Corte di cassazione
Sezione II civile
Sentenza 13 gennaio 2003, n. 309

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 14 marzo 1988 Simone A. conveniva il notaio Angelo F. davanti al Tribunale di Perugia ed esponeva:

- che in relazione ad un atto di donazione stipulato il 20 settembre 1986 aveva corrisposto la somma di lire 9.000.000 al notaio convenuto, di cui lire 800.000 per onorari ed il resto per spese;

- che, in realtà, le spese ammontavano a lire 4.700.000, di cui lire 3.000.000 per Invim;

- che l'Invim non avrebbe dovuto essere pagata, in considerazione della qualità di coltivatoti diretti delle parti dell'atto.

Sulla base di tali premesse l'attore chiedeva la condanna del convenuto alla restituzione di lire 6.500.000.

Il notaio Angelo F., costituitosi, deduceva che, in realtà, l'attore gli aveva corrisposto la somma di lire 8.700.000, la quale era destinata a coprire anche gli onorari relativi ad altri atti rogati per conto dell'attore.

Per quanto riguardava l'Invim deduceva che non era suo compito accertare la sussistenza dei requisiti per l'esenzione da tale imposta e che la dichiarazione per ottenere l'esenzione doveva essere fatta dalla parte; ad ogni modo l'attore, se avesse presentato tempestivamente la domanda di rimborso, non avrebbe subito alcun danno a tale titolo.

Con sentenza in data 23 maggio 1997 il Tribunale di Perugia riteneva che, in linea di principio, era ravvisabile una responsabilità del notaio per avere taciuto al cliente, o ignorato, l'esistenza di un beneficio fiscale, ma il danno non era conseguenza diretta di tale comportamento, in quanto avrebbe potuto essere evitato con la richiesta di rimborso.

Contro tale decisione proponeva appello principale Simone A.

Il notaio Angelo F. proponeva appello incidentale, dolendosi del fatto che fosse stato ritenuto responsabile di negligenza professionale.

Con sentenza in data 26 gennaio 2000 la Corte di appello di Perugia rigettava l'appello incidentale ed accoglieva l'appello principale.

I giudici di secondo grado ritenevano, in primo luogo, non provato che il notaio, a fronte di un assegno di lire 9.000.000 versatogli da Simone A., avesse corrisposto a quest'ultimo un resto pari a lire 300.000.

Ugualmente non era provato che Simone A. fosse obbligato a corrispondete al notaio Angelo F. gli onorari per atti diversi dalla donazione in data 20 settembre 1986. Uno di tali atti riguardava la vendita di una autovettura avvenuta circa due anni prima da parte del fratello di Simone A., che, quale venditore, non era tenuto a pagare le spese; gli altri due atti erano successivi alla donazione in data 20 settembre 1986 ed alla emissione dell'assegno, oltre a non avere interessato Simone A.

I giudici di secondo grado confermavano la responsabilità professionale del notaio, ritenendo, peraltro, che erroneamente il Tribunale di Perugia aveva affermato che Simone A. avrebbe potuto agevolmente evitare il danno consistente nel pagamento dell'imposta non dovuto chiedendone tempestivamente il rimborso, in quanto la mancata richiesta di esenzione contestuale all'atto gli aveva precluso la successiva possibilità di dimostrare l'esistenza dei requisiti per godere delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina.

In definitiva, pertanto, il notaio doveva restituire la differenza tra la somma di lire 9.000.000 e quanto Simone A. avrebbe dovuto effettivamente pagare a titolo di spese ed onorari.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il notaio Angelo F., con otto motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso Simone A.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente ribadisce la sua tesi secondo la quale l'assegno di lire 9.000.000 era destinato a coprire anche le spese della vendita dell'autovettura del fratello (ed in proposito deduce che cliente del notaio in tal caso è il venditore la cui dichiarazione di vendita viene autenticata) dell'attore e dei due atti in data successiva, nei quali è vero che Simone A. non era parte, ma erano stati comunque rogati nell'interesse di suoi familiari.

Il motivo è infondato.

Nulla esclude in linea teorica che le spese relative ad atti notarili siano oggetto di accollo ad opera di un soggetto il quale sia rimasto estraneo alla loro stipulazione; nulla esclude, sempre in linea teorica, che un soggetto paghi in anticipo le spese di atti non ancora stipulati ed ai quali non è direttamente interessato.

