Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 11 giugno 2015, n. 2873
Presidente: Zaccardi - Estensore: Veltri
FATTO
1. Gli attuali appellati sono proprietari di alcune delle aree per le quali è stato disposto in parte l'asservimento ad una linea elettrica necessaria per collegare un parco eolico alla rete di trasmissione nazionale. Essi hanno impugnato, in particolare, non solo il decreto dirigenziale della Regione Campania n. 28 del 23 gennaio 2014 (come rettificato con decreto dirigenziale n. 46 del 5 febbraio 2014) di asservimento ed occupazione temporanea, ma anche la pregressa autorizzazione unica rilasciata con decreto dirigenziale della Regione Campania n. 255 del 7 giugno 2013 in favore di Alisea s.r.l. "per la costruzione e l'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica mediante tecnologia eolica da realizzarsi nel comune di Lacedonia in località Macchialupo", di potenza complessiva massima fino a 47,5 MW, per complessivi 19 aerogeneratori.
2. Il TAR, superando le eccezioni di tardività e di inammissibilità del ricorso, ha accolto il ricorso ed annullato gli atti (nei limiti dell'interesse dei ricorrenti) ritenendo che il ricorso: a) fosse tempestivo, in quanto la conoscenza dell'autorizzazione unica era avvenuta all'atto della notifica individuale del decreto di asservimento; b) fosse fondato, in quanto la notifica collettiva dell'avvio del procedimento di apposizione del vincolo, nell'ambito del procedimento di autorizzazione unica, non conteneva il riferimento ai nominativi dei proprietari, ma solo quello alle particelle catastali.
3. Propone ora appello Alisea (società beneficiaria dell'asservimento). Precisa in fatto che l'impianto consta di 19 aerogeneratori, opere elettriche interne al parco ed opere elettriche di rete costituite da stazione di smistamento ed elettrodotto aereo ad alta tensione lungo quasi 20 km, opere quest'ultime, che, una volta realizzate, sono destinate ad essere cedute a Terna s.p.a. per divenire parte della rete di trasmissione nazionale di energia elettrica. Esse interessano 441 particelle catastali, tra aree in esproprio ed in asservimento, ed una superficie complessiva di oltre mq 500.000. In forza del DD 255/2013 Alisea ha partecipato con successo all'asta per il 2014 indetta da GSE s.p.a. per gli incentivi ventennali, comunque subordinati all'entrata in esercizio dell'impianto entro ottobre 2015. Durante il lungo iter amministrativo per il rilascio dell'autorizzazione unica, l'iniziativa progettuale ha ricevuto pubblicizzazione in occasione dell'istanza di VIA (Corriere della sera, pagine interne corriere del mezzogiorno - 2009), della convocazione della prima conferenza di servizi (maggio 2011 - sito istituzionale Regione), della rimodulazione del progetto (Corriere della sera, pagine interne corriere del mezzogiorno - 2011 una prima volta e 2012 una seconda volta), dell'avvio del procedimento di apposizione del vincolo espropriativo e della dichiarazione di p.u. a mezzo di avviso su Corriere della sera, pagine interne corriere del mezzogiorno del 5 maggio 2013, sull'albo pretorio degli enti interessati, nonché sul BURC digitale n. 26 del 13 maggio 2013.
