Mercato mobiliare e tutela degli investitori.
Il modello dell'Autorité des Marchés Financiers (*)

Mario Bessone (**)

Più che aggiungere discorsi agli ormai numerosi discorsi su quanto si consiglia al legislatore impegnato nel disegno di riforma delle discipline del Tuf, il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria del febbraio 1998 (ma anche del Tub, il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia del settembre 1993), è sicuramente utile una riflessione che consideri in quale contesto sovranazionale delle funzioni di pubblica vigilanza dovranno operare le normative nazionali adesso in discussione nel caso italiano. Riflessione che naturalmente non presenta interesse soltanto per gli studiosi di teoria generale delle istituzioni essendo di assoluta evidenza quali necessità di cooperazione tra autorità di pubblica vigilanza, e comunque quante e quali fattispecie di inevitabile interferenza tra ordinamenti nazionali sempre più continueranno a caratterizzare la dinamica di una "financial industry" ormai operante in posizione di assoluta indifferenza ai confini geografici di territorio finanziario. E va considerata con seria preoccupazione l'eventualità di un intervento riformatore che nel caso italiano non stringa i tempi di sua attuazione mentre invece sono ormai interamente attive le nuove discipline di regime delle attività e di pubblica vigilanza variamente disposte in numerosi paesi del contesto europeo.

Per fare un primo esempio davvero emblematico con un puro e semplice cenno di rinvio a possibili approfondimenti si pensi al significativo svolgimento della legislazione spagnola appunto in materia di mercati mobiliari. Già una legge del 1988 aveva operato "profunda reforma de este segmento del sistema financiero" provvedendo al regime e alla attivazione della CNMV, la "Comisión Nacional del Mercado de Valores" quale "organismo encargado de la supervisión e inspección de los mercados de valores españoles y de la actividad de cuantos intervienen en los mismos", dovendosi poi guardare con la maggior attenzione alle disposizioni della legislazione successiva variamente caratterizzata da norme che ancora di recente con riguardo alle funzioni di pubblica vigilanza e alla complessiva disciplina dei mercati "han venido a actualizar la anterior, estableciendo un marco regulador plenamente adaptado a las exigencias de la Unión Europea y propicio para el desarrollo de los mercados de valores en el entorno europeo". E allo stesso modo si deve attenzione a quanto è rilevante novità del diritto francese in forza della "loi de sécurité financière" del 2003 che muovendo dalla evidente necessità di "restaurer la confiance au sein du secteur financier" ha provveduto mediante quello che si è definito e doveva in realtà essere un "remodelage complet" del sistema normativo oltre che delle funzioni di pubblica vigilanza sul mercato mobiliare.

Le motivazioni dell'intervento legislativo sono utilmente riassunte da quanti scrivono che "le Parlement français a adopté le 17 juillet 2003 la Loi sur la Sécurité Financière (LSF) pour répondre à la crise de confiance des investisseurs néée Outre-Atlantique avec les affaires Enron et Worldcom et relayée en France par des affaires comme Vivendi". E davvero si tratta "d'un texte solidement charpenté, scindé en trois titres" tutti caratterizzati da disposizioni di sicuro rilievo. Se un primo titolo della legge provvede a "Modernisation des autorités de contrôle, création de l'Autorité des Marchés Financiers (AMF), surveillance des analystes financiers soumis au contrôle de l'AMF", un suo secondo titolo aggrega normative di "Sécurité des actionnaires et des épargnants" che si caratterizzano per un contenuto fortemente innovativo, così come il terzo titolo della legge stabilisce assai importanti regole di "Modernisation du contrôle légal des comptes et renforcement de la transparence", con la costituzione di un "Haut Conseil du Commissariat aux Comptes" (in via breve HCCC) chiamato ad esercitare "une tutelle publique plus directe sur les auditeurs légaux" (di modo che "les commissaires aux comptes voient leur rôle renforcé et doivent donner des gages plus solides de leur indépendance", così da offrire a investitori e mercato "une information plus développée et plus pertinente").

