Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II
Sentenza 2 maggio 2005, n. 3225

FATTO

I ricorrenti hanno impugnato il provvedimento dell'Amministrazione Provinciale di Roma con il quale i medesimi, collocati rispettivamente al 4° ed al 6° posto della graduatoria di merito della "Selezione pubblica per la copertura di n. 7 posti nel profilo professionale di Perito Industriale Elettrotecnico" sono stati esclusi dalla stessa.

Sostengono i ricorrenti che il provvedimento di esclusione, motivato per la mancanza del titolo di studio richiesto dal bando sarebbe illegittimo in quanto:

a) il bando di concorso avrebbe richiesto l'indirizzo elettrotecnico non a pena di esclusione ma ai soli fini di ammissione al concorso;

b) l'indirizzo del corso di studi dei ricorrenti sarebbe "semplicemente una branca della specializzazione richiesta dal bando, con la evidente conseguenza che la conoscenza dell'elettronica presuppone necessariamente la conoscenza dell'elettrotecnica di cui rappresenta una articolazione".

I ricorrenti sostengono la sostanziale equivalenza del diploma di "perito industriale con indirizzo elettrotecnico" richiesto dal bando con quello di "perito industriale capotecnico specializzazione elettronica", da loro conseguito affermando anche che il bando di concorso richiedeva ai soli fini della ammissione ma non a pena di esclusione il possesso del primo dei diplomi indicati.

Si sono costituiti l'Amministrazione Provinciale ed il controinteressato contestando dettagliatamente i motivi dedotti dai ricorrenti e chiedendo il rigetto del ricorso.

Sono state depositate numerose memorie difensive.

All'udienza del 13 aprile 2005 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

2. Il bando di concorso, che costituisce lex specialis della selezione, prevedeva come requisito di ammissione il possesso del diploma di "perito industriale con indirizzo elettrotecnico".

L'indicazione del requisito del possesso del titolo di studio era tassativa e la sua mancanza è motivo di non ammissione o di esclusione dal concorso.

Al riguardo si richiama l'insegnamento della giurisprudenza secondo la quale, ove il bando di concorso richieda tassativamente il possesso di un determinato titolo di studio per l'ammissione ad un concorso pubblico, non è consentita la valutabilità di un titolo di studio diverso, salvo che l'equipollenza non sia stabilita da una norma di legge (CdS, IV, n. 251/92).

Ed invero le regole stabilite nel bando di concorso vincolano rigidamente l'operato dell'Amministrazione, nel senso che essa deve limitarsi alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità nella loro interpretazione e nella loro attuazione; ciò in forza sia del principio di tutela della par condicio dei concorrenti, che sarebbe pregiudicata ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis, sia del principio generale che vieta la disapplicazione del bando quale atto con cui l'Amministrazione si è originariamente autovincolata nell'esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva.

Né può essere ammessa, come sostenuto dai ricorrenti, la invocata equipollenza tra il diploma di "perito industriale con indirizzo elettrotecnico" e quello di "perito industriale capotecnico specializzazione elettronica".

La giurisprudenza è univoca nell'affermare che, "l'equipollenza tra titoli di studio può essere riconosciuta soltanto nei casi previsti dalla legge o dal bando" (CdS, sez. IV, sent. 830/98) e che, "ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, le norme che stabiliscono l'equipollenza dei titoli di studio hanno carattere eccezionale per cui non sono suscettibili di interpretazione analogica" (CdS, IV, n. 188/96).

Ed invero il giudizio di equipollenza tra i titoli di studio ai fini della ammissione ai pubblici concorsi appartiene esclusivamente al legislatore e, conseguentemente, l'unico parametro cui fare corretto riferimento è quello fissato dalla legge e dall'ordinamento della pubblica istruzione secondo il quale i titoli di studio sono diversi tra loro e le equipollenze costituiscono eccezioni non suscettibili di interpretazione estensiva ed analogica (CGA, sent. n. 190/95).

D'altro canto, come rilevato dalla difesa dell'Amministrazione Provinciale, le pubbliche amministrazioni hanno ampia discrezionalità nella previsione dei titoli di studio per l'ammissione ai concorsi, spettando alle stesse determinare quali siano i titoli richiesti per l'ammissione nei ruoli in relazione ai servizi ed alle funzioni che l'amministrazione è chiamata a svolgere (CdS, sez. VI, sent. 903/90).

Quanto poi alla asserita equivalenza tra il diploma di "perito industriale con indirizzo elettrotecnico" e quello di "perito industriale capotecnico specializzazione elettronica" si sottolinea che il d.P.R. n. 1222/1961, che disciplinava il piano di studi degli Istituti Industriali nel periodo in cui i ricorrenti hanno frequentato la scuola e si sono diplomati, prevedeva percorsi di formazione nettamente distinti, creando figure professionali diverse a seconda dell'orientamento, elettronico o elettrotecnico prescelto.

In particolare, come risulta dalla documentazione depositata dalla Amministrazione provinciale, il corso di studi di elettronica prevedeva l'insegnamento dell'elettrotecnica solo nella 3° e 4° classe, rispettivamente per sole 9 e 3 ore settimanali; il corso di elettrotecnica, invece, disponeva l'insegnamento di elettotecnica generale per tutto il triennio, per complessive 13 ore la settimana, di misure elettriche e di laboratorio, per complessive 14 ore settimanali, e di costruzioni elettomeccaniche, tecnologiche e disegno per complessive 11 ore settimanali.

Risultano pertanto evidenti le differenze nel percorso formativo e le peculiarità delle materie di insegnamento di ciascun corso.

3. Inammissibili sono, poi, le censure formulate dai ricorrenti nei confronti del bando di concorso.

Il bando era chiaro nel richiedere come requisito di ammissione il possesso del diploma di "perito industriale con indirizzo elettrotecnico" con la conseguenza di escludere qualsiasi altro diploma e di imporre la sua immediata impugnazione contenendo prescrizioni dirette a precludere la partecipazione degli interessati alla procedura concorsuale (CdS, Sez. VI sent. 6260/2001).

Ed invero i bandi di concorso, se contenenti clausole immediatamente lesive dell'interesse degli aspiranti al concorso, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con conseguente inammissibilità sia dell'impugnazione rivolta solo contro il provvedimento di esclusione dal concorso, costituente atto meramente esecutivo del bando, sia dell'impugnazione contestuale del bando stesso e dell'esclusione, ove siano decorsi i termini per il ricorso contro il bando stesso (Cfr. Cons. Stato, Ap., 29 gennaio 2003, n. 1).

4. Quanto alla doglianza relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento di esclusione, si ricorda che trattandosi di un procedimento ad istanza di parte, l'Amministrazione ben può adottare l'atto di esclusione quando ravvisi l'insussistenza di un requisito necessario alla partecipazione, senza previamente contestare al candidato la riscontrata assenza del requisito, atteso che la ratio dell'art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, sulla comunicazione di avvio del procedimento, è quella di consentire all'interessato di rappresentare le proprie ragioni ed i propri interessi in relazione ad un procedimento che l'Amministrazione intenda attivare d'ufficio (CdS, VI, 2151 del 9 aprile 2001).

In conclusione il ricorso non è meritevole di accoglimento.

In relazione al petitum, spese ed onorari del giudizio tuttavia possono essere compensati.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1784/2003 proposto da Presta Massimiliano e Teodori Fabio contro Amministrazione Provinciale di Roma, lo respinge.

Compensa spese ed onorari.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.