Consiglio di Stato
Adunanza plenaria
Sentenza 11 gennaio 2007, n. 1
FATTO
1. Nella decisione parziale - ordinanza di rimessione a questa Adunanza Plenaria n. 3408/2006 della Sezione Sesta, si riferisce che con deliberazione n. 248, del 29 dicembre 2004, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha modificato la propria precedente delibera n. 195 del 2002, riguardante il meccanismo di indicizzazione delle tariffe per la fornitura del gas naturale ai clienti finali del mercato vincolato.
In particolare, l'Autorità:
- con riferimento alla componente della materia prima, ha reso obbligatoria l'introduzione nei contratti di compravendita al dettaglio di una "clausola di salvaguardia", che limita al 75% l'aumento dei prezzi, qualora il costo dei prodotti petroliferi superi una soglia di riferimento (20-35 dollari al barile, calcolato secondo il prezzo del Brent);
- ha stabilito che tale meccanismo di applichi anche ai contratti di compravendita all'ingrosso del gas che non prevedano clausole di aggiornamento o di revisione prezzi in caso di modifica della disciplina di aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura;
- con effetto dal 1° ottobre 2005, ha disposto la revisione del corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all'ingrosso, con aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale per il trimestre gennaio-marzo 2005.
2. Col ricorso n. 189 del 2005, proposto al TAR per la Lombardia, l'Anigas ha impugnato il provvedimento dell'Autorità, di cui ha chiesto l'annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
Il TAR, con l'ordinanza n. 162 del 25 gennaio 2005, ha accolto la domanda incidentale della ricorrente ed ha sospeso gli effetti dell'atto impugnato.
La Sezione Sesta, con l'ordinanza n. 1536 del 22 marzo 2005, ha confermato l'ordinanza cautelare del TAR.
Con la sentenza n. 3716 del 2005, il TAR ha accolto il ricorso ed ha annullato l'atto impugnato per insussistenza del potere esercitato dalla Autorità, nonché per carenza di istruttoria e difetto di contraddittorio.
Il TAR ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
3. Con l'appello n. 10135 del 2005, l'Autorità ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia respinto, perché infondato.
Si è costituita in giudizio l'Anigas, che ha eccepito l'improcedibilità dell'appello, per la tardività del suo deposito.
In subordine, l'Anigas ha chiesto che il gravame sia respinto, perché infondato.
4. Con appello "incidentale autonomo" depositato in data 7 febbraio 2006, l'Associazione difesa consumatori e ambiente (Adiconsum) ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendo che, in sua riforma, venga respinto il ricorso di primo grado.
A fondamento della propria legittimazione, l'Associazione ha rilevato che è iscritta nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti, rappresentative a livello nazionale ai sensi dell'art. 5 della legge n. 281 del 1998 (trasfuso nell'art. 137 del Codice del consumo, approvato col decreto legislativo n. 206 del 2005).
Con una memoria depositata in data 10 febbraio 2006, l'Anigas ha chiesto che l'appello dell'Adiconsum sia dichiarato inammissibile, in quanto proposto da un soggetto non legittimato, poiché l'associazione non è intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, né può essere considerata parte necessaria.
5. All'udienza del 21 marzo 2006 la Sezione Sesta si è pronunciata per la improcedibilità dell'appello dell'Autorità, rilevando che la relativa notifica era avvenuta in data 28 novembre 2005, mentre il deposito era stato effettuato il 15 dicembre 2005, dopo il superamento del prescritto termine di 15 giorni, fissato dall'art. 23-bis della legge n. 1034 del 1971 per i giudizi aventi ad oggetto gli atti della autorità amministrative indipendenti.
In relazione a ciò la Sezione Sesta ha osservato che veniva ad assumere rilievo determinante la questione della ammissibilità dell'appello "incidentale autonomo" proposto dall'Adiconsum.
Nell'esporre le varie soluzioni prospettabili sull'argomento, la Sezione, rilevato il carattere di massima della questione, ha rimesso l'esame della questione stessa all'Adunanza Plenaria, ai sensi dell'art. 45, secondo comma, del t.u. approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054.
