Corte di cassazione
Sezione II civile
Sentenza 9 giugno 2008, n. 15194

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto del 19 settembre 1997, la Nuova Tirrena s.p.a. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui il Presidente del tribunale di Roma le aveva intimato di pagare Lire 328.157.000 a favore della Costruzioni G.R.M. s.r.l. per l'adempimento della polizza fideiussoria emessa a garanzia delle anticipazioni sul corrispettivo dell'appalto affidato dalla suddetta ricorrente alla A. Carnevale Elio, Enzo e C. s.a.s. poi trasformata in CO.EDI. s.r.l.; costituitasi, la Costruzioni GRAM s.r.l., contestava l'opposizione, chiedendone la reiezione e spiegava riconvenzionale per il pagamento della maggiorazione prevista dal contratto e la refusione dei danni, indicati in Lire 100.000.000.

Con sentenza del 17 marzo 1999, il tribunale di Roma rigettava l'opposizione, dichiarava accoglibile la riconvenzionale e regolava le spese.

Avverso tale decisione proponeva appello la Nuova Tirrena s.p.a., cui resisteva la Costruzioni GRAM s.r.l., che proponeva a sua volta appello incidentale.

Con sentenza in data 28 dicembre 2002-16 gennaio 2003, la Corte di appello di Roma, rilevato che entrambe le parti - società di capitali - avevano agito, sin dal primo grado, in persona di procuratori speciali relativamente ai quali avevano omesso, come risultava dai fascicoli di parte, di depositare le relative procure e che tale omissione impediva il controllo della legittimazione a conferire i poteri per conto della società in capo a chi in nome dell'ente aveva rilasciato la procura e dell'attribuzione, in capo al nominato procuratore, dello specifico potere di nominare il procuratore alle liti.

Tanto escludeva la stessa completezza degli atti introduttivi di ciascuna parte e per ogni grado del procedimento e ne determinava la nullità.

Conseguiva la inammissibilità delle azioni proposte da entrambe le parti e la revoca del decreto ingiuntivo.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di due motivi, la Costruzioni G.R.M. s.r.l.; resiste con controricorso la Nuova Tirrena s.p.a., che ha altresì proposto ricorso incidentale, basato su di un solo motivo, ed ha presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono rivolti avverso la stessa sentenza e vanno pertanto riuniti, a norma dell'art. 335 c.p.c.

Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 153, 182, 350, 352, e 276 c.p.c., per erronea valutazione e/o travisamento della produzione degli atti e dei documenti: in buona sostanza, si sostiene che sia dall'indice degli atti e dei documenti allegati al ricorso per decreto ingiuntivo, sia all'interno del proprio fascicolo di parte risultava prodotta ed allegata copia della procura notarile di cui nella sentenza impugnata si era rilevata la mancanza.

Con il secondo mezzo si lamenta violazione od inesatta applicazione degli artt. 75, 77, 163 e 366 c.p.c. per omessa od insufficiente motivazione ed errata valutazione della produzione documentale. Si ipotizza al riguardo che la Corte capitolina potrebbe aver ritenuto la non validità, od inefficacia della surricordata procura; in tal caso sarebbe del tutto carente la motivazione sul punto. In ogni caso, la procura era valida e del tutto confacente allo scopo.

L'unico motivo del ricorso incidentale lamenta violazione degli artt. 77, 101, 112, 115, 182 e 359 c.p.c., e degli artt. 1393 e 2697 c.c., in relazione all'art. 24 Cost.

In buona sostanza, ci si duole del fatto che la Corte territoriale sia pervenuta alla decisione adottata ignorando le richiamate disposizioni, e che, anche in violazione del principio del contraddittorio, avrebbe omesso di invitare le parti a produrre i documenti riscontrati mancanti, e ciò in rispetto del diritto di difesa.

Il primo motivo del ricorso principale, come esposto ed inequivocamente sviluppato nel ricorso, esprime una doglianza in base alla quale si adduce una erronea presupposizione dei fatti da parte della Corte di merito, la quale avrebbe a torto affermato l'assenza di un documento che invece era in atti; la parzialmente diversa esplicitazione di tale mezzo nella discussione orale non può essere presa in esame, in ragione del vincolo costituito dalle ragioni poste a base del motivo quale addotto in ricorso.

Sic rebus stantibus, non si tratta di errore di giudizio o nella valutazione di un fatto, ma di erronea percezione della acquisizione documentale quale risultante dagli atti. La giurisprudenza di questa Corte è da tempo consolidatamente attestata nel ritenere che l'affermazione contenuta in sentenza circa l'inesistenza nei fascicoli processuali, di ufficio o di parte, di un documento decisivo che, al contrario, risulti ivi inserito non integra un errore di giudizio, ma una mera svista di carattere materiale e costituisce errore di fatto e pertanto motivo di revocazione: tanto comporta che in tal caso tale errore sia deducibile unicamente con l'impugnazione per revocazione e non con motivo di ricorso per cassazione (cfr. Cass. 12 ottobre 2006, n. 21938; 25 agosto 2006, n. 18498; 5 febbraio 2004, n. 2207 e molte altre precedenti).

Poiché tale principio merita convinta adesione, il motivo in esame risulta pertanto inammissibile e non può trovare accoglimento.

Anche il secondo mezzo addotto a sostegno del ricorso principale risulta inammissibile; invero, esso si basa su di una mera ipotesi, avanzata dalla ricorrente, secondo cui la Corte capitolina avrebbe in realtà ritenuto l'invalidità o la nullità della procura; non una parola, nella sentenza impugnata, suffraga tale ipotesi, atteso che la decisione assunta si basa esclusivamente sulla ritenuta mancanza del documento in atti; risulterebbe antitetico con tale assunto che se ne sia ipotizzata la inidoneità. Essendo quindi basato su di una mera ipotesi, priva di riscontro alcuno nella sentenza impugnata, il motivo è inammissibile, stante che si impugna una statuizione non assunta con la sentenza impugnata.

Il ricorso principale deve essere dunque rigettato.

L'esame del ricorso incidentale non può essere omesso, atteso che dalla estrema sinteticità della sentenza impugnata non è dato conoscere con compiutezza i termini in fatto della controversia, che potrebbero comportare ulteriori decisioni al riguardo e non può quindi concludersi nel senso invocato dalla controricorrente.

Il motivo è fondato: assorbente al riguardo appare il rilievo secondo cui la Corte capitolina ha senza dubbio alcuno omesso di rendere previamente noto alle parti che la sua decisione si sarebbe basata su di una questione rilevata d'ufficio e mai dibattuta nel processo; la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 31 ottobre 2005, n. 21108; 21 novembre 2001, n. 14637 ed altre), cui va prestata convinta adesione, anche in ragione del successivo avallo che alla stessa è stato fornito dal legislatore (v. la nuova formulazione dell'art. 384 c.p.c.), si è recentemente pronunciata nel senso secondo cui il giudice il quale ritenga di decidere la lite in base ad una questione rilevata di ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia del contendere, deve astenersi dal decidere solitariamente e deve procedere alla segnalazione della questione che intende rilevare di ufficio, riaprendo su di essa il dibattito e dando spazio alle conseguenziali attività, in quanto, in caso contrario, si avrebbe violazione del diritto di difesa in ragione del mancato esercizio del contraddittorio.

Il ricorso incidentale va pertanto accolto e, in relazione a tanto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che applicherà il suesposto principio di diritto e provvederà anche sulle spese del presente procedimento per cassazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso principale e accoglie l'incidentale; cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della corte di appello di Roma.