Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I bis
Sentenza 18 gennaio 2005, n. 384
FATTO
Espone in fatto l'odierno ricorrente di aver presentato istanza, in data 7 settembre 2000, volta ad ottenere la concessione dei contributi per la ricostruzione di cui all'ordinanza del Ministro dell'Interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3047 del 31 marzo 2000, in quanto proprietario di immobile lesionato dal sisma che ha colpito la Valle dell'Aniene in data 11 marzo 2000, istanza rigettata per mancanza dei richiesti requisiti.
Intervenuti i decreti n. 139, n. 140 e n. 172 del 2001 del Presidente della Giunta Regionale del Lazio, il ricorrente ha presentato nuove istanze, da ultimo quella datata 26 marzo 2004, tendenti ad ottenere la concessione dei predetti contributi, rimaste senza esito.
Avverso l'inerzia così serbata, parte ricorrente deduce i seguenti motivi di censura:
- violazione della legge n. 241 del 1990 e dei principi generali in tema di trasparenza amministrativa;
- eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità, incongruenza ed ingiustizia manifesta.
Assume, parte ricorrente, la sussistenza di un obbligo per le Amministrazioni di provvedere in ordine all'istanza dallo stesso da ultimo presentata, ricordando la sussistenza della sentenza del T.A.R. Lazio n. 1568/2003 la quale - pur se non estensibile al ricorrente - nell'annullare il decreto n. 139 del 2001 del Presidente della Giunta Regionale del Lazio, ha riconosciuto fondate le pretese dallo stesso avanzate.
Propone, altresì, parte ricorrente, azione impugnatoria avverso i citati decreti n. 139, n. 140 e n. 172 del 2001 del Presidente della Giunta Regionale del Lazio, deducendo i seguenti motivi di censura:
- violazione ed erronea applicazione dell'o.m. n. 3047 del 2000;
- eccesso di potere per sviamento, difetto di motivazione, manifesta illogicità ed ingiustizia;
- violazione degli artt. 32 e 42 della Costituzione.
Chiede, pertanto, parte ricorrente al Tribunale adito la dichiarazione di illegittimità del silenzio serbato dalle Amministrazioni sulla istanza da ultimo presentata, nonché l'accertamento della fondatezza delle pretese sostanziali avanzate in ordine alla corresponsione dei richiesti contributi.
Si sono costituite in resistenza le intimate Amministrazioni, eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso proposto avverso il silenzio serbato dall'Amministrazione, stante la mancata attivazione, da parte del ricorrente, del procedimento di cui all'art. 25 del t.u. n. 3 del 1957.
Sotto altro profilo, eccepisce la difesa dell'Amministrazione Regionale l'inammissibilità dell'impugnazione proposta avverso il silenzio rifiuto stante l'intervenuta adozione del provvedimento prot. n. 3991 del 27 febbraio 2001, di rigetto dell'istanza datata 9 settembre 2000, avverso la quale il ricorrente non ha proposto impugnazione.
Deducono, altresì, le Amministrazioni resistenti, l'inammissibilità della proposta azione di impugnazione dei decreti n. 139, n. 140 e n. 172 del 2001 del Presidente della Giunta Regionale del Lazio, in quanto tardivamente presentata, stante la piena conoscenza degli stessi da parte del ricorrente sin dal 2001, allorquando ha proposto atto di intervento nell'ambito del giudizio scaturito nell'adozione della citata sentenza n. 1568/2003, con la quale tale intervento è stato dichiarato inammissibile.
Alla camera di consiglio del 28 luglio 2004, la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
Con il ricorso in esame parte ricorrente denuncia l'illegittimità del silenzio serbato dalle intimate Amministrazioni sull'istanza, datata 26 marzo 2004, tesa ad ottenere la concessione dei contributi per la ricostruzione di cui all'ordinanza del Ministro dell'Interno delegato per il coordinamento della protezione civile n. 3047 del 31 marzo 2000, in quanto proprietario di immobile lesionato dal sisma che ha colpito la Valle dell'Aniene in data 11 marzo 2000.
Propone altresì parte ricorrente azione impugnatoria avverso i decreti n. 139, n. 140 e n. 172 del 2001 del Presidente della Giunta Regionale del Lazio.