La Sezione, per il caso in cui l'appello risulti ammissibile, ha rimesso alla valutazione dell'Adunanza Plenaria anche la possibilità di restituire gli atti alla Sezione stessa, in relazione alla pendenza di numerosi appelli avverso altre sentenze del T.A.R. per la Lombardia su ricorsi avverso il medesimo atto dell'Autorità, e ciò in virtù del principio desumibile dall'art. 374 c.p.c., novellato con decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40.
6. Dopo il deposito dell'ordinanza di rimessione, hanno spiegato intervento "ad opponendum" (rispetto all'appello dell'Adiconsum) la Canturina Servizi Vendita S.r.l., la Enerxenia S.p.a. e la Aspem Gas S.r.l. con atti depositati il 23 ottobre 2006. Negli atti di intervento le predette società fanno presente di aver anche esse proposto, con esito favorevole, ricorso al T.A.R. per la Lombardia avverso il medesimo atto dell'Autorità, e che la trattazione dei relativi appelli proposti dall'Autorità è stata rinviata in attesa della pronuncia dell'Adunanza Plenaria. Ciò in dipendenza del fatto che tale pronuncia potrebbe condurre alla conferma di una sentenza del T.A.R. relativa all'annullamento del provvedimento impugnato, con una statuizione di carattere pregiudiziale rispetto a tutti gli altri appelli simili, trattandosi della caducazione di un atto amministrativo di natura generale ed indivisibile, i cui effetti sarebbero destinati ad estendersi non solo alle parti del giudizio, ma anche a tutti i soggetti destinatari dell'atto in parola.
7. Anche tutte le altre parti in causa hanno depositato memorie ad ulteriore illustrazione delle rispettive tesi.
8. Alla pubblica udienza del 13 novembre 2006, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.
DIRITTO
1. L'Adunanza Plenaria deve anzitutto prendere atto della decisione parziale della Sezione rimettente sulla improcedibilità dell'appello principale proposto dalla Autorità per l'energia elettrica ed il gas, in conseguenza del deposito tardivo del medesimo gravame.
Solo per effetto di tale pronuncia, infatti, la questione relativa alla ammissibilità del "ricorso incidentale autonomo" proposto dalla Associazione difesa consumatori e ambiente (Adiconsum) viene ad assumere rilievo determinante ai fini della possibilità di riesame e riforma della sentenza di primo grado, che diverrebbe, altrimenti, cosa giudicata.
2. Il predetto appello incidentale è stato presentato dalla Adiconsum sul presupposto della lesività, per gli interessi dei consumatori, della sentenza del T.A.R. che ha annullato la delibera n. 248/20044 della menzionata Autorità, intesa a limitare gli incrementi delle tariffe per le forniture di gas naturale.
Va puntualizzato che l'Adiconsum è inserita nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, istituito presso il Ministero delle attività produttive in applicazione dell'art. 137, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo). L'associazione in parola, quindi, ai sensi del successivo art. 139, risulta legittimata "ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti" nell'ambito delle materie disciplinate dal Codice del consumo, oltreché nelle materie concernenti l'esercizio delle attività televisive e la pubblicità dei medicinali per uso umano.
Il Codice specifica e circoscrive, poi, all'art. 140, comma 1, le azioni che le associazioni individuate dal Ministero sono legittimate ad intraprendere dinanzi al giudice ordinario, a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, richiedendo: a) la inibizione di atti e comportamenti lesivi; b) l'adozione di misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c) la pubblicazione di provvedimenti sulla stampa nazionale ai fini di contribuire a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate.
Al successivo comma 11, relativamente alle azioni diverse da quelle proponibili dinanzi al giudice ordinario, viene precisato soltanto che "Resta ferma la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici...".
3. Da tale quadro normativo si ricava che all'Adiconsum, così come agli altri organismi similari, è stato effettivamente conferito un compito di un certo rilievo pubblicistico, in quanto mediante interventi di tutela dei consumatori le associazioni in questione concorrono alla concreta affermazione del principio di legalità nell'ampio e delicato settore del consumo, potendo intraprendere autonome iniziative processuali con le modalità e nelle forme indicate dalle norme citate e non assumendo, soltanto, la veste di mero "denunciante" di eventuali abusi in pregiudizio dei consumatori e degli utenti (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2005, n. 280).
