Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 13 settembre 2007, n. 19162

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l'appello proposto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. avverso la decisione di primo grado dichiarativa dell'inopponibilità al Fallimento Centro Impianti Grafici s.r.l. della cessione alla banca di un credito vantato dalla società poi fallita nei confronti della Cartiere Paolo Pigna s.p.a.

Hanno rilevato i giudici del merito che la banca appellante non aveva adempiuto l'onere di produrre in giudizio il proprio statuto, dal quale si sarebbe dovuta desumere la contestata legittimazione a rappresentarla del dr. Claudio Pieri, direttore della filiale di Milano. Infatti l'appellata non aveva posto in discussione l'effettiva appartenenza al dr. Pieri della allegata qualità di direttore della filiale di Milano, bensì la derivazione da tale qualifica di un potere di rappresentanza della società. E quindi incombeva alla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. provare la legittimazione del dr. Pieri mediante la produzione dello statuto. Contro questa decisione ricorre ora per cassazione la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., che propone un unico motivo d'impugnazione, chiedendo altresì la decisione della causa nel merito, mentre nessuna difesa hanno spiegato gli intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo d'impugnazione la ricorrente deduce violazione dell'art. 75 c.p.c. e dei principi in tema di onere della prova.

Il motivo è fondato.

Come hanno ben rilevato i giudici del merito, invero, secondo una giurisprudenza indiscussa di questa Corte "in materia di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che, quale organo della persona giuridica, ha conferito il mandato al difensore, non ha l'onere di dimostrare tale sua qualità, spettando invece alla parte che ne contesta la sussistenza l'onere di formulare tempestiva contestazione e fornire la relativa prova negativa; tale principio conserva la sua validità anche nel caso in cui la persona giuridica si sia costituita in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante, quando l'organo che abbia conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall'atto costitutivo o dallo statuto; qualora tale qualità di rappresentante non venga tempestivamente contestata, il difetto di rappresentanza non è più contestabile nel successivo grado di merito né in sede di legittimità" (Cass., sez. I, 13 giugno 2006, n. 13669, m. 591006).

La Corte bresciana ha tuttavia ritenuto che questo principio non sia applicabile nel caso in esame, perché l'appellata non aveva posto in dubbio l'effettiva qualità di direttore di filiale allegata dal dr. Pieri, ma aveva contestato che da tale qualifica derivasse il potere di rappresentanza della società, in quanto non previsto dalla legge. E in realtà, secondo una parte della giurisprudenza di questa Corte, è nulla la procura rilasciata al difensore da un organo al quale la legge non ricollega poteri rappresentativi, quando non sia dimostrata "la fonte dei poteri rappresentativi, pur contestata da controparte" (Cass., sez. lav., 3 ottobre 2003, n. 14813, m. 567333).

Senonché deve ritenersi che la ratio dell'inversione dell'onere della prova riconosciuta dalla giurisprudenza in tema di rappresentanza delle persone giuridiche stia nel regime di pubblicità degli atti organizzativi degli enti e in particolare della società di capitali. Sicché quel che rileva ai fini di tale inversione è la previsione del potere di rappresentanza da parte dello statuto, piuttosto che della legge. E quindi l'inversione non opera solo quando il potere di rappresentanza non derivi da generali previsioni statutarie, bensì da singoli atti di delega provenienti dagli amministratori o dagli altri soggetti cui tale potere sia riconosciuto nello statuto (Cass., sez. III, 9 dicembre 1992, n. 13014, m. 479946, Cass., sez. lav., 15 dicembre 2000, n. 15820, m. 542666, Cass., sez. lav., 18 maggio 2006, n. 11661, m. 589048).

Nel caso in esame dunque incombeva a parte appellata dimostrare che lo statuto della banca non conferiva potere di rappresentanza ai direttori di filiale. E pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata; ma con rinvio, richiedendo la decisione nel merito accertamenti di fatto incompatibili con il giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia.