Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I
Sentenza 4 febbraio 2014, n. 1392
FATTO E DIRITTO
1. Il presidente del gruppo parlamentare presso la Camera dei deputati "Il popolo della libertà - Berlusconi presidente", inviò nominativamente al presidente, ai quattro commissari ed alla direttrice del "servizi media" dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un esposto, avente ad oggetto la «violazione del pluralismo dell'informazione nella trasmissione "Che tempo che fa", condotta da Fabio Fazio, RAI3».
2.1. Nell'atto, anche "per future ed eventuali responsabilità connesse alla violazione dei principi e all'omessa vigilanza del rispetto del pluralismo dell'informazione", si rammentava come il pluralismo, l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità sono principi fondamentali ai quali deve ispirarsi l'informazione, in particolare quella diffusa attraverso le trasmissioni del servizio pubblico radiotelevisivo.
2.2. A sua volta, la deliberazione 22/06/CSP della stessa A.G.Com., che, all'art. 2, stabilisce come "Tutte le trasmissioni di informazione, compresi i telegiornali, le rubriche e le trasmissioni di approfondimento devono rispettare i principi di completezza e correttezza dell'informazione, obiettività, equità, lealtà, imparzialità, pluralità dei punti di vista e parità di trattamento" (I comma) e "Nei programmi di informazione e di approfondimento l'equilibrio delle presenze deve essere assicurato durante il ciclo della trasmissione, dando, ove possibile, preventiva notizia degli interventi programmati" (II comma).
2.3. Al contrario, prosegue l'esposto, nella trasmissione televisiva "Che tempo che fa", nel periodo compreso tra il 30 settembre 2012 e il 26 maggio 2013, su sessanta puntate trasmesse sono stati complessivamente ospitati venti esponenti appartenenti al Partito democratico o comunque riconducibili all'area del centrosinistra [e ne segue l'elenco, con le rispettive date], mentre solo quattro sono stati gli ospiti presenti in trasmissione, appartenenti alla coalizione di centrodestra (Sandro Bondi, Roberto Maroni - due volte - ed Angelino Alfano): e dunque, "un fortissimo squilibrio a vantaggio della presenza politica di soggetti afferenti al PD e alla coalizione di centro sinistra nel suo complesso".
2.4. L'esposto rileva allora come la Rai deve sempre "garantire il rispetto, da parte dei suoi giornalisti, delle regole deontologiche del proprio ordine professionale", e, comunque "pretendere che i propri dipendenti sappiano almeno tenere conto del numero di presenze di esponenti e relative formazioni politiche, se non altro per il rispetto che si deve alla pluralità del pubblico televisivo".
2.5. Non sarebbero stati dunque osservati dalla trasmissione in questione i principi di completezza e correttezza dell'informazione, obiettività, equità, lealtà, imparzialità, pluralità di punti di vista, parità di trattamento ed equilibrio delle presenze: e per l'osservanza ed il ripristino di tali principi l'esposto chiede in conclusione l'intervento dell'Autorità.
3.1. Quest'ultima, in effetti, già il giorno seguente inviò alla RAI un avviso per l'avvio di un procedimento, conclusosi un mese dopo con il provvedimento qui impugnato.
Nel preambolo di questo, dopo le norme e le deliberazioni generali ritenute pertinenti, viene intanto riconosciuto come la trasmissione "Che tempo che fa", sebbene "sia classificata dalla Rai come appartenente al genere del cd. infotainement, è riconducibile al genere dei programmi di approfondimento informativo in quanto ospita esponenti politici e tratta tematiche connesse ai temi dell'attualità e della cronaca".
3.2. Ora, prosegue il provvedimento, i dati del monitoraggio relativi al ciclo del programma, nel periodo tra il 30 settembre 2012 e il 26 maggio 2013 - (escluso il bimestre successivo al 24 dicembre 2012, interessato dalla campagna elettorale per le elezioni politiche) indicano che "i soggetti politici hanno fruito dei seguenti tempi di parola: - PD: 61,96% del totale del tempo di parola fruito dai soli soggetti politici ... (...); - SEL: 9,29% (...); - PDL: 5,17% (...); - Unione di Centro: 4,73% (...) - Lega Nord: 9,34% (...) - Scelta civica: 6,63% (...); FLI: 1,94% (...)".
3.3. Orbene, seguita il preambolo del provvedimento, l'esame di tali dati indicherebbe "rilevanti criticità in ragione degli squilibri registrati nei tempi di parola fruiti dai diversi soggetti politici e, in particolare, dai due principali partiti per rappresentanza parlamentare (PD e PDL)".
Tutte le trasmissioni di informazione devono rispettare, secondo l'Autorità, con la completezza dell'informazione, la pluralità dei punti di vista, e la libertà di manifestare il proprio pensiero, ex art. 21 Cost., deve "conciliarsi con i principi a tutela del pluralismo in quanto valori di pari rilevanza": la concessionaria pubblica deve inoltre "assicurare con particolare rigore il pluralismo delle diverse voci che concorrono a formare l'opinione pubblica sui diversi temi di attualità, anche in ragione degli obblighi di servizio pubblico su di essa gravanti in quanto concessionaria del pubblico servizio radiotelevisivo".
