Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 16 settembre 2004, n. 5995

FATTO E DIRITTO

1. La società odierna appellante è concessionaria da vecchia data di cinque autolinee di interesse della Regione Campania.

In data 20 novembre 1971 il Ministero dei trasporti dichiarava la decadenza delle concessioni ed affidava in via precaria l'esercizio delle autolinee alla società Tranvie Provinciali di Napoli (T.P.N.).

Il Consiglio di Stato, sez. VI, con decisione 6 aprile 1973, n. 140, annullava il provvedimento ministeriale suindicato.

La Regione Campania, - subentrata nelle funzioni amministrative statali in materia dal 1° aprile 1972 ai sensi del d.P.R. n. 5/1972 -, con delibera di giunta regionale n. 5233/1974, reintegrava la istante nella titolarità delle concessioni dalle quali era stata illegittimamente dichiarata decaduta.

Tuttavia la Regione manteneva la società T.P.N., cui era succeduto il Consorzio Trasporti Provinciali di Napoli, nella gestione precaria dei servizi di trasporto.

La ditta Fernandes, con atto notificato in data 8 aprile 1986 diffidava la Regione a provvedere alla sua reintegrazione nell'esercizio delle autolinee e alla contemporanea cessazione della gestione precaria ad opera del C.T.P.N.

Avverso il silenzio-rifiuto veniva proposto in data 23 giugno 1986 ricorso al T.a.r. Campania - Napoli che, con sentenza 8 novembre 1991, n. 362, dichiarava l'obbligo della Regione Campania di provvedere sulla domanda della ricorrente volta ad ottenere la reintegrazione nell'esercizio delle autolinee.

Tale sentenza veniva confermata in secondo grado dal Consiglio di Stato, sez. VI, 29 dicembre 1993, n. 1061.

Pertanto, con delibera della giunta regionale 26 luglio 1994, n. 5233, in esecuzione del giudicato, veniva disposta la reintegrazione nella gestione delle autolinee della società odierna appellante.

Quest'ultima in data 2 gennaio 1995 comunicava la ripresa del servizio alla Regione.

1.1. Infine, con autonomo ricorso proposto al T.a.r. per la Campania - Napoli, l'odierna appellante agiva per il risarcimento del danno, per danno emergente e lucro cessante, da essa subito, a partire dalla data del giudicato del Consiglio di Stato del 1973, fino alla data di ripresa del servizio.

Nel giudizio di primo grado la Regione Campania eccepiva la prescrizione quinquennale, che assumeva decorrente dalla decisione n. 140/1973 del Consiglio di Stato, mentre la inerzia sarebbe stata rimossa soltanto con atto di diffida risalente all'anno 1986.

1.2. Il T.a.r. adito, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l'eccezione di prescrizione, osservando che la lesione lamentata, e cioè il danno emergente e il lucro cessante derivanti dall'affidamento della gestione del trasporto ad un terzo soggetto, in violazione dei doveri derivanti dalle concessioni a favore della ricorrente, deve ritenersi conseguenza immediata e diretta (art. 1223 c.c.) del provvedimento di decadenza annullato in sede giurisdizionale dal consiglio di Stato con decisione n. 140/1973.

1.3. Ha proposto appello l'originaria ricorrente lamentando che:

- la domanda risarcitoria si fonda, per un primo periodo che va dal 1° aprile 1972 all'8 aprile 1986, non già sull'annullamento giurisdizionale del provvedimento di decadenza dalla concessione di trasporto, bensì sulla delibera di giunta regionale del 1974, che ha omesso di reintegrare la società nell'esercizio effettivo della concessione;

- la domanda risarcitoria si fonda, per il secondo periodo che va dall'8 aprile 1986 al 2 gennaio 1995, sul giudicato del T.a.r. Campania - Napoli, n. 362/1991, che ha dichiarato l'obbligo della Regione Campania di provvedere sulla domanda di reintegrazione nel servizio di trasporto;

- per entrambi i periodi, l'illecito omissivo della Regione Campania sarebbe un illecito permanente, per il quale il diritto al risarcimento sorge con l'inizio del fatto illecito, e si rinnova di momento in momento finché dura la permanenza. La prescrizione sarebbe applicabile solo per i danni maturati in relazione al quinquennio anteriore al primo atto interruttivo.

Essendo il primo atto interruttivo intervenuto in data 8 aprile 1986, il diritto al risarcimento sarebbe prescritto solo fino al 1981.

Nel merito, parte appellante indica le somme che ritiene dovute a titolo di risarcimento del danno, e allega consulenza di parte.

2. L'appello è solo parzialmente fondato.

2.1. In virtù del giudicato del Consiglio di Stato n. 140/1973, veniva annullato il provvedimento di decadenza dalla concessione di trasporto, e sorgeva l'obbligo, per l'amministrazione, di reintegrare la società sia nella titolarità che nell'esercizio del servizio di trasporto.

