La nomina del nuovo Premier
e i poteri del Capo dello Stato (*)
Alessandro Pace (**)
Invocando a pretesto ipotizzate perplessità del Capo dello Stato, circola insistentemente tra i giornalisti il quesito, squisitamente costituzionalistico, se sia il Presidente Ciampi a dover nominare il nuovo Presidente del Consiglio alla luce dei risultati delle prossime elezioni, o se tale incombenza spetti al suo successore. Le indicazioni scaturenti dalla Costituzione sono talmente nette da ritenere, senza esitazioni, che è il Presidente in carica a dover procedere alla nomina del Premier, tranne che nell'ipotesi di pareggio tra i due Poli.
I dati di fatto da cui partire sono due: le risultanze elettorali saranno pienamente note già l'11 o il 12 aprile e il settennato del Presidente Ciampi scadrà il 18 maggio. Conseguentemente, il Presidente Ciampi godrà della pienezza dei poteri presidenziali non solo fino al 18 maggio, ma addirittura fino a che le nuove Camere non avranno eletto il suo successore. La nostra Costituzione dispone infatti che, nell'eventualità che l'elezione del successore abbia luogo oltre la scadenza del settennato, «nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica». Il che significa che Ciampi non solo potrà, ma anzi dovrà (l'esercizio delle funzioni pubbliche è sempre intimamente doveroso) esercitare «tutti» i poteri istituzionalmente a lui spettanti, con la sola eccezione dello scioglimento delle Camere che, com'è noto, non può essere esercitato dal Capo dello Stato negli ultimi sei mesi del mandato.
Ciò che si può concedere (ed anzi: deve darsi per scontato, considerando il ben noto scrupolo istituzionale di Carlo Azeglio Ciampi) è che il Presidente della Repubblica attenderà che si ricostituiscano gli uffici di Presidenza delle due Camere (e quindi siano eletti, oltre ai Presidenti, i vice Presidenti, i questori e i segretari) e siano ricostituiti i gruppi parlamentari; e ciò per una semplice considerazione desumibile dall'art. 94, comma 3, della Costituzione. Secondo tale norma, infatti, «Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia»; e non è certo immaginabile che, a tal fine, possano essere convocate le vecchie Camere in regime di prorogatio. Ebbene, tutti tali adempimenti, per regolamento, non solo potranno, ma dovranno essere posti in essere al più tardi entro una settimana dalla prima riunione del 28 aprile.
Ma se è giuridicamente doveroso presupporre la ricostituzione degli uffici di Presidenza delle Camere perché il Governo possa presentarsi dinanzi ad esse per ottenerne la fiducia, non è invece doveroso, dal punto di vista giuridico, attendere la ricostituzione dei gruppi perché il Capo dello Stato possa procedere alla nomina del Premier. Ancorché la nuova legge elettorale abbia formalmente abbandonato la logica uninominalistica, essa è pur sempre una legge maggioritaria, e l'identità dei leader dei due schieramenti è nota a tutti, ivi compreso il Presidente della Repubblica. Ne consegue che l'incarico al leader vincitore potrebbe, a stretto rigore, essere formalmente conferito addirittura lo stesso 28 aprile, o il giorno successivo, in quanto ciò consentirebbe senz'altro al «nuovo» Governo di presentarsi, entro il successivo decimo giorno, alle «nuove» Camere per ottenerne la fiducia.
Il Presidente Ciampi sarebbe invece giuridicamente costretto ad attendere la ricostituzione dei gruppi solo se, in caso di successo del centro-destra, l'UDC oppure AN dovesse avere più seggi di FI. È infatti evidente che, in tale improbabile ipotesi, il Capo dello Stato dovrebbe consultarne i capigruppo per avere indicazioni sull'identità del leader della coalizione: Berlusconi, Casini o Fini.
Deve invece ritenersi - come anticipato in premesse - che il Presidente Ciampi non possa giuridicamente procedere alla nomina del Premier qualora il risultato elettorale fosse tale da impedire l'individuazione, con certezza, della coalizione vittoriosa. In tale ipotesi - che darebbe luogo all'alternativa drammatica tra un (improbabile) governo di «grande coalizione» e lo scioglimento di una o di entrambe le Camere - il compito di nominare il nuovo Presidente del Consiglio non potrebbe non spettare al futuro Presidente della Repubblica, posto che uno dei due corni dell'alternativa sarebbe appunto lo scioglimento (che la Costituzione vieta che possa essere disposto da Ciampi negli ultimi sei mesi del suo mandato).
In tale drammatica ipotesi spetterebbe quindi al Presidente della Repubblica eletto dalle nuove Camere procedere al loro scioglimento (sic!). La nomina del nuovo Governo - che ovviamente precederebbe la dissoluzione delle Camere - si porrebbe quindi come strumentale per il corretto esercizio del potere di scioglimento e per l'altrettanto corretta gestione delle nuove elezioni.
Va da sé che Presidente del Consiglio, in tale ipotesi, potrebbe essere solo una figura super partes. E quindi Carlo Azeglio Ciampi, se non potrebbe, in tale ipotesi, nominare il Premier, potrebbe invece, paradossalmente, per spirito di servizio, accettare di essere nuovamente il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana.
Note
(*) Articolo pubblicato sul quotidiano «Europa» del 31 marzo 2006, col titolo «Pieni poteri del Colle sul neo premier».
(**) Professore ordinario di diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "La Sapienza" di Roma.