Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I-quater
Sentenza 5 agosto 2015, n. 10702

Presidente: Orciuolo - Estensore: Bottiglieri

FATTO

Il dr. Luigi de Ficchy, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli dal 31 luglio 2008, esposto di aver partecipato alla procedura volta alla copertura dell'ufficio semidirettivo di procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, vedendosi preferire nella nomina il dr. Michele Prestipino Giarritta, partecipante alla procedura in posizione di c.d. "fuori fascia", ha proposto azione impugnatoria avverso la relativa delibera del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura e il conseguente atto ministeriale di nomina.

A sostegno dell'azione, il ricorrente ha dedotto le seguenti doglianze:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 12 del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, della circolare CSM P-19244 del 3 agosto 2010 - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e, in particolare, illogicità irragionevolezza, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, incongruenza, sviamento, disparità di trattamento.

Si duole il ricorrente del vizio della gravata valutazione, consistente nella rilevanza attribuita ad aspetti del curriculum del contro-interessato che non sono invece stati valorizzati nei suoi confronti, pur essendo presenti e in maniera più consistente.

In particolare, il ricorrente, rammentato che il vigente quadro normativo di riferimento della materia dell'attribuzione di incarichi semidirettivi ai magistrati ordinari (d.lgs. 160/2006, art. 12, comma 10; circolare CSM P-19244), attribuisce al criterio dell'anzianità una valenza residuale, e stabilisce che il conferimento dei suddetti posti avvenga sulla base di una valutazione comparativa basata su attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed eventualmente a particolari profili ambientali, le cui ragioni devono risultare da un'espressa motivazione, espone che l'Amministrazione non abbia nella fattispecie fatto buon governo delle predette coordinate.

A tale riguardo il ricorrente segnala primariamente il difetto di motivazione della delibera, con conseguente impossibilità di comprendere l'iter logico e i presupposti sulla base dei quali la contestata scelta è stata effettuata.

Tanto discenderebbe, in linea generale, dalla nuova prassi adottata dal CSM, ovvero dall'eliminazione, per tutti i candidati, del c.d. "medaglione" illustrativo degli elementi rilevanti del loro percorso professionale, ivi compresi i rapporti e i pareri conseguiti, sostituito da una mera trascrizione delle attività svolte nel corso della carriera, e dalla redazione, per il solo prescelto, di un'analitica valutazione di attitudini e merito, da cui non emergerebbe la traccia effettiva della comparazione effettuata.

Nello specifico, poi, la candidatura del contro-interessato, come detto partecipante alla procedura in posizione, quanto al parametro dell'esperienza, di c.d. "fuori fascia", sarebbe stata illegittimamente recuperata attraverso il ricorso sviato al meccanismo di cui al paragrafo 2.2 della Parte II della circolare, ovvero rilevandosi, per un verso, la necessità dell'ufficio da ricoprire di confrontarsi con la criminalità organizzata, e per altro verso, conferendosi "spiccato rilievo" all'esperienza da questi maturata in operazioni contro la mafia e la ndrangheta quale sostituto procuratore presso la Procura di Palermo e quale procuratore aggiunto presso la Procura di Reggio Calabria.

Per il ricorrente, tale percorso motivazionale sarebbe irragionevole in ambedue i predetti passaggi.

Quanto al primo, il ricorrente segnala l'incomparabilità, per la profonda diversità delle relative aree di competenza e l'organizzazione della Procura di Roma, di quest'ultima alle procure di Palermo e di Reggio Calabria, emergente, a suo dire, anche dalla stessa relazione della Direzione Nazionale Antimafia del dicembre 2012 citata in delibera: l'aver ben operato nelle aree considerate non potrebbe, pertanto, assumere valenza decisiva nella procedura.

Quanto, poi, allo spiccato rilievo accordato al nominato in considerazione delle pregresse esperienze sopra citate, il CSM avrebbe trascurato di considerare che, proprio in base al criterio utilizzato, il curriculum del ricorrente si sarebbe profilato come senz'altro prevalente, atteso che le sue esperienze organizzative rilevanti sarebbero qualitativamente e quantitativamente molto più consistenti di quelle del contro-interessato, in quanto:

- il contro-interessato ha svolto per quattro anni (dal novembre 2008) funzioni semidirettive requirenti, mentre il ricorrente ha svolto, per un periodo maggiore (dal luglio 2008), funzioni direttive presso la Procura di Tivoli, per le quali i pareri e i rapporti conseguiti attestano livelli di assoluta eccellenza, tradotti in risultati concreti;

- il ricorrente possiede un'esperienza organizzativa e di coordinamento investigativo assai più varia e consistente di quella del contro-interessato, essendo stato assegnato sin dal 1993 alla Direzione Nazionale Antimafia come sostituto procuratore, e svolgendo in tale qualità rilevanti incarichi di coordinamento investigativo, quale responsabile del coordinamento delle indagini della DNA di Roma dall'11 gennaio 1993 al 30 luglio 2008, coordinatore del Dipartimento camorra della DNA dal 3 ottobre 2001, responsabile dal 2006 anche del Servizio studi e documentazione, e coordinatore dal 2007 di un gruppo di lavoro per la redazione di un testo unico della normativa antimafia e delle misure di prevenzione, e conseguendo per tali attività, di rilievo organizzativo, valutazioni lusinghiere, del tutto omesse nella delibera gravata;