Da tutto questo un nuovo ordinamento di settore che perciò inscrive la riforma delle discipline di pubblica vigilanza in un più generale contesto di complessiva riforma del regime normativo di ampia parte dell'economia finanziaria. E se in queste pagine non sarà possibile guardare allo scenario di insieme già considerato altrove, sarà comunque utile segnare la svolta di sistema che con ogni evidenza consegue appunto alle nuove discipline di pubblica vigilanza. Diventa infatti operante una "Autorité des marchés financiers" (l'AMF) in modo unitario resa titolare delle competenze regolamentari e di controllo derivate dalla aggregazione dei poteri e delle responsabilità per il passato appartenenti al ruolo istituzionale della "Commission des Opérations de Bourse" (la COB), del "Conseil des Marchés Financiers" (il CMF) e del "Conseil de Discipline de la Gestion Financière" (il CDGF) (dovendosi leggere con attenzione anche quanto ha disposto il decreto 2003-1109 del novembre 2003 per una ulteriore definizione di assetto e posizione istituzionale dell'AMF). Autorità amministrativa indipendente che ha lo statuto normativo della "personnalité morale", la nuova "Autorité des marchés financiers" ha ricevuto in attribuzione "trois missions", e perciò sia la generale tutela del pubblico risparmio sia la particolare garanzia della dovuta "information des investisseurs" sia infine la finalità di assicurare "le bon fonctionnement des marchés".

Competenze e missioni della nuova autorità di vigilanza contestualmente integrate dalla necessaria strumentazione di poteri considerato che (come a suo tempo ha ricordato Michel Prada presidente dell'AMF) là dove domanda "de protéger l'épargne, veiller à la qualité de l'information financière et surveiller le bon fonctionnement du marché" la legge del 2003 conferisce "le pouvoir de fixer des règles, de délivrer des autorisations et des visas, de faire des contrôles, de faire des enquêtes et de prononcer des sanctions", e perciò quanto occorre per assicurare consistenza reale al disegno legislativo di un pubblico controllo a misura delle necessità di mercati mobiliari a crescente soglia di complessità. Mercati (dovunque) fortemente connotati dal rischio di prassi mercantili dell'industria dei servizi finanziari pericolosamente lontane dalla dovute garanzie tutela degli investitori. E (dovunque) alla ricerca delle regole di efficienza e di "bon fonctionnement" capaci di assicurare agli operatori nazionali la capacità competitiva ormai indispensabile per partecipare in modo vincente ad una competizione sovranazionale tra mercati che non conosce più alcun limite di confini geografici.

In tempi di evoluto capitalismo di mercato perciò (dovunque) occorrono norme e istituzioni (ma anche prassi operative) capaci di conseguire contestualmente i risultati che sia pure in via breve sarà bene precisare ancora una volta uscendo dall'indistinto di molti discorsi divaganti. Risultati di stabilità del sistema complessivamente considerato e risultati di stabilità microeconomica dei singoli (soggetti e) comparti dell'industria dei servizi finanziari. Risultati di trasparenza e di correttezza nell'agire delle imprese di intermediazione mobiliare. Risultati di efficienza dei mercati considerato che mercati inefficienti (non sono competitivi e) trasferiscono costi in eccesso al portafoglio degli investitori. Infine risultati di integrità della economia finanziaria dove sono (i fenomeni di criminalità economica e di "black finance" e comunque) comportamenti mercantili gravemente devianti che invariabilmente colpiscono gli investitori "risparmiatori" più di ogni altro. Quando poi in modo particolare si guarda a risultati di incremento delle garanzie di tutela del risparmiatore diventa immediatamente percepibile in qual misura occorrono garanzie di effettività del principio di concorrenza perché soltanto la concorrenza tra imprese che offrono strumenti e servizi finanziari assicura agli investitori la miglior organizzazione del portafoglio finanziario al miglior prezzo.

