Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 19 ottobre 2015, n. 4777

Presidente: Numerico - Estensore: Russo

FATTO

I sigg.ri Francesca e Decio C., sono comproprietari di un fondo sito nel Comune di San Nicola La Strada (CE) in località Cuparella contraddistinto in catasto al foglio 4, particelle 23 e 24 espropriato con decreto di esproprio n. 15173 del 16 giugno 2008 da Autostrade per l'Italia spa, quale concessionaria per la costruzione e l'esercizio dell'autostrada A1 Milano-Napoli, delegata ad emanare tutti gli atti del procedimento espropriativo per la realizzazione dei lavori di ampliamento dell'Area di Servizio di San Nicola la Strada Ovest.

Avverso detto provvedimento, in data 4 dicembre 2008 i ricorrenti proponevano ricorso avanti al Tar Campania, Napoli impugnando tutti gli atti della procedura espropriativa promossa dalla soc. Autostrade per l'Italia Spa.

Il procedimento si concludeva con sentenza di accoglimento n. 4864/09.

Intanto i sigg. C. proponevano giudizio di ottemperanza alla sentenza del Tar Campania n. 4864/2009 chiedendo la restituzione dell'area occupata ovvero l'adozione del provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.

Con sentenza n. 1171 del 2012 resa nel giudizio di ottemperanza, il Tar Campania Napoli dichiarava l'obbligo, in capo all'amministrazione resistente, dell'emanazione di un provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis del t.u. n. 327/2001 e s.m.i. con indicazione del risarcimento del dovuto a parte ricorrente per la perdita della proprietà dei beni e definizione dei parametri in base ai quali definire l'entità dell'indennizzo.

Successivamente in data 29 maggio 2013 i sig. C. inoltravano al Tribunale un'istanza di chiarimenti, e nelle more ricevevano la notifica del decreto di acquisizione ex art. 42-bis prot. 0013349 del 27 giugno 2013.

Avverso tale provvedimento i sig.ri C. ricorrevano ai sensi dell'art. 112, comma 2; 114, comma 4, lett. b), e comma 6, d.lgs. 104/2010 e con ricorso autonomo.

Il primo ricorso è stato dichiarato dal Tar adito improcedibile essendo stato emesso il provvedimento di acquisizione.

In ordine al secondo ricorso, il Tar Campania si è pronunciato con sentenza n. 4694 del 2014 in parte respingendo ed in parte dichiarando inammissibile il ricorso proposto per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, rilevando la competenza del giudice ordinario.

Detta pronuncia è stata successivamente impugnata dai sig.ri Francesca C. e Decio C. che chiedono l'accoglimento dell'appello, con conseguente riforma della sentenza impugnata e conseguente accoglimento del ricorso originariamente proposto. L'appello è affidato a quattro motivi.

Si è costituita Autostrade per l'Italia richiedendo il rigetto dell'appello proposto e la conferma della sentenza impugnata.

In vista dell'udienza di discussione le parti appellanti hanno depositato memoria difensiva e memoria di replica, mentre Autostrade ha depositato memoria e note difensive; entrambe le parti hanno insistito per l'accoglimento delle rispettive domande, eccezioni e conclusioni.

All'udienza pubblica del 9 giugno 2015 la causa è stata spedita in decisione.

DIRITTO

Con una prima censura l'appellante espone error in iudicando in ordine al declinato difetto di giurisdizione. Error in iudicando in relazione all'art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a. ed in considerazione anche dell'art. 30, comma 6, c.p.a.

In particolare, gli appellanti contestano la inammissibilità pronunciata dal giudice di prime cure in ordine al ricorso proposto avverso il decreto di acquisizione emesso dalla soc. Autostrade per l'Italia s.p.a.

Sul punto i ricorrenti affermano la erroneità della sentenza di primo grado per due ordini di motivi; preliminarmente, infatti, in quanto gli appellati non si limitano a muovere rilievi sull'importo dell'indennizzo, bensì evidenziano come sia stato violato il dictum giudiziale. E poi in ordine al difetto di giurisdizione, atteso che, proprio relativamente alle problematiche scaturenti dall'indennizzo di cui all'art. 42-bis del t.u. 327/2001, sarebbe preferibile l'indirizzo che afferma la giurisdizione del giudice amministrativo.

Con la seconda censura, parte appellante ripropone il motivo implicitamente assorbito in primo grado, concernente la violazione o elusione del giudicato non essendosi il giudice pronunciato sul punto.