Il fatto illecito, produttivo di danno, è costituito, da un lato, dall'illegittimo provvedimento di decadenza, e, dall'altro lato, dall'illegittimo affidamento a terzi del servizio, a titolo precario.

Si tratta di verificare se si possa configurare tale illecito, come preteso dall'appellante, in termini di illecito permanente.

2.2. Giova in diritto premettere che in caso di illecito permanente, in cui il comportamento lesivo non si esaurisce uno actu, ma perdura nel tempo, la pretesa risarcitoria sorge con l'inizio del fatto illecito generatore del danno, rinnovandosi di momento in momento, onde la prescrizione di quel diritto ha inizio da ciascun giorno rispetto al danno già verificatosi; ne consegue l'applicabilità della prescrizione ex art. 2947 c.c. per i danni maturati prima del quinquennio anteriore al primo atto interruttivo (Cass. civ., sez. I, 16 novembre 2000, n. 14861; in termini anche Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 1997, n. 14391).

Dall'illecito permanente va differenziato l'illecito istantaneo con effetti permanenti: l'istantaneità o la permanenza del fatto illecito extracontrattuale deve essere accertata con riferimento non già al danno, bensì al rapporto eziologico tra questo ed il comportamento "contra ius" dell'agente, qualificato dal dolo o dalla colpa. Mentre nel fatto illecito istantaneo tale comportamento è mero elemento genetico dell'evento dannoso e si esaurisce con il verificarsi di esso, pur se l'esistenza di questo si protragga poi autonomamente (fatto illecito istantaneo ad effetti permanenti), nel fatto illecito permanente il comportamento "contra ius" oltre a produrre l'evento dannoso, lo alimenta continuamente per tutto il tempo in cui questo perdura, avendosi così coesistenza dell'uno e dell'altro (Cass. civ., sez. II, 1 febbraio 1995, n. 1156).

2.3. Nel caso specifico, il fatto illecito produttivo di danno è costituito, per il primo periodo, anteriore alla diffida del 1986, dai provvedimenti con cui, da un lato, è stata dichiarata la decadenza dalla concessione di trasporto e, dall'altro lato, è stato affidato il servizio, provvisoriamente, a terzi.

La condotta illecita si è perpetrata con tali provvedimenti, ancorché gli effetti di essa si siano protratti nel corso degli anni.

Tali provvedimenti hanno "degradato" il diritto soggettivo all'esercizio del servizio di trasporto (derivante dalla concessione-contratto) in interesse legittimo, e solo con il giudicato del 1973 il diritto si è riespanso.

Posto che all'epoca dell'originario provvedimento di decadenza non era consentita la tutela risarcitoria degli interessi legittimi, ma solo dei diritti soggettivi, appare corretto ritenere che la pretesa risarcitoria è divenuta azionabile solo a far data da quando il diritto, degradato a interesse legittimo, è ritornato ad essere diritto soggettivo in virtù del giudicato.

Tali osservazioni valgono tutt'oggi, perché nel caso in cui, ai fini del risarcimento del danno degli interessi legittimi, occorre il previo annullamento dell'atto amministrativo illegittimo, in applicazione della regola civilistica secondo cui la prescrizione comincia a decorrere non già da quando il diritto è sorto, bensì da quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), la pretesa risarcitoria può essere fatta valere solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, e dunque la prescrizione inizia a decorrere solo da tale momento.

Sicché, la domanda di risarcimento andava tempestivamente proposta nel termine di cinque anni decorrenti dalla data del giudicato.

La domanda si è pertanto prescritta nel 1978.

2.4. Quanto all'azione di esecuzione del giudicato formatosi nel 1973, la stessa, soggetta a prescrizione decennale, si è prescritta nel 1983.

Per quanto riguarda l'atto di diffida notificato nell'aprile 1986, va anzitutto osservato che nel successivo giudizio promosso in relazione al silenzio-inadempimento la decisione del T.a.r. Napoli n. 362/1991, passata in giudicato, ha ritenuto che l'azione proposta non fosse un'actio judicati (che come tale sarebbe stata prescritta per effetto del decorso di dieci anni dal giudicato del 1973) bensì una autonoma azione volta ad accertare l'inadempimento dell'amministrazione ad obblighi derivanti dal rapporto di concessione.

Il T.a.r. ha anche affermato la sussistenza dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere nel senso richiesto dalla ricorrente, reintegrandola nell'esercizio del servizio, salve specifiche ragioni ostative (pag. 7 della sentenza).

Così ricostruita la vicenda di fatto, a far data dalla diffida dell'aprile 1986, non viene in considerazione l'obbligo dell'amministrazione di reintegrazione nel servizio, derivante dal giudicato del 1973, bensì un nuovo e autonomo obbligo di consentire l'esercizio della concessione, derivante dal rapporto contrattuale accessivo all'atto di concessione.