Della ricorrenza di tale ipotesi, però, il notaio deve fornire la prova e nella specie il ricorrente non chiarisce quali elementi, trascurati dai giudici di merito, deponevano in senso favorevole alla sua tesi.

Con il secondo motivo il notaio Angelo F., denunziando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. deduce testualmente:

La Corte di appello di Perugia ha comunque errato nell'applicare l'articolo 2697 c.c., quando non ha tenuto conto che il notaio Angelo F. aveva in ogni caso provato l'utilizzazione della somma di lire 9.000.000, versatagli a mezzo di un assegno a firma di A. Simone, per il pagamento di tasse e competenze inerenti ad atti della famiglia A.

Lo stesso appellante ha confermato che l'autovettura Volvo era stata venduta dal proprio fratello convivente A. Gregorio e che il pagamento delle imposte Invim, rispettivamente di lire 840.000 e lire 220.000, era stato effettuato per conto del padre convivente A. Giuseppe.

Ai sensi dell'articolo 2697 c.c., costituiva onere della controparte eccepire l'inefficacia di tali fatti, provando i fatti sui quali fondare l'eccezione.

La controparte avrebbe almeno dovuto indicare chi in vece di A. Gregorio pagò le spese della vendita dell'autovettura e chi in vece di A. Giuseppe rimborsò al Notaio i versamenti Invim effettuati per i due atti di vendita.

Il motivo è infondato, in quanto si basa su presupposti non solo non accertati, ma addirittura smentiti implicitamente dalla sentenza impugnata (l'utilizzazione della somma di lire 9.000.000, versatagli a mezzo di un assegno a firma di A. Simone, per il pagamento di tasse e competenze inerenti ad atti della famiglia A.) ed ipotizza un onere probatorio a carico di Simone A. (indicare chi in vece di A. Gregorio pagò le spese della vendita dell'autovettura e chi in vece di A. Giuseppe rimborsò al Notaio i versamenti Invim effettuati per i due atti di vendita) che manca di qualsiasi fondamento giuridico, dal momento che in base ai normali principi in tema di ripartizione dell'onere della prova spettava al notaio Angelo F. provate che l'assegno versatogli da Simone A. era destinato a coprire spese relative ad atti cui erano interessati i suoi familiari.

Con il terzo motivo il ricorrente si duole della liquidazione degli onorari operata dai giudici di merito e deduce testualmente:

La Corte di appello di Perugia, dopo avere affermato che non è possibile ricostruire l'onorario dell'atto di cui è causa, perché confuso nella documentazione del notaio con altre prestazioni, ha ritenuto di poter determinare gli onorari spettanti al notaio Angelo F., facendo riferimento allo schema di una fattura proforma rilasciata dal Consiglio Notarile di Perugia in data 23 aprile 1998.

Tale documento è peraltro illegittimo e privo di qualsiasi efficacia.in quanto non previsto dalla legge 16 febbraio 1913, che, con l'articolo 93, stabilisce le attribuzioni spettanti ai Consigli notarili.

D'altra parte, la legge 41/1973 ha attribuito al Consiglio Nazionale Notarile l'esclusiva potestà di determinare gli onorari, i diritti accessori e le indennità ed i criteri per il rimborso delle spese spettanti al notaio.

Di conseguenza, la tariffa notarile, approvata, dal Ministro di grazia e giustizia su deliberazione del Consiglio Nazionale Notariato, è l'unica fonte per la determinazione degli onorari, dei diritti e dei compensi dovuti al notaio per le sue prestazioni, nonché, per i rinvii operati dagli articoli 15 Nt e 29 legge 1158/54, delle quote di onorari spettanti alla cassa Nazionale Notariato e della tassa spettante agli Archivi Notarili.

In base a tali norme, la parcella non è costituita dai soli onorari graduali indicati dall'articolo 2 del decreto ministeriale 30 dicembre 1980 e rapportati al valore indicato nell'atto, ma comprende altri elementi, che vanno determinati in relazione alla tipicità di ciascuna pratica e che necessitano di una indagine specifica dell'atto.

Così l'articolo 28 concerne il rimborso delle spese e delle indennità d'accesso dovute in relazione alle prestazioni particolari accessorie compiute fuori studio, quali gli accessi per visure ipotecarie-catastali, per trascrizioni e volture catastali quando, come nella fattispecie, gli uffici immobiliari e catastali sono situati in città diversa da quella ove è la sede del notaio rogante.

