Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 18 aprile 2007, n. 1763
FATTO E DIRITTO
1. Il primo giudice, con la sentenza suindicata, ha respinto il ricorso proposto dal segretario comunale signor G.P. avverso il decreto del prefetto di Caserta 16 giugno 1995, n. 1929, che gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della censura. Ciò in quanto il suddetto - nel periodo dall'ottobre 1994 al febbraio 1995 e il 3 maggio 1995 - non aveva rispettato l'orario di lavoro; e in applicazione degli artt. 78, comma 1, e 79 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, estesi ai segretari comunali dall'art. 33 della l. 8 giugno 1962, n. 604.
Il primo giudice ha affermato che:
a) l'avv. V.F. non aveva lo jus postulandi poiché la relativa procura non era stata prodotta in giudizio;
b) è incontestato che il signor P. si era presentato, nel periodo controverso, in ritardo nel posto di lavoro e che anche il segretario comunale è tenuto al rispetto dell'orario di servizio;
c) non può giustificare il ritardo l'assunto del ricorrente secondo cui egli avrebbe, comunque, effettuato rientri pomeridiani e svolto lavoro straordinario non retribuito. La prima circostanza consegue a esigenze rimesse alla valutazione dell'amministrazione e non del singolo dipendente, mentre, per la seconda, non vi era la prova dell'esistenza di atti autorizzativi da parte del sindaco di Camigliano.
La sentenza viene appellata dal signor P. per i seguenti motivi:
1) l'avv. V.F. avrebbe avuto lo jus postulandi e la relativa procura sarebbe stata depositata in giudizio;
2) il segretario comunale, essendo equiparato nei piccoli Comuni ai dirigenti, sarebbe esonerato dall'obbligo della timbratura del cartellino;
3) le manchevolezze dei ritardi si sarebbero dovute contestare nel mese successivo a quelli da recuperare o quanto meno a gennaio 1995 per quanto concerne i recuperi dell'anno 1995;
4) in mancanza di alcuna contestazione non si sarebbe dovuto effettuare alcun recupero per l'implicita autorizzazione del sindaco; ciò in quanto il ricorrente avrebbe avuto un credito di 49 ore di straordinario effettuato oltre il normale orario di servizio;
5) il sindaco non avrebbe mai addebitato alcunché al ricorrente;
6) violazione dell'art. 24, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro (C.C.N.L.), in quanto l'addebito si sarebbe dovuto comunicare non oltre venti giorni dall'avvenuta conoscenza del fatto (ottobre 1994-febbraio 1995); nella specie, invece, la prima contestazione sarebbe stata comunicata tardivamente il 29 aprile 1995, così come sarebbe stata tardiva anche la seconda comunicazione (il fatto rimproverato dal sindaco era avvenuto il 4 maggio 1995 mentre la nota di addebito sarebbe stata protocollata il 25 maggio 1995 e, quindi, due giorni oltre il termine).
Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso in appello.
2. La sezione ritiene che la sentenza impugnata vada confermata seppure con diversa motivazione, poiché, diversamente da quanto statuito dal primo giudice, l'avv. V.F. aveva lo jus postulandi come risulta dalla procura in atti del giudizio di primo grado.
È incontestato che il signor P., nel periodo di cui trattasi, si era presentato in ritardo sul luogo di lavoro.
La sezione ritiene che anche il segretario comunale, come tutti i dipendenti, sia tenuto all'osservanza dell'obbligo dell'orario di ufficio e alla conseguente timbratura del cartellino marcatempo attestante la presenza in ufficio. In tal senso si vedano pure le note del Ministero dell'interno n. 9400207/17200.16455 in data 21 marzo 1994 e n. 9406529/17200/16455 in data 30 agosto 1994, entrambe indirizzate alla Prefettura di Caserta.
La sezione rileva, inoltre, che il ricorrente non risulta essere stato autorizzato dal sindaco a non osservare l'orario di lavoro e che il suo eventuale credito di ore di straordinario non consentiva, a iniziativa del medesimo, di derogare al normale orario di servizio.
Gli altri motivi di appello, non essendo stati svolti nel ricorso di primo grado, sono inammissibili.
3. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto e la sentenza impugnata va confermata con diversa motivazione. Le spese del giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge il ricorso in appello e conferma la sentenza impugnata con diversa motivazione.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.