Nella gradata elaborazione logica dell'iter decisionale sulla lite che qui occupa, ed avuto riguardo alla proposta azione impugnatoria e di accertamento della spettanza del vantato diritto alla concessione dei contributi in questione, il Collegio non può che rilevarne l'inammissibilità.
Difatti, in sede di giudizio sul silenzio rifiuto previsto dall'art. 21-bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall'art. 2 della legge n. 205 del 2000 - ai sensi del quale il presente giudizio è stato incardinato ed iscritto a ruolo - il giudice amministrativo non può compiere alcun accertamento sulla fondatezza della pretesa sostanziale del ricorrente, indicando all'Amministrazione il contenuto del provvedimento da adottare, atteso che il giudizio sul silenzio rifiuto verte solo sull'accertamento o meno dell'obbligo di provvedere.
Ne consegue che la formazione del silenzio inadempimento disegnata dell'art. 25, comma 1, del t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, e confermata sul piano processuale dal rito speciale dell'art. 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, non è compatibile con le controversie che solo apparentemente abbiano per oggetto una situazione di inerzia, o con le domande incentrate sull'accertamento di pretese sostanziali del ricorrente (ex plurimis: Cons. Stato - Sez. VI - 23 settembre 2002, n. 4824; Sez. IV - 11 giugno 2002, n. 3256; A.P. - 9 gennaio 2002, n. 1), di talché il giudizio in tema di silenzio dell'Amministrazione può avere per oggetto esclusivamente l'accertamento della inosservanza dell'obbligo di provvedere, non potendo il giudice correlare la propria pronuncia alla fondatezza della pretesa sostanziale, neppure ove l'inerzia riguardi un'attività amministrativa vincolata.
Inoltre, il giudizio speciale sul silenzio previsto dall'art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971 neppure può essere, secondo quanto sostenuto dalla prevalente giurisprudenza, convertito in rito ordinario, per la parte volta all'accertamento della pretesa sostanziale, in considerazione della ratio sottostante alla scelta legislativa, che ha previsto tale strumento processuale solo al fine di accelerare e semplificare la definizione delle controversie nella suddetta materia in ragione della relativa semplicità degli inerenti accertamenti di fatto e di diritto (in termini: C.G.A.R.S. - 16 ottobre 2002 n. 593; Cons. Stato - Sez. VI - nn. 2412 del 2003, 2534 del 2003, 4833 del 2003, 4834 del 2003, 4835 del 2003, 4877 del 2003, 4878 del 2003).
Va pertanto dichiarata l'inammissibilità della domanda volta ad ottenere l'annullamento dei gravati decreti, nonché l'accertamento della spettanza al ricorrente dei richiesti contributi per la ristrutturazione del proprio immobile danneggiato da sisma.
Con riguardo alla ulteriore domanda ricorsuale, proposta avverso l'inerzia dell'Amministrazione serbata sulla istanza del ricorrente, datata 26 marzo 2004, volta ad ottenere i predetti benefici economici anche sulla base delle affermazioni contenute nella sentenza del T.A.R. Lazio n. 1568/2003, il Collegio è chiamato, innanzitutto, a pronunciarsi sulla eccezione di inammissibilità della stessa - sollevata dalla difesa erariale - stante la mancata attivazione del procedimento di cui all'art. 25 del t.u. n. 3 del 1957.
L'eccezione è destituita di fondamento.
A riguardo, preliminarmente rilevato che, stando agli atti depositati al fascicolo di causa, la sollecitazione del sindacato giurisdizionale è intervenuta in difetto della previa formale notificazione della diffida e messa in mora volta a comminare alle Amministrazioni un termine per fornire esplicito e motivato riscontro alla predetta istanza, osserva il Collegio che, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, di fronte al silenzio della Pubblica Amministrazione non sono necessarie, ai fini della diretta adizione del giudice amministrativo, la diffida e la messa in mora, atteso che, una volta decorso inutilmente il termine essenziale stabilito per l'espressa e motivata conclusione del procedimento amministrativo, l'inadempimento di tale obbligo da parte della P.A. procedente è in re ipsa, e quindi può essere immediatamente impugnato (T.A.R. Calabria - Reggio Calabria - 23 novembre 2000, n. 1956 e 23 maggio 2000, n. 774; T.A.R. Marche - 25 settembre 1999, n. 1041; T.A.R. Campania - Napoli - Sez. I - 26 ottobre 1998, n. 3290; T.R.G.A. Trentino Alto Adige - Trento - 4 novembre 1996, n. 305; T.A.R. Lazio - Latina - 11 febbraio 1993, n. 138; TAR Sicilia - Catania - 13 novembre 2001, n. 1927; T.A.R. Puglia - Lecce - 23 gennaio 2002, n. 131).
