Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione II
Sentenza 8 luglio 2015, n. 1118

Presidente: Salamone - Estensore: Ravasio

FATTO

1. La ricorrente Rosa S. ha lavorato per la Casa di Riposo della Città di Asti, in qualità di istruttore amministrativo nell'area di attività contabile, dal 4 giugno 2008 al 31 agosto 2009, quando il rapporto di lavoro cessava a seguito di dimissioni presentate il 20 luglio 2009.

2. Con lettera del 15 gennaio 2011 la ricorrente chiedeva di essere riassunta in base agli artt. 26 del C.C.N.L. 14 settembre 2000 ed all'art. 17 del C.C.N.L. 5 ottobre 2011, i quali prevedevano che il dipendente il cui rapporto di lavoro si fosse interrotto a seguito della presentazione di dimissioni poteva chiedere, nei successivi 5 anni, la ricostituzione del rapporto di lavoro medesimo, la quale restava subordinata alla disponibilità del corrispondente posto nella dotazione organica dell'ente.

3. Con determinazione n. 49 del 25 febbraio 2011 il Direttore della Casa di Riposo resistente respingeva l'istanza "Vista la normativa in materia, che riconosce all'Ente discrezionalità nella decisione sulla ricostituzione del rapporto di lavoro" e "Dato atto che il posto di Istruttore amministrativo contabile è attualmente coperto da altro dipendente a tempo indeterminato".

4. Negatole l'accesso agli atti del procedimento, la signora S. con ricorso depositato il 12 maggio 2011 impugnava la dianzi indicata determina, deducendone l'illegittimità per violazione degli artt. 3 e 10-bis della l. 241/1990, dell'art. 97 Cost. e per eccesso di potere, non essendo stato comunicato alla ricorrente il preavviso di rigetto; non chiarendo il provvedimento impugnato in che consista il potere discrezionale devoluto all'Ente; essendo contraddittorio il contemporaneo richiamo alla discrezionalità della decisione ed alla copertura del posto lasciato libero dalla ricorrente; sussistendo difetto di motivazione in ordine alla avvenuta copertura del menzionato posto di lavoro; ed infine rinviando la determina impugnata ad un delibera del Consiglio di Amministrazione che non è stato reso disponibile alla ricorrente.

5. Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 30 agosto 2011 la signora S. impugnava poi la delibera del Consiglio di Amministrazione dell'Ente n. 14 del 21 febbraio 2011 - nel frattempo resa disponibile a seguito di ricorso avverso il diniego di accesso agli atti -, delibera nella quale si legge, a proposito della istanza di riassunzione presentata dalla signora S., che "Il Direttore illustra la situazione normativa e informa il Consiglio della discrezionalità della decisione, soprattutto alla luce del fatto che il posto, rimasto vacante dopo le dimissioni dal servizio della sig.ra S., è ad oggi coperto da altro personale. Pertanto all'unanimità il Consiglio respinge l'istanza della Sig.ra S., dando mandato al Direttore di provvedere con propria determinazione". A sostegno del gravame riproponeva i medesimi motivi già articolati a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio.

6. Con Determina n. 136 del 14 maggio 2012 del Direttore della Casa di Riposo veniva successivamente indetta una procedura di selezione, basata su titoli e colloquio, per l'affidamento di incarichi ottosemestrali a n. 2 unità di personale con qualifica "istruttore Amministrativo - Categoria C1": i candidati, che avrebbero dovuto sostenere un colloquio vertente su materie amministrativo e sulla normativa socio-sanitaria, avrebbero dovuto presentare la domanda di partecipazione entro il 15 giugno 2011. La ricorrente, venuta casualmente a conoscenza del bando, presentava immediatamente nuova istanza di riassunzione nonché domanda di partecipazione alla selezione. Con separata raccomandata anticipata via fax il 12 giugno 2012 e ricevuta il 18 giugno 2012, la ricorrente scriveva inoltre alla Casa di Riposo "per precisare che la mia partecipazione al concorso in oggetto non vale rinuncia alla ricostituzione del rapporto di lavoro, prevista dal CCNL - a seguito di dimissioni presentate il 20 luglio 2009". Infine il 10 luglio 2012 la signora S. presentava istanza di accesso per ottenere copia della determina che approvava l'indizione della selezione.