- il contro-interessato non ha mai operato nel territorio laziale o romano, mentre il ricorrente possiede al riguardo una esperienza unica per specifiche modalità e circostanze di tempo in cui si è svolta, avendo curato importanti indagini, anche di rilievo internazionale, riguardanti la criminalità comune, mafiosa e politica, operando presso la Procura di Roma dal 18 settembre 1980 all'11 gennaio 1993, ed essendo stato successivamente addetto a tutte le responsabilità sopra menzionate presso la DNA di Roma, oltre che assegnato al Dipartimento "Nuove Mafie" e al servizio segnalazione operazioni finanziarie sospette, e, infine, quale Procuratore della Repubblica di Tivoli, aspetti tutti che la delibera ha accantonato.

Gli elementi in forza dei quali il contro-interessato prevarrebbe sul ricorrente risultano, pertanto, affermati ma non dimostrati, atteso che quelli indicati in delibera avrebbero dovuto condurre alla netta prevalenza del ricorrente, come puntualmente illustrato.

Il curriculum del ricorrente non potrebbe, pertanto, risultare minusvalente quanto al parametro dell'attitudine.

Alla luce dei pareri conseguiti dal ricorrente, alla stessa conclusione si perverrebbe per il parametro del merito, con l'aggravante che, sul punto, la contestata delibera non conterrebbe alcuna valutazione comparativa.

Neanche la specifica comparazione diretta tra il ricorrente e il nominato darebbe ragione della prevalenza accordata a quest'ultimo.

In primo luogo, le esperienze professionali del ricorrente risulterebbero illustrate con una sintesi gravemente omissiva in relazione alle esperienze maturate presso la Procura della Repubblica di Roma, la DNA, la Procura di Tivoli, all'attività svolta in seminari e convegni a testimonianza della conoscenza della criminalità organizzata politica e mafiosa nel Lazio, nonché in congressi anche di rilievo internazionale e di docenze (analoghe attività del contro-interessato sono invece analiticamente richiamate), degli incarichi extra-giudiziari svolti, particolarmente pertinenti quanto alla dimostrazione della conoscenza di fenomeni criminosi.

Inoltre, la delibera accorderebbe la prevalenza al contro-interessato in ragione della maggior pregnanza delle sue esperienze rispetto alle caratteristiche dell'ufficio messo a concorso, dimenticando che il medesimo, diversamente dal ricorrente, non ha alcuna conoscenza o esperienza della Procura di Roma.

Tale giudizio di prevalenza sarebbe stato infatti affidato a ragioni gravemente errate e frutto di travisamento, con particolare riferimento al rilievo preminente attribuito alle attività dirette di indagine svolte dal nominato.

Infine, il ricorrente rammenta la sua maggior anzianità di servizio, che gli avrebbe consentito di prevalere laddove i due candidati fossero stati ritenuti equivalenti per attitudini e merito, cosa che, per quanto sopra, non si rivelerebbe possibile.

Esaurita l'illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti gravati, parte ricorrente ne domanda l'annullamento.

Costituitisi in resistenza, sia le intimate amministrazioni che il contro-interessato confutano tutte le argomentazioni contenute in gravame, concludendo per il rigetto del ricorso.

Il contro-interessato evoca anche l'improcedibilità del ricorso, atteso che il ricorrente, nelle more del giudizio, si è visto conferire, con delibera del CSM 21 gennaio 2015, le funzioni direttive di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, con presa di possesso fissata per il 20 aprile 2015.

Parte ricorrente, rappresentato il proprio persistente interesse alla decisione del gravame, insiste nelle proprie conclusioni demolitorie, affidando a memorie e repliche lo sviluppo delle proprie tesi argomentative.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 21 maggio 2015.

DIRITTO

1. Il dr. Luigi De Ficchy ha impugnato gli atti dei quali si è composta la procedura per il conferimento dell'ufficio semidirettivo requirente di primo grado di procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, cui egli ha infruttuosamente partecipato, avendo il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta dell'11 settembre 2013, conferito l'ufficio al dr. Michele Prestipino Giarritta.

Resistono al gravame con eccezioni di rito e di merito il Consiglio Superiore della Magistratura, il Ministero della giustizia e il dr. Michele Prestipino Giarritta.

1.1. In via pregiudiziale, in relazione alle richieste istruttorie formulate dalla parte ricorrente, il Collegio deve dare espressamente atto che la difesa erariale ha versato in atti la gravata delibera del Plenum del CSM.

La controversia si presenta, pertanto, matura per la decisione di merito, non senza prima segnalare che l'accettazione da parte del ricorrente di altro incarico nelle more del giudizio avente a oggetto un pregresso conferimento di incarico da parte del CSM non comporta la sopravvenuta carenza di interesse (C.d.S., sez. IV, 11 settembre 2009, n. 5479), come evocato dal contro-interessato.