Pur aderendo a tale prospettazione, non può il Collegio non dare atto della presenza di un difforme convincimento espresso da parte della giurisprudenza, soprattutto di secondo grado, per il quale, anche nel vigore della nuova disciplina introdotta dalla citata legge n. 241 del 1990, il soggetto che intenda reagire contro l'inerzia dell'Amministrazione avrebbe comunque l'onere di seguire il rigoroso iter ordinario caratterizzato, ai sensi dell'art. 25 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, dalla presentazione di un'istanza, dall'inerzia dell'Amministrazione protrattasi per almeno sessanta giorni e dalla successiva diffida a provvedere entro un congruo termine comunque non inferiore a trenta giorni, notificato secondo la procedura prevista per gli atti giudiziari (Cons. Stato - Sez. IV - 27 dicembre 2001, n. 6415, Sez. IV - 11 giugno 2002, n. 3256; Sez. IV - n. 5020 del 2004; Sez. V - 10 aprile 2002, n. 1970; Sez. V - 13 maggio 2000, n. 2211; Sez. VI - 3 maggio 2000, n. 2589; 12 maggio 1994, n. 752; T.A.R. Lazio - Roma - Sez. II bis - n. 3126 del 2004; T.A.R. Puglia - Lecce - 31 luglio 2001, n. 4420; T.A.R. Lazio - Latina - 4 ottobre 2001, n. 866; TAR Basilicata - 14 giugno 2001, n. 586; T.A.R. Campania - Napoli - Sez. V - 17 dicembre 2001, n. 5483; T.A.R. Puglia - Bari - Sez. II - 8 ottobre 1999, n. 634).
Nell'ambito di tale convincimento si è affermato che il soggetto, che sia interessato all'adempimento di un obbligo di provvedere, per impugnare il relativo silenzio inadempimento, strumentale alla rimozione della inerzia amministrativa, ha l'onere di seguire il rigoroso iter ordinario, caratterizzato, ai sensi dell'art. 25 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, dalla presentazione di un'istanza e dal silenzio protrattosi per almeno sessanta giorni dalla successiva diffida a provvedere entro un congruo termine, comunque non inferiore a trenta giorni, notificata secondo la procedura prevista per gli atti giudiziari; pertanto, solo quando il procedimento è concluso e si è formato il silenzio inadempimento, l'interessato avrebbe facoltà di proporre ricorso giurisdizionale, entro sessanta giorni decorrenti dalla scadenza del termine assegnato con l'atto di diffida, non essendo consentita l'immediata impugnazione del silenzio conseguente alla mancata risposta all'istanza formulata dall'interessato, ma non seguita dalla formale diffida all'Amministrazione. Ciò anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, giacché la ragione del ricorso allo strumento dell'articolo 25 citato va individuata nella necessità di qualificare l'inerzia della P.A., situazione per la quale risulta insufficiente il mero decorso del termine di durata del procedimento e pur dopo la nuova disciplina del procedimento giurisdizionale sul silenzio, risultante dalla configurazione acceleratoria stabilita dall'articolo 21-bis della legge n. 1034 del 1971 (come introdotto dall'art. 2 della legge n. 205 del 2000), che è diretto semplicemente ad accertare se il silenzio serbato da una Pubblica amministrazione sull'istanza del privato violi o meno l'obbligo di adottare il provvedimento esplicito richiesto con l'istanza stessa e dunque esclusivamente ad accertare se il sia illegittimo o no, senza incidere in alcun modo sui presupposti di formazione e qualificazione del silenzio stesso.
