Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione I
Sentenza 21 febbraio 2014, n. 320

FATTO E DIRITTO

1. L'odierno ricorrente - in qualità di destinatario del provvedimento di ammonimento adottato in data 5 novembre 2013 dal Questore della Provincia di Torino, ai sensi dell'art. 8 del d.l. 11/2009, e oggetto di separato ricorso - ha chiesto alla medesima Questura di poter visionare ed estrarre copia degli atti del suddetto procedimento, ai sensi dell'art. 10 della l. n. 241 del 1990.

L'istanza di accesso è stata evasa dalla Questura di Torino con nota del 16 ottobre 2013, con la quale la richiesta è stata respinta sul presupposto che gli atti non sarebbero accessibili per motivi di ordine e sicurezza pubblica, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), del d.m. Interno n. 415 del 1994.

2. Avverso la suddetta determinazione e per ottenere la declaratoria del diritto di accesso ai documenti in questione, il ricorrente ha proposto il ricorso in epigrafe, deducendo: I) l'insussistenza in concreto di ragioni interesse per l'ordine e la sicurezza pubblica; II) la violazione dell'art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 laddove attribuisce rilievo preminente alle esigenze conoscitive degli atti amministrativi quando la loro conoscenza sia funzionale alla difesa e alla tutela degli interessi giuridici degli istanti; III) il carattere recessivo delle esigenze di riservatezza dei terzi rispetto alle necessità difensive del ricorrente che hanno supportato la domanda di accesso.

3. Si è costituita in giudizio l'intimata amministrazione dell'Interno, che ha ribadito e difeso la legittimità delle determinazioni impugnate, precisando che la documentazione cartacea relativa alle condotte oggetto di ammonimento attiene ad atti di polizia giudiziaria, come tali rientranti nella categoria prevista dall'art. 3, comma 1, lett. b), sopra citato.

In aggiunta a ciò, ha eccepito la carenza di interesse all'accesso conoscitivo, essendosi le attività di polizia giudiziaria già tradotte in un provvedimento conclusivo, impugnato con separato ricorso, in relazione al quale si offrirebbero al ricorrente adeguate garanzie di tutela di tipo procedimentale e processuale, che renderebbero recessivo l'interesse all'acquisizione dei documenti con autonomo ricorso ex art. 25 l. 241/1990.

4. All'udienza camerale del 6 febbraio 2014 la causa è stata introitata per la decisione.

5. Il ricorso è fondato e merita di essere accolto nei termini che di seguito si vanno esporre.

5.1. Osserva il Collegio che l'art. 24 della l. 241/1990 ha disciplinato i limiti del diritto di accesso, sia prevedendone l'espresso divieto per i documenti coperti da segreto di Stato, sia individuando specifici ambiti rispetto ai quali l'indicazione delle ulteriori categorie di atti ritenuti non ostensibili viene affidata alla normativa regolamentare.

5.2. Per quanto di interesse ai fini del decidere, il sesto comma lett. c) del citato art. 24 prevede che con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo possa prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi che riguardino "le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini".

5.3. L'amministrazione dell'Interno ha adottato, per quanto di propria competenza, il d.m. 10 maggio 1994, n. 415 che, all'art. 3, ha individuato come documenti inaccessibili per motivi di ordine e sicurezza pubblica e prevenzione e repressione della criminalità le relazioni di servizio e gli altri atti o documenti presupposti per l'adozione di atti o provvedimenti dell'autorità nazionale o di altre autorità di pubblica sicurezza, ovvero concernenti l'attività di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.

5.4. In particolare, la lettera b) del citato art. 3 esclude dall'accesso le "relazioni di servizio, informazioni ed altri atti o documenti inerenti ad adempimenti istruttori relative a licenze, concessioni od autorizzazioni comunque denominate o ad altri provvedimenti di competenza di autorità o organi diversi, compresi quelli relativi al contenzioso amministrativo, che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l'ordine e la sicurezza pubblica e all'attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizione di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità".

6. Nel caso in esame, i documenti fatti oggetto di richiesta ostensiva attengono al materiale istruttorio sulla base del quale la Questura ha ammonito A.G., con provvedimento del 5 novembre 2013, adottato ai sensi dell'art. 8 del d.l. n. 11/2009, ad avere un comportamento conforme a legge nonché ad astenersi da qualsiasi atteggiamento molesto o minaccioso nei confronti dei P.T. e dei suoi congiunti.

6.1. La Questura di Torino - Divisione Polizia Anticrimine, compulsata dal ricorrente in merito all'esibizione di tale documentazione, ha motivato il proprio diniego limitandosi a menzionare la lettera b) del citato art. 3 del d.m. 10 maggio 1994 n. 415, senza null'altro aggiungere in ordine ai presupposti fondanti in concreto la reiezione dell'istanza di accesso.

6.2. La determinazione ostativa non pare rispondente ai parametri normativi sopra richiamati.

6.3. È certamente vero, infatti, che l'attività di prevenzione delle condotte persecutorie di cui all'art. 612 bis c.p. (cd. "stalking"), disciplinata dall'art. 7 del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38, attiene alla materia della pubblica sicurezza e della prevenzione e repressione della criminalità, cui si ispira l'art. 3, comma 1, lett. b), del d.m. 10 maggio 1994, n. 415.

