Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Ordinanza 6 luglio 2015, n. 13864

Presidente: Rordorf - Estensore: D'Ascola

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel maggio 2013 il Fallimento Swim Planet Holding s.p.a. ha chiesto al tribunale di Monza la condanna del comune di Brugherio al pagamento di circa 2 milioni di euro, importo pari al costo delle opere eseguite in attuazione di una convenzione per la gestione del locale Centro Sportivo.

Il Comune si è costituito eccependo, oltre che il difetto di legittimazione ad agire del Fallimento, anche il difetto di giurisdizione del G.O.

Con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione il Fallimento ha chiesto alle Sezioni Unite di affermare la giurisdizione del G.O.

Il Comune di Brugherio ha resistito con controricorso.

Il Procuratore generale ha richiesto, con procedimento ex art. 375 c.p.c., che sia stabilita la giurisdizione del giudice ordinario.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Parte ricorrente ha premesso che nel novembre 2006 l'associazione temporanea di imprese da essa guidata quale mandante si è aggiudicata la gara che prevedeva l'affidamento in gestione per 18 anni del grande Centro sportivo comunale sito tra via Aldo Moro e via Giovanni Bosco e lo svolgimento delle opere di integrale ristrutturazione dei locali; che l'Ati si era impegnata, con la convenzione stipulata nel marzo 2007, a versare il canone annuo di trentaseimila euro e aveva appaltato all'impresa Nicola s.r.l. lavori per nuova palestra e centro benessere per oltre un milione di euro; che la società fallita aveva poi eseguito le opere di ristrutturazione e ampliamento previste, sostenendo costi complessivi per circa 2.070.086,97 euro iva compresa; che il 2 settembre 2011 il Comune aveva dichiarato la risoluzione del contratto e intimato alla società poi fallita il rilascio, senza corrispondere alcun prezzo, delle opere acquisite.

Espone che la curatela del Fallimento ha agito contro il comune di Brugherio per ottenere il pagamento della somma sopraindicata quale costo delle opere eseguite in attuazione della Convenzione o in subordine quale indennizzo per ingiustificato arricchimento.

Ai fini del regolamento preventivo il fallimento Swim deduce che non ha impugnato l'atto di risoluzione del contratto, né ha messo in discussione alcun provvedimento concessorio emesso dall'ente pubblico.

Sostiene che si verte in ipotesi di concessione di costruzione e gestione e invoca i precedenti in argomento emersi in giurisprudenza.

"L'inquadramento della fattispecie" dovrebbe pertanto essere qualificato "in termini di fattispecie pattizia, finalizzata alla realizzazione di un'opera pubblica - remunerata dalla relativa gestione - e non come concessione di un bene pubblico contro il pagamento di un corrispettivo variamente determinato".

Conclude per l'affermazione della giurisdizione ordinaria.

2.2. Il Comune si oppone all'istanza e sostiene che "il sinallagma contrattuale" originatosi con l'atto sottoscritto in data 30 marzo 2007 è quello tipico di una concessione di pubblico servizio.

Espone che ne è oggetto la gestione del centro sportivo, dietro pagamento di un canone, mentre gli interventi manutentivi sono solo quelli correlati a garantire l'efficiente gestione del Centro e non comportano la trasformazione in concessione di lavori pubblici. Nel caso in esame l'oggetto principale del contratto sarebbe la gestione di un bene già esistente e utilizzabile; "Concessione di lavori" vi sarebbe solo se la gestione del servizio pubblico fosse funzionale a remunerare la costruzione dell'opera; "Concessione di servizi" vi sarebbe quando, come nella specie, i lavori sono funzionali a rendere possibile lo svolgimento e la migliore organizzazione del servizio pubblico.

Oltre l'immediato pagamento del canone, parte ricorrente addita, quali ulteriori elementi rivelatori di una concessione di servizi, la circostanza che il canone non è suscettibile di aumento dopo l'effettuazione degli interventi; che altrettanto vale per le tariffe di utilizzo pubblico dei vari impianti; che il fatturato complessivo a favore dell'ente gestore è previsto in una somma (1.300.000 euro annui per 18 anni, quindi 23.400.000 euro) superiore all'importo stimato per i lavori accessori, che è solo di 2.564.000 euro.

Richiama in proposito il disposto dell'art. 20 della direttiva 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti pubblici di concessione, che con riguardo ai contratti di concessione misti di lavori e servizi prevede che il regime giuridico applicabile sia determinato in base all'oggetto principale del contratto in questione.

