Corte dei conti
Sezione III giurisdizionale centrale
Sentenza 25 ottobre 2005, n. 625

FATTO

Con sentenza n. 676 depositata in data 23 settembre 2002, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Puglia ha condannato i signori Savino C. e Alfredo I. al pagamento in favore della Gestione liquidatoria della ex USL BA/1, ciascuno, della metà dell'importo di euro 5.645,10, e, in favore della Azienda USL BA/2, ognuno della metà di euro 17.959,92, oltre a interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di giudizio, per aver gli stessi, nella qualità, il primo, di commissario liquidatore della ex USL BA/1 e di direttore generale della Azienda USL BA/2, e il secondo di direttore amministrativo della Azienda USL BA/2, causato danno erariale consistito nella illegittima erogazione di somme in favore di alcuni medici, a titolo di rimborso di spese legali da questi ultimi sostenute in occasione di procedimenti di responsabilità amministrativo-contabile promossi nei loro confronti e terminati con l'archiviazione da parte della competente Procura regionale della Corte dei conti.

I Giudici di primo grado hanno posto a fondamento della propria statuizione la disposizione recata dall'art. 3 del d.l. n. 543, del 1994, convertito nella legge n. 639 del 1996 in forza della quale il rimborso delle spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti è dovuto in caso di "definitivo proscioglimento" e non anche in presenza di archiviazione disposta dalla competente Procura, provvedimento sempre revocabile.

Avverso la detta sentenza hanno interposto appello, lo I. e il C., deducendo i seguenti motivi di ricorso:

- omessa pronuncia su una domanda, in violazione dell'art. 112 c.p.c.;

- nullità della sentenza impugnata per omessa sottoscrizione.

Nelle conclusioni depositate in data 9 maggio 2003 la Procura generale, dopo aver chiesto la riunione in rito degli appelli ai sensi dell'art. 335 c.p.c., ne ha sostenuto l'infondatezza.

In relazione al primo profilo della doglianza oppone come nessuna violazione dell'art. 112 c.p.c. sia ravvisabile nella sentenza appellata, atteso che la stessa non ha mancato di decidere, neanche in parte, sulla domanda di sospensione del giudizio in pendenza di quello amministrativo.

Infatti il primo giudice, nel momento in cui ha accertato, sulla base degli "atti depositati dalla difesa", che il ricorso proposto innanzi al TAR Puglia avverso i provvedimenti di recupero delle somme indebitamente corrisposte a titolo di rimborso spese legali non conteneva richiesta di sospensione della esecuzione di tali provvedimenti, avrebbe dichiarato la sostanziale irrilevanza della causa amministrativa in corso sul presente processo teso ad ottenere il risarcimento di un danno comunque attuale ed ancora sussistente.

In ordine al secondo profilo dell'eccezione in discorso, parte appellata deduce che la pendenza del giudizio amministrativo, anche se concernente fatti asseritamente rilevanti ai fini della decisione nel giudizio contabile, non comporta sospensione di quest'ultimo; in ogni caso nella fattispecie in questione il danno provocato dagli illeciti rimborsi delle spese legali, pur in presenza di una azione volta al suo recupero, peraltro non attuale per la mancanza di possibili procedure esecutive di esazione, risulterebbe sussistente con conseguente legittima prosecuzione dell'azione risarcitoria fino all'integrale soddisfacimento del diritto erariale leso.

Con il secondo motivo di appello concernente la dedotta nullità della sentenza impugnata ex art. 132, comma 2, n. 5, e comma 3, c.p.c., per omessa sottoscrizione del Presidente del Collegio giudicante e del Giudice estensore, parte appellata oppone che da accertamenti effettuati - i cui esiti, in uno con le conclusioni, sono stati depositati presso la Segreteria della Sezione - risulta come la predetta sentenza sia stata regolarmente sottoscritta in conformità delle disposizioni di cui la surrichiamato art. 132, comma 2, n. 5, c.p.c. e dell'art. 21, comma 2, n. 7, del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038.

Alcuna nullità sarebbe ravvisabile nei confronti della sentenza impugnata neanche in relazione alla circostanza che agli appellanti è stata in effetti notificata una copia della sentenza medesima difforme dall'originale in quanto recante soltanto "la stampigliatura a macchina" dei nominativi del Presidente del collegio e dell'estensore.

Ciò, in quanto non solo non è stata invocata, la nullità della notificazione ex art. 156, comma 2, c.p.c., ma tenuto anche conto che la accennata incompletezza non ha impedito la tempestiva proposizione delle impugnazioni.

Alla odierna pubblica udienza l'Avvocato Ingravalle ha depositato la sentenza n. 369/04 depositata il 18 ottobre 2004, con la quale il giudice del lavoro presso il Tribunale civile di Trani, ha accolto il ricorso di uno dei due medici che risultavano aver percepito il rimborso delle spese legali.

Alla stregua di detta pronuncia viene chiesto l'accoglimento degli appelli, trattandosi di provvedimento che evidenzia la correttezza degli avvenuti rimborsi.

