Corte di cassazione
Sezione lavoro
Sentenza 3 giugno 2009, n. 12814

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I ricorrenti indicati in epigrafe adivano il Tribunale di Campobasso nei confronti dei Ministeri della Sanità, dell'Università e del Tesoro, esponendo di avere frequentato le scuole di specializzazione di medicina senza percepire alcun compenso. Poiché le Direttive della Comunità Europea, le quali prevedevano un compenso in favore dei medici specializzandi, erano state trasposte in ritardo nell'ordinamento italiano (d.lgs. n. 257/1991) essi chiedevano il risarcimento del danno da ritardata attuazione della fonte comunitaria tra il 1983 e il 1991; danno che consisteva nella mancata remunerazione del lavoro svolto e nella perdita di "chances".

2. Si costituivano i Ministeri convenuti e proponevano una serie di eccezioni di rito e di merito, tra le quali la prescrizione del diritto azionato. Il Tribunale respingeva la domanda attrice motivando nel senso che la specializzazione in medicina legale e delle assicurazioni non era prevista dalle direttive; che gli attori non avevano provato le modalità di svolgimento della specializzazione, modalità le quali dovevano corrispondere a quelle indicate nelle direttive; che in ogni caso il diritto al risarcimento del danno era prescritto (prescrizione quinquennale decorrente dall'emanazione del d.lgs. n. 257/1991 sopra citato).

3. Proponevano appello gli attori. La Corte di appello di Campobasso confermava la sentenza di primo grado, a motivo della assorbente considerazione circa l'avvenuto decorso della prescrizione.

4. Hanno proposto ricorso per cassazione gli attori, deducendo quattro motivi. Resistono con controricorso i tre Ministeri convenuti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Col primo motivo del ricorso, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., "dei principi dettati dalle direttive Europee e del principio della preminenza del diritto comunitario sul diritto interno"; nonché "contraddittoria motivazione in ordine alla riferita giurisprudenza europea": la sentenza di appello fa decorrere la prescrizione dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 257/1991, laddove la prescrizione dovrebbe decorrere dalla sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea in data 3 ottobre 2000, la quale ha dichiarato "incondizionato" l'obbligo dello Stato Italiano di trasporre la Direttiva Comunitaria; solo a partire da tale sentenza gli attori erano in grado di esercitare il proprio diritto. Anzi, solo con le sentenze Gozza e Carbonari i ricorrenti hanno avuto esatta percezione dell'illecito perpetrato in loro danno.

In ogni caso, il perdurante inadempimento dello stato italiano per una attuazione retroattiva e completa delle direttive in argomento configura un "illecito permanente", ragion per cui la prescrizione potrebbe iniziare a decorrere dalla cessazione della permanenza. La Corte di Giustizia della Comunità Europea ha affermato l'esistenza di un obbligo incondizionato e sufficientemente preciso di retribuire la formazione del medico specializzando ed una applicazione retroattiva delle norme nazionali di attuazione costituisce un adeguato risarcimento del danno.

6. Con il secondo motivo del ricorso, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., degli artt. 2935 e 2947 c.c., sotto il profilo che la prescrizione decorre soltanto dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, vale a dire quando la fonte attributiva del diritto ha assunto una portata sufficientemente concreta e certa.

7. Col terzo motivo del ricorso, i ricorrenti deducono omessa motivazione circa la giurisprudenza Europea e contraddittoria motivazione in ordine alla riferita sentenza "Emmot": prima di tale sentenza non era certo che le Direttive da trasporre fossero sufficientemente precise ed incondizionate.

8. Col quarto motivo del ricorso, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., degli artt. 6 del d.lgs. n. 368/1999, del d.m. 31 gennaio 1998 e dei principi affermati nella sentenza della Corte di cassazione n. 7630/2003: trattasi dell'equiparazione del corso di specializzazione in medicina legale, non espressamente previsto dalle direttive, alla specializzazione in medicina del lavoro e delle assicurazioni.

9. I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano infondati e vanno rigettati, con conseguente assorbimento del quarto motivo.

