Corte di cassazione
Sezione VI civile
Sentenza 23 settembre 2015, n. 18834

Presidente: Petitti - Estensore: Manna

IN FATTO

Con decreto del 2 gennaio 2014 la Corte d'appello di Perugia, accogliendo l'opposizione erariale ex art. 5-ter l. n. 89/2001, rigettava la domanda proposta da Giovanni C. per ottenere la condanna del Ministero dell'Economia e delle Finanze al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi dell'art. 2 della l. 24 marzo 2001, n. 89, per la durata irragionevole di un processo amministrativo svoltosi innanzi al TAR Lazio. Inoltre, applicava al ricorrente la sanzione processuale del pagamento di Euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende, ai sensi dell'art. 5-quater legge citata. A base della decisione, la circostanza che nel giudizio presupposto la domanda, diretta ad ottenere il compenso per la partecipazione del ricorrente come elicotterista alle campagne antincendio degli anni 1994-1998, era risultata manifestamente infondata. Negli anni 1994-1997, infatti, non vi era stato impiego di elicotteri dei VV.F.; e nell'anno 1998, in cui tale utilizzo aveva avuto luogo, l'attore non aveva provato di aver preso parte a tale servizio.

Per la cassazione di questo decreto Giovanni C. propone ricorso, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo mezzo d'annullamento è dedotta la violazione dell'art. 2, commi 1, 2, e 2-quinquies, lett. a) e f), l. n. 89/2001, nonché dell'art. 6, par. 1, CEDU, in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c., in quanto l'esclusione del diritto all'indennizzo è prevista dalla citata legge, tra l'altro, nei confronti della parte che nel giudizio presupposto sia stata condannata per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ovvero che abbia abusato dei poteri processuali determinando un'ingiustificata dilazione dei tempi del processo. Situazioni, queste, cui non è riconducibile l'ipotesi di rigetto della domanda per manifesta infondatezza.

Aggiunge parte ricorrente che, nello specifico, non solo il C. nel processo amministrativo presupposto non è stato condannato alle spese, ma altresì il TAR Lazio le ha compensate integralmente in ragione della reciproca soccombenza delle parti.

Né la pretesa poteva ritenersi manifestamente infondata. Il giudice amministrativo ebbe a rigettare la domanda perché solo dal 1998 venne espressamente stipulato un accordo con il COAU (Centro operativo aereo unificato) per la partecipazione organica dei nuclei d'intervento dei VV.F. alle operazioni antincendio. Per gli anni precedenti, invece, in difetto di protocolli ufficiali d'intesa, i servizi effettuati dovevano ritenersi rientranti nelle competenze istituzionali del corpo d'appartenenza, per cui non davano diritto alla speciale indennità maggiorativa.

2. Il secondo motivo d'impugnazione lamenta la violazione dell'art. 5-quater l. n. 89/2001, non configurandosi nella specie (né l'inammissibilità, né) la manifesta infondatezza della domanda, sol che si consideri che il giudizio presupposto aveva avuto una durata di ben 12 anni e che l'odierno ricorrente non ha tenuto alcuna condotta idonea a dilatare la durata del processo.

3. Il primo mezzo d'annullamento è fondato.

Nella giurisprudenza di questa Corte il diritto all'equa riparazione è escluso per ragioni di carattere soggettivo: a) nel caso di lite temeraria (v. fra le tante, Cass. nn. 28592/2011, 10500/2011 e 18780/2010), cioè quando la parte abbia agito o resistito in giudizio con la consapevolezza del proprio torto o sulla base di una pretesa di puro azzardo; b) nell'ipotesi di causa abusiva (cfr. tra le tante, Cass. nn. 7326/2015, 5299/2015, 23373/2014, non massimate, e 22873/2009), che ricorre allorché lo strumento processuale sia stato utilizzato in maniera distorta, per lucrare sugli effetti della mera pendenza della lite; e c) in tutte le ipotesi in cui la specifica situazione processuale del giudizio di riferimento dimostri in positivo, per qualunque ragione, come la parte privata non abbia patito quell'effettivo e concreto pregiudizio d'indole morale, che è conseguenza normale, ma non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo (v. per tutte e da ultimo, Cass. n. 7325/2015).

Il comma 2-quinquies, aggiunto all'art. 2 della l. n. 89/2001 dall'art. 55, comma 1, lett. a), n. 3), del d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012, ha previsto, con elencazione da ritenersi non tassativa, talune ulteriori ipotesi di esclusione dell'indennizzo, in presenza delle quali il giudice non dispone di margini d'apprezzamento della fattispecie.

Tra queste (continua a) non rientra(re) quella della manifesta infondatezza della domanda. Intuitiva l'estraneità al caso in esame delle lett. da b) ad e) del comma 2-quinquies cit., va altresì esclusa sia la previsione di cui alla lett. a), che nega l'equa riparazione alla parte soccombente che sia stata condannata nel giudizio presupposto a norma dell'art. 96 c.p.c., sia quella di cui alla lett. f). Quest'ultima, in particolare, si riferisce ad ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato un'ingiustificata dilazione dei tempi processuali; e dunque ad una condotta interna al processo e di specifica incidenza sulla sua durata, lì dove, invece, la manifesta infondatezza costituisce null'altro che il giudizio critico o di verità che la sentenza di merito esprime sulla postulazione contenuta nella domanda.

Coordinando tra loro il dato positivo attuale (applicabile alla fattispecie) e i precedenti indirizzi di questa Corte, si conferma, dunque, che solo se qualificata dal requisito ulteriore di temerarietà o di abusività la domanda manifestamente infondata osta al riconoscimento di un'equa riparazione.

La Corte di merito si è allontanata da tale ricostruzione della disciplina, estendendo (in difetto di un adeguato ombrello normativo o giurisprudenziale) il divieto d'indennizzo all'ipotesi di manifesta infondatezza della domanda.

4. L'accoglimento della predetta censura determina l'assorbimento del secondo motivo di ricorso. Esclusa l'autonoma rilevanza ostativa della manifesta infondatezza della domanda, viene meno la soccombenza della parte ricorrente e, per l'effetto espansivo interno di cui all'art. 336, 1° comma, c.p.c., la sanzione processuale ex art. 5-quater l. n. 89/2001.

5. Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Perugia, che nel procedere ad un rinnovato esame di merito si atterrà al seguente principio di diritto: "in materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, l'indennizzo è escluso per ragioni di carattere soggettivo nell'ipotesi di lite temeraria, di causa abusiva o nel caso ricorrano altre ragioni che dimostrino in positivo la concreta assenza di un effettivo pregiudizio d'indole morale, nonché nelle altre situazioni elencate dal comma 2-quinquies, aggiunto all'art. 2 della l. n. 89/2001 dall'art. 55, comma 1, lett. a), n. 3), del d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012. Nell'uno e nell'altro elenco non rientra il caso della manifesta infondatezza della domanda, la quale, ove non qualificata dall'ulteriore requisito di temerarietà o di abusività della lite, costituisce null'altro che il giudizio critico o di verità che la sentenza di merito esprime sulla postulazione contenuta nella domanda stessa".

6. Al giudice di rinvio è rimesso, ai sensi dell'art. 385, 3° comma, c.p.c., anche il regolamento delle spese di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e cassa il decreto impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Perugia, la quale provvederà anche sulle spese di cassazione.