Nell'attribuire il giusto rilievo all'autorevole orientamento sopra illustrato, ritiene nondimeno il Collegio che sia il primo degli esposti orientamenti a meritare condivisione, atteso che l'espressa enunciazione di legge di un termine entro il quale la Pubblica Amministrazione è tenuta a dare espressa e motivata risposta a fronte di istanze alla medesima presentate, rende l'inerzia protrattasi a seguito dello spirare dello stesso giuridicamente significativa, nel senso della formazione di un silenzio suscettibile di reclamo in sede giudiziaria, per l'effetto dovendosi dare atto del venir meno - ai fini della sollecitazione del sindacato giurisdizionale - delle formalità precedentemente imposte dall'art. 25 del t.u. n. 3 del 1957.
Va altresì rigettata l'ulteriore eccezione di inammissibilità della proposta azione di impugnazione del silenzio serbato dalla intimate Amministrazioni, articolata sulla base della considerazione dell'intervenuta adozione, in data 27 febbraio 2001, di un provvedimento di rigetto della domanda di concessione dei contributi in questione.
Basti al riguardo rilevare che il gravato silenzio ha riferimento all'ulteriore istanza presentata dal ricorrente in data 26 marzo 2004, con la quale lo stesso invoca a proprio favore anche l'applicazione dei principi enunciati nella sentenza del T.A.R. Lazio n. 1568/2003, la cui adozione costituisce un quid novi rispetto al quadro di riferimento cui si inscrive la adozione del citato provvedimento, che quindi non appare in alcun modo preclusivo della proponibilità dell'azione in esame.
Nel dare, conseguentemente, atto della piena procedibilità del capo di domanda in esame, è altresì opportuno soffermare l'attenzione - a ulteriore approfondimento di quanto sopra già esposto - sui limiti intrinseci al giudizio avente ad oggetto la domanda preordinata, come appunto nella fattispecie all'esame, all'accertamento della illegittimità del contegno omissivo dell'Amministrazione.
È infatti noto che l'art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (inserito ex art. 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205) ha introdotto peculiari modalità processuali di trattazione e decisione dei ricorsi proposti avverso il contegno omissivo tenuto dall'Amministrazione, in particolare disponendone la trattazione in Camera di Consiglio e la decisione a mezzo di "sentenza succintamente motivata" ed ulteriormente stabilendo che, in caso di totale o parziale accoglimento del gravame, "il giudice amministrativo ordina all'Amministrazione di provvedere di norma entro un termine non superiore ai trenta giorni".
Con ordinanza n. 3803 del 10 luglio 2001 la VI Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria - al fine di evitare possibili contrasti giurisprudenziali - la questione relativa alle modalità di applicazione dell'anzidetta disposizione, con riferimento sia alla natura ed all'oggetto del giudizio speciale che consegue alla proposizione del ricorso contro il silenzio dell'Amministrazione, sia all'estensione dei poteri decisori del giudice amministrativo.
Va in argomento rammentato come, a fronte di un più risalente orientamento che riconduceva il contenuto della pronunzia di che trattasi nell'ambito dell'accertamento - o meno - della sussistenza dell'obbligo di provvedere in capo all'Amministrazione, si sia quindi diffuso ed affermato il diverso convincimento per cui - segnatamente a fini di garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale - la definizione del giudizio avverso il silenzio necessariamente doveva transitare attraverso la verifica della fondatezza o meno della pretesa sostanziale dedotta, sia pure con riferimento ad attività vincolata dell'Amministrazione.
La rivisitazione della corrente ermeneutica della quale si è da ultimo dato conto ha tratto spunto, secondo quanto osservato dalla Sezione remittente, dalla ipotizzata incompatibilità del rito speciale delineato dall'art. 2 della legge n. 205 del 2000 con un giudizio altrimenti esteso, sia pure nei limiti di cui sopra, all'accertamento in ordine alla eventuale fondatezza della pretesa sostanziale dedotta in giudizio.
A fronte della rimessione della questione come sopra delineata, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1 del 9 gennaio 2002, ha ritenuto che il giudizio disciplinato dall'art. 2 della legge n. 205 del 2000 sia esclusivamente diretto ad accertare se il silenzio serbato da una Pubblica Amministrazione sull'istanza del privato violi l'obbligo di adottare il provvedimento esplicito richiesto con l'istanza stessa; per l'effetto risultando precluso al giudice, quand'anche il provvedimento de quo abbia natura vincolata, sostituirsi all'Amministrazione in alcuna fase del giudizio, potendo (rectius: dovendo) invece limitarsi esclusivamente ad accertare se il silenzio sia illegittimo o no e ad imporre all'Amministrazione, nel caso di accoglimento del ricorso, di provvedere sull'istanza entro il termine assegnato.
Di quanto sopra dato atto, condivide la Sezione l'assunto per cui l'ambito cognitorio del giudizio avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione vada delimitato con riferimento ad una rigorosa e puntuale interpretazione della ratio sottesa all'introduzione della disposizione ex art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971.
L'oggetto del procedimento giurisdizionale sul contegno omissivo dalla P.A. osservato a fronte di un'istanza avanzato da un privato, nella configurazione acceleratoria stabilita dalla disposizione da ultimo richiamata, viene quindi ad essere costituito - esclusivamente - dalla verifica circa l'esistenza o meno di un obbligo di provvedere in capo all'Amministrazione, e non anche da un esame sulla fondatezza o meno della pretesa sostanziale.
La fissazione di termini brevi per la definizione del ricorso e la peculiarità degli ulteriori caratteri procedurali rappresentano, infatti, elementi che conducono univocamente a ritenere che la finalità perseguita dal legislatore sia essenzialmente quella di ottenere, nel più breve termine possibile, una determinazione espressa dell'Amministrazione, conclusiva del procedimento, a prescindere dal suo contenuto, sulla quale, eventualmente, innestare un'azione preordinata alla tutela giurisdizionale dell'interesse sostanziale vantato (in termini, T.A.R. Lazio - Sez. II - 9 maggio 2001, n. 4021; T.A.R. Campania - Napoli - Sez. V - 11 luglio 2001, n. 3257; T.A.R. Campania - Salerno - Sez. I - 28 giugno 2001, n. 1034; T.A.R. Abruzzo - Pescara - 26 gennaio 2001, n. 57).
Come sopra delimitato, quindi, l'ambito cognitivo del presente giudizio, rileva il Collegio come, avuto riguardo al contegno omissivo dalla resistente Amministrazione della Difesa osservato a fronte dell'istanza proposta dall'odierno ricorrente, la pretesa volta al conseguimento di una declaratoria di illegittimità del silenzio per l'effetto formatosi meriti senz'altro accoglimento.
Deve, al contrario, darsi atto dell'inammissibilità, in quanto estranea al contenuto proprio della pronunzia che l'adito giudice amministrativo è chiamato a rendere ai sensi della ripetuta disposizione di cui all'art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971, dell'ulteriore pretesa - volta all'accertamento della sussistenza del diritto dal ricorrente rivendicato quanto alla spettanza dei benefici economici previsti per la riparazione degli immobili colpiti dal sisma - pure dalla parte ricorrente con il presente gravame dedotta.
Nei limiti di cui sopra determinata l'accoglibilità del presente ricorso, dà conclusivamente atto il Collegio dell'illegittimità del silenzio serbato dalle intimate Amministrazioni a fronte della richiesta del ricorrente, datata 26 marzo 2004, di attribuzione dei contributi di cui all'o.m. n. 3047 del 2000 per l'attuazione di misure urgenti sugli immobili colpiti da evento sismico, ulteriormente dichiarando l'obbligo delle Amministrazioni resistenti di adottare espressa e motivata determinazione al riguardo, assegnando alle stesse, a tal fine, il termine di 30 giorni dalla comunicazione o notifica della presente decisione.
Valutati tutti gli elementi della vicenda contenziosa possono integralmente compensarsi tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Roma - Sezione Prima bis - pronunciando sul ricorso n. 6794/2004, come in epigrafe proposto, lo accoglie nel senso di cui in motivazione, e per l'effetto ordina alle Amministrazioni resistenti di provvedere sull'istanza del ricorrente nel termine ivi previsto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.