2. Prima di affrontare la disamina delle questioni agitate nella controversia, non è superfluo premettere alcuni cenni in ordine all'ambito di sindacabilità, in sede giurisdizionale, delle determinazioni del CSM in ordine alla scelta dei candidati da preporre agli uffici direttivi e semidirettivi della magistratura.

In proposito, va ricordato che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, anche della Sezione, costituente ormai ius receptum, le deliberazioni con cui l'Organo di autogoverno della magistratura ordinaria provvede in materia di conferimento ai magistrati dei detti uffici, ancorché espressione di attività amministrativa ampiamente discrezionale, non si sottraggono al sindacato giurisdizionale di legittimità.

In particolare, la peculiare posizione costituzionale del CSM non esclude la sottoposizione degli atti a contenuto discrezionale dal medesimo adottati allo scrutinio giudiziale di legittimità, a mezzo di apprezzamenti che, pur non potendosi addentrare nel merito delle scelte compiute dall'Organo, non si arrestano alla sola verifica di conformità degli atti a legge, bensì si estendono anche alla disamina di quei vizi in cui si declina la figura dell'eccesso di potere, secondo i relativi profili sintomatici.

In altre parole, se le determinazioni del CSM con cui vengono individuati i soggetti cui affidare gli uffici direttivi e semidirettivi costituiscono esercizio di potere discrezionale, e se la scelta dell'Organo di autogoverno risponde anche a valutazioni di opportunità, alla quale il giudice amministrativo non può sovrapporre una propria autonoma valutazione, essa è comunque soggetta a sindacato in sede di giurisdizione di legittimità, oltre che per violazione di legge, anche per illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti, nonché per carenza di motivazione o di istruttoria.

Per l'effetto, il sindacato giurisdizionale sulle delibere con cui il CSM conferisce ai magistrati uffici direttivi e semidirettivi può estendersi nell'ambito dell'esame dei presupposti di fatto e della congruità e ragionevolezza della motivazione posti a base della decisione, nonché dell'accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni, di talché le censure volte ad evidenziare la presenza di figure sintomatiche dell'eccesso di potere nell'azione amministrativa sono senz'altro apprezzabili dal giudice amministrativo in quanto refluenti in vizi di legittimità dell'atto a contenuto discrezionale.

Resta, peraltro, fermo il limite costituito dal merito delle scelte dell'Organo di autogoverno.

In particolare, il riconoscimento che l'azione amministrativa discrezionale anche del CSM è soggetta a sindacato in sede di giurisdizione di legittimità, per violazione di legge, illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti, nonché per carenza di motivazione o di istruttoria, non comporta che nell'esercizio di tale sindacato il giudice amministrativo possa sovrapporre la propria autonoma valutazione a quella sostanziata dalle determinazioni del CSM di individuazione dei magistrati cui affidare uffici direttivi e semidirettivi, rispondente, quale esercizio di potere discrezionale, anche a valutazioni di opportunità, tale sfera decisionale, restando, pertanto, totalmente estranea al processo amministrativo.

3. Richiamato sinteticamente l'ambito occupabile dal sindacato giurisdizionale nella materia oggetto dell'odierna controversia, va a questo punto effettuata una ricognizione, ancorché sintetica e limitata a quanto qui di particolare interesse, della disciplina normativa che regola il conferimento degli uffici semidirettivi della magistratura ordinaria, nella parte in cui individua i criteri che devono orientare concretamente la scelta dei soggetti, sulla cui base procedere allo scrutinio della contestata delibera.

In tale direzione, vengono in rilievo il d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160 e s.m.i., e segnatamente l'art. 12, e la circolare CSM n. P-19244 del 3 agosto 2010 - delibera del 30 luglio 2010, recante il testo unico sulla dirigenza giudiziaria, di cui è stata fatta applicazione nella procedura in esame.

L'art. 12 del d.lgs. 160/2006, al comma 10, stabilisce che per il conferimento delle funzioni di cui all'articolo 10, commi 7, 8, 9, 10 e 11 (quelle per cui è causa sono previste al comma 7), oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all'articolo 11, commi 3 e 5, "sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l'attitudine direttiva".

Soggiunge il comma 12 che, ai fini di quanto previsto dai commi 10 e 11, "l'attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l'attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell'ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è riferita altresì alla propensione all'impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull'andamento generale dell'ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare".

La circolare P-19244 si occupa nella Parte II della materia del conferimento degli incarichi semidirettivi, disponendo, in via generale, che i requisiti di indipendenza, imparzialità ed equilibrio costituiscono imprescindibili condizioni per un corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali, e che ai fini del conferimento degli incarichi semidirettivi deve essere apprezzato anche il prestigio dell'aspirante, valutato in riferimento alla stima acquisita all'interno e all'esterno degli uffici giudiziari di cui abbia fatto parte, oltre che per l'impegno profuso nell'attività giudiziaria, il rigore morale, le doti di carattere e le qualità umane.