La normativa a tutela dei consumatori, peraltro, come rilevato dalla giurisprudenza, non attribuisce alle associazioni di cui si tratta una sorta di generale potere di vigilanza sulle vicende attinenti al consumo, ed in ispecie, ai servizi pubblici, non sussistendo, ad esempio, una loro posizione giuridicamente tutelata in ordine alla acquisizione di atti e documenti per una verifica intesa a sindacare direttamente, in maniera generalizzata ed indiscriminata, lo svolgimento delle attività ed il livello di efficienza dei servizi pubblici in discorso (v. Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 555).
Per quanto concerne le eventuali azioni dinanzi al Giudice amministrativo, va rimarcato che l'art. 140, comma 11, del Codice del consumo non detta alcuna disposizione speciale e non stabilisce alcuna possibilità di deroga ai principi generali applicabili nel processo amministrativo.
4. Tenuto conto, dunque, del rilevato carattere facoltativo e spontaneo delle iniziative delle medesime associazioni; del numero indeterminato e fluttuante delle associazioni inserite nell'elenco ministeriale; delle modalità con le quali le iniziative stesse debbono svolgersi; nonché della estensione circoscritta delle azioni esperibili, in applicazione del richiamato Codice del consumo, si può escludere che simili enti siano attualmente qualificabili come "litisconsorti necessari", in quanto veri e propri controinteressati, nel caso di azioni aventi ad oggetto atti o provvedimenti amministrativi recanti disposizioni in ipotesi favorevoli ai consumatori ed agli utenti.
Restano salve, naturalmente, le iniziative del legislatore eventualmente finalizzate a conferire a simili associazioni la suddetta veste effettiva di "litisconsorti necessari" per consentire una più penetrante opera di tutela delle varie categorie di utenti, con la previsione di un obbligo di evocazione (eventualmente mediante pubblici proclami) delle associazioni in parola in tutte le cause in materia di consumo, obbligo che, va ribadito, non appare invece desumibile dalla normativa oggi vigente.
D'altra parte, così come è previsto che le associazioni in parola possano sempre esperire azioni per l'annullamento di atti amministrativi ritenuti pregiudizievoli (nel termine decadenziale decorrente, di norma, dalla pubblicazione - ai sensi dell'art. 2 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 - non essendo detti organismi i diretti destinatari degli atti stessi), risulta anche pacifica la possibilità per tali organismi, nei casi di impugnative da parte di altri soggetti riguardanti provvedimenti amministrativi ritenuti favorevoli ai consumatori ed agli utenti, di spiegare intervento "ad opponendum" per sostenere, appunto, il mantenimento delle determinazioni impugnate, in vista della salvaguardia dell'interesse collettivo perseguito.
Ciò posto giova rilevare che, qualora vi sia stata una iniziativa processuale nel corso del giudizio di primo grado, non può essere messo in dubbio che le associazioni di consumatori abbiano poi facoltà di attivarsi pure per proporre appello; ma ciò, è da sottolineare, vale non solo quando dette associazioni abbiano proposto esse stesse il ricorso di primo grado, ma anche, in linea di massima, quando si siano limitate ad un mero intervento "ad opponendum" (sulla possibilità per l'interveniente di proporre appello, v. Cons. Stato, Ad. Plen., 8 maggio 1996, n. 2).
5. Tanto premesso va preliminarmente chiarito, ancora, che nel caso ora all'esame dell'Adunanza Plenaria non assume rilevanza pregiudiziale la questione della tempestività dell'appello proposto dalla Adiconsum, poiché questa, non notificataria della sentenza di primo grado (essendo rimasta estranea al relativo giudizio), potrebbe avvalersi del più ampio termine fissato dall'art. 327 c.p.c., ove l'appello stesso risultasse in definitiva ammissibile.
6. Nel caso di specie si pone, invece, proprio il problema della ammissibilità dell'appello, atteso che l'associazione che intende adire il giudice di secondo grado non è stata parte e non ha partecipato in alcun modo, pur avendone titolo, al giudizio di primo grado.
