Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione III
Sentenza 11 gennaio 2005, n. 152

FATTO E DIRITTO

La S.C.C. - Società Cartolarizzazione Crediti S.r.l. (d'ora in avanti denominata SCC), attraverso la procedura di cui alla l. n. 130/1999, si è resa cessionaria di vari crediti derivanti da prestazioni sanitarie erogate dalla Società cedente in favore degli utenti del Servizio sanitario nazionale. Da circa due anni, però, la ASL provvedeva al pagamento delle fatture cedute con notevoli ritardi, provocando ripercussioni sulla situazione finanziaria della SCC.

Peraltro, secondo la ricorrente, il sistema della c.d. "fattorizzazione" dei crediti vantati dai soggetti erogatori delle prestazioni sanitarie - che vede la Banca di Roma agire in qualità di factor -, introdotto con d.G.R. n. 599/2000 e s.m.i., ha comportato che alcuni di essi, a fronte della preventiva rinuncia all'esercizio dei propri diritti in sede giudiziale, a differenza della ricorrente, hanno visto soddisfatte le proprie pretese creditorie, con conseguente disparità di trattamento e incidenza negativa sulla libera concorrenza.

Alla luce di ciò, la SCC, con lettera raccomandata in data 21 giugno 2004, chiedeva alla ASL RM B di accedere agli atti e di partecipare al procedimento avente ad oggetto la liquidazione ed il pagamento dei crediti vantati in favore dell'Azienda Sanitaria Locale. In particolare, la SCC chiedeva l'accesso a tutti gli atti del procedimento amministrativo di liquidazione dei fondi messi a disposizione della Regione Lazio a favore delle AASSLL, nel periodo che va dall'introduzione del sistema della fattorizzazione, ovvero dal gennaio 2002, al fine, tra l'altro, di accertare i criteri con cui gli stessi sono stati utilizzati e se sono stati effettuati versamenti a favore dei soggetti gestori di Case di Cura in regime di accreditamento con il S.S.N., creditori nei confronti delle AASSLL e, in caso affermativo, le modalità di riparto e l'entità delle somme corrisposte, ivi comprese tutte le liquidazioni effettuate con il sistema della c.d. fattorizzazione dei crediti, introdotta con d.G.R. n. 599/2000 e s.m.i.

La SCC chiedeva, inoltre, alla ASL RM B di essere ammessa ad intervenire nel procedimento di liquidazione dei fondi anzidetti a partire dal 1° luglio 2004, con il conseguente accesso a tutti gli atti di tale procedimento e la facoltà di presentare memorie scritte.

La ASL Roma B non si pronunciava entro il termine di trenta giorni previsto dall'art. 25, comma 4, l. n. 241/1990 e, quindi, la richiesta si intendeva respinta (secondo quanto prevede la stessa norma).

Pertanto, l'istante - evidenziando il proprio interesse ad accedere e a partecipare al procedimento di liquidazione, consistente nella pretesa a vedere soddisfatto il proprio diritto di credito - proponeva ricorso per i seguenti motivi:

1) violazione degli artt. 22 e ss. l. n. 241/1990; eccesso di potere e sviamento di potere per difetto di motivazione e travisamento dei fatti: il silenzio opposto dalla ASL RM B si pone in contrasto con le norme richiamate, in quanto non consente alla ricorrente di tutelare i propri interessi giuridicamente rilevanti consistenti nel diritto a vedere soddisfatti i propri diritti di credito e nella possibilità di adempiere, a sua volta, alle obbligazioni assunte in favore di terzi;

2) violazione degli artt. 7 e ss. l. n. 241/1990; violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost.: il comportamento assunto dalla ASL si pone in contrasto anche con il diritto della ricorrente di partecipare al procedimento per tutelare, già in tale sede, i diritti di credito maturati a seguito dell'erogazione di prestazioni in favore del servizio sanitario.

La Regione Lazio e la ASL Roma B, costituitesi in giudizio, hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso, chiedendone, nel merito, il rigetto.

A parere del Collegio il ricorso è inammissibile, sotto diversi profili, per i seguenti motivi.

Per quanto concerne l'accesso agli atti amministrativi della ASL Roma B, va considerato che la richiesta di accesso ai documenti, oltre che motivata (come disposto dall'art. 25, comma 2, l. n. 241/1990) evidenziando l'interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti sul quale fonda il diritto di accesso, deve consentire di individuare l'estensione dell'accesso, poiché richieste generiche sottoporrebbero l'amministrazione ad una ricerca defatigante, incompatibile con la funzionalità dei plessi amministrativi (Cons. Stato, sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1683). Generalmente, i documenti cui si intende accedere devono essere individuati nella richiesta. La giurisprudenza ha ammesso la possibilità che l'istanza di accesso non rechi l'indicazione puntuale degli specifici atti richiesti, ma solo nei casi in cui l'esistenza di specifici atti effettivamente adottati sia circostanza ignota alla ricorrente, la quale pertanto non potrebbe in ogni caso rendere più puntuale la formulazione dell'istanza (T.A.R. Lazio, III ter, n. 10275/2002).