Il relativo paragrafo 1 stabilisce poi i criteri per il conferimento degli uffici semidirettivi, prevedendo che, per essi tutti, la valutazione debba fare riferimento ai parametri "attitudine" e "merito", che, in una valutazione integrata, "confluiscono in un giudizio complessivo e unitario". L'anzianità, di cui si esclude la pari rilevanza, viene in considerazione nei limiti indicati al successivo paragrafo 2 (ovvero, esclusa la rilevanza dell'anzianità quale parametro di valutazione anche in relazione al conferimento degli uffici semidirettivi, come "indice dell'esperienza professionale acquisita" e "criterio di validazione dei requisiti delle attitudini e del merito, dei quali attesta la costanza e la persistenza e perciò lo specifico valore").

La circolare chiarisce successivamente (parte II, paragrafo 1.1.) che il profilo del "merito" investe la verifica dell'attività anche giudiziaria svolta, e ha lo scopo di ricostruire in maniera completa il profilo professionale del magistrato, del quale vanno valutati capacità, laboriosità, diligenza e impegno, secondo gli indicatori ivi analiticamente individuati.

Quanto, invece, alle "attitudini" la circolare stabilisce (parte II, paragrafo 1.2.) che esse si declinano in due categorie generali, alle quali si aggiungono, per i posti di presidente sezione lavoro, le competenze specifiche maturate in materia.

La prima categoria individuata in conformità all'art. 12, comma 12, del d.lgs. 160/2006 è la capacità di organizzare, programmare e gestire le risorse in rapporto alle necessità dell'ufficio e alle risorse disponibili. Viene in rilievo anche la propensione all'impiego delle tecnologie avanzate, la capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, l'ideazione e la realizzazione degli adattamenti organizzativi.

Richiamati alcuni elementi specifici e significativi per la valutazione attitudinale, individuati direttamente dalla normativa primaria (comma 10 dell'art. 12 del d.lgs. 106/2006: pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura), e chiarito che nell'ambito della verifica attitudinale si pone anche il riconoscimento della pluralità delle esperienze maturate, la circolare P-19244 prescrive di verificare le doti organizzative anche con riguardo ai parametri e agli indicatori dell'attitudine direttiva, individuati di concerto con il Ministero della giustizia ai sensi dell'art. 10, comma 3, lett. d), del d.lgs. 160/2006 e inglobati nella stessa circolare.

La circolare P-19244 illustra quindi i 9 indicatori del parametro "capacità di organizzare e programmare l'attività".

Al riguardo, va segnalato che, per costante giurisprudenza, tali parametri, ivi compreso il primo di essi, relativo alla pregressa esperienza di incarichi direttivi e semidirettivi, orientano la valutazione di carattere globale, spettante al CSM, in ordine all'individuazione del candidato più idoneo a ricoprire l'ufficio, ma non la vincolano: diversamente opinando, invero, sia il valore residuale dell'anzianità che la finalità alla procedura di ricoprire l'ufficio vacante con il candidato più idoneo, tenendo conto delle caratteristiche specifiche di questo, ovvero i principi cardini della riforma del 2006 per quanto attiene al conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi della magistratura ordinaria, verrebbero sostanzialmente posti nel nulla.

La circolare P-19244 illustra poi gli indicatori del parametro "capacità di gestire le risorse".

La seconda categoria generale che la circolare P-19244 pone in rilievo nell'ambito del profilo attitudinale è quella delle "funzioni omologhe", attraverso le quali vengono in rilievo l'identità o l'analogia delle funzioni esercitate per determinati periodi, in qualsiasi sede o grado di giurisdizione, in relazione all'ufficio semidirettivo vacante.

Deve ancora notarsi che il paragrafo 4 della parte II della circolare, dedicato al giudizio comparativo per il conferimento degli incarichi semidirettivi, prescrive al punto 1 che la valutazione comparativa tra gli aspiranti all'ufficio è effettuata "al fine di preporre all'ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali", e che le ragioni della scelta devono risultare da una espressa motivazione.

Il successivo punto 2 del paragrafo 4 della parte II della circolare P-19244 dispone che il merito e le attitudini sono desunti dai dati ricavabili dal fascicolo personale del magistrato, dalle risultanze relative alla quantità e qualità del lavoro svolto, dai pareri dei consigli giudiziari, dalla scheda di auto relazione, dagli accertamenti effettuati dal CSM, dalle audizioni personali, dagli esiti delle ispezioni ministeriali, da qualsiasi fatto ritenuto rilevante, risultante da atti del CSM o nella sua disponibilità, chiarendo che le decisioni disciplinari e i fatti ivi accertati sono sempre oggetto di valutazione.

4. Può ora passarsi all'esame delle censure ricorsuali.

5. Con un primo ordine di doglianze il ricorrente sostiene il difetto di motivazione della delibera, con conseguente impossibilità di comprendere l'iter logico e i presupposti sulla base dei quali la contestata scelta è stata effettuata.

