Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Sezione II
Sentenza 2 ottobre 2015, n. 756

Presidente: Pupilella - Estensore: Pupilella

FATTO

Con tre distinti ricorsi, depositati tra il 19 ed il 26 giugno 2015, alcuni elettori e rappresentanti di forze politiche che hanno partecipato alla competizione elettorale svoltasi il 31 maggio 2015 per l'elezione del Presidente della Giunta Regionale e del Consiglio regionale della Liguria, tra i quali il neo Presidente della regione Giovanni Toti, impugnano il verbale 11 giugno 2015 delle operazioni compiute dall'Ufficio centrale regionale della Liguria, costituito c/o la Corte d'Appello di Genova nella parte in cui ha assegnato alla lista regionale di maggioranza "Giovanni Toti Liguria" e alle liste provinciali collegate 15 seggi invece dei 18 invocati in ricorso.

La tesi, comune ai tre ricorsi ed attorno alla quale ruotano i motivi di diritto posti a sostegno delle richieste di annullamento dell'atto impugnato, è costituita dall'affermazione che l'Ufficio resistente previsto dalla legge elettorale nazionale n. 108/1968 avrebbe dovuto dare integrale applicazione delle norme statali vigenti in materia di elezioni regionali e precisamente al combinato disposto derivante dalle leggi n. 108/1968, n. 43/1995, confermate in via transitoria dall'art. 5 della l. cost. n. 1/1999, fino alla emanazione della legge elettorale regionale ligure, non ancora approvata.

L'integrale applicazione della normativa sopra citata avrebbe condotto al risultato di attribuire alla lista risultata vincitrice, un doppio premio di maggioranza, introdotto dalla l. n. 43/1995, costituito, nella specie, da tre consiglieri in più, al fine dichiarato di garantire maggior stabilità al governo regionale, consentendo, nei casi quale quello in questione, nel quale la compagine risultata vincitrice abbia ottenuto meno del 40% dei voti espressi, di raggiungere, in questo modo, il 55% dei seggi complessivi.

Nelle elezioni tenutesi nel maggio 2015, tuttavia, la previsione sopra descritta incontra l'ostacolo del dettato dello Statuto ligure, modificato, per quanto d'interesse, con la l.r. ligure n. 1/2013, che fissa in 30 consiglieri più il Presidente il numero massimo dei rappresentanti della regione.

L'ufficio elettorale ha ritenuto prevalente lo Statuto regionale, con la conseguenza della inapplicabilità della norma che disciplina il doppio premio di maggioranza invocato dai ricorrenti.

Di qui la richiesta di annullamento del verbale 11 giugno 2015 delle operazioni compiute dall'Ufficio centrale regionale della Liguria, nella parte in cui ha assegnato alla lista regionale di maggioranza "Giovanni Toti Liguria" e alle liste provinciali collegate, 15 seggi invece dei 18 richiesti in ricorso.

In subordine, viene avanzata una richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale della l. n. 148/2011, qualora il Tribunale ritenesse che la disciplina introdotta dal d.l. Monti n. 138/2011 convertito nella legge citata, riducendo il numero complessivo dei consiglieri regionali, numero fatto proprio dallo Statuto ligure, fosse lo schermo giuridico che impedisce oggi l'integrale applicazione della normativa elettorale che consentiva l'applicazione del premio di maggioranza.

In estremo subordine, poi, tutti i ricorsi chiedono, nel caso il Tribunale ritenesse prevalente su tutte le norme l'indicazione non superabile del numero fisso di consiglieri regionali dettata dallo Statuto, la condanna dell'Ufficio elettorale a procedere all'attribuzione del premio di maggioranza spettante alla lista "Giovanni Toti Liguria"attraverso la sottrazione di un seggio alle liste di opposizione.

Questi i motivi di diritto proposti all'attenzione del Collegio:

Quanto al ricorso r.g.r. n. 605/2015:

1) Insussistenza tra la ritenuta incompatibilità tra il numero di consiglieri previsti dallo Statuto regionale e la disciplina del premio di maggioranza.

