Corte di cassazione
Sezione III civile
Sentenza 13 gennaio 2005, n. 559
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 17 novembre 1991, nel corso di una trasmissione televisiva, il sig. Vittorio Sgarbi, richiesto di esprimere la propria opinione sul Presidente della Repubblica Cossiga, testualmente affermò: "Leone fu una vittima. Non aveva fatto le cose che dicevano di lui È stato ingiustamente incriminato da giornalisti poco attendibili come Camilla Cederna, così come in altri casi Camilla Cederna è stata quasi mandante dell'omicidio Calabresi perché ha scritto un libro contro Calabresi incriminandolo come se fosse stato l'assassino del famoso anarchico Pinelli".
Con atto di citazione del 3-11 giugno 1993 la signora Cederna, tanto premesso e premesso altresì che tali giudizi erano lesivi della propria reputazione, convenne in giudizio lo Sgarbi e la società R.t.i., questa quale ente gestore della emittente televisiva, e ne chiese la condanna al risarcimento dei danni subiti.
Resistendo i convenuti, con sentenza del 16 ottobre 1996 il Tribunale di Monza accolse la domanda nei soli confronti dello Sgarbi e liquidò il danno in lire 100 milioni oltre accessori.
La sentenza fu impugnata in via principale dallo Sgarbi ed in via incidentale dalla Cederna, per la quale, deceduta nel corso del giudizio di appello, si costituirono poi gli eredi.
Con la pronuncia, ora gravata, la Corte di appello ha accolto il gravame principale e per l'effetto ha respinto la domanda, ed ha invece rigettato il gravame incidentale.
Esclusa l'applicabilità dell'art. 68, commi 2 e 3, Cost. con il duplice rilievo che non era necessaria l'autorizzazione a procedere trattandosi di responsabilità civile, e che non era inoltre provata la dedotta qualità dello Sgarbi, all'epoca del fatto, di membro del Parlamento - punto della decisione sul quale si è formato il giudicato in difetto di ricorso incidentale dello stesso, soccombente - per quanto ancora interessa la Corte ha affermato che l'espressione "quasi mandante dell'omicidio Calabresi", che sembrava attribuire una responsabilità di natura morale e non giuridica, doveva essere valutata nel contesto delle affermazioni dello Sgarbi; orbene la Cederna aveva scritto un libro ("Pinelli - una finestra sulla strage") che aveva contribuito a creare un clima tale da determinare sentimenti di disistima nei confronti del commissario Calabresi; pur avendo l'autrice perseguito l'intento di sciogliere gli interrogativi suscitati dalla morte del Pinelli, ella aveva di fatto partecipato, anche con altre pubblicazioni, a quell'opera di linciaggio morale del commissario, che poi aveva portato al suo assassinio; in tale contesto i giudizi espressi dallo Sgarbi - che addebitavano alla Cederna una corresponsabilità morale nell'assassinio per le pesanti insinuazioni da lei espresse sul comportamento del commissario Calabresi in occasione della morte del Pinelli - costituivano legittimo esercizio del diritto di critica, non essendo dubitabile la sussistenza dei requisiti dell'interesse sociale alla informazione e della correttezza dell'espressione.
Per la cassazione di tale decisione gli eredi Cederna hanno congiuntamente proposto ricorso, affidato a due motivi, cui lo Sgarbi e la R.t.i. resistono con distinti controricorsi. I ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La controricorrente società R.t.i. ha eccepito l'inammissibilità del ricorso nei propri confronti sul rilievo che, in dispositivo, la sentenza impugnata ha espressamente statuito il rigetto dell'appello incidentale della Cederna nei riguardi di essa controricorrente, con decisione che non ha formato oggetto del ricorso stesso.
L'eccezione è infondata.
Ancorché il dispositivo della sentenza impugnata sia formulato nei sensi indicati da detta società, il dispositivo stesso, interpretato alla stregua della relativa motivazione, indica però, univocamente, che, come i ricorrenti rettamente rilevano in memoria, la Corte territoriale intese in realtà dichiarare assorbito l'appello incidentale, quale effetto dell'accoglimento dell'appello principale dello Sgarbi, pur utilizzando in dispositivo un'espressione impropria.