Tanto a cagione della nuova prassi adottata dal CSM, ovvero dall'eliminazione, per tutti i candidati, del precedente modello di "medaglione" illustrativo di tutti gli elementi rilevanti del loro percorso professionale, ivi compresi i rapporti e i pareri conseguiti, sostituito ora da una mera trascrizione delle attività svolte nel corso della carriera, e dalla redazione, per il solo prescelto, di un'analitica valutazione di attitudini e merito.

Ciò, secondo il ricorrente, non farebbe emergere traccia effettiva della comparazione effettuata.

5.1. La censura è completamente destituita di fondamento.

Alla luce del costante insegnamento della giurisprudenza amministrativa, gli atti di conferimento ai magistrati degli incarichi direttivi e semidirettivi non necessitano di una motivazione particolarmente estesa, essendo sufficiente che risulti, anche in maniera sintetica, purché chiara, esplicita e coerente, che l'organo deliberante abbia proceduto all'apprezzamento complessivo dei candidati in base al quale esprimere il giudizio di preferenza, nonché l'adeguata esternazione delle ragioni della scelta, che, a loro volta, devono trovare fondamento in concreti presupposti ed elementi di valutazione.

Di talché si riconosce da sempre che l'eventuale minor scandaglio del percorso professionale del candidato che non risulti destinatario della proposta ovvero la minor enfasi nell'illustrazione dei suoi meriti non rivelano autonoma attitudine a far ritenere inficiato l'operato apprezzamento di tenore complessivo dell'Organo di autogoverno, né, conseguentemente, sono idonei a condurre ad un giudizio di illegittimità degli esiti della relativa procedura (C.d.S., sez. IV, 2 novembre 2004, n. 7105; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 20 dicembre 2010, n. 37650).

In altre parole, ciò che da sempre si chiede ai fini dell'apprezzamento della congruità della motivazione delle delibere di conferimento degli uffici direttivi e semidirettivi della magistratura ordinaria è, con la granitica giurisprudenza maturata sulla materia, che emergano, ancorché in modo sintetico, ma chiaro, esplicito e coerente, le ragioni in base alle quali l'organo deliberante, procedendo all'apprezzamento complessivo dei candidati, si sia convinto circa la preferenza da attribuire a un candidato rispetto agli altri (C.d.S., sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6115; 9 dicembre 2002, n. 6673).

In applicazione delle predette coordinate ermeneutiche, non par dubbio che nella fattispecie il ricorrente sia stato messo nelle condizioni di comprendere le ragioni che hanno militato a favore del conferimento dell'ufficio di cui trattasi ad altro candidato: tali ragioni, infatti, il ricorrente ha partitamente contestato nella presente sede giudiziale, mostrando di poter ricostruire nella sua interezza il percorso logico che ha assistito la gravata deliberazione, e ciò sia nello specifico apprezzamento delle qualità del nominato, sia in relazione alla comparazione diretta effettuata tra questi e il ricorrente.

Inoltre, la mancata illustrazione in via autonoma degli aspetti positivi della carriera del ricorrente, di cui il medesimo si duole, non attesta che tale comparazione non si avvenuta, atteso che, come detto, essa vi è indubbiamente stata, e ha riguardato vari profili della posizione di ambo gli aspiranti, tanto da occupare circa tre pagine della delibera (35, 36 e 37).

Né può dirsi che, poiché il "medaglione" dei candidati non prescelti illustra, per la predetta nuova prassi, esclusivamente le attività svolte nella carriera, la delibera dimostri che il CSM non era a conoscenza del profilo professionale del ricorrente, con conseguente vizio logico della valutazione.

Tale conclusione è infatti platealmente smentita da quanto puntualmente riferito in delibera in sede di comparazione diretta, ove risultano riportate per il ricorrente proprio quelle attività e quei risultati che il medesimo ha valorizzato in ricorso, nel tentativo di dimostrare l'erroneità del contestato giudizio.

In tale ambito, infatti, la delibera gli attribuisce, tra altro, "la pluralità di esperienze maturate anche sotto il profilo organizzativo e le competenze acquisite nel settore della criminalità organizzata", "le funzioni di sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma" e gli "importanti" risultati conseguiti in indagini di rilevante complessità in materia di criminalità organizzata ("banda della Magliana" e "terrorismo rosso e internazionale"), l'elaborazione, all'interno della PNA, della normativa e della prassi, la cura delle attività di acquisizione e di elaborazione anche informatica di dati, di collegamento investigativo, di coordinamento e di impulso delle indagini di competenza delle DDA di Roma e di Cagliari, la partecipazione a vari gruppi di lavoro, anche per il coordinamento e l'impulso delle indagini delle DDA nei confronti di varie forme di criminalità organizzata, la riconferma nell'incarico di acquisizione ed elaborazione dati per il collegamento investigativo e il coordinamento delle indagini delle Dda di Roma e Perugia, l'assegnazione ai Dipartimenti "Camorra" e "Nuove mafie" costituiti presso la DNA, il coordinamento di indagini anche di carattere internazionale ("mafia russa"), il coordinamento del Dipartimento "Camorra", l'assegnazione al Servizio segnalazioni operazioni finanziarie sospette, le applicazioni alla DDA di Napoli e di Bologna, le notevoli capacità organizzative manifestate come Procuratore di Tivoli, anche mediante "l'incremento assai elevato in punto di esaurimento degli affari" nonostante la cronica significativa carenza di organico.

