Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 7 marzo 2005, n. 4924

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Dalla sentenza impugnata risulta quanto segue.

G.C. proponeva opposizione, ai sensi della l. 24 novembre 1981, n. 689, all'ordinanza ingiunzione con cui gli era stata inflitta sanzione amministrativa pecuniaria, per violazione dell'art. 21 l. 10 maggio 1976, n. 319, in relazione alla mancanza di autorizzazione dello scarico di fognatura del Comune di Ripalimosani, di cui l'opponente era sindaco. Deduceva che la l. 17 maggio 1995, n. 172 (di conversione del d.l. 17 marzo 1995, n. 79), modificativa della l. 319/1976, aveva soppresso la necessità dell'autorizzazione per gli scarichi di pubbliche fognature appartenenti al medesimo ente competente al rilascio dell'autorizzazione stessa.

Nella contumacia dell'opposta AUSL n. 3 Centro Molise, l'adìto Tribunale di Campobasso, con sentenza del 26 marzo 2001, rigettava l'opposizione, considerando che le nuove disposizioni non eliminavano, per il caso dedotto dall'opponente, la necessità dell'autorizzazione, bensì disciplinavano diversamente le modalità di rilascio della stessa stabilendo che essa era compresa nell'approvazione dell'impianto, e nella specie tale approvazione mancava.

2. Ricorre per cassazione il C. articolando un solo motivo. L'intimata AUSL n. 3 di Campobasso non svolge difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorrente denuncia omessa motivazione e violazione dell'art. 1 l. n. 689/1981. Lamenta che il Tribunale: non abbia motivato sulla dedotta inapplicabilità della sanzione amministrativa agli illeciti depenalizzati dalla l. 172/1995 e commessi - come nella specie, risalendo l'accertamento al 1994 - prima della entrata in vigore di tale legge; abbia, inoltre, violato il principio di legalità stabilito dall'art. 1 cit. (per il quale nessuno può essere sottoposto a sanzione amministrativa se non in forza di legge entrata in vigore prima del fatto), mancando nella richiamata legge di depenalizzazione una disciplina transitoria che deroghi a tale principio.

4. La doglianza è infondata.

La sentenza, pur non soffermandosi sulla questione dell'applicabilità, ratione temporis, della sanzione amministrativa alla fattispecie concreta, la risolve implicitamente in senso affermativo. E tale soluzione è corretta.

È vero che la tesi sostenuta dal ricorrente ha trovato riscontro nella giurisprudenza penale di questa Corte (anche a sezioni unite: sent. 7394/1994, citata nel ricorso assieme alla sent. 2724/1996 della III Sezione penale); questo collegio ritiene, tuttavia, di aderire all'opposto orientamento espresso dalle sezioni civili, secondo cui, in caso di trasformazione di illeciti penali in illeciti amministrativi, i fatti commessi nel vigore della precedente disciplina non restano, anche in difetto di apposite norme transitorie, sottratti a qualsiasi sanzione, ma - in considerazione della ratio legis, che è quella di attenuare, non già di eliminare, la sanzione per un fatto che rimane illecito - trova comunque applicazione quella amministrativa. Infatti, per un verso, il principio dell'applicazione della norma sopravvenuta più favorevole al reo (art. 2, comma 3, c.p.) si riferisce anche al caso di trasformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo; per altro verso, l'art. 40 della l. 689/1981 ("Le disposizioni del capo I si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della presente legge che le ha depenalizzate, quando il relativo procedimento penale non sia stato definito") esprime un principio di carattere generale, non limitato alle violazioni contemplate nella legge stessa, ma applicabile a tutti i provvedimenti di depenalizzazione, anche successivi, in difetto di apposita disciplina transitoria (v., in particolare, Cass. Sez. I civ. 4409/1995 e Sez. Lav. 92/1996; nello stesso senso Sez. Lav. 1212/1997).

5. Il ricorso va pertanto rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l'intimata svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.