Ed in effetti, in tanto essa avrebbe potuto prendere in esame l'appello incidentale, diretto alla condanna della società proprietaria del canale televisivo, mandata assolta in primo grado, in quanto fosse stata confermata la responsabilità dello Sgarbi, che attraverso detto mezzo aveva manifestato le opinioni delle quali la Cederna si era doluta: ma essendo stato anch'egli assolto in appello, ogni questione sulla responsabilità della società era rimasta superata.
La notificazione del ricorso anche alla società deve pertanto intendersi fatta ai soli effetti di cui all'art. 332 c.p.c., trattandosi di cause scindibili, con la conseguenza che, solo in caso di accoglimento del presente ricorso, il giudice del rinvio dovrebbe esaminare anche l'appello incidentale, sempre subordinatamente all'affermazione di responsabilità dello Sgarbi.
2. Il ricorso - rettamente limitato, pertanto, ai soli rapporti Cederna-Sgarbi - contiene due motivi, da esaminare congiuntamente perché strettamente connessi, con i quali i ricorrenti, nel dedurre rispettivamente vizi di motivazione, che affermano apparente, e la violazione degli artt. 21 Cost., 51, 595 e 596 c.p., e 115 c.p.c., allegano che attribuire a taluno la responsabilità soltanto morale di un omicidio integra l'illecito della diffamazione; addebitano alla sentenza impugnata di non essersi neppure posta la domanda se la Cederna avesse veramente scritto che Calabresi era stato l'assassino del Pinelli; qualificano come divagazioni metagiuridiche le argomentazioni concernenti gli effetti che sarebbero stati provocati dal libro della Cederna nel contesto politico e sociale del tempo; lamentano il mancato compimento della verifica dell'affermazione dello Sgarbi, secondo la quale nel proprio libro l'autrice aveva incriminato il commissario come fosse l'assassino dell'anarchico, nonché la mancata considerazione del mezzo con il quale lo Sgarbi aveva manifestato le sue opinioni, una trasmissione televisiva di intrattenimento rivolta ad un pubblico passivo; richiamano i noti limiti all'esercizio del diritto di cronaca e di critica; osservano che sono inammissibili attacchi gratuiti ed ingiustificati all'altrui sfera morale, quali dovevano essere considerati le espressioni dello Sgarbi, il quale si intratteneva su argomento che non interessava la Cederna (il Presidente Cossiga); sostengono che gli effetti provocati dal libro della Cederna non attingevano gli estremi del notorio.
3. Il controricorrente, premesso che i libri, se non uccidono fisicamente, possono nondimeno annientare la reputazione di una persona, sostiene essere notorio, e di avere comunque e documentalmente provato - sia con il libro della Cederna che con quello della vedova del commissario - che non solo giornalisti, ma perfino storici, filosofi e ideologi della sinistra anche extraparlamentare, rievocando i drammatici eventi di piazza Fontana e quelli successivi che portarono all'assassinio del commissario Calabresi, si sono assunti la responsabilità, morale e non giuridica, della "creazione del clima arroventato che è esitato nel linciaggio morale e poi, nella soppressione del commissario"; la Cederna, politicamente schierata, era nota per la sua irruenza e per non aver risparmiato pesanti e martellanti commenti nonché subdole insinuazioni a carico del commissario, che, a suo dire, aveva un vestito da "gangster" ed era difeso dallo stesso avvocato che aveva assistito poliziotti accusati dell'omicidio di sette operai: fatti e circostanze - afferma il controricorrente - che la Corte territoriale ha ben valutato, con argomentazioni delle quali i ricorrenti pretendono l'inammissibile riesame.
4. Le censure sono infondate.
Deve anzitutto precisarsi che esse non riguardano la poca attendibilità attribuita dallo Sgarbi alla Cederna riguardo al presidente Leone, ingiustamente incriminato - appunto aveva anche affermato il predetto - "da giornalisti poco attendibili", ma solo la seconda parte dell'intervista televisiva, con la quale lo stesso aveva qualificato la scrittrice "quasi mandante dell'omicidio Calabresi" per aver scritto un libro contro di lui "incriminandolo come se fosse stato l'assassino del famoso anarchico Pinelli".