4. Essa deduce in diritto:
1) violazione degli artt. 13, 14, 15, art. 133 del c.p.a. L'autorizzazione unica avrebbe ad oggetto opere elettriche destinate ad essere cedute a Terna s.p.a. per divenire parte della rete di trasmissione nazionale di energia elettrica. Il TAR avrebbe errato nel non rilevare d'ufficio che la controversia rientra nella competenza funzionale del TAR Lazio;
2) violazione dell'art. 14-ter comma 10 della l. 241/1990, ed art. 41 comma 2 c.p.a. Il TAR avrebbe errato nel ritenere tempestivo il ricorso notificato il 16 aprile 2014, avverso l'autorizzazione unica pubbl. su BURC n. 39 del 22 luglio 2013. Né il successivo decreto di asservimento varrebbe a rimettere in termini i ricorrenti, atteso che essi deducono solo vizi relativi all'autorizzazione unica;
3) violazione artt. 17, 52-bis, comma 2, e 53-ter, comma 1, d.P.R. 327/2001. Poiché le opere riguarderebbero una infrastruttura lineare energetica, le notifiche collettive sono state fatte ai sensi dell'art. 52-ter d.P.R. 327/2001 e non dell'art. 11 e 17 della medesima fonte. Il termine di impugnazione avrebbe dovuto decorrere dall'ultima delle pubblicazioni effettuati ai sensi delle norme citate, con conseguente tardività del ricorso;
4) violazione dell'art. 35, 41 c.p.a.; dell'art. 12 d.P.R. 387/2003, 14 e ss. della. l. 241/1990. Contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato agli enti intervenuti in conferenza di servizi, ed in particolare al Comune di Lacedonie, ad ARPAC, ASL di Avellino, Provincia di Avellino ed altri ancora;
5) violazione dell'art. 60 c.p.a. e 111 Cost. Il TAR avrebbe definito la causa con sentenza in forma semplificata in difetto dei presupposti della "completezza del contraddittorio e dell'istruttoria". In particolare Alisea sarebbe stata costretta ad una frettolosa costituzione, la Regione non ne avrebbe avuto affatto il tempo; la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti di Terna s.p.a. sarebbe stata disattesa;
6) violazione dell'art. 39 c.p.a., 100 e 103 c.p.c. Contrariamente a quanto ritenuto dal TAR il ricorso collettivo proposto sarebbe inammissibile per diversità delle situazioni di fatto poste a base delle doglianze dei singoli;
7) violazione degli artt. 11, 16 e 52-ter del d.P.R. 327/2001. Omesso esame delle risultanze processuali. Violazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza. La sentenza, pur muovendo da premesse generali corrette in ordine alla necessità che l'avviso collettivo contenga elementi utili al raggiungimento dello scopo, avrebbe fatto erronea applicazione dei principi, atteso che le particelle catastali indicate erano senz'altro sufficienti ad individuare anche i proprietari, a maggior ragione quando, come nel caso di specie, la pubblicità fatta mediante la sola menzione delle particelle catastali è continuata e ripetuta;
8) violazione degli artt. 11, 16 e 52-ter d.P.R. 327/2001. Omesso esame delle risultanze processuali. A differenza di quanto affermato dal TAR, l'avviso è stato inserito anche sul sito informatico della Regione Campania, a mezzo della pubblicazione sul BURC digitale, accessibile tramite il predetto sito;
9) Omesso esame delle risultanze processuali. Violazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza. Erronea sarebbe anche la statuizione del TAR secondo cui un ulteriore profilo di difformità dell'avviso rispetto alla fattispecie legale attiene alla mancata pubblicazione su quotidiani a diffusione nazionale. Innanzitutto, secondo l'appellante, si applicherebbe l'art. 52-ter e non l'art. 11 del d.P.R. 327/2011, con conseguente obbligo alternativo di pubblicazione su un quotidiano nazionale "o" locale. In ogni caso il Corriere del Mezzogiorno costituirebbe allegato del Corriere della Sera;
10) violazione dell'art. 21-octies della l. 241/1990, degli artt. 11, 16 e 52-ter d.P.R. 327/2001. Violazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza. Contrariamente a quanto affermato dal Giudice di prime cure, l'art. 21-octies dovrebbe essere interpretato in modo tale da evitare di gravare l'amministrazione di una "probatio diabolica", quale sarebbe quella consistente nel dover dimostrare in modo pieno che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l'esito del procedimento. Conseguente dovrebbe ritenersi che gravi sul privato quanto meno l'onere di allegare gli elementi che avrebbe potuto introdotte nel procedimento ove avesse appreso dello stesso. Nel caso di specie i ricorrenti non avrebbero assolto a tale onere. Inoltre il TAR avrebbe omesso di considerare che l'assoggettamento a servitù per il passaggio delle condutture elettriche è direttamente previsto dalla legge, sicché la Regione non aveva l'onere di dimostrare alcunché. In ogni caso l'amministrazione non avrebbe potuto individuare un diverso percorso dell'elettrodotto, né condividere l'apporto partecipativo dei sigg.ri M., Z., G. e S., per una serie di considerazione che l'appellante analiticamente non manca di indicare.