2.5. L'obbligo di provvedere è stato riconosciuto dal T.a.r., con decorrenza dalla data di formazione del silenzio-rifiuto, trenta giorni dopo la notifica della diffida in data 8 aprile 1986, e dunque con decorrenza dalla data 8 maggio 1986.

Ferma la qualificazione data dal T.a.r. in termini di obbligo di provvedere (dato il vincolo del giudicato) (e sebbene a rigori si tratti di azione di accertamento dell'inadempimento di un obbligo contrattuale derivante dal rapporto concessorio), va osservato che il silenzio-inadempimento dell'amministrazione (recte: l'inadempimento contrattuale dell'amministrazione) è durato dalla data di accertamento dello stesso (8 maggio 1986) fino alla data del 26 luglio 1994, data in cui la Regione ha disposto la reintegrazione nell'esercizio del servizio.

Non rileva che, materialmente, la ripresa del servizio sia avvenuta solo nel gennaio 1995, perché il periodo che va dal luglio 1994 al gennaio 1995 è stato necessario per accertare in capo al concessionario i requisiti necessari per l'esercizio dell'attività.

L'inadempimento dell'amministrazione deve ritenersi cessato, dunque, in data 26 luglio 1994.

2.6. Per quanto attiene alla domanda di risarcimento del danno derivante dalla condotta omissiva dell'amministrazione, durata dalla data di insorgenza dell'obbligo di provvedere (maggio 1986) fino alla data di adempimento (luglio 1994), occorrono, in fatto, le seguenti considerazioni:

- l'atto di diffida notificato nell'aprile 1986 reca la sola domanda di adempimento del rapporto contrattuale (immissione nell'esercizio del servizio di trasporto) e non anche la domanda di risarcimento del danno da inadempimento;

- anche la domanda giudiziale relativa al silenzio-rifiuto non reca alcuna istanza di risarcimento del danno;

- il risarcimento del danno è stato chiesto solo con atto di diffida del 13 gennaio 1999.

2.7. Questo Consesso è vincolato a ricostruire il problema della prescrizione del diritto al risarcimento del danno tenendo conto:

- da un lato, del giudicato del T.a.r. Napoli che ha ricostruito in termini di silenzio-inadempimento l'inerzia dell'amministrazione e in termini di obbligo pubblicistico di provvedere l'obbligazione della Regione di immettere la appellante nell'esercizio della concessione;

- dall'altro lato, della impostazione del ricorso di primo grado e dell'atto di appello nel presente giudizio, che, del pari, prospetta la questione in termini di diritto al risarcimento derivante dal giudicato che dichiara l'obbligo dell'amministrazione di provvedere.

2.8. Ciò premesso, vanno fatte le seguenti considerazioni.

In tema di risarcimento degli interessi legittimi, il termine di prescrizione inizia a decorrere dal giudicato di annullamento del provvedimento lesivo, solo quando sia necessario il previo annullamento.

Se, invece, non occorre il previo annullamento di alcun atto, come nei casi di danno da ritardo, la prescrizione della pretesa risarcitoria del danno arrecato a interessi legittimi inizia a decorrere da quando si verifica l'evento produttivo di danno.

Nel caso di silenzio-inadempimento, in cui non occorre il previo annullamento giurisdizionale di alcun atto amministrativo, la prescrizione della pretesa risarcitoria inizia a decorrere da quando si verifica il silenzio-inadempimento, e dunque, nella specie, dall'8 maggio 1986, allo scadere del termine di trenta giorni assegnato con l'atto di diffida notificato in data 8 aprile 1986.

L'atto di diffida notificato nel 1986 si limita a chiedere l'adempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di concessione, mentre non contiene alcuna domanda di risarcimento del danno.

Ne consegue che l'atto di diffida notificato nel 1986 non può valere come atto interruttivo della prescrizione della pretesa risarcitoria.

E, invero, a fronte di un rapporto contrattuale, quale era quello derivante dalla concessione-contratto, azione di adempimento e azione di risarcimento del danno sono azioni distinte e autonome, sicché l'atto interruttivo della prescrizione dell'una non si estende anche all'altra.

Neppure la domanda giudiziale volta ad acclarare la illegittimità del silenzio-rifiuto, può valere come atto interruttivo della prescrizione della pretesa risarcitoria, perché non contiene alcuna domanda di risarcimento del danno.

La prescrizione della domanda di risarcimento è iniziata, nella specie, a decorrere dall'8 maggio 1986 - data di formazione del silenzio - inadempimento; tuttavia, la condotta di inadempimento causativa di danno si è protratta fino al 26 luglio 1994.