Così l'articolo 30 determina un compenso supplementare commisurato alle particolari caratteristiche e difficoltà della pratica svolta.

A fondamento delle proprie eccezioni, la controparte avrebbe dovuto richiedere al Presidente del Consiglio notarile non uno schema generalizzato di fattura, ma, a norma dell'articolo 89 legge 16 febbraio 1913, un giudizio di congruità della parcella effettivamente emessa dal notaio F. In ogni caso, la Corte di appello di Perugia avrebbe dovuto determinare gli onorari e le competenze del notaio F. unicamente applicando essa stessa la tariffa notarile in vigore.

Il motivo è infondato, per la elementare considerazione che il ricorrente non indica in quali errori sarebbe incorsa la Corte di appello nella liquidazione degli onorari, ma si limita a criticare il metodo seguito.

Con il quarto motivo il notaio ricorrente deduce che i giudici di merito non potevano affermare la sua responsabilità in ordine ad una attività (compilazione della dichiarazione relativa all'Invim) che la legge poneva a carico della parte.

Il motivo è infondato, per l'assorbente considerazione che la responsabilità del notaio è stata affermata non per le modalità di compilazione della dichiarazione in questione, quanto per il fatto che il notaio non aveva reso edotto Simone A. del fatto che l'Invim, nella specie, non era dovuta.

Con il quinto motivo il ricorrente deduce testualmente:

La Corte di appello di Perugia ha erroneamente deciso la causa applicando l'articolo 5 della legge 6 agosto 1954 modificato dall'articolo 35 legge 590/65 ed ha posto a fondamento della decisione la sentenza di Cassazione 4777/84 che a tale normativa si riferisce.

La Corte di appello di Perugia non ha considerato che le leggi 604/54 e 590/65 si riferiscono alle agevolazioni delle imposte di registro e trascrizione.

Invece, oggetto della causa è l'applicazione dell'articolo 25, lettera d), del d.P.R. 643/72 relativa all'imposta Invim.

Le due disposizioni hanno natura, destinatari, normative completamente diverse e producono conseguenze diverse.

Il motivo è infondato.

È vero che la sentenza 4777/84 di questa Suprema Corte si riferisce alle agevolazioni fiscali in tema di imposta di registro ed ipotecaria, ma ciò non dimostra che, invece, in tema di Invim, è possibile ottenere la restituzione dell'imposta pagata ove non sia stata chiesta l'esenzione contestualmente alla stipulazione dell'atto.

Secondo il ricorrente la norma in questione sarebbe costituita dall'articolo 47, secondo comma, d.P.R. 637/72, al quale rinvia l'articolo 19, primo comma, d.P.R. 643/72.

Si tratta di una tesi infondata.

L'articolo 19, primo comma, d.P.R. 643/72, non rinvia espressamente all'articolo 47, secondo comma, d.P.R. 637/72, ma si limita a stabilire che "in base agli elementi risultanti dalle dichiarazioni previste dall'articolo 18, primo e terzo comma, l'ufficio accerta e riscuote l'imposta nei modi e nei termini stabiliti per l'imposta di registro o di successione".

L'articolo 47 d.P.R. 637/72, poi, è norma speciale per la imposta di successione, prevedendo il rimborso non in relazione ad un errore iniziale nella corresponsione della stessa, ma per il venir meno, successivamente al suo pagamento, dei presupposti cui la stessa era ancorata.

Con il sesto motivo testualmente il ricorrente deduce testualmente:

La Corte di appello di Perugia afferma che, per l'atto di donazione stipulato dai signori A., dovevano senz'altro spettare i benefici fiscali previsti per favorire la piccola proprietà contadina, dal momento che la cessione si svolgeva nell'ambito di una famiglia di agricoltori, fatto di cui il notaio dava atto nello strumento.

Tale affermazione è peraltro priva di qualsiasi fondamento in quanto, contrariamente a quanto sostengono la controparte e la corte di appello, non risulta dall'atto che le parti avessero la qualifica di "coltivatori diretti".

Nell'atto ricevuto dal notaio F., soltanto A. Giuseppe si è dichiarato "coltivatore diretto" mentre A. Simone e Gregorio si sono dichiarati "coltivatori".