Alla stregua dei principi processuali di carattere generale e della riportata normativa sull'attività istituzionale di tutela dei consumatori e degli utenti, rimessa agli organismi associativi del settore con le modalità e con i vincoli delineati dalle disposizioni già sopra richiamate, ritiene l'Adunanza Plenaria che la soluzione del problema non possa che essere in senso negativo, non rinvenendosi alcuna norma positiva particolare che possa costituire idoneo supporto per consentire deroghe alle norme generali in materia di giustizia amministrativa.
7. Il Collegio è, poi, dell'avviso che non possa estendersi alle associazioni dei consumatori la normativa applicabile in determinati altri ambiti, come quella relativa ai giudizi elettorali e quella relativa alla tutela dei beni culturali e del paesaggio, apparendo condivisibile l'orientamento giurisprudenziale restrittivo formatosi in proposito (v. Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2004, n. 6253; 6 giugno 2003, n. 3165).
Costituiscono, infatti, normative speciali, derogatorie dei principi generali e, pertanto, non suscettibili di applicazione analogica, sia l'art. 83/12 del t.u. per i giudizi elettorali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, sia l'art. 146, comma 11, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, mediante i quali è stata espressamente ampliata la legittimazione ad appellare le sentenze di primo grado, ammettendovi anche chi, pur essendo legittimato, non abbia proposto il ricorso originario, ovvero - è da aggiungere - non abbia comunque partecipato al giudizio di primo grado.
Né sembra in alcun modo sostenibile una sorta di irragionevolezza di tali scelte legislative, per disparità di trattamento in relazione a situazioni simili, con specifico riferimento ai più ampi mezzi di tutela riconosciuti per l'ambiente ed il paesaggio. Come puntualmente sottolineato negli atti di intervento "ad opponendum" indicati in epigrafe, quando il giudizio amministrativo ha per oggetto una autorizzazione paesaggistica, la facoltà di proporre appello delle associazioni ambientaliste - pure nel caso di mancata partecipazione al giudizio di primo grado - risulta in effetti giustificata dal pericolo che, altrimenti, l'autorizzazione paesaggistica riconosciuta legittima dal giudice di primo grado possa diventare definitiva con conseguente concreta possibilità, per i proprietari degli immobili o delle aree interessate, di porre in essere immediatamente interventi anche irreversibili ed irrimediabilmente pregiudizievoli per i valori paesaggistici.
Una simile situazione non è in alcun modo paragonabile con il caso delle delibere dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas atteso che, per le funzioni ad essa demandate, tale Autorità può, ed anzi deve, esercitare i propri poteri periodicamente e con la frequenza richiesta dal mercato per la determinazione dei criteri concernenti i prezzi di vendita del gas e dell'elettricità.
Ne consegue che l'eventuale annullamento in sede giudiziale di una deliberazione in materia non può, in realtà, comportare pregiudizi non riparabili da un nuovo, tempestivo intervento dell'Autorità come verrà meglio precisato più oltre.
7. Deve ancora rilevarsi che non appaiono applicabili, alla fattispecie in esame, neppure i principi elaborati dalla giurisprudenza che tende ad assecondare un progressivo ampliamento della possibilità di appello - anche nel caso di mancata partecipazione al giudizio di primo grado - in favore di soggetti qualificabili come "controinteressati sostanziali", in quanto titolari di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, caratterizzata da un concreto interesse di segno opposto rispetto a quello fatto valere con il ricorso originario, e che rischi di essere incisa o pregiudicata dalla pronuncia di primo grado. Tale orientamento tiene conto, in special modo, della sentenza della Corte Costituzionale 17 maggio 1995, n. 177, che ha determinato l'estensione al processo amministrativo del rimedio dell'opposizione di terzo, rilevandosi l'opportunità che, per comprensibili esigenze di economia dei mezzi processuali, i soggetti legittimati alla proposizione dell'opposizione di terzo, in quanto titolari di posizioni giuridiche autonome ed incompatibili, possano far valere le loro ragioni già in un momento anteriore, mediante la proposizione del gravame avverso la decisione sfavorevole resa in un giudizio al quale siano rimasti estranei, configurando in sostanza una posizione di cosiddetto "controinteressato sopravvenuto" (v. in particolare Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 2001, n. 3895; 12 giugno 2003, n. 3312).
