Corte di cassazione
Sezione II civile
Sentenza 13 giugno 2007, n. 13847
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 23 gennaio 2001 l'avv.to Ernesto S. chiedeva alla Corte d'appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, la riforma della sentenza 13 dicembre 1999 con la quale il Tribunale di Taranto in composizione monocratica, accolta, "in toto" e in parte rispettivamente, l'opposizione proposta da Laura G., e da Giovanni e Tommaso R., avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal Pretore di Taranto il 16 dicembre 1997 e in proprio favore per il pagamento di prestazioni professionali, dichiarava nulla dovere la G. a tale titolo (con conseguente condanna del ricorrente a pagare le spese di lite) e riduceva l'ammontare del debito degli altri due opponenti menzionati, dichiarando compensate le spese processuali tra di essi e il S.
Censurava il legale la liquidazione dei propri compensi ed il calcolo delle spese vive fatti dal primo giudice, ingiustificatamente riduttivi dei propri diritti, chiedendo pertanto alla Corte il rigetto dell'opposizione al decreto ingiuntivo e la sua conferma.
Resistevano al gravame gli opponenti che preliminarmente eccepivano l'inammissibilità dello stesso perché proposto avverso la statuizione del Tribunale che, pur avente forma di sentenza, era da ritenersi un'ordinanza emessa ai sensi degli artt. 28 e ss. legge 794/1942 (in una controversia per compensi per prestazioni professionali) come tale soggetta solo a ricorso per cassazione.
Nel merito insistevano nella conferma della gravata pronuncia.
Con sentenza del 16 luglio 2002 il giudice d'appello dichiarava inammissibile il gravame e condannava il S. alle maggiori spese del grado.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l'avv.to Ernesto S. sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
Resistono con controricorso gli intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all'art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 323, 329, 341 stesso codice e degli artt. 29 e 30 l. n. 794/1942.
Osserva il ricorrente che la tipologia della "causa petendi" e del "petitum" oggetto del procedimento monitorio e la promiscuità di essi, comprendenti compensi giudiziali e compensi stragiudiziali, sottrae la decisione della causa relativa alla regola di cui agli artt. 29 e 30 della l. n. 794/1942, norma che trova invece applicazione nella sola ipotesi che quella dedotta in lite sia domanda di attribuzione di onorari, diritti e spese spettanti ad avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali.
Il ricorso è infondato.
La procedura camerale prevista dagli artt. 29 e 30 della l. 13 giugno 1942, n. 794, per la liquidazione degli onorari e diritti di avvocato e procuratore è dettata solo per le prestazioni giudiziali civili, salvo essere ammessa anche per le prestazioni stragiudiziali allorché esse siano strettamente dipendenti dal mandato relativo alla difesa sì da potersi considerare attività strumentale o complementare di quella propriamente processuale (si vedano Cass. n. 1857/1994, n. 2034/1994, n. 10823/1994, n. 3709/1995, n. 10770/1996, n. 2020/1998, n. 5700/2001).
Nel caso di specie l'avv.to S., non avendo neppure in questa sede specificato siffatta strumentalità o complementarità, limitandosi a dedurre la prestazione di duplice attività professionale neppur precisando la natura e l'entità delle svolte prestazioni stragiudiziali, non può dolersi della ritenuta inammissibilità dell'appello sancita dalla Corte territoriale per non essersi questa avveduta di una situazione di fatto che avrebbe implicato l'esclusione delle regole previste per lo speciale procedimento di cui alla l. n. 794/1942, con la conseguente ammissibilità del gravame di merito.
Correttamente, pertanto, il giudice "a quo" ha statuito che, imponendo le dedotte questioni il rito semplificato di cui all'art. 30 della citata legge, il provvedimento conclusivo doveva essere un'ordinanza e non la sentenza avverso la quale, pertanto, poteva solo proporsi ricorso per cassazione (Cass. n. 1114/2001).
Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto.
Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di questo giudizio.