Di talché, i risultati positivi conseguiti dal ricorrente nella carriera, ancorché di valenza ritenuta non prevalente nella comparazione diretta, non sono stati riportati nel nuovo modello di "medaglione", ovvero all'inizio della delibera, ma emergono con ogni chiarezza come adeguatamente apprezzati dal CSM nel corpo della delibera.

Non può dirsi, pertanto, che, sotto il profilo motivazionale, il percorso professionale del ricorrente sia stato sottostimato a indebito vantaggio del contro-interessato.

6. Con ulteriori censure il ricorrente afferma che la gravata delibera abbia fatto cattivo uso del potere di cui al paragrafo 2.2 della Parte II della circolare P-19244.

Al riguardo, al fine della miglior comprensione della questione, deve rammentarsi che, come detto, il parametro dell'"anzianità" non costituisce più uno dei canoni di valutazione degli aspiranti agli incarichi direttivi e semidirettivi.

Il periodo trascorso dal conferimento delle funzioni giudiziarie conserva pertanto valore solo in termini di "indice dell'esperienza professionale acquisita", integrando, in sostanza, un criterio di validazione dei parametri del merito e delle attitudini, dei quali attesta la costanza e la persistenza.

Il dato esperienziale, di conseguenza, viene considerato requisito di ingresso a una prima utile comparazione.

In tale prospettiva la circolare, al paragrafo 2, prefigura "un meccanismo di selezione valutativa che, partendo dal più giovane partecipante al concorso, determini e circoscriva l'ambito di aspiranti che in una fase preliminare possono essere posti tra loro in significativa ed utile valutazione comparativa".

La parametrazione relativa a tale prima fase viene fatta in concreto, tenendo conto, di volta in volta, degli effettivi partecipanti.

Al fine, poi, di consentire il recupero delle professionalità più rilevanti che non siano rientrante nella preliminare rosa di aspiranti sottoposti a valutazione comparativa, il citato paragrafo 2.2 prevede "il recupero delle professionalità più rilevanti, che non siano rientrate nella preliminare rosa di aspiranti sottoposti a valutazione comparativa", affermandosi che lo spiccato rilievo di tali professionalità "deve essere verificato con riguardo alle peculiarità dell'ufficio da conferire" e può riconoscersi in ragione, tra altro, del possesso di doti attitudinali e di merito di eccezionale valenza da parte del candidato non rientrante nella rosa stessa.

Nella fattispecie, il CSM ha ritenuto appunto che il contro-interessato, avuto riguardo alle peculiarità dell'ufficio da conferire, vantasse il possesso di requisiti di merito e attitudinali di eccezionale livello, integranti il profilo dello "spiccato rilievo" che giustifica, nella comparazione con gli altri aspiranti, il superamento della fascia formata sulla base del requisito dell'esperienza.

Al riguardo, il ricorrente rileva come la delibera abbia giustificato il ricorso a tale meccanismo sostenendo, da un lato, la necessità dell'ufficio da ricoprire di confrontarsi con la criminalità organizzata, dall'altro, conferendo "spiccato rilievo" all'esperienza maturata dal contro-interessato in operazioni contro la mafia e la ndrangheta quale sostituto procuratore presso la Procura di Palermo e quale procuratore aggiunto presso la Procura di Reggio Calabria.

E, per il ricorrente, tale percorso motivazionale sarebbe irragionevole in ambo i predetti passaggi.

6.1. Il ricorrente ritiene innanzitutto che il CSM abbia errato comparando la Procura di Roma a quelle di Palermo e di Reggio Calabria, sia per la profonda diversità delle relative aree di competenza che per la peculiare organizzazione della prima: l'aver ben operato nelle aree considerate non potrebbe, pertanto, assumere valenza decisiva nella procedura.

La fondatezza del rilievo viene ancorata anche alla relazione della Direzione Nazionale Antimafia del dicembre 2012, citata nella stessa delibera per individuare le esigenze funzionali da soddisfare, che secondo il ricorrente, non consentirebbe l'effettuata equiparazione, segnalando proprio la diversità tra le rispettive aree di competenza.

La censura è frutto di un evidente travisamento logico.

Non emerge, infatti, alcuna antinomia tra la predetta relazione della Direzione Nazionale Antimafia del dicembre 2012 e la individuazione delle esigenze dell'ufficio da ricoprire effettuata in delibera.

Per vero, la delibera espone come la predetta relazione DNA illustri - e si tratta di valutazioni della cui congruità non è dato oggettivamente dubitare, come, di fatto, il ricorrente non dubita, prendendole anzi a sostegno delle proprie argomentazioni - che il Lazio, e la stessa Capitale, sono stati già da tempo prescelti da organizzazioni criminali mafiose, quali la ndrangheta e la camorra, per costituirvi articolazioni logistiche per il riciclaggio di capitali illeciti e l'investimento di attività imprenditoriali. Formano oggetto di tali investimenti a Roma, anche a prezzi fuori mercato, immobili, società ed esercizi commerciali.