E se a fronte di tutto questo naturalmente molto occorreva aggiungere ad una riforma di regime della pubblica vigilanza sarà tuttavia chiaro che già la razionale e incisiva regolazione delle sue modalità di svolgimento è fattore del maggior rilievo. A ciò il legislatore francese ha provveduto con la già segnalata aggregazione dei poteri e delle responsabilità per il passato appartenenti al ruolo istituzionale di diverse autorità di vigilanza che si assegnano invece ad una "autorité financière unique" caratterizzata da un "statut inédit" e da un assetto organizzativo che merita attenta considerazione. Una volta stabilito che alla nuova Autorità di vigilanza "unique" competono "pouvoirs de sanction et d'injonction propres" si è infatti privilegiato un modello organizzativo che prevede compresenza di un suo organo collegiale reso titolare delle già segnalate missioni "assurant une représentation équilibrée des représentants d'autorité publique et des professionnels" e di una del tutto separata e distinta "Commission des sanctions". Una disciplina di regolamento generale "homologué par le ministre de l'économie" chiamata a stabilire in modo circostanziato "droits et obligations des acteurs financiers" così come "fonctionnement des marchés et des instruments financiers" e quant'altro occorra ad un ordinato ed efficiente operare del sistema.

Né sarà il caso di ricordare in che misura una disciplina di vigilanza dei mercati mobiliari è sempre e dovunque per grande parte normativa di fonte e di genere regolamentare, nel caso francese espressamente intesa appunto a stabilire regole di precisazione delle modalità di "fonctionnement des marchés" ma anche a disciplinare la materia degli strumenti finanziari e della occorrente informazione "délivrée au public sur les instruments financiers" dovendosi infine provvedere a quanto è necessario in punto di controllo delle operazioni di mercato. E se la posizione di autonomia e di "indépendance" dell'AMF è pura e semplice conferma di quanto era carattere condiviso dalle "autorités de régulation" avviate ad operatività nel corso degli anni Novanta, il contestuale riconoscimento di una soggettività giuridica nella forma della "personnalité morale" molto rileva sia in punto di "affectation directe" delle risorse finanziarie "prélevées sur les opérations et les acteurs financiers" sia in punto di legittimazione dell'AMF alla costituzione di parte civile davanti al giudice penale. E già si osservato che l'autonomia finanziaria e la posizione di indipendenza dell'AMF trovano poi positivo riscontro nella estensione (e nella razionale organizzazione) dei suoi poteri sanzionatori, auspicandosi una interpretazione in senso forte del "pouvoir de sanction" che per opinione di molti in passato la Cob aveva esercitato in misura assai contenuta.

Come si è avvertito opera una "Commission des sanctions" composta da dodici membri "distincts des membres du College (...) qui a l'exclusivité du pouvoir" in tale materia. E (anche nelle sedi parlamentari) si è insistito sulla "impérieuse necessité di assurer la crédibilité de la fonction parajurisditionelle". Cosa che rendeva indispensabile sia la predisposizione di rigorose discipline di procedimento in osservanza dei "principes" di garanzia "des droits de la défense" e del "procès équitable", una decisa separazione delle "phases d'instruction et de sanction" ma al tempo stesso un sensibile "renforcement" delle misure sanzionatorie. Naturalmente lo spazio aperto alla funzione "parajurisditionelle" della Autorità di pubblica vigilanza non ha mancato di diventare anche spazio aperto a contrastanti valutazioni sul punto di confine da stabilire per una attività di amministrazione che (a molti) sembra esposta al rischio di occupazione dei poteri e delle responsabilità che competono alla autorità giudiziaria. Ma stabilire quel punto di confine non è impossibile e la distinzione di ruolo e attribuzioni tra un College e una separata "Commission des sanctions" offre sicuramente indicazioni di rilievo (che anche nel caso italiano il legislatore dovrebbe seriamente considerare).

E altre sicuramente ne offre in linea generale l'avvio ad operatività di una "Autorité des marchés financiers" che molto innova, in tempi segnati da una visibile "crise de confiance sur l'information financière", da ricorrenti interrogativi sulle modalità del "contrôle des comptes" e più in generale da una diffusa "défiance à l'égard des milieux financier", la innovazione di sistema costituita. Ma va anche segnalata la posizione di quanti osservano che se era certamente intenzione del legislatore riformare l'ordinamento dei mercati mobiliare mediante una normativa di vigilanza nel segno di una maggior "accountability" e di una più evoluta politica del diritto a veder bene le disposizioni della riforma dell'agosto 2003 tuttavia non si allontanano da un tradizionale modello di regolamentazione che sembra di dover criticamente discutere guardando a quanto è stata invece recente esperienza di altri paesi e altri mercati finanziari. Il legislatore francese ha infatti limitato la sua strategia istituzionale alla aggregazione delle funzioni di pubblica vigilanza all'interno di singoli settori dell'economia finanziaria (sia così congegnando la CCAMIP del comparto assicurativo sia) disponendo la concentrazione delle attribuzioni della Cob e delle altre autorità preesistenti nell'AMF per ciò che interessa invece il comparto dei mercati mobiliari, senza tuttavia spingersi più avanti in direzione di un "single regulator" dell'economia finanziaria.