5. In appello si è costituita la Regione e solo due degli originari ricorrenti (S. e G.). Gli altri tre (M. Antonia e Rosalba, e Z.) hanno rinunciato al ricorso di primo grado ed agli effetti della sentenza.
5.1. I sigg.ri S. e G. eccepiscono l'improcedibilità dell'appello per acquiescenza, a seguito della rinnovazione del procedimento espropriativo da parte della Regione Campania (nota del 19 giugno 2014, n. 421371). In ogni caso, nell'ambito del nuovo procedimento, proprio a seguito del contributo partecipativo degli odierni appellati, sarebbe emersa l'esistenza di usi civici asseritamente ostativi.
6. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 31 marzo 2015.
7. Anche la Regione ha proposto autonomo appello.
Deduce in diritto:
1) violazione dell'art. 14-ter, comma 10, della l. 241/1990, dell'art. 35, comma 1, lett. a), e art. 41, comma 2, c.p.a. Erroneamente il primo giudice avrebbe applicato l'art. 17 del 327/2001, in luogo dell'art. 14-ter e comma 10 della l. 241/1990 in punto di opere soggette a VIA;
2) violazione degli artt. 14 e ss. della l. 241/1990. Violazione dell'art. 60 c.p.a. Il ricorso avrebbe dovuto notificarsi a tutti gli enti che in conferenza di servizi hanno espresso parere favorevole;
3) violazione degli artt. 11 e 52-ter del d.P.R. 327/2001. Il giudice di prime cure avrebbe ritenuto essenziale l'indicazione dei nominativi dei proprietari interessati, nonostante tale previsione non sia contenuta né nell'art. 11 né nell'art. 52-ter, ed ancorché l'indicazione delle particelle catastali fosse già sufficiente ad individuare i proprietari.
8. Nel giudizio si è costituita Alisea, aderendo all'appello.
9. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 31 marzo 2015.
DIRITTO
1. Concernendo la medesima sentenza i due appelli debbono essere riuniti così da essere congiuntamente decisi.
2. Essi sono entrambi infondati.
2.1. In via preliminare deve chiarirsi che non può qualificarsi acquiescenza la spontanea esecuzione della sentenza di primo grado. Nel caso di specie poi, la Regione ha riavviato il procedimento (garantendo la partecipazione prima pretermessa secondo il giudice di prime cure) avendo cura, proprio al fine di evitare eccezioni dilatorie, di precisare che ciò non costituisce acquiescenza.
A. Quanto al gravame proposto da Alisea s.r.l.
1. Con il primo motivo essa deduce la violazione degli artt. 13, 14, 15, art. 133 del c.p.a. L'autorizzazione unica avrebbe ad oggetto opere elettriche destinate ad essere cedute a Terna s.p.a. per divenire parte della rete di trasmissione nazionale di energia elettrica. Il TAR avrebbe errato nel non rilevare d'ufficio che la controversia rientra nella competenza funzionale del TAR Lazio;
L'assunto non è condivisibile.
Secondo l'art. 135 c.p.a. rientrano nella competenza funzionale del TAR Lazio le controversie relative "ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale". Nel caso di specie, se è pur vero che parte delle opere sono strumentali alla connessione dell'impianto eolico alla rete di trasmissione nazionale (RTN), ciò non vale a qualificarle, quanto meno ai fini della ratio che presiede alla distribuzione della competenza funzionale, quali infrastrutture "ricomprese" nella RTN, rimanendo piuttosto preminente il loro carattere di opere di mera connessione.