In ogni caso, però, l'istanza deve essere sufficientemente specifica e, comunque, limitata nel suo contenuto, poiché un accesso eccessivamente esteso e riconosciuto ad un ampio numero di legittimati attivi si porrebbe in contrasto con i canoni di tempestività ed efficacia dell'azione amministrativa, creando situazioni incompatibili con una corretta gestione dei procedimenti amministrativi.

Ciò posto, nella fattispecie il ricorso deve ritenersi inammissibile in quanto l'istanza di accesso si presenta generica, in quanto rivolta a tutti gli atti adottati in un determinato settore (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 29 giugno 2002, n. 1176) - avendo ad oggetto tutti gli atti, adottati in più anni, relativi alla liquidazione e al pagamento di crediti in favore dei soggetti erogatori di prestazioni sanitarie - ed in contrasto con la funzionalità della ASL resistente - riguardando una mole enorme di atti ed, in particolare, gli atti dei procedimenti amministrativi di liquidazione dei fondi messi a disposizione della Regione Lazio a favore delle AASSLL, nel periodo che va dall'introduzione del sistema della fattorizzazione (ovvero dal gennaio 2002); gli atti recanti i criteri con cui gli stessi sono stati utilizzati e sono stati effettuati versamenti a favore dei soggetti gestori di Case di Cura in regime di accreditamento con il S.S.N., creditori nei confronti delle AASSLL; gli atti concernenti le modalità di riparto e l'entità delle somme corrisposte, ivi comprese tutte le liquidazioni effettuate con il sistema della c.d. fattorizzazione dei crediti, introdotta con d.G.R. n. 599/2000 e s.m.i.

L'inammissibilità del ricorso emerge anche sotto un diverso profilo.

È chiaro che la conoscenza degli atti cui la SCC intende accedere incide sul diritto alla riservatezza tutelato dall'art. 24 l. n. 241/1990, dei controinteressati e, cioè, dai soggetti destinatari di versamenti da parte della ASL Roma B e della Regione Lazio, in quanto soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, nel sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie e delle conseguenti remunerazioni.

Ora, non è facile individuare tali controinteressati, ma la SCC, nel ricorso (pagg. 4 e 9), fa espresso riferimento ad uno di questi ed, in particolare, alla Banca di Roma, che all'interno del sistema della c.d. "fattorizzazione" dei crediti vantati dai soggetti erogatori delle prestazioni sanitarie introdotto con d.G.R. n. 599/2000, agisce in qualità di factor e riceve (secondo le affermazioni di parte ricorrente) regolarmente i pagamenti.

Almeno a tale soggetto, quindi, la SCC avrebbe dovuto notificare il ricorso, ai sensi di quanto previsto dall'art. 21 l. n. 1034/1971.

Non avendo la SCC ottemperato a tale onere, il ricorso va dichiarato inammissibile anche sotto questo profilo.

Altrettanto inammissibile è la domanda tesa ad ottenere "ogni conseguente provvedimento al fine di consentire la partecipazione della ricorrente al procedimento di liquidazione dei fondi anzidetti a partire dal 1 luglio 2004...".

Certamente, il comportamento della pubblica amministrazione che viola gli artt. 9 e 10 l. n. 241/1990, precludendo agli interessati la partecipazione al procedimento amministrativo o (il che è lo stesso) omettendo di valutare le memorie e i documenti prodotti da coloro che sono intervenuti nel procedimento, può incidere negativamente sulla legittimità del provvedimento conclusivo del procedimento. Ma eventuali vizi possono essere fatti valere impugnando il provvedimento finale e non chiedendo al giudice di imporre all'Amministrazione di consentire la partecipazione procedimentale.

In sostanza, i pregiudizi subiti in relazione ai diritti partecipativi possono trovare tutela in sede giudiziale solo contestando il "risultato" dell'attività procedimentale, sempre che mediante l'impugnazione si tenda a porre rimedio a lesioni di situazioni giuridiche sostanziali, relative ad un interesse qualificato inerente ad un bene della vita.

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile.

Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale Amministrativo per il Lazio, sede di Roma, Sezione Terza:

- dichiara inammissibile il ricorso;

- dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.