Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 11 aprile 2007, n. 1681
Ritenuto che il presente giudizio può essere definito con sentenza succintamente motivata, ai sensi dell'art. 26 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, così come novellato dall'art. 9, comma 1, primo periodo della l. 10 agosto 2000, n. 205;
Rilevato, infatti, che, nel caso di manifesta infondatezza del ricorso, la decisione può essere assunta con le modalità semplificate sopra indicate, anche quando la causa è stata trattata in pubblica udienza (Cons. St., sez. V, 26 gennaio 2001, n. 268);
Considerato che il ricorso in esame risulta manifestamente infondato, alla stregua delle considerazioni che seguono;
Rilevato che con la decisione appellata il T.A.R. ha annullato i provvedimenti con i quali il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria aveva negato al ricorrente, ispettore generale dei ruoli di quest'ultima, il rimborso delle spese legali sostenute in sede penale, sulla base del rilievo della sussistenza, anche prima dell'entrata in vigore dell'art. 18 d.l. 25 marzo 1997, n. 67, di un principio generale dell'ordinamento che ammette l'accollo o il rimborso, da parte dell'Amministrazione, delle spese legali sopportate dal dipendente per procedimenti giudiziari relativi a fatti inerenti all'esercizio delle funzioni attribuitegli;
Ritenuto che il Ministero appellante critica la correttezza del giudizio impugnato, insistendo nel sostenere, in via pregiudiziale, l'inammissibilità, per tardività, del ricorso di primo grado, in quanto afferente a una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, e, nel merito, l'irretroattività dell'art. 18 d.l. n. 67/1997, che ha introdotto, in via generale, il diritto al rimborso delle spese legali, e, quindi, la sua inapplicabilità al rapporto controverso;
Considerato che le medesime questioni di diritto qui dibattute sono state già esaminate e risolte, mediante l'affermazione dei principi della natura di diritto soggettivo della posizione dell'impiegato che rivendica il rimborso delle spese legali e della sussistenza, anche prima dell'art. 18 d.l. cit. (qualificato come disposizione meramente confermativa e ricognitiva), di un principio generale dell'ordinamento che intesta al dipendente pubblico il predetto titolo di credito, e che non si ravvisano, nella fattispecie in esame, ragioni di diritto od elementi di fatto per discostarsi da tale indirizzo (Cons. St., sez. VI, 2 agosto 2004, n. 5367);
Rilevato che le predette conclusioni sono state raggiunte sulla base del percorso argomentativo di seguito sintetizzato (e condiviso dal Collegio): a) la posizione giuridica del dipendente che chiede il rimborso, ai sensi dell'art. 18 d.l. cit., delle spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale ed amministrativa va qualificata come diritto soggettivo, e non come interesse legittimo, in quanto condizionata dalla ricorrenza delle seguenti, puntuali condizioni normativamente previste: 1) l'esistenza di una connessione dei fatti e degli atti oggetto del giudizio con l'espletamento del servizio e l'assolvimento degli obblighi istituzionali; 2) l'esistenza di una sentenza definitiva che abbia escluso la responsabilità del dipendente; 3) una valutazione di congruità da effettuarsi da parte dell'Avvocatura dello Stato; b) anche prima dell'entrata in vigore della suddetta disposizione esisteva, tuttavia, un principio generale di rimborsabilità delle spese legali sopportate dal dipendente assolto da un qualsivoglia giudizio di responsabilità occorsogli per ragioni di servizio, anche in ossequio alla regola civilistica generale di cui all'art. 1720, comma 2, c.c., dettata in tema di rapporti fra mandante e mandatario, secondo la quale il mandatario ha diritto ad esigere dal mandante il risarcimento dei danni subiti a causa dell'incarico; c) quest'ultima disposizione declina e traduce, a sua volta, un principio generale dell'ordinamento quale il divieto di locupletatio cum aliena iactura (così Cons. St., Comm. Spec., 6 maggio 1996, n. 4); d) quest'ultimo principio era, peraltro, espresso da diverse disposizioni, in particolari settori del pubblico impiego (ad es. l'art. 41 del d.P.R. 20 maggio 1987, n. 270 riguardante il personale del servizio sanitario nazionale; l'art. 19 del d.P.R. 16 ottobre 1979, n. 509 relativo al personale degli enti pubblici di cui alla l. 20 marzo 1975, n. 70; l'art. 20 del d.P.R. 4 agosto 1990, n. 335 concernente il personale del comparto delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo), che prevedevano, in vario modo, l'assunzione da parte dell'Amministrazione delle spese per il patrocinio legale del dipendente ovvero il loro rimborso, per cause connesse all'espletamento dei doveri d'ufficio; e) l'art. 18 del d.l. n. 67/1997 deve ritenersi, pertanto, applicabile in via retroattiva (cfr. Cons. St., sez. III, 28 luglio 1998, n. 903), quale disposizione meramente confermativa dell'orientamento interpretativo già emerso e consolidato sulla questione dei rimborsi delle spese di patrocinio legale dei pubblici dipendenti e ricognitiva del relativo principio generale; f) la suddetta disposizione non può essere, quindi, validamente invocata a giustificazione della mancata applicazione dei principi anzidetti a vicende pregresse;
Considerato che dev'essere, in conclusione, respinto l'appello del Ministero e che sussistono, nondimeno, giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese processuali (in ragione delle difficoltà ermeneutiche sottese alla questione principalmente dibattuta);
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, respinge l'appello indicato in epigrafe e compensa le spese processuali;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.