avverso la sentenza non definitiva, né) che essi, nelle conclusioni precisate nella comparsa di risposta in appello, avevano chiesto il rigetto del gravame proposto dalla creditrice (anche) sulla applicazione di detta capitalizzazione annuale, non considerata dal Tribunale.

5.1. La relazione depositata in Cancelleria così si esprime sul ricorso n. 11151/14: "Il consigliere relatore... considerato che, quanto all'eccezione preliminare della controricorrente Cross Factor s.p.a., quest'ultima (non la parte originaria Sicilcassa) risulta aver già proposto, quale successore a titolo particolare nel processo, appello avverso la sentenza di primo grado, e non risulta che abbia notificato il proprio gravame alla parte originaria, né che le controparti abbiano rifiutato il contraddittorio così costituito in secondo grado; ... ritenuto che la preliminare eccezione d'inammissibilità del ricorso non appare fondata, in quanto dalla condotta sopra descritta delle parti emerge la sussistenza dei presupposti per la estromissione della parte originaria che, sebbene non formalmente dichiarata, fa cessare la qualità di litisconsorte necessario di tale parte (cfr. Cass., Sez. 3, n. 3056/2011; Sez. 2, n. 12035/2010; Sez. 3, n. 2707/2005);

ritenuto che il primo motivo non pare meritevole di accoglimento; che, da un lato, la Corte distrettuale con la sentenza qui impugnata ha comunque fatto proprie le determinazioni già espresse con la sentenza non definitiva in ordine alla irrilevanza della nullità della clausola di applicazione del c.d. "tasso d'uso" in presenza nel contratto di specifica indicazione del tasso convenuto, dall'altro ha tenuto presenti le osservazioni del consulente d'ufficio (riportate in ricorso) secondo le quali i tassi di interesse praticati dalla banca nel corso del rapporto non hanno mai superato il tasso pattuito in contratto, sì che non sono illegittimi: sotto entrambi i profili, tali determinazioni non appaiono meritevoli di censura;

che il secondo motivo pare invece meritevole di accoglimento, ove si consideri: a) che le ragioni che la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex multis Cass., Sez. un., n. 21095/2004; n. 23974/2010; n. 19882/2005) giudica idonee a condurre alla nullità - rilevabile d'ufficio dal giudice, anche quindi in assenza di una tempestiva deduzione ad opera dell'interessato - della clausola anatocistica di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi passivi, inserita nel contratto di conto corrente bancario da cui deriva il credito azionato in giudizio, valgono anche per la capitalizzazione annuale (cfr. Cass., Sez. un., n. 24418/2010; Sez. III, n. 6550/2013; Sez. VI-I, n. 20172/2013); b) che, pertanto, la Corte d'appello avrebbe dovuto rilevare d'ufficio la inapplicabilità dell'anatocismo sugli interessi debitori richiesti dalla banca; ritiene quindi che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma dell'art. 380-bis c.p.c. per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere accolto limitatamente al secondo motivo".

6. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letta la memoria depositata dai ricorrenti nel secondo ricorso, condivide pienamente i rilievi contenuti nelle due relazioni, considerando anche che non è dato apprezzare nella memoria di parte idonei argomenti in replica alle statuizioni contrarie al ricorso. Si impone dunque, in accoglimento del quarto motivo del ricorso n. 22316/12 e dell'analogo secondo motivo del ricorso n. 11151/14, la cassazione delle sentenze impugnate con rinvio della causa alla Corte d'appello di Messina che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame attenendosi al principio esposto sopra ai punti 4.1. e 5.1., regolando anche le spese di questi giudizi riuniti.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il quarto motivo del ricorso n. 22316/12, rigetta il primo ed il secondo, dichiara inammissibile il terzo; accoglie il secondo motivo del ricorso n. 11151/14 e rigetta il primo; cassa le sentenze impugnate e rinvia, anche per le spese di questi giudizi riuniti, alla Corte d'appello di Messina in diversa composizione.

Dà inoltre atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti nel proc. n. 11151/14, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo.

Note

Sulla nullità della clausola anatocistica (qualunque sia l'arco temporale in relazione al quale viene effettuata la capitalizzazione degli interessi), v. anche Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 6 maggio 2015, n. 9127.