Al riguardo, le stesse rilevano come il provvedimento impugnato in primo grado travalichi il giudicato formatosi a seguito della precedente statuizione giurisdizionale.

Con la terza censura gli appellanti deducono error in iudicando - contraddittorietà della sentenza di primo grado - erroneità nell'applicazione dell'art. 21-octies della l. 241/1990 - Illogicità ed insufficienza della motivazione - riproposizione degli ulteriori motivi non completamente valutati dal tribunale amministrativo regionale.

Rileva parte appellante l'erroneità della pronuncia di primo grado quanto alla decisione arbitraria assunta da Autostrade per l'Italia di acquisire il terreno senza fornire alcuna motivazione in merito e senza che ci fosse stata una consultazione o una pronuncia dell'ANAS.

Di conseguenza, è evidente l'inapplicabilità al caso di specie del rimedio di cui all'art. 21-octies, atteso che il contenuto del provvedimento sarebbe potuto essere diverso da quello poi emesso quanto meno in ordine alla questione del reliquato, dove sicuramente non sussisteva alcun elemento vincolante, né vi era stato un dictum giudiziale che ne avesse parametrato l'estensione e definito positivamente i presupposti di adozione.

Con la quarta censura gli appellanti espongono error in iudicando. Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha rilevato la inammissibilità degli interventi volontari, sostanzialmente, spiegati dalle seguenti amministrazioni: comando provinciale dei vigili del fuoco, ministero dell'interno, ministero delle infrastrutture e dei trasporti, provveditorato interregionale per le opere pubbliche, Anas spa, Ministero per i beni e le attività culturali, soprintendenza beni architettonici e paesaggistici, patrimoniali e storici artistici e etnoatropologici provincia di Caserta e soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Caserta.

Il ricorso di primo grado è stato notificato esclusivamente alla società Autostrade per l'Italia spa mentre in sentenza risultano come parti resistenti ulteriori amministrazioni. Tali amministrazioni risultano costituite ma in effetti non vi è stato alcun intervento autonomo delle stesse, costituendosi mediante il mero deposito di un atto di costituzione senza indicare le ragioni che fonderebbero l'intervento stesso. Da ciò deriverebbe, a dire degli appellanti, l'erroneità della sentenza gravata che ha ritenuto essere parti del giudizio soggetti che non si erano ritualmente costituiti.

L'appello è infondato.

Com'è noto, in materia di espropriazioni l'ultima tappa è costituita dalla sentenza della Corte costituzionale 30 aprile 2015, n. 71, che si è pronunciata proprio sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), sollevata dalle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione e dal T.A.R. Lazio, con riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97, 111, comma 1 e 2, 113 e 117, comma 1, della Costituzione.

L'art. 42-bis t.u. Espropriazioni è stato introdotto dall'art. 34 comma 1, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito con modificazioni nella l. 15 luglio 2011, n. 111, art. 1, comma 1, a seguito della declaratoria di incostituzionalità per eccesso di delega (Corte cost. sentenza 8 ottobre 2010, n. 293) del previgente art. 43. La norma, rubricata "Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico", nella sua attuale formulazione prevede un particolare meccanismo di "espropriazione semplificata" a seguito di occupazione originariamente illegittima di un bene immobile privato da parte della P.A.

A seguito di tale declaratoria di incostituzionalità, il legislatore introdusse l'art. 42-bis.

Ebbene, la recente sentenza della Consulta n. 71 del 2015 qualifica, in discontinuità con il passato, il nuovo istituto come una "sorta di procedimento espropriativo semplificato, che assorbe in sé sia la dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di esproprio, e quindi sintetizza uno actu lo svolgimento dell'intero procedimento, in presenza dei presupposti indicati dalla norma".

La nuova acquisizione sanante si caratterizza, dunque, per significativi elementi di novità, volti a eliminare le censure che erano state mosse al precedente art. 43. In particolare, l'acquisto della proprietà del bene da parte della P.A. avviene ex nunc solo al momento dell'emanazione dell'atto di acquisizione; si prevede un obbligo di motivazione "rafforzato", con l'esibizione delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico (cfr. sulla necessità di "motivazione particolarmente esaustiva" in caso di occupazione acquisitiva, C.d.S., Ad. Plen. n. 2/2005); nel computo dell'indennizzo viene fatto rientrare non solo il danno patrimoniale, ma anche quello non patrimoniale, forfetariamente liquidato; è inoltre disposto che il passaggio del diritto di proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute; ancora, la nuova disciplina copre tanto le ipotesi precedentemente ricondotte all'occupazione acquisitiva quanto quelle definite come occupazione usurpativa; per il periodo di occupazione senza titolo è computata una somma forfetariamente determinata a titolo risarcitorio; infine, non è più riproposta la c.d. acquisizione in via giudiziaria.