Violazione dell'art. 101, comma 2, Cost. Violazione ed omessa applicazione dell'art. 15, comma 13, della l. n. 108/1968. Illegittima ed omessa applicazione del premio di maggioranza previsto dall'art. 15 della l. n. 108/1968. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 15 dello Statuto della regione Liguria. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 14 del d.l. n. 138/2011 (c.d. decreto "Monti").

2) Erronea soluzione, da parte dell'Ufficio centrale regionale, della ritenuta antinomia tra previsione statutaria concernente il numero dei consiglieri regionali e la disciplina del premio di maggioranza. Violazione dell'art. 5 l. cost. n. 1/1999. Violazione e omessa applicazione dell'art. 15 della l. n. 108/1968. Violazione e falsa applicazione dell'art. 15 dello Statuto della regione Liguria. Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 del d.l. n. 138/2011. Cancellazione di parti del verbale delle operazioni elettorali. Eccesso di potere. Violazione dell'auto vincolo posto attraverso l'adozione del verbale in questione.

In via ulteriormente subordinata si chiede al Tribunale di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 2 dello statuto della regione Liguria per violazione degli art. 122 e 123 Cost., nonché per violazione dell'art. 5 della l. cost. n. 1/1999.

Quanto al ricorso r.g.r. n. 609/2015:

1) Violazione e falsa e/o mancata applicazione degli artt. 8 e 15 della l. 17 febbraio 1968, n. 108, come modificata dalla l. 23 febbraio 1995, n. 43, in relazione alla violazione dell'art. 5 della l. cost. 22 novembre 1999, n. 1 e dell'art. 122 Cost.

Violazione dei principi in materia delle fonti e dei rapporti tra esse.

Violazione del principio di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione, di cui all'art. 97 Cost.

Violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.

Eccesso di potere per difetto del presupposto e di istruttoria e per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento. Sviamento.

2) in via subordinata: Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 15 della l. n. 108/1968, come modificata dalla l. 23 febbraio 1995, n. 43, in relazione alla violazione dell'art. 14 del d.l. n. 138/2011, convertito con modificazioni dalla l. n. 148/2011 e art. 15, comma 2, del vigente statuto regionale della Liguria, nel testo modificato dalla l. r. n. 1 del 13 maggio 2013.

Violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione, di cui all'art. 97 Cost.

Violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.

Eccesso di potere per difetto del presupposto e di istruttoria e per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizie manifeste. Travisamento. Sviamento.

Quanto al ricorso r.g.r. n. 617/2015:

1) Violazione e falsa e/o mancata applicazione degli artt. 8 e 15 della l. 17 febbraio 1968, n. 108, come modificata dalla l. 23 febbraio 1995, n. 43, in relazione alla violazione dell'art. 5 della l. cost. 22 novembre 1999, n. 1 e dell'art. 122 Cost.

Violazione dei principi in materia delle fonti e dei rapporti tra esse.

Violazione del principio di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione, di cui all'art. 97 Cost.

Violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.

Eccesso di potere per difetto del presupposto e di istruttoria e per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento. Sviamento.

2) in via subordinata: Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 15 della l. n. 108/1968, come modificata dalla l. 23 febbraio 1995, n. 43, in relazione alla violazione dell'art. 14 del d.l. n. 138/2011, convertito con modificazioni dalla l. n. 148/2011 e art. 15, comma 2, del vigente statuto regionale della Liguria, nel testo modificato dalla l.r. n. 1 del 13 maggio 2013.

Violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione, di cui all'art. 97 Cost.

Violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.

Eccesso di potere per difetto del presupposto e di istruttoria e per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizie manifeste. Travisamento. Sviamento.

Si costituivano in giudizio nei ricorsi sopra indicati i sigg. Gabriele Pisani, consigliere eletto nella tornata elettorale del 31 maggio 2015 nelle liste del "Movimento 5 stelle" più altri consiglieri dello stesso movimento meglio in epigrafe indicati; Giovanni Lunardon, elettore e candidato eletto nella stessa competizione elettorale per il "Partito Democratico; Giovanni Battista Raggi, legale rappresentante del "Partito democratico della Liguria"; Raffaella Paita, elettrice e candidata Presidente nella lista regionale "Lella Paita Presidente".

