Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 1° marzo 2005, n. 820

FATTO E DIRITTO

1. Col ricorso n. 16020 del 1993, proposto al TAR per il Lazio, il Comune di Pizzo ha impugnato il provvedimento del Ministro per i beni e le attività culturali n. 1414 del 15 luglio 1993.

Il TAR, con la sentenza n. 75 del 1998, ha respinto il ricorso ed ha compensato tra le parti gli onorari e le spese del giudizio.

A seguito della definizione del giudizio, l'avvocato Lubrano - nella sua qualità di difensore del Comune nel medesimo giudizio - ha trasmesso all'Amministrazione la nota degli onorari e delle spese, poi sollecitando più volte il pagamento.

Con l'istanza di data 28 agosto 2003, proposta ai sensi dell'art. 28 della legge n. 794 del 1942 e depositata alla Segreteria del TAR, l'avvocato Lubrano ha chiesto la liquidazione degli onorari e delle spese, nella misura ivi fissata.

Con l'ordinanza collegiale resa nel corso della camera di consiglio del 10 novembre 2003, il TAR ha ritenuto che l'art. 28 della legge n. 794 del 1942 è applicabile "con esclusivo riferimento alle prestazioni giudiziali riguardanti la materia civile" ed ha dichiarato inammissibile l'istanza di liquidazione.

2. Con l'appello notificato in data 5-10 maggio 2004, l'avvocato Lubrano ha impugnato l'ordinanza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, sia accolta l'istanza originaria, eventualmente previa ordinanza che sollevi questioni di legittimità costituzionale dell'art. 28 della legge n. 794 del 1942, ove interpretabile nel senso rilevato dal TAR.

Nel corso della presente fase del giudizio, ha proposto intervento la Società italiana degli avvocati amministrativisti, che ha aderito alle richieste dell'appellante.

3. Preliminarmente, va rilevata l'ammissibilità dell'appello in esame, poiché:

- l'ordinanza impugnata ha un evidente contenuto decisorio, in ordine alla insussistenza del rimedio previsto dall'art. 28 della legge n. 794 del 1942 (per la tutela del credito sussistente nei confronti del Comune di Pizzo) e alla inconfigurabilità del procedimento previsto dal successivo art. 29);

- per la giurisprudenza di questo Consiglio, affermatasi quando ancora nessuna norma prevedeva espressamente l'appello avverso le ordinanze cautelari, le ordinanze del TAR - aventi un contenuto decisorio - sono appellabili al Consiglio di Stato ai sensi dell'art. 125 della Costituzione e dell'art. 28 della legge n. 1034 del 1971 (Ad. Plen., ord. 20 gennaio 1978, n. 1; ord. 30 marzo 2000, n. 1), in un sistema in cui il medesimo art. 125 afferma il principio della "necessaria appellabilità" di tutte le pronunce degli organi della giustizia amministrativa di primo grado (Corte Cost., 1° febbraio 1982, n. 8; ord. 31 marzo 1988, n. 395).

4. Può pertanto passarsi all'esame del gravame.

4.1. La legge 13 giugno 1942, n. 794 (recante disposizioni sugli "onorari di avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile") prevede che:

- "per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente, l'avvocato..., dopo la decisione della causa o l'estinzione della procura, deve, se non intende seguire la procedura di cui all'art. 633 e seguenti del codice di procedura civile, proporre ricorso al capo dell'ufficio giudiziario adìto per il processo" (art. 28);

- "il Presidente del Tribunale o della Corte di appello ordina, con decreto in calce al ricorso, la comparizione degli interessati davanti al collegio in camera di consiglio, nei termini ridotti a norma dell'art. 645, ultima parte, del codice di procedura civile", dopo la cui notifica, in assenza di conciliazione, "il collegio provvede alla liquidazione con ordinanza non impugnabile, la quale costituisce titolo esecutivo anche per le spese del procedimento" (art. 29).

4.2. Ad avviso della ordinanza impugnata:

- i riportati articoli 28 e 29 sarebbero di "stretta interpretazione" e non si applicherebbero al processo amministrativo, perché riguardanti la sola "materia civile";

- sarebbero manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale (sollevate in primo grado con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.), poiché l'avvocato - che ha difeso la parte nel processo amministrativo - può utilizzare "l'ordinario giudizio di cognizione ovvero ... lo strumento monitorio del decreto ingiuntivo, disciplinato dagli artt. 633 ss. c.p.c.".