Le fattispecie considerate dalla succitata giurisprudenza non si attagliano, tuttavia, alla peculiarità della situazione che caratterizza le associazioni in parola, atteso che - come già si è accennato - le stesse da una parte non debbono essere necessariamente evocate nei giudizi di primo grado in materie attinenti al consumo; dall'altra parte hanno per legge titolo per attivarsi direttamente ed immediatamente in sede giudiziale, a fini di salvaguardia degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti.
Ciò posto, sembrerebbe del tutto illogico che la mancata tempestiva proposizione dell'azione nel giudizio di primo grado, da parte delle associazioni, con la notifica del ricorso o dell'atto di intervento, possa comportare per esse una sorta di "premio" in forma di riconoscimento della legittimazione per iniziative difensive successive da svolgersi, oltretutto, senza limiti temporali ristretti e predeterminati.
È opportuno sottolineare particolarmente, in proposito, che non appare, invero, possibile qualificare le associazioni che scelgano di non partecipare ai giudizi in questione come soggetti "terzi" meritevoli in ogni caso di una specifica tutela, dovendo ricondursi alle responsabili valutazioni di ciascun ente la sollecita assunzione delle difese che si ritengano di volta in volta pertinenti.
Né varrebbe obiettare che sussisterebbero, comunque, reali difficoltà per la rapida attivazione delle associazioni di consumatori in sede giudiziale, in relazione al fatto che, non trattandosi di interlocutori necessari, le stesse potrebbero non avere conoscenza diretta, sicura ed immediata del contenzioso in atto nella materia di interesse.
Non si versa, infatti, in una situazione di impossibilità di percezione degli elementi conoscitivi in questione, soprattutto per quanto riguarda i provvedimenti amministrativi eventualmente da contestare, che vengono di norma pubblicati.
Ma anche per quanto riguarda i ricorsi di altri soggetti avverso atti che possano essere eventualmente ritenuti favorevoli per i consumatori (come avvenuto nel caso in esame), appare rientrare senz'altro nei compiti propri di simili organismi associativi quello di attivarsi per acquisire tutti i dati e le informazioni rilevanti per il settore di intervento, non potendosi ammettere che la inadeguatezza della attività organizzativa ed istruttoria della singola associazione, rientrante strumentalmente nelle attività di istituto, possa infine risolversi in una posizione di vantaggio in sede processuale, soprattutto in considerazione del prezioso ausilio che offre attualmente l'utilizzo generalizzato della rete informatica proprio per consentire la conoscenza "in tempo reale" di tutte le vicende che interessano i settori di intervento.
8. Non può trascurarsi di considerare, inoltre, che una diversa soluzione determinerebbe, sotto un profilo generale e sistematico, effetti gravemente lesivi sulla parità delle parti in causa e sulla certezza delle rispettive posizioni giuridiche, attesa la possibilità quasi illimitata per tutti gli organismi associativi in questione (e solo per essi) di contestare e di infirmare, senza limiti di tempo predeterminati e predeterminabili, l'esito dei processi in materia di consumo che abbiano definito controversie tra altri soggetti.
Va altresì sottolineato che, seguendo l'opinione contraria, si consentirebbe, in definitiva, a tutte le associazioni di consumatori inserite nell'elenco ministeriale, rimaste estranee al giudizio di primo grado, di proporre appello anche nell'ipotesi di inerzia dell'Autorità competente, motivata sia da effettiva acquiescenza che dalla riserva di successiva adozione di nuovi provvedimenti emendati delle parti ritenute viziate; e ciò in una prospettiva di "accanimento giudiziario" che non troverebbe, in realtà, giustificazione alcuna.
Né appare sostenibile la tesi, adombrata nel corso della discussione orale della causa, secondo cui la limitazione della facoltà di appellare, per le associazioni non attivatesi in primo grado, comporterebbe una violazione dei principi di eguaglianza e di difesa in giudizio, posti dagli articoli 3 e 24 della Costituzione, apparendo chiaro, da quanto esposto sopra, che la possibilità dell'appello non viene affatto preclusa essendo rimessa, piuttosto, alla diligenza della singola associazione nell'intraprendere tempestivamente le iniziative difensive che, di volta in volta, siano giudicate praticabili ed opportune.