Tutti gl'intervenienti chiedevano il rigetto dei ricorsi ritenendo infondate le tesi proposte volte a modificare il risultato elettorale, tenuto conto dei principi costituzionali che stabiliscono la gerarchia tra le fonti di diritto in materia di elezioni regionali, che danno prevalenza allo Statuto regionale cui anche la l. cost. n. 1 del 1999 deve conformarsi, pena la violazione degli artt. 122 e 123 Cost.

Quanto alla tesi subordinata, con la quale i ricorrenti chiedono la sottrazione di un seggio ottenuto dal'opposizione e la sua attribuzione alla lista risultata vincitrice, con una univoca argomentazione gl'intervenienti contestano la soluzione prospettata, sia perché priva di una base normativa, sia perché la governabilità non può sopravanzare il principio costituzionale cardine della rappresentatività.

All'udienza fissata per il 16 luglio 2015, emergeva la necessità di rinviare la trattazione delle cause per la formalizzazione di alcune notificazioni, per il mancato perfezionamento dei termini a difesa nei confronti di alcuni dei soggetti coinvolti nel procedimento giudiziario.

Considerato inoltre che, sia la domanda avanzata in principalità di ottenere tre seggi in più, che la domanda subordinata di ottenere un seggio a scapito delle liste di minoranza era astrattamente idonea ad alterare la rappresentanza politica ed il rapporto tra maggioranza ed opposizione così come risultante dall'atto impugnato, il Collegio disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i consiglieri regionali eletti nelle liste di opposizione all'attuale maggioranza, anche in considerazione dell'importanza della questione e della necessità di eliminare dubbi circa la pienezza della rappresentatività del Consiglio regionale all'inizio della legislatura.

Con l'accordo di tutte le parti in lite le cause venivano rinviate all'udienza straordinaria del 25 settembre 2015.

In data nove settembre i contro interessati Alice, Tosi, De Ferrari, Battistini e Melis, depositavano una memoria nella quale ribadivano la inammissibilità dei ricorsi per tardività ed acquiescenza, in relazione al Decreto del Prefetto della provincia di Genova n. 13688 che in data 1° aprile 2015, in applicazione di precise indicazioni di legge ha ribadito con decreto che "il Consiglio regionale della regione Liguria è composto da trenta membri".

All'udienza odierna, i ricorsi venivano discussi e trattenuti in decisione dal Collegio.

DIRITTO

In via preliminare il Tribunale dispone la riunione dei ricorsi r.g.r. nn. 605, 609 e 617/2015, per la connessione oggettiva che li unisce ed in considerazione della circostanza che le tre impugnative, sia pur diversamente argomentate, contengono le stesse censure e tendono al medesimo fine, vale a dire la modifica del risultato elettorale con l'attribuzione, alla coalizione risultata vincitrice, di tre ulteriori seggi per garantire una maggior governabilità alla maggioranza con il raggiungimento del 55% dei seggi in Consiglio regionale.

In subordine, chiedono di conseguire il medesimo risultato sottraendo all'opposizione un seggio che dovrebbe essere attribuito alla maggioranza.

Sempre in via preliminare il Collegio deve prendersi carico della eccezione avanzata in tutti i ricorsi dall'Avvocatura dello Stato, che, sulla base di decisioni anche molto recenti del giudice amministrativo (C.d.S., sez. V, n. 3117/2015) ha affermato il difetto di legittimazione passiva di tutti gli uffici elettorali intimati, sul presupposto che l'Amministrazione dell'Interno e gli organi straordinari che emanano atti nel corso del procedimento elettorale non sono parti del giudizio e la legittimazione passiva spetta soltanto all'Amministrazione cui vanno giuridicamente imputati i risultati della consultazione elettorale.

L'eccezione è fondata.

Il dato letterale, contenuto nell'art. 130 c.p.a., infatti, afferma al terzo comma che il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, a cura di chi lo ha proposto:

a) all'ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni;

b) all'Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia;

c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato.