Per ciò che interessa in questa sede, occorre volgere lo sguardo alle motivazioni della sentenza in epigrafe.

In primo luogo, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all'articolo 3 Cost.

La norma - a parere dei giudici costituzionali - non attribuisce un trattamento privilegiato alla P.A. rispetto a qualsiasi altro soggetto dell'ordinamento che abbia commesso un fatto illecito, poiché con l'acquisizione "non retroattiva" la stessa P.A. riprende a muoversi nell'ambito della legalità amministrativa, "esercitando una funzione amministrativa meritevole di tutela privilegiata", salvo il ristoro del pregiudizio patito dal privato, nel periodo di tempo intercorrente tra la data dell'occupazione del fondo e la data del provvedimento di acquisizione sanante. Tale indennità ricomprende tanto il pregiudizio patrimoniale che quello non patrimoniale, non delineando quindi uno statuto deteriore ma ulteriore rispetto all'indennità spettante in caso di espropriazione ordinaria. Ed ancora, neanche l'asserita esposizione in perpetuo del privato al potere di acquisizione sanante viola il principio di uguaglianza, posto che la giurisprudenza amministrativa ha elaborato molteplici soluzioni per reagire all'inerzia della P.A. (ad es.: onere del privato di esperire procedimento di messa in mora della P.A. per poi impugnare l'eventuale silenzio-rifiuto). Né è irragionevole l'aver mutato il precedente regime risarcitorio ex art. 43 t.u. Espropriazioni in un indennizzo derivante da fatto lecito, avente natura di debito di valuta, poiché è comunque corrisposto un indennizzo corrispondente al valore venale del bene calcolato al momento del trasferimento della proprietà stessa.

In secondo luogo, in riferimento all'art. 24 Cost., il diritto di difesa del privato non è sacrificato né impedito ma semplicemente "conformato".

Ma i dubbi di costituzionalità contenuti nelle ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale attenevano anche alla presunta violazione dell'art. 42 Cost.: i giudici di legittimità, infatti, sottolinearono che la potestà espropriativa ha carattere eccezionale in presenza di "motivi di interesse generale", necessariamente da evidenziarsi con l'adozione di pubblica utilità in una fase preliminare ed autonoma al procedimento espropriativo in senso stretto. A tale ragionamento, la Consulta replica, sostenendo che l'adozione dell'atto acquisitivo è concessa alla P.A. esclusivamente allorché costituisca "extrema ratio per la soddisfazione di attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico", risultando così valorizzati i motivi di interesse generale ex art. 42 Cost. La funzione sociale esprime, infatti, "accanto alla somma dei poteri attribuiti al proprietario nel suo interesse, il dovere di partecipare alla soddisfazione di interessi generali".

Infine, l'argomentazione più impegnativa per i giudici costituzionali è sicuramente quella relativa alla presunta violazione della norma in esame dell'art. 117 Cost., letto in combinato disposto con l'art. 6 della CEDU e dell'art. 1 Primo Protocollo Addizionale, e dell'art. 111 Cost. Le questioni sono dichiarate entrambe infondate. Per la Consulta, l'art. 42-bis, infatti, elimina quella situazione di "défaillance structurelle" lamentata dalla Corte EDU riguardo al fenomeno italiano delle espropriazioni indirette, in considerazione dell'efficacia ex nunc del provvedimento, della rinnovazione della valutazione di attualità e prevalenza dell'interesse pubblico all'acquisizione nonché nello stringente obbligo motivazionale. Inoltre, la mancata reintroduzione dell'acquisizione per via giudiziale cancella l'imprevedibilità del procedimento espropriativo, criticamente evidenziata dalla Corte EDU.

Se così stanno le cose, dunque, ne discende, anzitutto, ad avviso del Collegio, che il ristoro previsto dall'art. 42-bis del t.u. espropri configura un indennizzo da atto lecito, sicché le controversie inerenti alla sua quantificazione devono essere devolute alla giurisdizione ordinaria ai sensi dell'art. 133, lett. g), c.p.a.