2. Con il secondo motivo l'appellante deduce: violazione dell'art. 14-ter, comma 10, della l. 241/1990, ed art. 41, comma 2, c.p.a. Il TAR avrebbe errato nel ritenere tempestivo il ricorso notificato il 16 aprile 2014, avverso l'autorizzazione unica pubbl. su BURC n. 39 del 22 luglio 2013. Né il successivo decreto di asservimento varrebbe a rimettere in termini i ricorrenti, atteso che essi deducono solo vizi relativi all'autorizzazione unica;
Tale motivo può essere deciso unitamente al terzo con il quale è dedotta la violazione degli articoli 17, 52-bis, comma 2, e 53-ter, comma 1, d.P.R. 327/2001. Poiché le opere riguarderebbero una infrastruttura lineare energetica, le notifiche collettive sono state fatte ai sensi dell'art. 52-ter d.P.R. 327/2001 e non dell'art. 11 e 17 della medesima fonte. Il termine di impugnazione avrebbe dovuto decorrere dall'ultima delle pubblicazioni effettuate ai sensi delle norme citate, con conseguente tardività del ricorso;
3. Questi motivi sono infondati. L'assunto del TAR - che come appresso meglio si chiarirà merita integrale conferma - è che la notifica collettiva, consentita dalle norme richiamate quando il numero dei proprietari interessati sia elevato, ove non idonea a consentire ai destinatari l'effettiva conoscenza deve ritenersi inefficace, come tale ininfluente rispetto alla percezione dell'atto e della sua rilevanza e lesività rispetto agli interessi dei proprietari. Tanto vale sia per l'avviso di avvio del procedimento sia per il provvedimento terminativo. Il dies a quo del termine decadenziale scatta, in presenza di provvedimenti collettivi per i quali non siano rispettate le cautele tese a rendere concretamente idoneo il mezzo di conoscenza, quando il soggetto matura, in forza di eventi giuridici o materiali successivi, la piena conoscenza. Cosa che nel caso di specie è avvenuta al momento della notifica individuale del decreto di asservimento.
4. Con il quarto motivo è dedotta la violazione dell'art. 35, 41 c.p.a.; dell'art. 12 d.P.R. 387/2003, 14 e ss. della. l. 241/1990. Contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato agli enti intervenuti in conferenza di servizi, ed in particolare al Comune di Lacedonie, ad ARPAC, ASL di Avellino, Provincia di Avellino ed altri ancora.
Il motivo è privo di pregio.
È pur vero che secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato il ricorso deve essere notificato a tutte le amministrazioni che, nell'ambito della conferenza, hanno espresso pareri o determinazioni che la parte ricorrente avrebbe avuto l'onere di impugnare autonomamente se gli stessi fossero stati adottati al di fuori del peculiare modulo procedimentale, e tuttavia - come puntualmente segnalato dal TAR - la parte privata si duole della illegittimità non di specifici atti di assenso adottati nell'ambito della predetta conferenza di servizi, ma dell'atto terminale del procedimento, individuabile nella autorizzazione unica regionale n. 255/2013, solo da essa derivando l'effetto pregiudizievole connesso all'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei diritti reali necessari alla realizzazione dell'opera de qua ed alla dichiarazione di pubblica utilità di quest'ultima.
5. Con il quinto motivo l'appellante ha dedotto la violazione dell'art. 60 c.p.a. e 111 Cost. Il TAR avrebbe definito la causa con sentenza in forma semplificata in difetto dei presupposti della "completezza del contraddittorio e dell'istruttoria". In particolare Alisea sarebbe stata costretta ad una frettolosa costituzione, la Regione non ne avrebbe avuto affatto il tempo; la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti di Terna s.p.a. sarebbe stata ingiustamente disattesa.
L'appellante descrive i tempi contingentati della camera di consiglio ed il possibile fisiologico evolversi verso una pronuncia definitiva anziché cautelare: nessuna specifica censura è dedotta in ordine ad una eventuale e specifica violazione delle norme processuali che governano il rito e lo strumento della sentenza semplificata. Quanto alla sussistenza dei presupposti (completezza del contraddittorio e dell'istruttoria) nessun dubbio può porsi: Terna non era un controinteressato cui notificare il ricorso, ed il suo interesse indiretto a rendersi cessionario delle opere di connessione, non poteva certo giungere sino ad opporsi a quello dei privati interessati alla rimozione delle illegittimità per essi pregiudizievoli.