Nel quinto comma poi, si specifica ulteriormente che soggetti legittimati a contraddire le tesi proposte in ricorso sono l'amministrazione resistente e i controinteressati che depositano nella segreteria le proprie controdeduzioni nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata nei loro confronti.

Appare dunque chiaro che il legislatore ha volutamente riservato la legittimazione passiva, in un intento di semplificazione ed efficienza della struttura del processo amministrativo, ai soli soggetti ai quali i risultati elettorali si riferiscono e non ha ritenuto tali l'Amministrazione dell'interno o gli uffici elettorali, organi temporanei, costituiti per garantire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali, ma che non sono portatori d'interessi propri al mantenimento degli atti compiuti, tali da giustificarne la necessaria partecipazione al giudizio (C.d.S., sez. V, 17 marzo 2015, n. 1376).

Ne consegue che vanno estromessi dai giudizi, per difetto di legittimazione passiva, tutti gli uffici elettorali intimati.

Sempre in via preliminare il Collegio deve darsi carico della eccezione di tardività e comunque di acquiescenza proposta dai controinteressati eletti consiglieri per il Movimento 5 stelle, fondata sulla mancata immediata impugnazione del numero di componenti del Consiglio regionale, così come risultante dallo Statuto della regione Liguria, approvato con l. n. 1/2013.

In particolare si afferma la tardività del ricorso posto che, con decreto del 1° aprile 2015 il Prefetto di Genova, in ossequio agli adempimenti del procedimento elettorale, aveva ribadito, con proprio decreto, il numero dei componenti del Consiglio.

L'eccezione non è fondata.

Costituisce precetto condiviso da dottrina e giurisprudenza (C.d.S., sez. IV, 20 dicembre 2000, n. 6848) che l'acquiescenza ad un provvedimento amministrativo sfavorevole postula l'incondizionata accettazione del contenuto precettivo dell'atto da parte dell'interessato, sicché l'attuale volontà di prestare l'acquiescenza deve escludersi ogni qualvolta l'assetto di interessi venga accettato dal destinatario solo subordinatamente alla realizzazione in futuro di determinate condizioni o specifici presupposti.

Nel caso di specie, prima dei risultati elettorali, ciascuna forza politica poteva avere la legittima aspettativa di conquistare un numero di voti sufficiente ad ottenere una maggioranza tale da non necessitare di alcun intervento correttivo, previsto dalla legge nazionale soltanto nella ipotesi di mancato raggiungimento di almeno il 40% dei consensi.

Quindi, prima della competizione elettorale, nessuna tardività poteva essere mossa ai ricorrenti per la mancata impugnazione del numero dei componenti del Consiglio regionale così come fissato nello Statuto.

Ciò premesso, il Tribunale può passare alla disamina nel merito dei ricorsi.

Come già accennato in punto di fatto, il contenzioso trae origine dalla stratificazione nel tempo delle norme che regolano l'autogoverno regionale e, nello specifico, per la regione Liguria, dall'assenza di una propria legge elettorale, a quasi quindici anni dalla modifica del titolo V della Costituzione, volto a rivisitare il quadro normativo delle competenze (legislative ed amministrative) affidate alle regioni.

Il risultato di questa situazione è, per la regione Liguria il seguente:

1) il permanere di norme statali (l. n. 108/1968; n. 43/1995) in un riparto di competenze che oggi la Costituzione assegna alle regioni, e di una legge costituzionale (n. 1/1999) che ha modificato gli artt. 122 e 123 Cost., affidando l'elezione dei Consigli regionali e la forma di governo alla competenza legislativa regionale e ha previsto, con norma transitoria tuttora in vigore (art. 5), la contestualità delle elezioni del Presidente della Giunta regionale con il rinnovo dei Consigli regionali secondo le disposizioni delle leggi statali in materia.