Ne desume che la lite è inquadrabile tra le controversie che attengono ai pubblici servizi, rimesse alla giurisdizione del giudice amministrativo, salvo che si discuta di indennità e altri corrispettivi, a condizione però che la cognizione non si debba estendere alla risoluzione del rapporto concessorio.

3. Le sezioni Unite ritengono fondata l'istanza.

La requisitoria del procuratore generale ha messo in luce come, proprio stando ai criteri indicati da parte resistente, per stabilire se si sia in presenza di concessione di pubblici servizi o di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica sia rilevante la considerazione degli importi in gioco nell'insieme della pattuizione negoziale di cui trattasi.

A tal fine la comparazione non può avvenire, come vorrebbe parte resistente, tra il costo delle opere e il fatturato che il gestore potrà ricavare dalla conduzione degli impianti, ma deve esser fatto tra le due prestazioni che fanno carico al concessionario gestore.

Ciò che si deve stabilire è infatti se si sia in presenza di un mero affidamento in gestione dell'impianto sportivo, come vorrebbe l'intestazione della convenzione, o se in realtà sia stata chiesta all'impresa contraente la costruzione e gestione di opera pubblica e se la prima assuma valenza preponderante.

Ciò accade senz'altro nel caso di specie, giacché il canone annuo per la gestione degli impianti è di soli trentaseimila euro, mentre il costo delle opere che l'Ati si è impegnata a eseguire ai sensi dell'art. 5 dell'Atto n. 3553 di Repertorio comunale (che rimanda per la descrizione dei lavori ai successivi artt. 11 e 12) supera i due milioni di euro. Tale importo è ben superiore anche a quello dei canoni previsto per i 18 anni di concessione, che non raggiunge complessivamente i 700.000 euro.

È agevole comprendere come il vero oggetto del contratto sia quindi, stante l'interesse concretamente perseguito dalle parti, la realizzazione delle opere e che la gestione degli impianti rilevi quale mezzo per conseguire, dal lato dell'impresa, la remunerazione necessaria, restando al contempo soddisfatto l'interesse dell'amministrazione al funzionamento dei servizi sportivi.

È dunque acconcio al caso di specie, in cui la pretesa del ricorrente Fallimento è di conseguire "il pagamento del costo delle opere eseguite in attuazione della convenzione", il precedente (Cass., Sez. un., 19391/2012) invocato da parte ricorrente.

Le Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare che la controversia relativa alla fase di esecuzione di una convenzione avente ad oggetto la costruzione e la ristrutturazione di un complesso immobiliare (in quel caso destinato ad area termale), nonché l'affidamento in gestione al concessionario dell'offerta al pubblico degli impianti e servizi relativi, previa corresponsione al comune aggiudicatore di un canone annuo, appartiene alla giurisdizione ordinaria, non avendo ormai rilievo, nel vigente quadro normativo, la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell'opera (o di costruzione e gestione congiunte), e sussistendo, piuttosto, l'unica categoria della "concessione di lavori pubblici", nella quale la gestione funzionale ed economica dell'opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario.

Il principio risulta ribadito da Sez. un. n. 11022/2014, la quale ha precisato che la nozione normativa di "concessione di lavori pubblici", che impone il riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie relative alla fase successiva all'aggiudicazione anche per le concessioni "di gestione" o "di costruzione e di gestione", si rinviene - prima ancora che nella direttiva comunitaria di codificazione del 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE (poi recepita dall'art. 3, comma 11, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e nella direttiva 14 giugno 1993, n. 93/37/CEE - nell'art. 1, lett. d), della direttiva 18 luglio 1989, n. 89/440/CEE.

Va inoltre rilevato che la prospettazione attorea non involge la validità degli atti amministrativi che hanno condotto alla stipula della convenzione, né mette in questione l'esercizio di poteri autoritativi, mirando a conseguire - anche subordinatamente a titolo di ingiustificato arricchimento - il prezzo di opere eseguite, nel tentativo di far valere obblighi restitutori conseguenti alla risoluzione del contratto, in forza di pretesa posizione di diritto soggettivo dipendente dal contratto stesso.

Ciò si osserva per ricordare che, come è pacifico in giurisprudenza (da ultimo 11229/2014; 1530/2014), ai fini del riparto della giurisdizione rileva il "petitum" sostanziale, come prospettato nella domanda.

Discende da quanto esposto, in accoglimento della tesi esposta in ricorso, la declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario, al quale la causa va rimessa anche per la liquidazione delle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del presente procedimento.