Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 5 luglio 2005, n. 3692
FATTO
La SPEM Petroli, s.a.s., proprietaria di un impianto di distribuzione di carburanti in via Tavernola di Castellammare di Stabia, ha impugnato la ordinanza sindacale del 6 agosto 1997, n. 80, che le ha intimato la rimozione del predetto impianto.
Il Comune di Castellammare di Stabia si è costituito in giudizio opponendosi all'accoglimento del ricorso con eccezioni in rito e nel merito.
Il T.A.R. della Campania, III Sezione, con la sentenza del 2 novembre 1998, n. 3356, ha respinto il ricorso.
La SPEM Petroli appella la sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.
Il Comune di Castellammare di Stabia resiste all'appello chiedendo la conferma della sentenza appellata.
Con l'ordinanza dell'8 marzo 2005, n. 1052, la Sezione ha accolto l'istanza di sospensione dell'efficacia della sentenza appellata.
All'udienza dell'8 marzo 2005, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.
DIRITTO
La SPEM Petroli, s.a.s., appella la sentenza del 2 novembre 1998, n. 3356, con la quale la III Sezione del T.A.R. della Campania ha respinto il suo ricorso per l'annullamento della ordinanza del Sindaco del Comune di Castellammare di Stabia del 6 agosto 1997, n. 80. L'ordinanza impugnata dispone la rimozione dell'impianto di carburanti di proprietà della società appellante, sito in Via Tavernola, per incompatibilità con il territorio, in applicazione dell'art. 19 della legge regionale del 29 giugno 1994, n. 27.
L'appello è fondato.
Deve, innanzitutto, respingersi l'eccezione di inammissibilità del ricorso originario, sulla quale il T.A.R., non si è pronunciato ritenendo l'impugnativa infondata nel merito, che il Comune resistente ha riproposto in appello.
L'ordinanza impugnata, contrariamente a quanto dedotto dal Comune resistente, non è un atto meramente confermativo. Non si può infatti affermare che le conclusioni raggiunte nella conferenza di servizi del 26 giugno 1977, promossa dall'amministrazione comunale per concordare, in contraddittorio con i relativi proprietari, la delocalizzazione degli impianti di distribuzione di carburanti, possano essere ritenute come determinazioni provvedimentali definitive in ordine alla rimozione degli impianti riconosciuti incompatibili.
Va rilevato, infatti, che la conferenza di servizi pur individuando in linea di massima gli impianti di carburante da delocalizzare per incompatibilità con il territorio, non ne ha disposto la immediata rimozione.
Nella conferenza di servizi, l'amministrazione ha prospettato di avere in corso la stesura di un piano di razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti e di voler procedere, in relazione a tale piano, a rilasciare nuove autorizzazioni (in luogo di quelle relative agli impianti delocalizzati) al fine di salvaguardare i livelli occupazionali del personale addetto agli impianti rimossi.
Nel verbale della seduta del 26 giugno 1997 si fa riferimento anche alle domande da presentare dagli interessati per la installazione degli impianti in altre parti del territorio comunale.
L'adozione del piano comunale di razionalizzazione della rete di distribuzione e l'esame delle domande dirette alla nuova localizzazione degli impianti, nella programmazione comunale del settore (da approvare nel termine stabilito dal piano regionale di razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti di cui alla legge regionale 29 giugno 1994, n. 27), quindi, avrebbero dovuto precedere i provvedimenti di eliminazione degli impianti già esistenti.
Non si può affermare, in conclusione, che l'ordinanza impugnata possa qualificarsi come un atto confermativo di una determinazione già adottata in sede di conferenza di servizio.
Dalle considerazioni che precedono emerge anche la illegittimità del provvedimento sindacale impugnato in primo grado in quanto non preceduto dagli atti che l'amministrazione avrebbe dovuto adottare prima di procedere alla rimozione degli impianti incompatibili.
In ogni caso, e indipendentemente da tale ultima considerazione, l'appello proposto dalla SPEM è da accogliere risultando fondato nel motivo con il quale la Società appellante ha dedotto la incompetenza del Sindaco ad adottare l'atto impugnato.
L'art. 51, comma 3, della legge n. 142 del 1990 (riportato nell'art. 107, commi 2 e 3, del t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali approvato con il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), dispone, infatti, in tema di organizzazione del personale e degli uffici comunali, che: "spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione di atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell'ente".
Il provvedimento di cui trattasi non risulta essere un atto riservato alla competenza del Sindaco.
L'art. 80 della già citata legge regionale n. 27 del 1994, in attuazione del quale il provvedimento dedotto in controversia è stato emanato, dispone che "i Comuni ordinano agli interessati l'eliminazione degli impianti".
La legge regolatrice dell'atto non lo attribuisce ad un organo specifico e, quindi, si deve seguire l'ordinario regime delle competenze degli organi del comune.
La pronuncia appellata ha anch'essa affermato tale principio, ma ha rilevato che, essendo l'atto in questione sottoscritto anche dal dirigente preposto al settore, non sussisterebbe il vizio di incompetenza denunciato dalla società appellante.
La Sezione non è di questo avviso.
Il provvedimento impugnato è un'ordinanza sindacale, come emerge dalla sua intestazione, dal preambolo e dalla sottoscrizione del Sindaco.
La sigla del dirigente apposto sulla sinistra dell'ordinanza è solo indicativa della provenienza dell'atto da parte dell'ufficio competente alla sua redazione al quale è preposto il predetto dirigente.
Il provvedimento, in conclusione, non concretizza una decisione del dirigente.
L'appello, pertanto, va accolto, rivestendo la censura di incompetenza carattere assorbente, con esonero per la Sezione dall'esame delle altre censure dedotte dalla Società appellante. La Sezione, pertanto, in riforma della sentenza appellata, deve annullare la ordinanza sindacale impugnata con il ricorso di primo grado e, in applicazione dell'art. 26, secondo comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, deve rimettere l'affare al dirigente del Comune di Castellammare di Stabia competente secondo lo Statuto comunale.
Le spese dei due gradi del giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, accoglie l'appello in epigrafe e, in riforma della sentenza appellata, annulla la ordinanza del Sindaco di Castellammare di Stabia del 6 agosto 1997, n. 80, e rimette l'affare al dirigente del Comune di Castellammare di Stabia competente secondo lo Statuto comunale.
Compensa le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.