2) La parziale realizzazione dell'impianto delineato dalla l. cost. n. 1/1999, con l'approvazione dello Statuto regionale ligure (l.r. n. 1/2005 e n. 1/2013 che modifica l'art. 15 originario), ma in assenza della legge elettorale regionale;

3) Il sopravvenire del d.l. Monti (n. 138/2011) convertito nella l. n. 148/2011 che ha ridotto proporzionalmente al numero di abitanti, il numero dei Consiglieri regionali in tutte le regioni italiane per il dichiarato obiettivo di contenimento dei costi della politica.

In questa situazione, caratterizzata per un verso da un vuoto normativo (la legge regionale elettorale Ligure) e per altro verso dall'avvenuta scelta regionale circa il numero (massimo) di Consiglieri regionali previsti nello statuto (approvato nel 2005 e modificato quanto al numero nel 2013) stanno le articolate censure dei ricorsi.

L'Ufficio centrale regionale, nella situazione sopra delineata ha ritenuto che, pur nella complessità del riparto di competenze nella materia in discussione tra fonti normative statali e regionali, il punto di partenza non potesse che essere costituito dalle scelte operate nello statuto, che delineano la forma di governo prescelta.

L'ufficio ha quindi fondato la sua decisione affermando che "il rapporto tra statuto e legge regionale (elettorale) sia disegnato in termini di gerarchia, dato il carattere fondamentale della fonte statutaria, comprovato dal procedimento aggravato previsto dall'art. 123, commi 2 e 3, Cost. (Corte cost. n. 4/2010) e corroborato dalla considerazione che la determinazione del numero dei consiglieri regionali, rappresenta una scelta politica fondamentale che va iscritta nell'ambito della forma di governo della regione di cui lo statuto è il custode.

Una volta affermato questo principio, l'ufficio ha negato qualunque spazio alle norme statali volte ad introdurre meccanismi diretti ad attribuire seggi aggiuntivi che avrebbero avuto, come risultato, di alterare il numero fisso di consiglieri scolpito nello statuto.

Il Collegio condivide le conclusioni cui è giunto l'organo elettorale per le ragioni di seguito esposte.

Vanno innanzitutto respinti i motivi comuni ai ricorsi che negano l'esistenza di una contraddizione tra il numero fisso di consiglieri previsto nello statuto e l'attribuzione del premio di maggioranza, invocando, a conforto della propria tesi, il passato regime, nel quale la legge statale n. 108/1968, che pur prevedeva un numero fisso di Consiglieri regionali, era stata modificata con l'introduzione del premio di maggioranza di cui all'art. 15, comma 13, n. 6 e 7, senza che ciò creasse dubbi circa la convivenza delle due discipline.

La tesi delineata tuttavia non sembra tenere conto della circostanza che con l'approvazione della l. cost. del 1999, lo Stato ha riconosciuto la competenza regionale in materia, limitandosi a disciplinare il periodo transitorio, nelle more dell'approvazione degli statuti e delle leggi elettorali regionali.

Ma, soprattutto, la tesi prospettata, non sembra darsi carico delle conseguenze che il diverso riparto delle competenze, attuato con la riforma del titolo V della Cost. ha determinato in relazione alle fonti di diritto nella materia trattata.

E neppure dà una spiegazione, giuridicamente convincente, alla necessità di conciliare il potere statutario, già esercitato, con una normativa di carattere transitorio (cioè recessiva rispetto al nuovo riparto di competenze) che vorrebbe incidere su di un potere (quello statutario) ormai sottratto alla competenza statale.

La l. n. 108/1968, infatti fu concepita quando nessun dubbio esisteva circa la competenza dello Stato in tutta la materia in discussione (l'art. 122, comma 1, della cost. nel testo originario del 1947, riservava alla legge statale anche l'indicazione del numero dei consiglieri regionali) con la conseguenza che la previsione, nella l. 108/1968 del numero dei componenti dell'organo pareva un naturale e conseguente esercizio del potere affidato allo Stato.

Viceversa, con la riforma del 2001 e la modifica degli artt. 122 e 123 Cost. non si dubita più che sia lo statuto a disciplinare la forma di governo delle autonomie regionali e che, pur nel silenzio della legge, la competenza statutaria attragga a sé anche l'indicazione del numero dei consiglieri.