Le ragioni di tale scelta sono indicate nella facile mimetizzazione consentita dalla vastità del territorio e dalla pluralità delle attività ivi dislocate, nonché dalla "tipologia criminale del Lazio, non caratterizzato da quelle forme di allarme sociale tipiche di altre realtà territoriali, in cui è assente una criminalità locale fortemente radicata e in cui non vi è necessità di contendersi i comparti economico-imprenditoriali".

La delibera segnala che la relazione, evidenziate alcune indagini che hanno portato a individuare l'esistenza di strutture operanti con metodo mafioso nelle attività commerciali, nati dalla sinergia tra le DDA di Roma e di Reggio Calabria, conclude per l'ormai radicata presenza a Roma e nel Lazio di "rappresentanti" di tutte le mafie, e per la "necessità di concentrare gli sforzi sull'individuazione delle attività criminali poste in essere dai gruppi mafiosi sul territorio laziale" agendo, prioritariamente, con la leva del contrasto patrimoniale, ritenuto uno degli strumenti più incisivi nella lotta alla criminalità organizzata.

Tanto chiarito, risulta evidente che la delibera in esame, richiamando i predetti passaggi della relazione della Direzione Nazionale Antimafia del dicembre 2012, non ha in alcun modo inteso equiparare - come erroneamente afferma il ricorrente - il territorio di competenza della Procura di Roma con realtà territoriali molto diverse, ma si è, anzi, limitata a evidenziare la specificità di tale territorio proprio per come emergente dalla predetta relazione, ovvero la vulnerabilità alla penetrazione delle organizzazioni criminali in discorso, con la necessità conseguente di acquisire professionalità esperte in tale tipo di criminalità.

Si tratta di un percorso la cui logicità e congruenza è fuori discussione.

Il ricorrente sostiene ancora che, stante le dimensioni della Procura di Roma (9 procuratori aggiunti, divisi per competenze e settori), non è detto che un procuratore aggiunto addetto alla stessa debba confrontarsi con la criminalità organizzata.

Anche tale rilievo non convince, atteso che, nella descritta situazione, non pare dubbia la necessità dell'apporto di magistrati esperti nei fenomeni criminali di cui trattasi.

Di contro, la tesi del ricorrente comporterebbe che una procura il cui territorio risulti specificamente caratterizzato dalla crescente presenza di organizzazioni criminali mafiose, sol perché di grandi dimensioni, non necessiti di alcuna particolare specializzazione, cosa che, a tacer d'altro, appare contraria ai criteri delineati nella richiamata circolare P-19244, laddove impone che la valutazione comparativa tra gli aspiranti all'ufficio è effettuata "al fine di preporre all'ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

6.2. Il ricorrente segnala, poi, che, proprio in base al criterio utilizzato, il suo curriculum si sarebbe profilato come senz'altro prevalente rispetto a quello del nominato, atteso che le sue esperienze organizzative rilevanti sarebbero sia qualitativamente che quantitativamente molto più consistenti.

A sostegno della censura, si evidenzia che a fronte dello svolgimento da parte del nominato di funzioni semidirettive requirenti, il ricorrente ha svolto, per un periodo maggiore e con eccellenti risultati, funzioni direttive.

Si rimarcano, inoltre, a favore del ricorrente, le funzioni svolte dal medesimo quale sostituto procuratore presso la Procura di Roma (18 settembre 1980-11 gennaio 1993), presso la Direzione Nazionale Antimafia di Roma, con svolgimento degli incarichi di coordinamento investigativo meglio descritti in narrativa, e infine, quale Procuratore della Repubblica di Tivoli, ovvero la rilevante e continua operatività nel territorio laziale e romano, sconosciuta al ricorrente, e sempre caratterizzata da eccellenti risultati.

L'argomentazione, ancorché suggestiva, non coglie nel segno.

Infatti, sul punto, la motivazione offerta dalla gravata delibera risulta assistita da un apparato argomentativo fondato su presupposti oggettivi, chiaro, esaustivo e logico, che resiste, pertanto, alla censure formulate dal ricorrente.

Si rammenta che la circolare P-19244, come appena sopra rammentato, stabilisce che la valutazione comparativa tra gli aspiranti all'ufficio, spettante al CSM, è effettuata "al fine di preporre all'ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

Il posto messo a concorso è quello semidirettivo di procuratore aggiunto.

Nel predetto contesto, facendo applicazione del menzionato criterio, chiarisce la gravata delibera che l'indubbia ampiezza del bagaglio di esperienze professionali e organizzative del ricorrente non vale tuttavia a rendere la sua posizione prevalente nella comparazione con il contro-interessato, atteso che scopo della valutazione non è l'individuazione del valore professionale in assoluto, bensì quello che rileva ai fini dell'incarico da conferire.