7. Il 27 luglio 2012 la Casa di Riposo evadeva la richiesta di accesso, trasmettendo alla signora S. copia della Determina del Direttore n. 136 del 14 maggio 2012, unitamente alla quale trasmetteva peraltro anche copia della Determina, dello stesso Direttore dell'Ente, n. 171 del 2 luglio 2012, a mezzo della quale la procedura selettiva veniva revocata, "Dato atto che alle ore 12 del giorno 15 giugno 2012, termine ultimo per la presentazione delle domande di ammissione alla selezione, sono pervenute n. 75 domande; Attesa l'onerosità di gestire un così elevato numero di domande dovendo effettuare selezioni solamente mediante un colloquio; Ritenuto pertanto di revocare l'avviso in oggetto; Attesa l'opportunità di trasmettere la presente determinazione al Consiglio di Amministrazione affinché valuti la possibilità di bandire pubblico concorso per titoli ed esami per la copertura dei posti in oggetto".

8. Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 4 ottobre 2012 la signora S. impugnava la determina n. 136 del 14 maggio 2012 "per la parte in cui la volontà dell'Amministrazione di coprire gli indicati due posti non ha neppure preso in considerazione la riassunzione della ricorrente prevista dalla contrattazione collettiva entro il quinquennio dalle dimissioni, nonostante il fatto che la ricorrente avesse ripresentato la relativa istanza immediatamente dopo l'acquisita conoscenza della indizione della selezione". Impugnava inoltre la Determinazione n. 171 del 2 luglio 2012 che revocava l'avviso di indizione della procedura di selezione. A sostegno del ricorso deduceva violazione del principio del favor partecipationis alle procedure di selezione; eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, nonché illogicità manifesta e sviamento di potere.

9. La Casa di Riposo della Città di Asti si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, che è stato introitato a decisione alla pubblica udienza del 25 marzo 2015.

DIRITTO

10. Il Collegio deve preliminarmente farsi carico di verificare la giurisdizione del Giudice Amministrativo sulle domande introdotte nel presente giudizio.

11. A tal fine è d'uopo rammentare che, secondo quanto stabilisce l'art. 26 del CCNL 14 settembre 2000 per il Comparto Regioni ed Autonomie Locali, come interpretato dal successivo CCNL del 5 ottobre 2001, contratto la cui applicabilità al caso di specie non è contestata inter partes, "il dipendente il cui rapporto di lavoro sia interrotto per effetto di dimissioni può richiedere, entro 5 anni dalla data delle dimissioni stesse, la ricostituzione del rapporto di lavoro... La ricostituzione è subordinata alla disponibilità del corrispondente posto nella dotazione organica". Trattasi di previsione che ricalca quella di cui all'art. 132 del d.P.R. 3/1957, il quale viene interpretato da costante giurisprudenza nel senso che al dipendente dimissionario non è attribuito un diritto soggettivo alla riammissione in servizio, disponendo l'Amministrazione, al riguardo, di ampia discrezionalità in relazione alla situazione di organico e ad ogni altra esigenza organizzativa e di servizio (C.d.S., Sez. III, n. 4626/2012, C.d.S., Sez. III, n. 2701/2013; C.d.S., Sez. IV, n. 5900/2010), e quindi, in definitiva, al fine di verificare la sussistenza di un interesse pubblico alla copertura del posto vacante senza concorso (Cass. civ., Sez. Lav., n. 6037 del 15 marzo 2011).

12. Le considerazioni dianzi svolte non sono tuttavia sufficienti ad affermare che la giurisdizione sull'atto con cui l'Amministrazione si pronuncia sulla istanza di riammissione in servizio sia devoluta al Giudice Amministrativo in quanto avente ad oggetto una posizione di interesse legittimo. Devesi infatti osservare che l'istituto della riammissione in servizio comporta che il dipendente viene collocato nella medesima posizione rivestita al momento della presentazione delle dimissioni (art. 26 CCNL Comparto Regioni ed Autonomie Locali 14 settembre 2000), avendo pertanto diritto di percepire "il trattamento economico corrispondente alla categoria, al profilo ed alla posizione economica rivestita al momento della interruzione del rapporto di lavoro, con esclusione della retribuzione individuale di anzianità ed ogni altro assegno personale, anche a carattere continuativo e non riassorbibile" (art. 17 CCNL per il Comparto Regioni ed Autonomie Locali del 5 ottobre 2001), con decorrenza di anzianità nella qualifica stessa a far tempo dalla riammissione in servizio (art. 132 comma 3 d.P.R. 3/1957). Non si può pertanto affermare che lo svolgimento del rapporto di lavoro antecedente alle dimissioni sia completamente indifferente ai fini della riammissione in servizio, né si può affermare che a seguito di essa si costituisca un rapporto di lavoro completamente novato: è ben vero che per effetto della interruzione il dipendente finisce per perdere l'anzianità di servizio ed altri assegni personali precedentemente goduti; tuttavia l'Amministrazione rimane pur sempre vincolata in ciò che riguarda l'inquadramento contrattuale del dipendente ed il relativo trattamento economico, ciò che non si verifica nel caso di costituzione di un rapporto di pubblico impiego ex novo.