3.4. Così, secondo il provvedimento, gli squilibri descritti configurano "un'alterazione del principio della parità di trattamento tra forze politiche omologhe in contrasto con il consolidato indirizzo interpretativo dell'Autorità in materia", nonché, in generale, con gli stessi principi enunciati nell'esposto prima ricordato.
3.5. Ne segue, pertanto, la necessità di un riequilibrio delle presenze e così l'ordine alla società Rai-Radiotelevisione Italiana S.p.A. di assicurare nel ciclo del programma "Che tempo che fa", "a far tempo dalla ripresa del programma dopo la pausa estiva ed entro il termine di sei mesi, adeguato spazio al soggetto politico esponente (PDL) al fine di ripristinare una effettiva parità di trattamento rispetto ai soggetti politici omologhi nei sensi di cui in motivazione".
4.1.1. È allora seguito il ricorso in esame, dei cui due motivi il primo è rubricato nella violazione dell'art. 10 CEDU § 1 e 2, letto in combinato disposto con gli artt. 11 e 52, III comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e con le direttive 89/552/CE e 2010/13/UE.
4.1.2. Il secondo è invece compendiato nell'eccesso di potere per contraddittorietà interna ed esterna, carenza d'istruttoria, erronea presupposizione in fatto e in diritto, illogicità, manifesta ingiustizia; violazione, erronea e falsa interpretazione ed applicazione del combinato disposto dell'art. 1, VI comma, della l. 249/1997, della l. 28/2000, degli artt. 3 e 7 del d.lgs. 177/2005, della deliberazione e dell'atto d'indirizzo della Commissione parlamentare di vigilanza RAI, rispettivamente del 18 dicembre 2002 e dell'11 marzo 2003, delle delibere AGCOM n. 200/00/CSP, 22/06/CSP e 243/10/CSP: questo motivo va esaminato con priorità, ed è fondato.
4.2. Come appropriatamente osserva la ricorrente, l'A.G.Com. ha qui applicato ad un programma d'informazione ed intrattenimento le regole e i canoni, di tipo quantitativo, stabiliti dall'ordinamento per i programmi di comunicazione politica nel periodo elettorale, e per cui esiste una disciplina speciale nella l. 22 febbraio 2000, n. 28.
Per valutare la correttezza dell'informazione fornita da "Che tempo che fa", è stato cioè predisposto un semplice calcolo statistico sulle presenze (a prescindere se, in specie, le appartenenze degli intervistati siano state correttamente individuate), e su tale fondamento si è pervenuti al provvedimento gravato.
4.3. Al contrario, per stabilire se una trasmissione d'informazione rispetti i principi "di completezza e correttezza dell'informazione, obiettività, equità, lealtà, imparzialità, pluralità dei punti di vista e parità di trattamento" (art. 2 della deliberazione A.G.Com. 22/06/CSP), non è particolarmente significativo il numero degli esponenti di ciascun raggruppamento politico, e la quantità di tempo a ciascuno di essi dedicata, ed è dunque illegittimo il provvedimento A.G.Com. qui impugnato, che si limiti a recepire simili dati, per poi disporre un riequilibrio, sempre su base statistica.
4.4. In realtà, come rileva Rai S.p.A., il provvedimento impugnato non contiene alcuna osservazione critica, relativa alle modalità di conduzione del programma e quanto a "violazioni del pluralismo con riferimento a criteri qualitativi".
Non si considera, ad esempio, quale trattamento sia stato riservato ai politici intervistati, ciò che è ben più importante dei minuti di presenza (l'intervistatore può assumere svariati atteggiamenti, e ciò evidentemente influisce sull'immagine che dell'intervistato, e del partito di appartenenza, avrà lo spettatore); e nemmeno si valuta se una maggiore presenza dei rappresentanti d'una certa forza politica possa trovare adeguata giustificazione, in tutto o almeno in parte, dalle vicende interne a questa stessa forza politica, in un determinato periodo.
4.5. Invero, per chi legittimamente dispone ed è responsabile del medium, la libertà d'informare include anche quella di stabilire, secondo esperienza ed a proprio rischio professionali, a quali informazioni politico-sociali l'opinione pubblica sia maggiormente interessata in un determinato momento, scegliendo egli per conseguenza quale prodotto informativo offrire, secondo il format impiegato.
Ben si comprende allora come il meccanismo quantitativo qui usato da A.G.Com. non si possa applicare, se non del tutto marginalmente, a programmi informativi, com'è quello in questione, dovendo invece l'Autorità precipuamente valutare se la condotta del responsabile non violi qualitativamente le regole d'imparzialità prima considerate.
5. In conclusione il ricorso può trovare senz'altro accoglimento, con assorbimento del primo motivo di gravame, sebbene questo giudice ritenga le precedenti considerazioni del tutto coerenti con il disposto dell'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in particolare laddove tale disposizione riconosce ad ogni persona il diritto alla libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche, salve "le formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all'integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario": e nessuno dei parametri appena elencati è preso in considerazione dal provvedimento gravato, né comunque è dato ravvisarne la presenza.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l'effetto, annulla il provvedimento in epigrafe impugnato.
Condanna l'Autorità resistente alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti della società ricorrente, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese generali iva e c.p.a., oltre alla somma corrispondente al contributo unificato, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.