Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 27 febbraio 2007, n. 999

FATTO E DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe il prof. Alfredo Gentile impugna il decreto del Presidente della Repubblica n.7743/2004 del 28 dicembre 2004, con il quale è stato dichiarato, su conforme parere emesso in data 30 giugno 2004 dalla sez. I del Consiglio di Stato, irricevibile il ricorso straordinario al Capo dello Stato dal medesimo proposto contro il comune di Roma per l'annullamento della graduatoria pubblicata in esito al bando di concorso per la ricostituzione dell'albo degli esperti a prestazione professionale per il conferimento degli incarichi di insegnamento presso le scuole serali del comune di Roma per l'anno scolastico 2002/2003

Si è costituito in giudizio per resistere il comune di Roma.

Il ricorso è inammissibile.

Va al riguardo evidenziato che dal principio di alternatività tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e ricorso giurisdizionale discende che i provvedimenti decisori di ricorsi straordinari non possono essere impugnati in sede giurisdizionale, salvo che per vizi di forma o di procedimento propri dei provvedimenti medesimi, con esclusione quindi di ogni possibilità di sindacato in ordine a quanto già valutato dal Consiglio di Stato in sede di emissione del parere.

Tale preclusione emerge in modo chiaro dall'art. 10, comma 3, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, il quale, nel considerare l'ipotesi in cui il controinteressato non chieda la trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario, prevede che il mancato esercizio di tale facoltà inibisce allo stesso l'impugnazione in sede giurisdizionale della decreto decisorio del Presidente della Repubblica, "salvo che per vizi di forma o di procedimento propri del medesimo".

Si afferma così il principio che chi ha partecipato al procedimento del ricorso straordinario, e perciò in primo luogo il ricorrente che lo ha promosso, non può più mettere in discussione le questioni su cui ha avuto già modo di interloquire dinanzi al Consiglio di Stato in sede consultiva (ivi compresa quella relativa alla ricevibilità del ricorso straordinario).

Ciò è del resto confermato dall'art. 15 del medesimo d.P.R. nella parte in cui ammette quale unico mezzo di gravame contro il decreto decisorio del ricorso straordinario il ricorso per revocazione.

Si deve dunque concludere che in sede giurisdizionale possono essere portate solo questioni di cui non può in alcun modo essere investito il Consiglio di Stato in sede consultiva e pertanto solo quelle attinenti alla fase successiva all'emissione del parere da parte di quest'ultimo, e cioè quelle concernenti eventuali vizi del procedimento di adozione del decreto del Presidente della Repubblica (vedasi in tal senso: Consiglio di Stato, sez. IV, 10 dicembre 1986, n. 836).

Il ricorso è comunque inammissibile sotto un ulteriore profilo.

È stato infatti chiarito (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 875) che l'eventuale impugnazione della decisione del ricorso straordinario segue l'ordinario regime dei ricorsi in sede giurisdizionale contro i provvedimenti amministrativi e, conseguentemente, la decisione stessa va proposta prima dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, in applicazione del principio del doppio grado di giurisdizione introdotto dalla l. 6 dicembre 1971, n. 1034, e non direttamente davanti al Consiglio di Stato, quale giudice in unico grado, secondo la previsione dell'art. 10, comma 3, del d.P.R. n. 1199 del 1971.

Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella complessiva somma di euro 2000 (duemila) a favore del Comune di Roma.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo dichiara inammissibile.

Condanna il ricorrente Gentile Alfredo al pagamento delle spese del giudizio a favore del Comune di Roma che liquida in complessivi euro 2000 (duemila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.