9. In conclusione l'appello di Adiconsum va dichiarato inammissibile, essendo la stessa soltanto legittimata a spiegare, semmai, un mero intervento "ad adiuvandum" finalizzato ad illustrare tesi che contribuirebbero a far ritenere fondati gli assunti prospettati nell'appello principale, alla sorte del quale, quindi, il detto intervento adesivo risulterebbe in definitiva strettamente collegato (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 19 febbraio 1988, n. 2).
10. È il caso di aggiungere, infine, che in realtà, non hanno ragion d'essere i timori espressi dalla Avvocatura dello Stato, in relazione al contrasto di giudicati che si verificherebbe, con la dichiarazione di improcedibilità del ricorso principale e di inammissibilità dell'appello incidentale della Adiconsum, il che renderebbe definitivo l'annullamento della delibera dell'Autorità n. 248/04, disposta dal Giudice di primo grado, nonostante che con la decisione della Sezione Sesta 5 maggio 2006, n. 3352 - resa su un analogo appello della stessa Autorità - sia stata riconosciuta, invece, la legittimità delle determinazioni in materia tariffaria contenute nelle menzionata delibera.
In proposito non può non rammentarsi la evidente asimmetria che caratterizza gli effetti delle decisioni del giudice amministrativo nei casi di pronunce che, da un lato, confermino la validità dell'atto impugnato (nei soli limiti, tuttavia, in cui sono riconosciuti infondati i profili di illegittimità dedotti dal ricorrente); e di pronunce che, dall'altro lato, dispongano l'annullamento di un atto con la definitiva eliminazione dello stesso dal mondo giuridico.
In tale prospettiva, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas dovrà, naturalmente, prendere atto dell'annullamento della propria delibera, avente natura di atto generale, recante disposizioni inscindibilmente preordinate ad operare nei confronti di una pluralità di soggetti, con la conseguenza che tale delibera - ormai definitivamente caducata - non potrà più trovare applicazione nei confronti di tutti i predetti soggetti (anche se non abbiano proposto ricorso ovvero abbiano proposto un ricorso respinto), in coerenza con il costante indirizzo giurisprudenziale formatosi sulla efficacia "erga omnes" della sentenza di annullamento di un atto generale dal contenuto inscindibile (cfr. tra le tante: Cons. Stato, Sez. IV, 7 dicembre 2000, n. 6512).
Dall'altra parte, però, non può trascurarsi di considerare che tale annullamento discende da una pronuncia limitata soltanto a profili meramente procedurali dell'impugnativa, e di per sé non pone in dubbio i poteri dell'Autorità di intervenire nuovamente, con effetti riparatori della avvenuta caducazione delle precedenti determinazioni adottate in materia tariffaria. Va sottolineato, in proposito, che la citata decisione n. 3352/06 della Sezione Sesta ha, anzi, riconosciuto in modo espresso come rientri pienamente nella competenza e nei poteri dell'Autorità di adottare provvedimenti in materia tariffaria quale quello impugnato in primo grado.
Nel corso della discussione orale della causa, d'altronde, è stato riferito che nel frattempo l'Autorità sarebbe in concreto già intervenuta nella specifica materia, presumibilmente per far fronte alle esigenze sopravvenute del mercato.
Né va dimenticato che, in base al disposto dell'art. 2, comma 12, lettera e), della legge 14 novembre 1995, n. 481, è demandato alla predetta Autorità anche il compito di perseguire, nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, obiettivi generali di carattere sociale, ai quali non può non ricondursi pure quello della difesa dei consumatori.
Anche per tale aspetto, dunque, la dichiarazione di improcedibilità dell'appello principale, per un vizio di ordine soltanto formale, non può razionalmente giustificare iniziative irritali di soggetti non legittimati che siano sostanzialmente finalizzate a porre in qualche modo rimedio al paventato danno per i consumatori, che conseguirebbe dalla riscontrata tardività del deposito del gravame.
11. Per la complessità delle questioni trattate, il Collegio è dell'avviso che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello meglio specificato in epigrafe:
- prende atto della dichiarazione di improcedibilità dell'appello principale proposto dalla Autorità per l'energia elettrica ed il gas, effettuata dalla Sezione Sesta con la decisione parziale - ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria n. 3408/2006;
- dichiara inammissibile l'appello incidentale proposto dalla Adiconsum e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata;
- dispone l'integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.