In tal senso anche la Corte costituzionale (Corte cost. n. 188/2011) ha ribadito come non vi sia più spazio per la introduzione di modifiche al numero dei Consiglieri regionali fissato nello statuto, neppure ad opera della legge elettorale regionale.

Se dunque il presupposto non contestabile è la competenza statutaria, riconosciuta dalla Costituzione e dalla giurisprudenza della Corte a fissare il numero di Consiglieri regionali, lo sforzo di evocare una situazione ormai superata di competenze è destinata al fallimento, come pure il tentativo di incidere sulla determinazione dello Statuto attraverso meccanismi premiali che la Corte costituzionale ha già ritenuto non ammissibili, risultando indifferente, sotto il profilo considerato, che la regione si sia già determinata con una propria legge elettorale oppure il procedimento sia ancora dettato in via transitoria dalla l. n. 108/1968 e ss.mm.ii.

Infatti, sia che ci si trovi di fronte ad una nuova legge elettorale regionale, che miri ad applicare meccanismi premiali, sia che si voglia applicare il vecchio "Tatarellum", la Corte pone come argine invalicabile, non la qualità della fonte che introduce tali meccanismi, ma la possibilità che la stessa possa incidere sullo statuto e sulla forma di governo, modificando il numero dei consiglieri regionali (Corte cost. n. 188/2011. In dottrina: Cosulich "Il sistema elettorale del Consiglio regionale tra fonti statali e fonti regionali", Padova, 2008, pag. 217-261).

Né si può impedire allo statuto approvato di svolgere il proprio ruolo affermando, come avviene nel ricorso r.g.r. 605/2015 che l'art. 5 della l. cost. n. 1/1999 perderà efficacia solo al momento nel quale statuto e legge elettorale regionale saranno entrambi esistenti.

La tesi risulta smentita dalle pronunce in materia della Corte cost. (n. 188/2011) e dei giudici amministrativi (C.d.S., sez. V, n. 163 e 165/2011) che hanno riconosciuto l'autonomia e l'operatività dello statuto, rispetto alle leggi elettorali regionali nel frattempo approvate.

Quanto all'interpretazione della congiunzione "e" adottata nell'art. 5 e valorizzata dai ricorrenti, il Collegio condivide le repliche dei controinteressati sul valore di congiunzione copulativa da attribuire alla espressione perché, diversamente opinando, si paralizzerebbe il potere legislativo regionale che non potrebbe esercitare il compito fondamentale di darsi una forma di governo fino all'approvazione di una legge elettorale.

Che tale conclusione non fosse nell'idea del legislatore lo si può desumere innanzitutto dalla stessa previsione di una legge elettorale nazionale che continuava a sopravvivere, attraverso la norma provvisoria proprio per consentire il passaggio al nuovo regime e del quale l'approvazione dello statuto è il cardine non eliminabile.

Inoltre la Corte costituzionale (sentenza n. 196 del 5 giugno 2003) ammettendo per il principio di continuità (sentenze n. 14/1973 e n. 376/2002) l'efficacia delle leggi elettorali nazionali nella materia in discussione, ha specificato, tuttavia, che la potestà legislativa era ormai di spettanza delle regioni, al punto che la stessa poteva esercitarsi anche prima della emanazione dell'avvenuta approvazione della legge contenente i principi fondamentali che lo Stato ha poi dettato con la l. n. 165/2004.

Questo perché l'eventuale omissione degli stessi avrebbe potuto di fatto paralizzare l'esercizio della competenza affidata alle regioni.

A maggior ragione, dunque l'assenza della legge elettorale regionale, servente, secondo la giurisprudenza, alla forma di governo disciplinata dallo statuto, non può portare alla paralisi del governo regionale che, comunque, può essere realizzato utilizzando le norme, tuttora vigenti, della legge elettorale nazionale, purché compatibili con le scelte compiute nello Statuto.