Il Pubblico Ministero ha concluso per la reiezione degli appelli, non risultando condivisibili, a suo parere, le motivazioni poste a fondamento della sentenza del giudice del lavoro.

DIRITTO

1. Gli appelli vanno riuniti, ex art. 335 c.p.c. essendo proposti contro la stessa sentenza.

2. Fondata, e di rilievo assorbente rispetto agli altri motivi, si appalesa la censura con la quale gli appellanti sostengono, ancorché implicitamente, che la loro condotta è riconducibile nell'alveo dei principi del corretto agire amministrativo.

Più in particolare assumono che alla delibera di liquidazione dei rimborsi delle spese legali, seguì quella di annullamento di ufficio con conseguenti procedure di recupero delle somme erogate.

Tali circostanze impedirebbero di poter far ritenere fondata l'azione erariale anche in dipendenza del ricorso presentato al Giudice del lavoro dai medici interessati dal recupero.

Orbene la soluzione di detta controversia assumerebbe, sempre secondo la prospettazione degli appellanti, il valore di una vera e propria pregiudizialità logico-giuridica rispetto al giudizio contabile.

2.1. Le suddette argomentazioni, pur non risultando condivisibili sotto il profilo della sussistenza di una pregiudizialità di natura tecnica, spiegano positivo valore nella direzione della mancanza di dolo o colpa grave nella condotta posta in essere dai due appellanti, sotto il profilo dell'errore scusabile.

Di fatto la vicenda amministrativa di cui è causa ha trovato il proprio esito nella sentenza del Giudice del lavoro presso il Tribunale civile di Trani n. 369/04 depositata il 18 ottobre 2004, con la quale è stata accolta la domanda di uno dei due sanitari nei cui confronti erano state avviate le procedure di recupero, "previa disapplicazione della delibera n. 155/cl, di annullamento della precedente delibera" e con riconoscimento del diritto al "rimborso delle spese legali sostenute per la propria difesa" nel procedimento amministrativo di responsabilità n. 459/4/ROM avviato dalla Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Puglia.

Orbene detta pronuncia evidenzia un contesto normativo di riferimento non limitato alla disposizione contenuta nell'art. 1, comma 2-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, introdotto dall'art. 3, comma 2, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, in sede di conversione del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, ma integrato, in fattispecie, dal contratto collettivo nazionale di categoria.

Secondo l'art. 25 del CCNL all'epoca vigente, "l'azienda... Assume a proprio carico... ogni onere di difesa fin dall'apertura del procedimento" per responsabilità civile, contabile o penali nei confronti di un dirigente per fatti o atti connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti di Ufficio (vedasi sentenza del giudice del lavoro più volta citata).

Nel delineato e caratterizzato contesto, quindi, la disposizione contenuta nel citato art. 1, comma 2 bis, della legge n. 20 del 1994 e la previsione pattizia annoverata dal CCNL, possono aver ingenerato la convinzione della spettanza dei rimborsi delle spese legali.

È pur vero che la prima disposizione ha rango di legge mentre l'altra ha natura pattizia.

Peraltro va tenuta nella debita considerazione la circostanza secondo cui il provvedimento di rimborso delle spese legali, venne adottato alla stregua dell'art. 41 del d.P.R. 20 maggio 1987, n. 270 e sulla base di alcune sentenze che, obiettivamente, potevano indurre a ritenere legittimo il rimborso medesimo.

Tanto più che a sostengo della delibera di cui si tratta, è stata posta una sentenza della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la regione Puglia (n. 95 del 17 dicembre 1993) secondo la quale "... il rimborso delle spese legali spetta nell'ipotesi in cui l'agente sia stato prosciolto già nella fase istruttoria del giudizio stesso... allorché la causa di proscioglimento sia di quelle che a seguito di dibattimento avrebbero potuto dare luogo ad una vera e propria sentenza di "assoluzione" ovverosia con formula piena".

Sebbene detta statuizione sia antecedente all'entrata in vigore del richiamato art. 1, comma 2-bis, della legge n. 20 del 1994, e sia riferita ad un giudizio penale, non può peraltro escludersi che abbia potuto indurre, unitamente alle disposizioni del CCNL, a ritenere dovuti i rimborsi per le spese legali sostenute dai due medici.

Sicché, in fattispecie, se sicuramente è ravvisabile un comportamento colposo specie da parte della struttura burocratica, tuttavia si deve ritenere che la vicenda, nel suo complesso, abbia potuto ingenerare erronei apprezzamenti.

3. Conclusivamente gli appelli vanno accolti previa riforma della sentenza impugnata e le spese di giudizio interamente compensate.

P.Q.M.

La Corte dei Conti Sezione Terza giurisdizionale centrale d'appello, in riforma della sentenza impugnata accoglie gli appelli in epigrafe riuniti in rito, e, per l'effetto, assolve I. Alfredo e C. Savino dagli addebiti mossi nei loro confronti con atto di citazione in data 14 gennaio 2002 della Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Puglia.

Spese compensate.