Corte di cassazione
Sezione tributaria
Sentenza 22 aprile 2005, n. 8454

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 6 settembre 2003 non notificata, la commissione tributaria regionale delle Marche rigettava l'appello proposto dalla Distribuzione bevande di Nasino Edoardo & C. S.n.c. avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, con la quale il giudice adito aveva a sua volta rigettato il ricorso della società così come proposto contro cinque avvisi di liquidazione ICI emessi dal comune di San Benedetto del Tronto per gli anni dal 1995 al 1999, per dedurne l'illegittimità per nullità della relativa notifica.

Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso, notificato il 2 aprile 2004, la società contribuente articolando quattro complessi motivi.

Il Comune intimato ha replicato con controricorso notificato il 7 maggio 2004, al quale il ricorrente ha a sua volta resistito con il deposito di memoria aggiunta.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La società ricorrente denuncia i vizi di violazione degli artt. 137, 139 e 145 c.p.c. e 16 d.lgs. 546/1992, nonché degli artt. 156 e 345 c.p.c. ed ancora di carenza e contraddittorietà di motivazione, con riferimento alle seguenti questioni:

nullità ed inammissibilità degli avvisi di liquidazione per vizio di notifica, in quanto notificati a persona estranea alla società (Perotti Enrico, consulente fiscale), nel suo studio professionale, anziché presso la sede della società;

inapplicabilità, agli atti amministrativi impugnati, della sanatoria prevista dall'art. 156 c.p.c. per i soli vizi processuali;

violazione dell'art. 11, comma 1, d.lgs. 504/1992 per la "prescrizione" nella quale sarebbe incorso l'ente impositore e che, contrariamente all'assunto della Commissione tributaria regionale, ben avrebbe potuto essere eccepita anche per la prima volta in appello;

nullità degli avvisi di liquidazione perché sottoscritti da funzionario comunale non autorizzato ad emettere quegli atti con idonea ed efficace delibera della Giunta municipale.

Il Comune replica eccependo in via preliminare l'improcedibilità del ricorso per violazione dell'art. 369 c.p.c. per il mancato deposito di copia autentica della decisione impugnata e di copia dell'istanza di trasmissione del fascicolo depositata presso il giudice di appello, nonché l'inammissibilità del ricorso medesimo per mancata indicazione di specifici motivi di impugnazione.

2. Le eccezioni di improcedibilità del ricorso formulate dal controricorrente sono infondate. Ed invero la ricorrente risulta aver integralmente rispettato le prescrizioni di cui al citato art. 369 c.p.c. depositando copia autentica della sentenza impugnata nonché copia dell'istanza rivolta al giudice del gravame per l'invio del fascicolo d'ufficio, tra l'altro puntualmente pervenuto a questa Corte. I motivi dedotti a sostegno dell'impugnazione appaiono inoltre sufficientemente specifici, pur risolvendosi, sostanzialmente, ma in modo niente affatto precluso alla parte, nella pedissequa riproposizione delle questioni già esposte dalla contribuente con il suo ricorso introduttivo.

3. Il ricorso, peraltro, è a sua volta infondato.

Ed invero il giudice di merito ha accertato che le notifiche degli atti impugnati avvennero presso la sede della società, in via Ulpiani 9, a mani del consulente della stessa, rag. Enrico Perotti. Tale accertamento, congruamente motivato sulla base di considerazioni assolutamente corrette sul piano della logica e del diritto, e solo genericamente contestate dalla società, integra una questione di fatto che non può essere riproposta in sede di giudizio di legittimità.

Tanto premesso, l'esecuzione delle notifiche degli atti diretti alla società, mediante consegna a mani del consulente fiscale, non espressamente incaricato della ricezione di tali atti, costituisce un motivo di irregolarità delle notifiche, avuto riguardo alle prescrizioni dell'art. 145 c.p.c. Ma tale irregolarità è motivo di nullità, e non già di inesistenza delle notifiche stesse, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte per la quale la notificazione è inesistente quando manchi del tutto ovvero quando sia stata effettuata in modo assolutamente non previsto dalla legge, mentre è nulla allorché sia stata eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che presentino un collegamento con il destinatario della notifica (Cassazione 11175/2004; Cassazione 11360/1999; Cassazione 1868/1997), condizione questa sicuramente sussistente nel caso di specie, avendo la società stessa ammesso la funzione di consulente fiscale per suo conto svolta dal Perotti. Onde l'ammissibilità della sanatoria delle notifiche di cui trattasi, così come correttamente ritenuto dal giudice di merito, ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c. essendo detta norma applicabile agli atti impositivi con i quali l'amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria (Cassazione, Sezioni unite, 19854/2004), come si evince anche dall'espresso richiamo alle norme processuali civili in tema di notifiche, contenute nell'art. 60 del d.P.R. 600/1973, sia pure specificamente solo in materia di imposte sui redditi.

4. La decadenza (e non prescrizione) dell'ente impositore ex art. 11 d.lgs. 504/1992 è da ritenersi soggetta alla disciplina generale di cui all'art. 2969 c.c. e pertanto non è rilevabile d'ufficio, ricorrendo l'eccezione di cui alla citata norma solo nel caso di materia sottratta alla disponibilità delle parti, che ricorre allorché la decadenza sia prevista dalle leggi tributarie in favore dell'amministrazione finanziaria, diversamente da quanto è a dirsi nel caso di specie in cui la decadenza è prevista in favore del contribuente. Conseguentemente la relativa eccezione non è ammissibile in appello secondo il chiaro disposto dell'art. 57 d.lgs. 546/1992.

5. La questione relativa alla legittimazione del funzionario comunale alla sottoscrizione degli avvisi di liquidazione di cui trattasi, è inammissibile in questa sede in quanto relativa ad un tema di contestazione assolutamente nuovo perché diverso da quelli prospettati nel giudizio di merito e non rilevabile d'ufficio.

L'infondatezza del ricorso ne impone dunque il rigetto.

Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.