13. Sulla scorta di tali constatazioni la Suprema Corte ha affermato che "La riammissione in servizio ai sensi del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132, si fonda sulla esistenza di un precedente rapporto di lavoro, ed è estranea, pertanto, alle vicende proprie della costituzione "ex novo" del rapporto lavorativo, quali i procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro. Deve allora ritenersi che, a seguito della "privatizzazione", il potere dell'amministrazione di disporre la riammissione in servizio si è trasformato da potere amministrativo autoritativo in potere privato, che si esercita mediante atti di natura negoziale, versandosi fuori dalle materie conservate all'ambito del diritto pubblico a norma del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 68 comma 1 e, poi, dal d.lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 1, risultando estraneo, in particolare, agli atti organizzativi di cui all'art. 2 comma 1 di tale d.lgs. e alle procedure concorsuali di cui all'art. 63, comma 4, del medesimo decreto, sicché in definitiva, la domanda di riammissione in servizio non introduce un procedimento amministrativo ma, avendo natura di proposta contrattuale, pone in essere un mero procedimento di diritto privato definito con l'accoglimento o il rigetto di detta domanda, in quanto tale soggetto alla giurisdizione ordinaria" (Cass. civ., SS.UU., 21 dicembre 2009, n. 26827).

13.1. Nonostante siano numerose le sentenze di TAR e Consiglio di Stato che si sono pronunciate su casi analoghi, così implicitamente affermando la giurisdizione del Giudice Amministrativo in materia, il Collegio non ritiene di doversi discostare dal summenzionato precedente della Suprema Corte regolatrice della giurisdizione, e ciò anche per la ragione che la discrezionalità che l'amministrazione è chiamata ad esercitare sulla richiesta di riammissione in servizio di un ex dipendente inevitabilmente finisce per essere influenzata proprio dalla pregressa conoscenza che l'amministrazione ha dell'interessato, e quindi dalle capacità che in passato questi abbia, o non abbia, dimostrato di possedere: si vuole con ciò sottolineare che la ragione per cui l'istituto della riammissione in servizio è stato mantenuto in vita dal legislatore e dai contratti collettivi nazionali risiede verosimilmente nel fatto che esso offre alle amministrazioni il vantaggio di potersi avvalere, senz'altra formalità, di un soggetto le cui capacità e competenze sono già ben note, ragione per cui non si può disconoscere che la decisione di riassumere, o non riassumere, un ex dipendente, implica, da parte dell'amministrazione, l'esercizio di una discrezionalità molto vicina a quella tipica della gestione del rapporto di lavoro:e proprio tale constatazione giustifica, ad avviso del Collegio, la conclusione cui è pervenuta la dianzi ricordata pronuncia delle Sezioni Unite in ordine alla devoluzione, alla Autorità Giudiziaria Ordinaria, delle controversie aventi ad oggetto gli atti con cui le Amministrazioni pubbliche si determinano sulle istanze di riassunzione in servizio.

