Corte dei conti
Sezione I giurisdizionale centrale
Sentenza 6 novembre 2007, n. 400

FATTO

Con la sentenza n. 525/2004 della Sezione Giurisdizionale della Toscana n. 525/2004, il dr. M. è stato condannato a risarcire, in favore dell'Università di Firenze, un danno quantificato in Euro 8.607,61, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giustizia.

Con decreto n. 5/2007A, questa Sezione giurisdizionale ha respinto l'istanza di definizione ex art. 1, commi 231, 232 e 233 della legge n. 266/2005 del procedimento di appello in materia di responsabilità amministrativa, iscritto al n. 21761 del registro di segreteria, proposto dal medesimo dr. M. avverso la menzionata sentenza n. 525/2004, sul presupposto che "il comportamento particolarmente grave riscontrato dal primo giudice nella produzione del danno non consente una definizione accelerata del procedimento, ma comporti il necessario seguito da condursi nell'introdotto rito impugnatorio".

Avverso il citato decreto n. 5/2007A il sig. Bruno M. ha presentato reclamo, sostenendo:

- la piena reclamabilità del decreto;

- la inesistenza del potere di deliberazione nel merito dell'istanza di "condono" non essendo tale potere previsto dalla legge,

- l'erroneo esercizio del potere discrezionale, atteso che la giurisprudenza delle Sezioni centrali ha ritenuto di escludere l'operatività della norma premiale nella fattispecie di illecito arricchimento e di comportamento doloso del soggetto interessato, ma non nella ipotesi di comportamento connotato da colpa grave nella produzione del danno;

- irrilevanza del ricorso incidentale proposto dal Pubblico Ministero.

In via preliminare, comunque, la parte reclamante ha chiesto la designazione di diversa sezione giurisdizionale centrale d'appello per l'esame del reclamo nonché l'audizione dei difensori da parte della Sezione designata.

Da ultimo ha chiesto che, in ipotesi in cui le norme relative alla definizione vengano interpretate nel senso di conferire al giudice un potere illimitato circa l'accoglimento o meno dell'istanza, venga sollevata questione di legittimità costituzionale per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost.

Il Pubblico Ministero, esprimendosi sui citati reclami, ha fatto presente che la questione della reclamabilità o meno del decreto adottato dalla Sezione d'Appello in sede di ricorso per la definizione agevolata della causa è stata affrontata e risolta dalle Sezioni riunite, in sede di risoluzione di questione di massima, con sentenza n. 3/2007/QM del 25 giugno 2007 - nel senso della "non reclamabilità ... in conformità alla ormai concorde giurisprudenza".

A questa, pertanto, ha fatto espresso rinvio e, in ossequio alla norma che fissa la funzione regolatrice delle SS.RR. per la risoluzione delle questioni controverse ovvero delle interpretazioni delle norme applicate, ha ritenuto di uniformarsi.

In ordine, poi, alla censura di "irrilevanza del ricorso incidentale proposto dal P.M.", ha sottolineato che la stessa decisione più volte citata si è espressa inequivocabilmente sul punto affermando "la presenza anche dell'appello della parte pubblica comporterà che il giudizio debba comunque svolgersi, la presenza dell'istanza agevolata comporterà che essa, se estesa dalla parte privata, in replica all'appello della parte pubblica, all'eventuale successiva maggiore condanna, debba comunque essere esaminata".

Con riguardo alle altre censure prospettate ha affermato che le stesse risultano prive di pregio, atteso che, con la recente sentenza n. 183/2007 del 12 giugno 2007 la Corte Costituzionale ha fatto rilevare che i commi 231-233 dell'art. 1 della legge n. 266/2005 "non limitano il potere di cognizione del giudice in sede camerale al mero esame dei presupposti di ammissibilità dell'istanza di definizione, ma richiedono che il giudice stesso valuti tutti gli elementi desumibile dall'accertamento dei fatti, già compiuto nella sentenza di primo grado (sussistenza del dolo, illecito arricchimento, gravità dei fatti, entità del danno, grado di intensità della colpa, condizione patrimoniale del condannato)".