Tanto precisato, la Corte osserva che, in tema di diffamazione a mezzo stampa, per l'applicazione della scriminante dell'esercizio del diritto è necessaria non solo la verità oggettiva del fatto, ma anche la cosiddetta continenza, e cioè la correttezza dell'esposizione di esso (Cassazione 11455/2003); va ricondotta - ha precisato Cassazione 196/2003 - al legittimo esercizio del diritto di informazione e di critica anche l'attribuzione ad un soggetto di un reato, quando non si traduca in una enunciazione immotivata ma possa ricavarsi, con l'ordinario raziocinio dell'uomo medio e con minore o maggiore fondamento, dalla concatenazione di un certo numero di fatti veri, obiettivamente e correttamente riferiti, che rivestano interesse per una collettività più o meno vasta di soggetti.
A tali criteri - che sembrano essere condivisi anche dalle parti e che il collegio a sua volta condivide e fa propri - si è attenuta anche la sentenza impugnata la quale, dopo aver rettamente collegato il giudizio di "quasi mandante" alla sola pubblicazione del libro, ne ha tratto, anzitutto e motivatamente, che lo Sgarbi aveva attribuito alla Cederna una responsabilità soltanto morale e non già giuridica nell'omicidio Calabresi.
Essendo, tuttavia, suscettibile di arrecare offesa all'altrui reputazione anche la sola attribuzione di siffatta responsabilità, tanto più perché collegata nella specie ad un fatto di estrema gravità quale l'assassinio del commissario, il passaggio successivo era costituito dalla necessaria verifica se tale negativo giudizio - del quale la Corte territoriale non ha affatto posto in dubbio la lesività, di per sé, della personalità morale della Cederna - fosse o non basato su fatti veri.
Orbene, la stessa Corte non si è affatto sottratta a tale verifica e - alla stregua sia dell'esame diretto del libro, allegato agli atti, sia dell'impatto che ha accertato essere stato da esso provocato nell'opinione pubblica dell'epoca - ha ritenuto rispondente al vero che il libro avesse contribuito a suscitare quel clima di odio, nel quale maturò l'omicidio.
Quanto all'esame diretto del libro, la motivazione, per quanto sintetica, è nondimeno adeguata, giacché mostra di recepire e far proprie le argomentazioni svolte sul punto dalla difesa dello Sgarbi nel corso del giudizio di merito: il quale, come esposto a pagina 8 della sentenza impugnata, aveva tra l'altro attribuito alla Cederna di aver esplicitamente accusato il commissario della morte dell'anarchico.
Relativamente all'impatto suscitato dal libro, la Corte ha fatto ricorso, come del resto le era consentito dall'art. 115, comma 2, c.p.c., a fatti notori, senza incorrere, diversamente da quanto preteso dai ricorrenti, nella violazione di tale norma: è, infatti, notorio anche il fatto generalmente conosciuto in una determinata zona (c.d. notorietà locale) o in un particolare settore di attività (Cassazione 12112/2003 e n. 26/2003).
Essendo la morte del Pinelli ed il successivo assassinio del Calabresi tragici eventi che ebbero a verificarsi a Milano e che hanno dato luogo, in quella sede giudiziaria e non solo, ad innumerevoli processi, del tutto legittimamente giudici della stessa sede hanno espresso i giudizi sopra riferiti.
La medesima Corte ha aggiunto - ed il rilievo è, anche al riguardo, ineccepibile - che sussistevano anche i requisiti dell'interesse sociale alla informazione e della correttezza dell'espressione.
Pur dovendosi condividere il rilievo dei ricorrenti secondo il quale l'accertamento di tali requisiti deve essere particolarmente rigoroso allorché le espressioni offensive siano pronunciate nel corso di una trasmissione televisiva diretta ad un pubblico vasto e, talora, non qualificato, deve nondimeno rilevarsi che si tratta pur sempre di accertamenti di fatto (vedasi sul punto, tra le altre, Cassazione 11420/2002), come tali rimessi al giudice del merito, che nella specie li ha compiuti con motivazione sintetica ma egualmente incensurabile in sede di legittimità.
La decisione impugnata è pertanto immune tanto da vizi motivazionali come dalle violazioni di legge dedotte.
Non sussiste in particolare la violazione dell'art. 21 Cost. La libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta a "tutti" dalla norma, riguarda invero, nella specie, entrambe le parti: la Cederna, quale autrice del libro, e lo stesso Sgarbi per i giudizi da lui come sopra espressi.
Si trattava, quindi, di contemperare l'uno e l'altro diritto: come la Corte territoriale ha fatto applicando esatti principi e dando sufficiente motivazione del proprio convincimento.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto e tuttavia, attese le ragioni della decisione, le spese del presente giudizio possono essere equamente compensate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.