4.3. Ritiene il Collegio che le censure dell'appellante - sulla applicabilità dell'art. 28 della legge n. 794 del 1942 - risultano fondate e vanno accolte, per le seguenti decisive considerazioni:

a) i riportati articoli 28 e 29 consentono all'avvocato, dopo la decisione della causa, di seguire la procedura di cui all'art. 633 ss. c.p.c., ovvero di proporre il ricorso al capo dell'ufficio giudiziario adito per il processo, così attuando un sistema "alternativo", in cui l'avvocato può scegliere quale tra i due rimedi processuali attivare per la liquidazione del dovuto;

b) la considerazione del TAR sulla "stretta interpretazione" da dare all'art. 28 non è condivisibile, per il carattere polisenso del concetto di "materia civile" (cui si riferisce anche la legge n. 1051 del 1957), emergente anche:

- dall'inclusione delle controversie in cui sia parte una pubblica amministrazione, quanto meno quando non siano in discussione i suoi poteri pubblicistici,

- dal decreto ministeriale n. 585 del 1994, che - nello stabilire i criteri per la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati in "materia civile" - nell'articolato e nelle tabelle allegate ha richiamato le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa;

c) anche l'altra considerazione del TAR (per cui la mancata applicabilità dell'art. 28 al processo amministrativo non comporterebbe alcuna disparità di trattamento né inciderebbe sulle facoltà di agire in giudizio) non è condivisibile, poiché l'interpretazione restrittiva dell'art. 28 precluderebbe all'avvocato amministrativista di avvalersi di uno specifico rimedio di tutela, attribuito al collega che svolga l'attività presso il giudice civile;

d) pur se il legislatore gode di ampia discrezionalità nella regolamentazione degli istituti processuali e nella previsione di forme di tutela differenziale con riguardo alla particolarità del rapporto dedotto in giudizio (Corte Cost., ord. 10 maggio 2002, n. 179; ord. 24 ottobre 2001 n. 343; ord. 4 febbraio 2000 n. 30; 12 dicembre 1998, n. 406; ord. 21 ottobre 1998 n. 359; 19 marzo 1996, n. 82), nella specie non risulta una espressa previsione del legislatore, ostativa alla applicabilità degli artt. 28 e 29 nel processo amministrativo;

e) tra due possibili interpretazioni di una norma, è corretta quella più conforme alla Costituzione (Corte Cost., 22 aprile 2002, n. 127; ord. 26 febbraio 1998, n. 39; 18 luglio 1997, n. 244; 18 aprile 1997, n. 99; 27 dicembre 1996, n. 421);

f) gli artt. 28 e 29 non risultano incompatibili con le peculiarità del processo amministrativo, perché riguardano pretese creditorie attinenti al rapporto tra l'avvocato ed il proprio cliente, rispetto alle quali il giudice competente a decidere la lite è l'autorità più adeguata a valutare la natura e il valore della controversia e le circostanze del caso (mentre - rispetto a tale rapporto - non rilevano le esigenze processuali e sostanziali riferibili alla giurisdizione di legittimità e alle posizioni di interesse legittimo);

g) il loro ambito di applicazione non è dunque inciso dai criteri e dalle leggi che ripartiscono la giurisdizione ordinaria da quella amministrativa, nel senso che il relativo rimedio di tutela, come spetta all'avvocato che innanzi al giudice civile difenda un cliente (poco importando la sua natura pubblica o privata) in una lite di pubblico impiego, di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e negli altri casi in cui siano coinvolte le amministrazioni, così spetta all'avvocato che difenda il cliente in sede di giustizia amministrativa.

5. Per le ragioni che precedono, in riforma della ordinanza impugnata, deve dichiararsi l'ammissibilità dell'istanza formulata dall'avvocato Lubrano.

Per l'effetto, la medesima ordinanza va annullata con rinvio, affinché il Presidente del TAR adotti l'atto previsto dall'art. 29 della legge n. 794 del 1942, per la comparizione degli interessati in camera di consiglio.

Il TAR pronuncerà anche in ordine alle spese ed agli onorari della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l'appello n. 4771 del 2004, dichiara ammissibile l'istanza formulata dall'avvocato Filippo Lubrano ai sensi dell'art. 28 della legge n. 794 del 1942 e annulla con rinvio l'ordinanza del TAR per il Lazio, Sez. II, 14 gennaio 2004, n. 253.

Dispone che il TAR si pronunci anche in ordine alle spese e agli onorari della presente fase del giudizio.