Corte di cassazione
Sezione III civile
Sentenza 21 settembre 2007, n. 19536
PREMESSO IN FATTO
1. La controversia ha tratto occasione da un banchetto di nozze, che si tenuto a Roccarainola il 2 giugno 2001 presso il ristorante Villa Perrotta, di proprietà della società a r.l. Villa Perrotta.
Più d'uno degli invitati, dopo il pranzo, ha lamentato disturbi gastrici di una qualche consistenza.
Ne sono seguite domande, proposte dai diversi partecipanti al banchetto, rivolte al giudice di pace di Cicciano, per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, chiesti in genere per un ammontare compreso nella somma di Euro 1032,91.
2. La domanda, nella presente causa, è stata appunto proposta per un tale ammontare ed inizialmente contro la società Villa Perrotta, che si è difesa affermando d'essere solo la proprietaria dei locali, mentre il ristorante era gestito dalla società Salvatore Perrotta e C. s.n.c., che è stata quindi anch'essa citata in giudizio.
La Salvatore Perrotta ha dal canto suo chiamato in causa Domenico Romano, titolare della ditta D'Avanzo Pasta, ed ha sostenuto che causa dell'intossicazione alimentare erano stati gli agnolotti che le erano stati ordinati ed aveva fornito per il pranzo; ha anche chiamato in causa il proprio assicuratore, la società Assitalia, per esserne tenuta indenne in caso di accoglimento della domanda principale.
Domenico Romano si è costituito in giudizio ed ha anche lui proposto una sua domanda, chiedendo che alla società Salvatore Perrotta fosse inibito di continuare nei comportamenti denigratori tenuti in suo confronto e che la stessa fosse condannata a risarcirle i danni che le aveva causato con la sua iniziativa calunniosa, diffamatoria ed ingiuriosa, consistita nell'averle attribuito la responsabilità dell'accaduto: il tutto nei limiti della competenza per valore del giudice di pace.
3. Il giudice di pace, con sentenza del 30 giugno 2004, ha estromesso dal giudizio la società proprietaria dei locali; ha dichiarato responsabile dei danni subiti dalla parte attrice sia il gestore del ristorante nella misura del 70% sia il fornitore della pasta nella misura del 30% e nella stessa misura li ha condannati, al risarcimento del danno, la Salvatore Perrotta con l'Assitalia; ha rigettato la domanda del chiamato in causa, Domenico Romano.
4. Questi ha proposto ricorso per cassazione.
Vi ha resistito l'Assitalia, che ha anche proposto ricorso incidentale.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Ricorso principale e ricorso incidentale debbono essere riuniti, perché sono relativi ad impugnazioni proposte contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).
2. I due ricorsi sono inammissibili.
3. La causa introdotta dal chiamato Domenico Romano, titolare della D'Avanzo Pasta, non era a decisione secondo equità, ma a decisione secondo diritto, perché già il risarcimento del danno era stato chiesto non per somma compresa nel limite di valore corrispondente al potere di decisione secondo equità (art. 113, secondo comma, c.c.), ma, senza altro limite di somma, che non fosse quello proprio della competenza per valore del giudice di pace (art. 7 c.p.c.).
E però a decisione secondo diritto era anche la domanda principale.
Ciò perché, sia questa domanda sia quelle del chiamato in causa richiedevano che fosse accertato lo stesso fatto, ovverosia che causa della intossicazione alimentare patita dalla parte attrice fosse stata o no la pasta servita nel pranzo nuziale, pasta che era stata fornita dal chiamato in causa.
Invero, quando al giudice di pace sono proposte nello stesso giudizio una domanda a decisione secondo equità e una domanda a decisione secondo diritto, anche la domanda principale deve essere decisa secondo diritto, tutte le volte che tra le due domande vi sia una connessione caratterizzata dalla circostanza che la decisione richiede l'accertamento di almeno un fatto costitutivo, impeditivo, modificativo od estintivo comune ad entrambe, così che l'accoglimento dell'una implichi il rigetto o l'accoglimento dell'altra (Cass. 26 febbraio 2003, nn. 2889 e 2890).
La sentenza, in relazione così alla statuizione sulla domanda principale come a quella sulla domanda riconvenzionale, avrebbe dovuto essere quindi impugnata con l'appello.
4. Le spese del giudizio di cassazione si possono compensare, tra le parti costituite, data la reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi li dichiara inammissibili e compensa le spese del giudizio di cassazione.