Cosa che ha offerto materia a ricorrenti obiezioni di quanti al modello organizzativo della pubblica vigilanza privilegiato dal legislatore nazionale dichiarano preferibile il modello del "regolatore unico" condiviso da Germania, Gran Bretagna e altri paesi rappresentativi della tendenza a "fusionner les autorités boursières et bancaires, ou bien les autorités financières et celles en charge des assurances". E si osserva che l'emergere di un modello di "autorités" per così dire "transsectorielles" ha precise motivazioni nella considerazione che nell'economia finanziaria di inizio secolo possono darsi (crescenti) fattori di "multiplication des risques systémiques, qui peuvent se propager des produits financiers vers les produits bancaires et/ou les produits d'assurance". Da ciò la dichiarata preferenza per la politica del diritto dei legislatori che provvedono ad una organizzazione delle funzioni di vigilanza (non per settori di mercato ma invece) per riferimento appunto alla "nature du risque" caratterizzante le vicende di mercato. Politica del diritto diventata legge nel caso inglese e nel caso tedesco (ma anche altrove dal gennaio del 2004 in Belgio operando una CBFA "autorité de controle unique du secteur financier"). Si praticano discipline di pubblica vigilanza sul modello del "regolatore unico" che in via breve sarà utile documentare.

L'inglese "Financial Services Authority" (in via breve, FSA) si configura come l'"independent organisation" resa titolare di poteri (e di responsabilità istituzionali) di regolazione dell'intero universo dei "financial services in the UK". Più precisamente è sua missione garantire che il mercato finanziario si svolga secondo regole di efficienza, "orderly" e perciò osservando appunto le dovute regole d'ordine al tempo stesso dovendosi assicurare la necessaria tutela degli investitori che devono essere "properly informed and appropriately protected". E tutto questo nella misura occorrente per garantire all'"UK's financial marketplace" reputazione e riconosciuta affidabilità. Istituita "by government" la FSA ha precise responsabilità istituzionali nei confronti delle autorità di governo essendo "accountable to the Treasury and ultimately to Parliament for its own performance", ma è pur sempre autorità amministrativa indipendente resa titolare di poteri e competenze che sono davvero a grandi dimensioni. La FSA aggrega infatti competenze e poteri a valere per il complessivo insieme dei mercati di servizio finanziario e delle imprese di intermediazione che in essi operano.

Al riguardo occorre precisare che la FSA è "single statutory regulator" e autorità "responsible for the authorisation and supervision" delle attività di impresa con una progressiva estensione di campo che va dal "deposit taking", alle attività delle imprese assicurative e al comparto dell'"investiment business" (ma in futuro saranno di sua competenza anche le regolazioni in materia di "mortgage lending", "mortgage advice" e "general insurance advice"). Parte delle competenze della FSA sono poi consistenti attribuzioni di "law making" dovendosi considerare che la FSA è fonte di normative regolatrici dell'agire di mercato, così come ancora la FSA è organismo legittimato al "take action against" in caso di inosservanza di disposizioni inderogabili, non essendo esclusa la eventualità che all'agire deviante consegua un obbligo delle imprese di intermediazione alla "compensation" degli investitori che ne sono pregiudicati. In ogni caso è ricorrente considerazione che "the FSA's role extends far beyond routine supervision of firms and the maintenance and renewal of the regulatory regime itself", essendo assai rilevanti le funzioni che all'FSA si sono assegnate quanto alla prevenzione di "financial crimes" e "market abuses". La stessa FSA avverte infine che quanti desiderano rappresentarne la posizione istituzionale "in a concise way" possono senz'altro indicarla sia come the "independent financial watchdog" attivo a tutela del pubblico risparmio sia come the "chief City regulator for City and business audiences".

Ha prevalso il modello del regolatore "unico" che con le medesime motivazioni di politica del diritto si ritrova adesso nell'ordinamento tedesco, dove l'assetto organizzativo delle funzioni di vigilanza assegnate al "Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht" costituisce esito di uno svolgimento del complessivo regime dell'economia finanziaria che ha il suo punto di svolta a maggio del 2002 con la attivazione di Bafin, il "Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht" originato dalle innovative disposizioni della "Gesetz über die Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht" ("Finanzdienstleistungsaufsichtsgesetz" - FinDAG) dell'aprile 2002. Si è operato mediante la incorporazione o meglio la "Bundesaufsichtsamt für den Wertpapierhandel" (BAWe), della "Bundesaufsichtsämt für das Kreditwesen" (BAKred) e della "Versicherungswesen" (BAV) appunto del comparto assicurativo nel "Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht" (in via breve, BaFin) che ne aggrega e assume le fino ad allora separate attribuzioni di settore. Da ciò il modello unitario di organizzazione delle funzioni di pubblica vigilanza assegnate in competenza a Bafin, autorità amministrativa indipendente operante sul modello di una "einheitliche staatliche Allfinanzaufsicht über Kreditinstitute, Finanzdienstleistungsinstitute, Versicherungsunternehmen und den Wertpapierhandel".

E il legislatore della "Gesetz über die Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht" ha privilegiato i congegni normativi che si sono segnalati muovendo ancora una volta dall'opinione che il modello del "regolatore unico dell'economia finanziaria" sia più di altri in linea con la necessità di "amministrare" il sistema tedesco dell'economia finanziaria nel modo che occorre per "rendere più efficiente e affidabile la attività di controllo" indispensabile per una industria dei servizi di investimento e per mercati mobiliari dei tempi di capitalismo maturo, si tratti di assicurare tutela degli investitori o "Stabilität des Finanzplatzes Deutschland" o la sua "Wettbewerbsfähigkeit" o infine la sua indispensabile "Integrität". Anche se si considera preferibile o comunque più congeniale al caso italiano un assetto istituzionale di pubblica vigilanza che non si orienti nella direzione indicata dal modello del "regolatore unico", sarà chiaro che gli orientamenti di politica del diritto diventati norme in diritto inglese, in diritto tedesco (e come si è già avvertito in numerosi altri ordinamenti di mercato finanziario) offrono ampia materia a riflessioni utili. Una analisi in prospettiva di comparazione comunque indica poi con chiarezza una generale linea di tendenza che sarà bene considerare.

Diversi quanto si è constatato (e quanto emerge con evidenza anche maggiore dalla approfondita ricognizione di orientamenti che in queste pagine tuttavia non era possibile svolgere), i modelli normativi che si sono variamente praticati nel contesto europeo trovano il loro comune punto di sintesi in una "policy" ovunque condivisa. Ovunque risulta infatti esclusa qualsiasi normativa di impensabile direzione o invadenza pubblica dello spazio che compete alle libertà organizzative e negoziali dei privati operanti sul mercato finanziario. È invece privilegiato il rigore delle regole da osservare per uno svolgimento delle loro attività nel segno di garanzie di trasparenza e correttezza. Regole che derivano forza e giuridica efficacia dalle innovazioni di sistema dovute a norme di prevenzione e di reazione ai comportamenti devianti rese maggiormente incisive da disposizioni che - si tratti di misure amministrative o di pene correlate a fattispecie di reato - configurano un severo regime di genere sanzionatorio. Egualmente condivisa (e sicuramente da condividere) una strategia del pubblico controllo dichiaratamente intesa a promuovere una crescente integrazione sovranazionale delle competenze delle autorità di vigilanza chiamate alla cooperazione davvero indispensabile in tempi di così prevalente dimensione sovranazionale delle attività di mercato finanziario. E anche in questa prospettiva di analisi l'orientamento espresso dal legislatore francese merita ulteriori precisazioni.

Note

(*) L'articolo è la trascrizione di una prima parte dell'intervento di apertura di un «seminario per la didattica» organizzato nell'ambito del corso di Diritto dei mercati finanziari che si svolge nella Facoltà di giurisprudenza dell'Università «La Sapienza» di Roma.

(**) Professore ordinario di diritto civile nella facoltà di Giurisprudenza dell'Università «La Sapienza»» di Roma.

Data di pubblicazione: 2 novembre 2004.