6. Quanto alla violazione dell'art. 39 c.p.a., 100 e 103 c.p.c. (ricorso collettivo inammissibile per diversità delle situazioni di fatto poste a base delle doglianze dei singoli di cui al sesto motivo di ricorso), può replicarsi con le affermazioni del TAR - del tutto condivise dal collegio - nella parte in cui evidenziano "che l'identità delle situazioni sostanziali fatte valere dalle ricorrenti si correla alla comune lesione che le stesse assumono di aver subito nelle facoltà partecipative di cui sono titolari, restando sullo sfondo la diversità delle situazioni di fatto in cui si trovano, insuscettibile in quanto tale di palesare profili di conflittualità tra i rispettivi interessi, quale elemento eventualmente ostativo alla proposizione da parte loro del ricorso collettivo in esame"
7. Con il settimo motivo è dedotta la violazione degli artt. 11, 16 e 52-ter del d.P.R. 327/2001. Omesso esame delle risultanze processuali. Violazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza. La sentenza, pur muovendo da premesse generali corrette in ordine alla necessità che l'avviso collettivo contenga elementi utili al raggiungimento dello scopo, avrebbe fatto erronea applicazione dei principi, atteso che le particelle catastali indicate erano senz'altro sufficienti ad individuare anche i proprietari, a maggior ragione quando, come nel caso di specie, la pubblicità fatta mediante la sola menzione delle particelle catastali è continuata e ripetuta.
Questo è la questione centrale del contenzioso.
In proposito la Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi, chiarendo che "in tema di espropriazione per pubblica utilità l'avviso di cui all'art. 11, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 deve contenere, per essere legittimo, l'indicazione delle particelle e dei nominativi, quali indefettibili elementi diretti ad individuare i soggetti espropriandi ed i beni oggetto del procedimento amministrativo, e ciò sia che la comunicazione avvenga personalmente, sia che essa avvenga in forma collettiva mediante avviso pubblico; le modalità di comunicazione, seppur semplificate nella forma e nel numero, devono infatti essere idonee a raggiungere lo scopo dell'effettiva conoscenza, di guisa che il proprietario inciso sia posto in grado di optare o non per la partecipazione procedimentale in chiave difensiva" (così, C.d.S., Sez. IV, 15 aprile 2013, n. 2070).
Non giova all'appellante la circostanza che la pubblicità dell'iniziativa sia stata ripetuta e continua, atteso che, se essa è singulatim inidonea ad entrare nella sfera di conoscibilità dei singoli interessati, la reiterazione non ne incrementa l'efficacia.
8. Con l'ottavo motivo l'appellante deduce, sotto altro profilo, la violazione degli artt. 11, 16 e 52-ter d.P.R. 327/2001. A differenza di quanto affermato dal TAR, l'avviso sarebbe stato inserito anche sul sito informatico della Regione Campania, a mezzo della pubblicazione sul BURC digitale, accessibile tramite il predetto sito;
Il motivo è privo di pregio. Una cosa è la pubblicazione dell'avviso sulla parte pubblica ed immediatamente visibile ed accessibile del sito istituzionale, altra è sostenere - come ha fatto l'appellante - che l'inserimento dell'avviso nel BURC digitale equivalga, a motivo della sua accessibilità on line, a pubblicazione sul sito. E evidente che la pubblicazione sul BURC non ha la stessa potenzialità informativa della pubblicazione sul sito: solo sapendo già dell'avviso, il destinatario potrebbe essere spinto a ricercare sul BURC per avere conferma dell'ufficialità; qui è tuttavia in discussione proprio l'effettiva conoscibilità della notizia e non il suo valore legale.
9. Ancora, l'appellante deduce con il nono motivo l'erroneità della statuizione del TAR in punto di ritenuta mancata pubblicazione su quotidiani a diffusione nazionale. Innanzitutto, secondo l'appellante, si applicherebbe l'art. 52-ter e non l'art. 11 del d.P.R. 327/2011, con conseguente obbligo alternativo di pubblicazione su un quotidiano nazionale "o" locale. In ogni caso il Corriere del Mezzogiorno costituirebbe allegato del Corriere della Sera.
La censura è priva di rilevanza. Anche a volere ammettere l'applicabilità dell'art. 52-ter del testo unico espropri, le conclusioni non potrebbero mutare attesa l'inidoneità dei contenuti del messaggio pubblicato.