Per tutto tale periodo, è durata la condotta illecita produttiva di danno, con la conseguenza che la pretesa risarcitoria è sorta con l'inizio del fatto illecito generatore del danno, e si è rinnovata di momento in momento, onde la prescrizione ha avuto inizio da ciascun giorno rispetto al danno già verificatosi; ne consegue l'applicabilità della prescrizione ex art. 2947 c.c. per i danni maturati prima del quinquennio anteriore al primo atto interruttivo.

Il primo atto interruttivo della prescrizione, nel caso di specie, è la diffida notificata il 13 gennaio 1999.

Risultano perciò prescritti i danni maturati prima del quinquennio anteriore al 13 gennaio 1999, e dunque i danni maturati fini al 13 gennaio 1994.

Residua, perché non prescritta, la pretesa risarcitoria relativamente ai danni maturati dal 14 gennaio 1994 al 26 luglio 1994, data in cui è cessato l'inadempimento della Regione.

Giova per completezza osservare che, avendo la sentenza di primo grado ritenuto che la prescrizione sia di durata quinquennale, e non essendovi sul punto appello (ché, anzi, il ricorso di primo grado ha articolato domanda di risarcimento del danno "ai sensi dell'art. 2043 c.c." e l'appello, del pari, si riferisce alla prescrizione quinquennale e alla domanda di risarcimento ai sensi dell'art. 2043 c.c.) il Collegio è vincolato a ritenere quinquennale la durata della prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dall'inadempimento degli obblighi derivanti dalla concessione-contratto.

2.9. Siffatto danno è risarcibile, sussistendo tutti gli elementi della condotta illecita:

- l'elemento oggettivo dell'inadempimento della parte pubblica;

- l'elemento soggettivo della colpa, che si evince dalle circostanze di fatto dedotte da parte ricorrente, vale a dire la protratta inerzia della Regione nel reimmettere l'impresa nell'esercizio della concessione e il protratto mantenimento di una situazione gestoria di fatto; né la Regione ha fornito elementi in contrario, volti a comprovare l'assenza di colpa;

- il nesso di causalità tra fatto illecito e danno.

Tuttavia, nella quantificazione del danno risarcibile, è imprescindibile considerare:

- da un lato l'aliunde perceptum o percipiendum, non essendo verosimile la totale inattività dell'impresa per tutto il tempo in cui la Regione è rimasta inadempiente, e, in ogni caso, non essendo rispondente a criteri di buona gestione che un'impresa rimanga totalmente inerte e non cerchi impieghi alternativi;

- dall'altro lato, il concorso di colpa del danneggiato nell'aggravamento del danno: ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., il creditore ha il dovere di impedire i danni evitabili con l'ordinaria diligenza, per i quali il risarcimento non è dovuto; una maggiore tempestività dell'appellante nell'esercizio delle proprie ragioni, mediante tempestiva richiesta a controparte del risarcimento, e mediante tempestiva richiesta a controparte di corretta esecuzione del giudicato del 1973, avrebbero ridotto l'area del danno verificatosi).

2.10. Passando alla quantificazione del danno per il periodo suddetto, il Collegio, in applicazione dell'art. 35, comma 2, d.lgs. n. 80/1998, detta i criteri a cui l'amministrazione regionale dovrà attenersi per proporre all'appellante il pagamento di una somma entro il termine, che si ritiene congruo, di giorni novanta decorrenti dalla comunicazione, o, se anteriore, notificazione della presente decisione.

Il danno da risarcire comprende il danno emergente e il lucro cessante.

Nel quantificare il danno emergente, si terrà conto dei costi subiti per effetto del fermo dei mezzi e del personale per il periodo 14 gennaio-26 luglio 1994.

Nel quantificare il lucro cessante si terrà conto del guadagno netto ricavabile nel periodo 14 gennaio-26 luglio 1994, in relazione al servizio che avrebbe dovuto gestire l'appellante, tenendo conto delle tariffe vigenti da gennaio a luglio 1994, dei costi presumibili del servizio, degli eventuali contributi pubblici previsti per il servizio de quo, e delle tratte su cui il servizio avrebbe dovuto essere gestito; l'amministrazione terrà conto delle indicazioni contenute nella perizia di parte, comparandole con gli utili netti conseguiti nel suddetto periodo dal soggetto terzo che ha gestito il servizio in luogo dell'appellante avente diritto.

La somma così quantificata, andrà decurtata nella misura del 50%, a titolo forfettario ed equitativo, in considerazione del presumibile aliunde perceptum e del dovere del creditore di non aggravare il danno.

Sulla somma così decurtata, andrà applicata la rivalutazione monetaria, con decorrenza dal 26 luglio 1994 e fino al soddisfo, nonché gli interessi al tasso legale (tenendo conto del tasso legale di anno in anno previsto dal 1994 e fino al soddisfo).

3. La novità delle questioni e la parziale soccombenza giustifica la integrale compensazione delle spese del doppio grado di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.