Invero, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 71/2015, ha chiarito che l'art. 42-bis descrive una procedura espropriativa semplificata nelle forme, ma complessa negli esiti, al termine della quale viene adottato un provvedimento che assorbe in sé sia la dichiarazione di pubblica utilità, che il decreto di esproprio; inoltre, con la sua emanazione la P.A. riprende a muoversi nell'alveo della legalità, esercitando una funzione amministrativa meritevole di tutela privilegiata in ragione degli scopi di pubblica utilità perseguiti, sebbene emersi successivamente alla consumazione di un illecito ai danni del soggetto ablato.

Pertanto, appare non più percorribile l'opzione ermeneutica, accolta dalla più recente giurisprudenza di questa Sezione (v. C.d.S., Sez. IV, n. 933/2014), alla cui stregua si tratterebbe di questioni risarcitorie devolute alla giurisdizione del G.A. Invero, perseverare nell'impostazione che qualifica l'atto di acquisizione sanante come espressione di un potere meramente rimediale di un illecito, significherebbe dare all'art. 42-bis una lettura contrastante con le conclusioni rassegnate dalla Consulta nella sentenza n. 71 del 2015.

Quanto al merito delle questioni, la sentenza oggetto del presente gravame si fonda sul disposto dell'art. 42-bis del d.P.R. 327 del 2001 e ottempera al giudicato disposto della sentenza della V sez. Tar Campania n. 1171 del 23 febbraio 2012.

Come fondatamente eccepito dalla società appellata, appare, inoltre, nella specie inderogabile l'applicazione dell'art. 42-bis, e la motivazione della scelta in concreto effettuata, come risulta dal provvedimento impugnato, dimostra in maniera inequivoca l'esistenza di concrete e dimostrate esigenze di pubblico interesse, afferenti alla "decelerazione in sicurezza del veicolo...", trattandosi di "corsia specializzata per la svolta a destra, costituita da un tratto necessario per il cambio di corsia (tronco di manovra) e da un tratto dove si effettua la maggior parte della decelerazione (tronco di decelerazione"), essendo così dimostrata "la funzione essenziale dell'opera e l'inesistenza tecnica di soluzioni alternative" e, quindi, "recessiva la pretesa dei privati all'ottenimento del bene, risultando prevalenti le esigenze di pubblico interesse alla sicurezza del trasporto autostradale". Inoltre, il cespite dei ricorrenti ha destinazione urbanistica a zona agricola e tale condizione rimane invariata anche a seguito della realizzazione dell'opera pubblica.

Né ha fondamento l'asserita violazione e/o elusione del giudicato, dal momento che, come si è detto, e si ripete, nella specie il ricorso alla procedura prevista dall'art. 42-bis del d.P.R. 327 del 2001 è atto che ottempera al giudicato della sentenza n. 1171 del 2012.

Inoltre, l'entità dell'indennizzo riconosciuto appare pienamente rispondente al valore di mercato del bene, sito in zona agricola del PRG, dovendosi rilevare che l'entità dell'indennizzo è stato definito tramite un rigorosa istruttoria da parte della società appellata.

Né parte appellante ha addotto elementi idonei in senso contrario, non avendo allegato alcun elemento di prova volto a supportare la critica alla determinazione dell'indennizzo operata dall'appellata (cfr. C.d.S., sez. V, 18 settembre 2006, n. 5438).

Da ultimo, come eccepito in apposita memoria dall'Avvocatura erariale, occorre rilevare la legittimità della costituzione delle Amministrazioni, anche nel presente grado di giudizio, tenuto conto che l'appello risulta notificato anche nei confronti delle Amministrazioni statali e, semmai, occorrerebbe rilevare, come pure eccepito dall'Avvocatura, il difetto di legittimazione passiva in relazione alla loro estraneità al giudizio così instaurato, in quanto la competenza in relazione alla procedura espropriativa appartiene solo alle Autostrade per l'Italia, quale concessionaria per la costruzione e l'esercizio dell'autostrada A1 Milano-Napoli, appartenendo solo al soggetto cui fa capo la realizzazione dell'opera pubblica l'onere di espletare tutte le attività per l'avvio ed il compimento del procedimento espropriativo e quindi anche del provvedimento di acquisizione de quo agitur.

Ne consegue che l'appello deve essere respinto, dovendosi confermare la sentenza impugnata, la cui motivazione deve solo essere integrata con le osservazioni più sopra esposte, rese a seguito dell'intervento della Consulta in subiecta materia con la citata sentenza n. 71 del 2015.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Pone a carico degli appellanti le spese del presente grado, che si liquidano complessivamente in euro 2.000,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.