Da ultimo va segnalato che la tesi propugnata dai ricorrenti risulta smentita anche dalla Corte costituzionale n. 45 dell'11 febbraio 2011 che ha testualmente affermato: "la l. cost. n. 1/1999 richiede che la legge elettorale (regionale) segua nel tempo l'adozione del nuovo statuto, al fine di assicurare che il sistema di elezione sia in armonia con la forma di governo da essa stabilita" ed ancora (Corte cost. n. 4/2010) "La ratio della citata norma costituzionale transitoria (art. 5 l. cost. n. 1/1999) è evidente: il legislatore costituzionale ha voluto evitare che il rapporto tra forma di governo regionale - la quale, ai sensi dell'art. 123, primo comma, Cost., deve essere determinata dagli statuti delle singole Regioni - e legge elettorale regionale possa presentare aspetti di incoerenza dovuti all'inversione, temporale e logica, tra la prima e la seconda... L'entrata in vigore e l'applicazione della legge elettorale prima dello statuto potrebbero introdurre elementi originari di disfunzionalità, sino all'estremo limite del condizionamento del secondo da parte della prima, in violazione o elusione del carattere fondamentale della fonte statutaria, comprovato dal procedimento aggravato previsto dall'art. 123, secondo e terzo comma, della Costituzione".

Il Collegio ritiene non fondata anche la tesi proposta con i ricorsi r.g.r. 609 e r.g.r. 617 che enfatizza la natura costituzionale della l. n. 1/1999 e ne deriva la conseguenza che il rinvio operato dall'art. 5 della legge alle precedenti leggi elettorali statali abbia modificato la loro originaria natura di norme primarie, facendo loro assumere il rango di norme costituzionali, con la conseguenza che le stesse si imporrebbero non solo allo Statuto, ma anche alle leggi ordinarie formali successivamente approvate.

La tesi non è condivisibile alla luce innanzitutto delle plurime affermazioni in senso contrario della Corte costituzionale (sentenza n. 429 del 1995-13 gennaio 2014, n. 1) che hanno ricordato come l'Assemblea Costituente, non intese irrigidire sul piano normativo la materia elettorale, costituzionalizzandola o disponendo formalmente in ordine ai sistemi elettorali, «la configurazione dei quali resta affidata alla legge ordinaria».

La conseguenza giuridica della tesi proposta, nella prospettiva dei ricorsi, renderebbe inapplicabile il criterio cronologico della successione delle leggi nel tempo con la prevalenza della disciplina della legge elettorale statale n. 108/1968 e s.m.i. sulla l. n. 148/2011, nella parte in cui, intervenendo sul numero dei consiglieri regionali, avrebbe invaso o comunque interferito sulla materia elettorale disciplinata dalla l. n. 108/1968 e s.m.i.

Nella tesi proposta, qualora si dovesse ritenere che la previsione di riduzione del numero dei consiglieri regionali determinato dalla l. n. 148/2011 abbia prodotto la conseguenza di una parziale abrogazione del sistema di elezione disciplinato dalle leggi n. 108/1968 e n. 43/1995 così come mantenute invita dall'art. 5 della l. cost. n. 1/1999 più volte citato, la conseguenza non potrebbe che essere la incostituzionalità del decreto Monti (d.l. n. 138/2011) e della legge di conversione dello stesso.

Ma il Tribunale ritiene che la questione di costituzionalità del d.l. n. 138/2011, poi convertito nella l. n. 148/2011, peraltro già scrutinata dalla Corte cost. nella sentenza n. 198/2011, non sia rilevante nella fattispecie in discussione per la ragione fondamentale che lo statuto regionale, recependo l'indicazione circa il numero dei consiglieri regionali lo ha fatto proprio risultando quindi oggi l'art. 15 dello Statuto della Liguria la norma che disciplina i rapporti tra forma di governo e legge elettorale.

Quanto alla domanda di remissione alla Corte dell'art. 15 dello Statuto regionale Ligure per il contrasto con le legge elettorale nazionale e precisamente per la inapplicabilità del premio di maggioranza previsto nell'art. 15, comma 13, n. 6 e n. 7, della l. n. 108/1968, la questione ad avviso del Collegio è manifestamente infondata.