10. Con il decimo ed ultimo motivo l'appellante deduce la violazione dell'art. 21-octies della l. 241/1990, Contrariamente a quanto affermato dal Giudice di prime cure, l'art. 21-octies dovrebbe essere interpretato in modo tale da evitare di gravare l'amministrazione di una "probatio diabolica", quale sarebbe quella consistente nel dover dimostrare in modo pieno che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l'esito del procedimento. Conseguente dovrebbe ritenersi che gravi sul privato quanto meno l'onere di allegare gli elementi che avrebbe potuto introdotte nel procedimento ove avesse appreso dello stesso. Nel caso di specie i ricorrenti non avrebbero assolto a tale onere. Inoltre il TAR avrebbe omesso di considerare che l'assoggettamento a servitù per il passaggio delle condutture elettriche è direttamente previsto dalla legge, sicché la Regione non aveva l'onere di dimostrare alcunché. In ogni caso l'amministrazione non avrebbe potuto individuare un diverso percorso dell'elettrodotto, né condividere l'apporto partecipativo dei sigg.ri M., Z., G. e S., per una serie di considerazioni che l'appellante analiticamente non manca di indicare.
Quello appena profilato è il tema dell'efficacia in concreto del contributo partecipativo pretermesso.
L'appellante non è in errore quando delinea l'esigenza di non gravare l'amministrazione di una probatio diabolica, e tuttavia, dinanzi a provvedimenti latamente discrezionali, quali sono quelli localizzativi di un vincolo preordinato all'esproprio, non può pretendersi lo svolgimento di dialettica processuale sostitutiva di quella procedimentale negata (secondo lo schema: il privato osserva, l'amministrazione replica, il giudice decide), non foss'altro perché: a) il tenore letterale della norma ("l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato") lascia pensare a situazioni che, pur in un'aerea di discrezionalità, si prestino, con riguardo al caso concreto ed all'istruttoria compiuta, ad una soluzione sostanzialmente obbligata; b) diversamente ragionando, il confronto meramente processuale da un lato, ed il vaglio giudiziario dall'altro, incrinerebbero la genuinità dell'azione amministrativa nonché il divieto per il giudice di sostituirsi all'amministrazione nell'esercizio dell'attività discrezionale.
Venendo al caso di specie, può escludersi, alla luce delle argomentazioni spese dall'amministrazione - che il procedimento localizzativo non avesse, all'epoca in cui fu avviato, alternativa alcuna. Né può richiamarsi il disposto di legge che consente l'assoggettamento a servitù per il passaggio delle condutture elettriche, atteso che, ciò che è in discussione non è la soggezione al potere, quanto, piuttosto, la localizzazione delle opere.
L'appello di Alisea s.r.l. è in conclusione respinto.
B. Analoghe considerazioni possono farsi in relazione all'appello della Regione.
Essa ha dedotto:
1) violazione dell'art. 14-ter, comma 10, della l. 241/1990, dell'art. 35, comma 1, lett. a), e art. 41, comma 2, c.p.a. Erroneamente il primo giudice avrebbe applicato l'art. 17 del 327/2001, in luogo dell'art. 14-ter e comma 10 della l. 241/1990.
Come chiarito, il riferimento ad un diverso parametro normativo non sposta i termini essenziali della questione, incentrata sull'idoneità o meno dell'avviso collettivo privo dell'indicazione nominativa dei proprietari; questione sulla quale si è già data risposta, ed alla quale non può che farsi rinvio.
2) violazione degli artt. 14 e ss. della l. 241/1990. Violazione dell'art. 60 c.p.a. Il ricorso avrebbe dovuto notificarsi a tutti gli enti che in conferenza di servizi hanno espresso parere favorevole.
Identica censura è stata già innanzi esaminata e respinta.
3) violazione degli artt. 11 e 52-ter del d.P.R. 327/2001. Il giudice di prime cure avrebbe ritenuto essenziale l'indicazione dei nominativi dei proprietari interessati, nonostante tale previsione non sia contenuta né nell'art. 11 né nell'art. 52-ter, ed ancorché l'indicazione delle particelle catastali fosse già sufficiente ad individuare i proprietari.
Anche questo ultimo motivo è stato già ampiamente esaminato ed infine respinto.
In conclusione l'appello della Regione Campania è respinto.
Tutte le questioni sopra esaminate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe indicati, li respinge entrambi.
Condanna Alisea s.r.l., in p.l.r.p.t. e la Regione Campania in persona del Presidente p.t., in solido, alla refusione delle spese di lite sostenute dai sigg.ri S. e G. nella presente fase, che forfettariamente liquida in Euro 3.000,00, oltre oneri di legge.
Le compensa nei confronti dei sigg.ri M. Antonia e Rosalba, e Z., i quali hanno rinunciato al giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.