Fondamentale, per l'ottenimento della agevolazione fiscale di cui all'articolo 25, lettera d), d.P.R. 643/72, è la distinzione tra "coltivatore diretto" e "coltivatore".

Il termine "coltivatore diretto" identifica colui che è dedito alla lavorazione manuale della terra, ai sensi delle legge 604/54 e 590/65.

Il termine "coltivatore" identifica semplicemente l'imprenditore agricolo a titolo principale ex articolo 12 e 13 legge 153/75.

Si contraddice, pertanto, la Corte di appello di Perugia quando afferma che dallo stesso atto rogato dal notaio F. risulta che spettavano i benefici fiscali previsti per favorire la piccola proprietà contadina e, comunque, erra quando afferma che la semplice qualifica di agricoltore sia sufficiente per ottenere le agevolazioni previste dall'articolo 25 del d.P.R. 643/72.

Il motivo è infondato, in quanto con esso si solleva una questione del tutto nuova.

Nel giudizio di appello (v. comparsa conclusionale), infatti, l'attuale ricorrente aveva impostato le sue difese sotto il profilo che non vi era la prova che il trasferimento fosse avvenuto nell'ambito di una famiglia diretto-coltivatrice come prescritto dall'articolo 25 d.P.R. 643/72, ed aveva testualmente affermato: È evidente come la sussistenza e l'accertamento di tali requisiti non potesse essere dedotta dalla semplice dichiarazione di essere coltivatori e/o coltivatori diretti fatta dalle parti al momento della stipula dell'atto di donazione.

Con il settimo motivo il ricorrente deduce che:

a) l'articolo 18 d.P.R. 643/72 stabilisce che le parti che stipulano l'atto devono produrre la dichiarazione relativa all'Invim al notaio incaricato, il quale è solo obbligato alla presentazione della stessa ed al pagamento dell'imposta risultante;

b) l'articolo 25, lettera d), d.P.R. 643/72 prevede l'esenzione per i trasferimenti nell'ambito di una famiglia diretto-coltivatrice ove sussistano determinati requisiti, da provare con una certificazione dell'Ispettorato Provinciale Agrario, che non può che essere rilasciata ad iniziativa della parte.

Sulla base di tali premesse il notaio Angelo F. deduce che non poteva essere affermata la sua responsabilità in relazione al mancato compimento di attività che esulavano dai suoi compiti istituzionali e che gravavano sulla parte interessata ad ottenere l'agevolazione.

Anche tale motivo è infondato.

Nella specie infatti, la responsabilità del notaio non è stata affermata in relazione alla violazione di obblighi istituzionali connessi alla redazione dell'atto pubblico, ma sul presupposto, pacifico nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo il quale la funzione del notaio non si esaurisce nella mera registrazione delle dichiarazioni delle parti, ma si estende alla attività di consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione immobiliare.

A tale proposito va sottolineato che nella specie l'esenzione fiscale era prevista nel testo fondamentale in tema di Invim e che è notorio che i coltivatori diretti godono di agevolazioni ai fini dalla formazione della piccola proprietà contadina, per cui un notaio accorto, chiamato a stipulare un atto in cui le parti interessate si dichiarano "coltivatori", ha l'obbligo, ai sensi dell'articolo 1176 c.c., di svolgere una adeguata ricerca legislativa (o di successiva consulenza) al fine di far conseguire alle parti il regime fiscale più favorevole, ove, per avventura, non fosse già a conoscenza dello stesso.

Con l'ottavo motivo il notaio ricorrente deduce testualmente:

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello di Perugia, i signori A., nonostante la mancata richiesta della agevolazione fiscale con la denuncia Invim, se ed in quanto ne avessero effettivamente avuto diritto, come già aveva ritenuto il Tribunale di Perugia, avrebbero comunque potuto chiedere il rimborso dell'imposta pagata ai sensi dell'articolo 47, comma 2, del d.P.R. 637/72, cui fa rinvio l'articolo 19, comma 1, del d.P.R. 643/72, se avessero presentato la necessaria domanda entro tre anni dal giorno dell'avvenuto pagamento.

Il motivo è inammissibile, in quanto esso ha ad oggetto una questione che non risulta sollevata nel giudizio di merito.

Il ricorso, pertanto, va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella somma di euro 66,68 oltre 1.000,00 per onorari.