All'odierna udienza il P.M. ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del reclamo riportandosi alle conclusioni rassegnate ed alle argomentazioni contenute nella sentenza delle SS.RR. del 3/2007.

Il difensore del sig. M., invece, ha insistito per la riforma e/o l'annullamento del decreto n. 5/2007 con conseguente accoglimento dell'istanza presentata dal suo assistito ai sensi dell'art. 1, commi 231, 232 e 233, della legge n. 266/2005.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio deve affrontare la questione concernente la reclamabilità o meno del decreto emesso sull'istanza di condono prodotta dall'appellante.

Al riguardo, questo organo giudicante reputa opportuno sottolineare che, secondo la costruzione del condono c.d. contabile, quale introdotta dall'art. 1, commi 231, 232 e 233 della legge n. 266/2005, la richiesta di condono attiva un procedimento endoprocedimentale che viene ad inserirsi nella fase impugnatoria ed impone la sollecita trattazione e definizione dell'istanza di condono, anticipatamente rispetto all'eventuale pronuncia di merito sull'impugnazione, proprio per ovviare, nell'ipotesi di accoglimento dell'istanza, l'ingresso al pubblico dibattimento ed alla fisiologica definizione del giudizio, consentendo così di pervenire, attraverso una composizione agevolata, alla sua estinzione in tempi abbreviati.

L'istituto, pur nel suo scarno contenuto, risulta comunque sufficientemente tipizzato dal legislatore, che ne ha indicato le finalità ed i caratteri qualificanti: esso è finalizzato allo snellimento del complessivo iter giudiziario, con l'eliminazione del processo di appello ed al reperimento immediato di risorse finanziarie; da tali finalità discende la qualificazione dell'istituto, come eccezionale nel processo amministrativo-contabile di responsabilità per danno patrimoniale e derogatorio del procedimento, siccome delineato dal codice di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti (r.d. 13.8.1933, n. 1038) e dallo stesso c.p.c. per quanto attiene ai procedimenti in camera di consiglio (artt. 737-742), risultando caratterizzato da ampia discrezionalità valutativa del Giudice, rispetto al contenuto del provvedimento definitorio e alle formalità procedimentali da seguirsi per la sua adozione (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 183 del 5 giugno 2007).

In sostanza la disciplina sul condono fiscale introdotta dalla legge n. 266/2005 viene ad atteggiarsi quale jus singolare, il cui contenuto è dettato dalle esigenze di speditezza della procedura e che, pur essendo suscettibile di una interpretazione costituzionalmente orientata non appare dilatabile oltre la sua portata letterale ed ordinamentale in ossequio al rigoroso precetto sancito dall'art. 14 delle disposizioni della legge in generale, nonché del relativo brocardo ubi lex voluit dixit ubi non dixit noluit.

Nella delineata ottica non è dubbio che la previsione del reclamo, aggiunta a quella del pieno contraddittorio tra le parti, pur se con il rito camerale, ripristinerebbe la durata normale del processo contabile (quando non la protrarrebbe ulteriormente) con conseguente vanificazione della possibilità di una rapida se pur ridotta acquisizione di somma di pertinenza erariale.

Come opportunamente ricordato dal P.M., la questione in discussione ha trovato una compiuta risposta nella sentenza emessa dalle Sezioni riunite in sede di risoluzione di questione di massima - n. 3/2007/QM del 25 giugno 2007 - con la quale è stata affermata la esclusione della reclamabilità dei decreti in argomento, "in conformità alla ormai concorde giurisprudenza".

Il Collegio, condividendo le argomentazioni svolte dalla citata sentenza, alle quali, quindi, fa espresso rinvio, dichiara inammissibile, il reclamo avanzato dal sig. Bruno M. avverso il decreto n. 5/2007.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giustizia.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, dichiara inammissibile il reclamo avanzato dal sig. Bruno M. avverso il decreto n. 5/2007 emesso da questa medesima Sezione.