10. È noto che la Comunità Europea, con Direttive n. 75/363, 75/362, 82/76 previde l'obbligo degli stati membri di retribuire adeguatamente i medici i quali frequentavano le scuole di specializzazione, in relazione alle discipline comuni agli stati stessi o equiparate. Con sentenza in data 3 ottobre 2000 in causa 371-1997 "Gozza", la Corte di Giustizia della Comunità Europea ha ritenuto che tale obbligo è incondizionato e sufficientemente preciso, ma il giudice nazionale non è in grado di identificare il debitore tenuto alla prestazione né di individuare l'importo adeguato della remunerazione. Ne consegue che l'avente diritto può soltanto chiedere il risarcimento del danno. Una volta trasporta (in ritardo) la Direttiva, la sentenza "Carbonari" in data 25 febbraio 1999 - procedimento 131-1997 - ha ritenuto che una applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione può costituire un adeguato risarcimento del danno, valutazione peraltro rimessa al giudice nazionale. Ne deriva che le citate direttive non sono immediatamente applicabili nell'ordinamento interno perché manca la specificità della prestazione richiesta; in relazione ad esse è esercitabile unicamente l'azione di risarcimento del danno aquiliano e l'illecito consiste nell'omessa o ritardata attuazione della direttiva.

11. Trattandosi di azione di risarcimento del danno, la prescrizione è quinquennale ed inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. Tale momento non coincide con l'emanazione della direttiva, se la stessa non è immediatamente applicabile; né con il termine assegnato agli stati per la trasposizione della fonte comunitaria nel diritto interno, perché anche a quel momento il soggetto privato non è in condizioni di conoscere quale sia il contenuto del diritto che gli viene negato e l'ammontare del relativo risarcimento. Può invece individuarsi nel momento in cui entra in vigore la normativa di attuazione interna della direttiva Europea: è questo il momento in cui il soggetto può far valere il diritto al risarcimento del danno, perché è in quel contesto che egli viene a conoscere il contenuto del diritto attribuito ed i limiti temporali della corresponsione. In altri termini, posto che con il d.lgs. n. 257/1991 il soggetto è in grado di conoscere l'ammontare dei compensi stabiliti, il soggetto tenuto ad erogarli e la non retroattività della corresponsione, a quel momento è in grado di esercitare il diritto al risarcimento del danno. Si veda al riguardo Corte di Giustizia della Comunità Europea 25 luglio 1991 "Emmot": finché una direttiva non è stata correttamente trasposta, non è ipotizzabile alcuna possibilità per i privati di avere piena conoscenza dei loro diritti; tale incertezza perdura anche se nel frattempo la Corte di Giustizia della Comunità Europea dichiara inadempiente lo stato membro; fino al momento della trasposizione della direttiva lo stato non può opporre alcuna eccezione di tardività ed "un termine di ricorso di diritto nazionale può cominciare a decorrere solo da tale momento".

12. Sulla inapplicabilità immediata delle direttive Comunità Europea 362/75 e 82/76 vedi da ultimo in senso conforme a quello qui condiviso Cass. 18 giugno 2008, n. 16507. Sull'ammissibilità dell'eccezione di prescrizione vedi Cass. 11 marzo 2008, n. 6427.

13. Obiettano i ricorrenti che anche dopo la trasposizione delle ripetute direttive nell'ordinamento italiano, essi non erano in grado di percepire il contenuto del diritto al risarcimento del danno da azionare, finché non sono state emesse le sentenze della Corte di Giustizia della Comunità Europea le quali hanno fatto il punto circa l'operatività delle direttive ed i relativi limiti. Vale la pena di osservare al riguardo che una volta trasposta la direttiva nell'ordinamento interno il privato è in grado di esercitare l'azione risarcitoria, perché in quel momento è precisato il contenuto economico ovvero l'ammontare della retribuzione annuale ed è esclusa la retroattività, per cui gli anni pregressi rimangono al di fuori dell'attuazione della direttiva. Non a caso la citata sentenza "Emmot" fa decorrere la prescrizione (o meglio l'eccezione di tardività dell'azione) dalla data di esatta trasposizione della direttiva nell'ordinamento interno. Nel caso in esame, la trasposizione è avvenuta nel 1991 e l'azione giudiziaria è iniziata nel 2001, quando i cinque anni erano decorsi, come accertato dal giudice di merito.

14. Il ricorso, per i suesposti motivi, deve essere rigettato. Giusti motivi, in relazione all'opinabilità della materia del contendere ed al comportamento processuale delle parti, consigliano la compensazione integrale delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.