Come si è cercato di dimostrare nelle pagine che precedono il sistema delineato dal legislatore costituzionale vede al centro della costruzione dell'autonomia regionale lo statuto, che pone le basi della propria forma di governo, nella quale va compresa anche l'indicazione del numero dei suoi rappresentanti "in quanto la composizione dell'organo legislativo regionale rappresenta una fondamentale scelta politica sottesa alla determinazione della forma di governo della regione" (Corte cost. n. 188/2011).

Se dunque il vigente art. 123, comma 1, Cost. assegna alla potestà statutaria regionale la composizione del Consiglio regionale, sono le norme che vorrebbero incidere su questo assetto di poteri a dover cedere e non viceversa.

La ricostruzione sopra svolta trova un puntuale riscontro nell'affermazione della sentenza n. 188/2011 della Corte costituzionale, la quale, in relazione al rapporto che deve esistere tra legge elettorale e forma di governo regionale afferma che la prima non può che essere servente alla seconda dovendo "fornire strumenti adeguati di equilibrato funzionamento sin dal momento della costituzione degli organi della Regione" (Corte cost. n. 188/2011).

Questo risultato non si potrebbe raggiungere se si applicasse la tesi dei ricorrenti che vorrebbe imporre, attraverso l'applicazione del Tatarellum, il superamento del numero dei consiglieri fatto proprio dallo statuto ligure.

Oltre a ciò che si è già detto, va sottolineato che l'art. 4, comma 1, lett. a), della l. n. 165/2004 tra i principi fondamentali che pongono limiti in materia alla legislazione regionale ha richiesto soltanto "l'individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze".

Nel caso di specie il fine di garantire la governabilità, rimasto nell'alveo della competenza statale non risulta superato ma è assicurato dal modello di elezione regionale nel quale è già previsto un premio per la maggioranza uscita vincitrice dalle urne costituito dal cd. listino del Presidente, che ha consentito l'elezione di tutti i candidati della lista regionale pari ad un quinto dei seggi disponibili.

Il Consiglio di Stato (sez. V, 13 gennaio 2011, n. 165) ha già avuto modo di affermare che risulta rispettata la legge quadro (n. 165/2004) laddove il sistema elettorale agevoli la formazione di una maggioranza stabile, senza dettare rigidi criteri in ordine al rapporto percentuale maggioranza-minoranza.

Appare quindi manifestamente infondata la questione di costituzionalità adombrata non vedendosi alcuna violazione dei principi democratici degli artt. 1 e 48 Cost. nell'applicazione delle norme discendenti dal d.l. n. 138/2011 e fatte proprie dallo Statuto.

Respinte per le ragioni su esposte le domande principali volte ad ottenere il premio di maggioranza così come disciplinato dall'art. 15, comma 13, n. 6 e 7, l. n. 108/1968, il Collegio deve darsi carico della richiesta subordinata contenuta in tutti e tre i ricorsi in discussione, di ottenere lo stesso risultato di un numero di seggi pari al 55% del totale mediante sottrazione di un seggio attribuito all'opposizione.

Il motivo è inammissibile per genericità.

In nessuno dei ricorsi è infatti contenuta l'enunciazione delle norme che giustificano l'assunto e che consentirebbero un'operazione di trasmigrazione dei voti da uno schieramento all'altro e che avrebbe, oltretutto, il risultato di alterare il principio cardine della rappresentatività, giacché verrebbe rovesciata la volontà espressa dall'elettore che vedrebbe attribuito il proprio voto allo schieramento opposto a quello votato.

La Corte ha già avuto modo di affermare (Corte cost. n. 1/2014) che nel contrasto tra le norme che perseguono l'obiettivo della stabilità del governo del Paese ed i valori fondamentali della democrazia e della rappresentatività delle assemblee legislative di cui agli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, Cost. va privilegiata la seconda perché su essa si fonda l'intera architettura dell'ordinamento costituzionale vigente.

I ricorsi vanno complessivamente respinti in quanto infondati.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:

1) estromette dai giudizi, per difetto di legittimazione passiva, tutti gli uffici elettorali intimati;

2) riunisce i ricorsi r.g.r. 605/2015, r.g.r. 609/2015 e 617/2015 e li respinge in quanto infondati.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.