In tale ambito, la delibera ha rilevato come il profilo professionale del contro-interessato si profilasse più pregnante rispetto alle caratteristiche e ai requisiti richiesti dall'ufficio, atteso il pregresso svolgimento di funzioni omologhe, in un ufficio e con trattazione di procedimenti e affari di indiscutibile rilevanza e complessità, anche nazionale e internazionale, e le elevate capacità dimostrate nell'esercizio di tali specifiche funzioni, attestate dai risultati conseguiti.

Laddove, invece, il ricorrente ha maturato, anche presso la DNA, una lunga esperienza nella funzione di coordinamento, che "non implica quel grado di impegno diretto e ininterrotto nello svolgimento delle attività di indagine" che caratterizza da sempre l'attività del contro-interessato soprattutto nei settori della criminalità organizzata.

La circostanza non è smentita da quanto affermato nelle memorie difensive del ricorrente, atteso che anche la eventuale continuazione da parte del medesimo di attività diretta di indagine non sembra potersi presumere in senso di prevalenza.

Inoltre, a fronte dell'"ampia e qualificata" esperienza maturata dal ricorrente in contesti e ruoli non di prima linea, la maggior pregnanza del curriculum del nominato è stata rilevata in ragione della non comune, aggiornata e specifica competenza acquisita nella conoscenza di fenomeni e delle azioni di contrasto alla criminalità, e degli eccellenti risultati conseguiti, con conseguente riconoscimento di "attitudini organizzative di particolare rilievo per lo svolgimento dell'incarico in esame".

In altre parole, il CSM, motivando esaurientemente, ha ritenuto il contro-interessato più idoneo tenuto conto del fatto che trattavasi di incarico il cui contenuto prevalente è lo svolgimento - e non il coordinamento - dell'attività investigativa.

Ed è evidente che, sotto l'angolo visuale adottato dalla delibera, non assume rilevanza che il contro-interessato non abbia operato nel territorio laziale o romano.

La delibera risulta aver pertanto non solo esaminato analiticamente il profilo professionale del ricorrente, ma anche evidenziato dettagliatamente e convincentemente le ragioni della preferenza che hanno condotto alla designazione del contro-interessato, preferenza che non evidenzia la presenza di apprezzamenti devianti rispetto al percorso tracciato dalle norme di riferimento per il legittimo svolgimento della funzione valutativa rimessa all'Organo di autogoverno.

Il ricorrente non può, pertanto, essere seguito quando afferma che elementi in forza dei quali il contro-interessato prevarrebbe sul ricorrente risulterebbero affermati ma non dimostrati.

Infine, si rileva che, quanto ai diffusi passaggi motivazionali della delibera in ordine alla ritenuta eccellenza del curriculum del contro-interessato, concretante quello "spiccato rilievo" che, a termini della circolare P-19244, ne ha permesso la valutazione quale "fuori fascia", il ricorrente non ha formulato autonome censure, limitandosi a rilevare, nell'atto introduttivo del giudizio, lo sviato ricorso al rimedio, vizio che, come sopra, si è rivelato insussistente, e, in memoria, e genericamente, la carenza dell'evidenza ictu oculi delle doti del contro-interessato, richieste, per l'ipotesi, dalla giurisprudenza.

Il Collegio può, pertanto, sul punto, limitarsi a richiamare le articolate argomentazioni contenute nella delibera.

7. Alla luce delle già esposte considerazioni, vanno respinte le restanti argomentazioni con cui il ricorrente lamenta ulteriormente l'omissione dell'esternazione di tutte le sue esperienze professionali di rilevanza per l'incarico, ribadisce che il contro-interessato non ha alcuna conoscenza o esperienza della Procura di Roma, si duole che il giudizio di prevalenza sia stato affidato a ragioni gravemente errate e frutto di travisamento.

Nulla muta, poi, tenendo conto della maggior anzianità di servizio del ricorrente, atteso che, come riconosciuto anche in ricorso, l'elemento rileva solo per l'ipotesi in cui i candidati abbiano conseguito un giudizio di equivalenza per i parametri dell'attitudine e del merito, qui non verificatasi.

Quanto alla censura secondo cui per il parametro del merito, la contestata delibera non conterrebbe alcuna valutazione comparativa, si è già sopra visto come, al contrario, la comparazione diretta tra i due candidati al posto abbia riconosciuto in termini altamente lusinghieri, mutatis mutandis, la verifica dell'attività giudiziaria svolta da entrambi i candidati, accordando sostanzialmente la prevalenza a uno di essi per il diverso parametro dell'attitudine.

Infine, non rileva la circostanza che il ricorrente sia stato destinatario di una proposta di maggioranza per il conferimento di altro rilevante incarico, formata dallo stesso relatore della opposta proposta qui deliberata dal CSM: il principio dell'autonomia delle singole procedure concorsuali, nonché il loro necessario atteggiarsi in relazione alle caratteristiche del posto da ricoprire, rende il rilievo del tutto inconferente.

8. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese di lite, che liquida nella misura complessiva di Euro 1.000,00 (euro mille/00) a favore di ciascuna delle parti resistenti, oltre IVA e CPA, ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.