13.2. Non condivisibili paiono, infine, le considerazioni svolte dalla difesa della ricorrente relative alla pretesa abrogazione, da parte del Codice del Processo Amministrativo, dell'art. 63 d.lgs. 165/2001. Si legge al proposito, al paragrafo 1.2. della memoria di parte ricorrente depositata il 20 febbraio 2015, che "Il codice del processo amministrativo... non riproduce la precedente disposizione che attraeva alla giurisdizione del G.O. ogni controversia in materia di "assunzioni" di lavoro pubblico privatizzato fatta eccezione delle procedure concorsuali, espressamente lasciate al G.A. (d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, art. 63). Il c.p.a. abroga le preesistenti disposizioni processuali contenute in altri testi, ivi comprese le norme processuali di cui all'art. 63 del d.lgs. 165/2001, cit. L'abrogazione della devoluzione al G.A. di ogni controversia in materia di assunzione di lavoro pubblico privatizzato riafferma la giurisdizione generale di legittimità del G.A. su ogni controversia avente ad oggetto l'atto autorizzativo discrezionale di ricostituzione del rapporto di lavoro con la P.A.".

13.2.1. Contrariamente a quanto sembra doversi desumere dai su riportati assunti difensivi, il Codice del Processo Amministrativo non ha inciso in alcun modo sul riparto di giurisdizione in materia di pubblico impiego vigente al momento della entrata in vigore del d.lgs. 104/2010. Tale riparto, come noto, si fonda sull'art. 63 del d.lgs. 165/2001, che non risulta essere stato modificato dal 1998 e che continua a devolvere al Giudice Ordinario la giurisdizione su tutti i rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici, con eccezione dei rapporti di lavoro indicati all'art. 3 del d.lgs. 165/2001 e con eccezione delle sole controversie aventi ad oggetto le procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Fra queste ultime non può essere inclusa la controversia originata dal rigetto di una istanza di riassunzione in servizio, giacché - per quanto precedentemente esposto - tale decisione deve inquadrarsi tra gli atti privatistici di gestione del rapporto di lavoro, rimanendo così ininfluente la circostanza che la riassunzione possa comportare una novazione del precedente rapporto e la costituzione di uno nuovo.

14. Sulla scorta delle considerazioni che precedono il Collegio deve dichiarare il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sul ricorso introduttivo del giudizio e sul primo ricorso per motivi aggiunti, che hanno ad oggetto il diniego espresso dalla Casa di Riposo della Città di Asti sulla istanza di riassunzione in servizio presentata dalla ricorrente.

15. Il secondo ricorso per motivi aggiunti deve invece essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.

15.1. La signora S. ha impugnato sia l'avviso pubblico di indizione della procedura selettiva per il reclutamento, per un periodo di otto mesi, di due posti da istruttore amministrativo-contabile, sia la successiva determina che ha revocato la selezione stessa. Orbene, dal punto di vista della ricorrente, che aveva l'aspettativa di essere riassunta proprio come istruttore amministrativo-contabile, la decisione dell'Ente di ricoprire i posti analoghi resisi disponibili mediante selezione pubblica poteva effettivamente costituire un evento lesivo che generava l'interesse a spiegare ricorso (allo stesso modo in cui sussiste l'interesse dei partecipanti ad un concorso, dichiarati idonei ma non vincitori, ad impugnare la decisione della stessa amministrazione di coprire nuovi posti resisi disponibili mediante indizione di una nuova selezione, anziché mediante scorrimento della graduatoria già approvata). Sennonché tale interesse è venuto meno per effetto della Determina che ha revocato la decisione di indire la selezione pubblica, la quale decisione è stata motivata non con la necessità di sopprimere i due posti di istruttore amministrativo-contabile, ma in ragione della asserita inadeguatezza della procedura indetta in rapporto all'elevato numero di partecipanti.

15.2. Al momento in cui il secondo ricorso per motivi aggiunti veniva passato a notifica era dunque già venuto meno l'interesse della signora S. ad ottenere l'annullamento degli atti relativi alla procedura selettiva; conseguentemente detto ricorso va dichiarato inammissibile.

16. Attesa la novità delle questioni trattate si giustifica la compensazione delle spese relative al presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così provvede:

- visto l'art. 11 c.p.a.;

- accerta e dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sulle domande formulate nel ricorso introduttivo del giudizio nonché nel ricorso per motivi aggiunti depositato il 30 agosto 2011;

- rimette le parti avanti al competente Tribunale Civile, avanti al quale la causa dovrà essere riassunta entro il termine perentorio di mesi tre dal passaggio in giudicato della presente decisione, pena, in difetto, l'estinzione degli effetti processuali e sostanziali delle domande formulate nel corso del presente giudizio;

- dichiara inammissibile per difetto di interesse il ricorso per motivi aggiunti depositato il 4 agosto 2012.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.