6.4. Nondimeno, appare censurabile una prassi applicativa che intenda in senso strettamente letterale la portata normativa del citato art. 3, comma 1, del d.m. n. 415/1994, e che in tal modo venga a determinare una sottrazione generalizzata e automatica alle richieste ostensive dei documenti formati dall'amministrazione dell'Interno nelle specifiche materie incluse nella disposizione regolamentare (cfr. T.A.R. Latina, Sez. I, 6 ottobre 2010, n. 1653; Id., 15 ottobre 2009, n. 949 e 2 aprile 2012, n. 263; T.A.R. Milano, sez. I, 9 aprile 2013, n. 873).

6.5. Invero, qualsiasi lettura interpretativa che limitasse in via generalizzata il diritto di accesso, per il solo ricorrere di una astratta inerenza del documento ad una delle materie ivi elencate - anche a fronte di situazioni insuscettibili di arrecare alcun significativo "vulnus" agli interessi scolpiti nell'art. 24, comma 2, della legge n. 241 del 1990 - paleserebbe l'illegittimità della disposizione regolamentare di cui al citato d.m. 415/1994, imponendone la conseguente disapplicazione ad opera del giudice amministrativo (ex plurimis, Cons. St., sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35).

7. Ne consegue, per quanto concerne il caso di specie, che la Questura avrebbe dovuto verificare per ogni singolo documento oggetto dell'istanza ostensiva del ricorrente la sussistenza o meno di quelle esigenze di tutela di determinati interessi (disvelamento di tecniche investigative ed identità delle fonti di informazione, rischi per la sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, per l'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini) che il legislatore, all'art. 24, comma 6, lett. c), della l. n. 241 cit. ha considerato idonee a giustificare il diniego di accesso. La Questura ha, invece, privilegiato un'interpretazione delle norme del d.m. 415/1994 come comportanti un'esclusione indiscriminata e generalizzata dall'accesso dei documenti in esse indicati, optando, quindi, per una lettura delle previsioni regolamentari censurabile per tutte le ragioni sopra illustrate. Donde la fondatezza del ricorso.

7.1. Va da sé che, anche laddove nel concreto la Questura avesse riscontrato, in relazione ai singoli documenti oggetto dell'istanza ostensiva, la sussistenza delle suindicate esigenze di tutela idonee a precludere l'accesso, avrebbe dovuto in ogni caso verificare la possibilità di consentirne ugualmente la visione e l'estrazione di copia, salvaguardando le parti da mantenere riservate mediante l'oscuramento di esse con qualsiasi tecnica idonea, ivi compresa l'apposizione di "omissis" (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 30 luglio 2002, n. 6857). Cosicché anche sotto questo profilo si evidenzia la fondatezza del ricorso, per non avere l'amministrazione proceduto alla descritta ulteriore verifica.

7.2. In conclusione, un diniego di accesso generalizzato, non meglio motivato con riferimento alle specifiche esigenze sopra segnalate o comunque non opportunamente circoscritto, con gli accorgimenti tecnici di oscuramento - come quello opposto nel provvedimento qui all'esame - non appare coerente con la prescelta lettura del dato normativo sopra richiamata.

8. Infine, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della parte resistente non rileva in senso preclusivo all'accoglimento del presente ricorso il fatto che il provvedimento di ammonimento sia stato impugnato in un separato giudizio - in seno al quale è astrattamente consentito alla parte avanzare istanza per l'acquisizione a fini istruttori della documentazione ritenuta rilevante ai fini del decidere. Ciò in quanto il rimedio speciale previsto a tutela del diritto di accesso deve ritenersi esperibile anche in pendenza di un giudizio amministrativo ordinario, all'interno del quale i documenti oggetto della domanda di accesso possano essere acquisiti, in via istruttoria, dal giudice. La pendenza di un'azione giudiziaria non opera, quindi, in senso preclusivo né per quanto concerne la sussistenza del diritto di accesso previsto dalla l. n. 241 del 1990, né per quanto attiene all'ammissibilità dell'azione prevista dall'art. 25, della stessa legge, essendo rimessa al libero apprezzamento dell'interessato la scelta di avvalersi della tutela giurisdizionale ex art. 25, l. n. 241 citata o di tentare di conseguire la conoscenza dei documenti amministrativi nel giudizio pendente, mediante esibizione istruttoria.

9. In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto. Per l'effetto, va disposto l'annullamento dell'impugnata nota della Questura di Torino del 16 ottobre 2013 e va ordinata, ai sensi dell'art. 116, comma 4, c.p.a., l'esibizione dei documenti oggetto dell'istanza ostensiva, previa verifica, per ognuno di essi: I) dell'insussistenza in concreto delle esigenze di tutela, in relazione alle situazioni riportate nell'art. 24, comma 6, lett. c), della l. n. 241/1990; II) qualora le suddette esigenze siano riconosciute esistenti, della possibilità di salvaguardarle consentendo ugualmente l'accesso, previo oscuramento delle parti dei documenti da mantenere riservate. L'esibizione, da parte della P.A., dei documenti richiesti, ai sensi dell'art. 116, comma 4, cit., dovrà avvenire nel termine di giorni trenta dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, decorso inutilmente il quale si procederà, su istanza di parte, alla nomina di un Commissario ad acta deputato a provvedere agli adempimenti appena descritti, in danno dell'Amministrazione inerte.

Si ravvisano giusti motivi di compensazione delle spese di lite, stante la complessità dei profili applicativi della normativa richiamata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e l'effetto annulla l'atto impugnato e ordina all'amministrazione resistente di consentire al ricorrente la consultazione e l'estrazione di copia dei documenti richiesti, con i limiti e le modalità indicate in motivazione.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.