Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Brescia, Sezione I
Sentenza 26 novembre 2015, n. 1595

Presidente: Calderoni - Estensore: Bertagnolli

FATTO

A seguito della modifica dello Statuto comunale (intervenuta con deliberazione del Consiglio comunale del 15 ottobre 2014, n. 27, incidente sull'art. 36, comma 2, dello Statuto del Comune di Carpenendolo), il Sindaco ha usufruito della possibilità così riconosciutagli di nominare, tra i cinque assessori di cui può essere composta la Giunta, uno o più candidati non eletti della lista di maggioranza, designando come assessore con delega all'Urbanistica ed Edilizia privata il controinteressato, sig. Gabrio Botturi.

Ciò sarebbe avvenuto, secondo i ricorrenti, in violazione della normativa volta a garantire le "quote rosa" nella composizione dell'organo giuntale.

Dopo aver ricordato la giurisprudenza che legittima ogni consigliere comunale che possa "aspirare" alla nomina ad assessore, al rispetto delle regole cui soggiace la composizione della Giunta, così da fornire adeguati elementi per la valutazione della legittimazione all'esercizio dell'azione giudiziaria, il ricorso propone un'ampia panoramica sulla normativa e la giurisprudenza che impongono al Sindaco di rispettare l'obbligo di garantire un'adeguata presenza di entrambi i sessi nella formazione della propria Giunta.

Obbligo che, per essere rispettato anche nella fattispecie in esame, avrebbe dovuto condurre alla nomina di una componente di sesso femminile, considerato che gli altri assessori già membri della Giunta erano uomini, come il Sindaco, tranne una sola donna.

Nel caso di specie, le disposizioni normative derivanti dall'art. 1, comma 137, della l. n. 56/2014 sarebbero state violate, in quanto il provvedimento sindacale impugnato non reca alcun riferimento all'attività istruttoria concretamente espletata da parte del Sindaco di Carpenedolo al fine di raccogliere la disponibilità alla nomina di assessore da parte di persone di genere femminile residenti nel Comune.

Ciò, considerato che l'unica donna interpellata, candidata non eletta nella lista di maggioranza, sig.ra Pari Noemi, ha negato la propria disponibilità a ricoprire la carica assessorile per motivi familiari e personali, ma, in realtà, non avrebbe potuto essere nominata, in quanto già designata come rappresentante del Comune nel Consiglio di Amministrazione della società di gestione della farmacia comunale.

E che l'istruttoria sia stata omessa parrebbe confermato dal fatto che lo stesso Sindaco aveva preannunciato l'intenzione di nominare Assessore il sig. Botturi già nella seduta del Consiglio comunale del 5 giugno 2014, quando ha chiarito la volontà della maggioranza di apportare la necessaria modifica allo Statuto (che non prevedeva la nomina di assessori "esterni" e, quindi, scelti tra soggetti diversi dai consiglieri eletti) in tempi molto brevi, così da poter presto contare sulle "qualità professionali" del sig. Botturi.

Si è costituito in giudizio il Comune, il quale ha, in primo luogo, eccepito il difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere dei ricorrenti.

Lo stesso ha, altresì, chiarito, in punto di fatto, che già prima della nomina della Giunta nella sua composizione originaria, il Sindaco aveva provveduto ad interpellare tutte le consigliere elette nel gruppo di maggioranza, ottenendo la disponibilità alla nomina come assessore della sola consigliera poi effettivamente nominata tale e, dunque, l'unica già componente dell'Organo.

Per quanto attiene alla sola donna non eletta nella lista di maggioranza, peraltro, a nulla rileverebbe il fatto che la stessa fosse stata nominata come rappresentante del Comune nel Consiglio di Amministrazione della società di gestione della farmacia comunale, in quanto essa avrebbe potuto accettare la nomina assessorile e, contestualmente, presentare le proprie dimissioni dalla funzione suddetta.

In sede cautelare si è ritenuto che le ragioni dei ricorrenti potessero essere soddisfatte con una pronta fissazione della trattazione del ricorso nel merito.

In vista della pubblica udienza, le parti hanno depositato memorie e repliche, nelle quali hanno ribadito quanto già più sopra rappresentato.

Alla pubblica udienza dell'11 novembre 2015, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere dei ricorrenti, consiglieri comunali appartenenti alla c.d. "minoranza" del consiglio comunale, i quali, per questa stessa ragione, non potrebbero, secondo la difesa comunale, comunque aspirare ad essere chiamati a fare parte della Giunta comunale, data la recente modifica dello Statuto comunale che lo ha, di fatto, escluso, prevedendo che gli assessori "esterni" possano essere individuati solo tra i candidati di maggioranza risultati non eletti.

Proprio alla luce di questa disposizione, non sussiste, nella fattispecie, quella condizione che gli stessi ricorrenti evidenziano, richiamando la giurisprudenza in materia, e cioè il fatto che il ricorso può ritenersi corredato dei presupposti dell'azione, se i consiglieri ricorrenti possono aspirare essi stessi alla nomina ovvero, più in generale, se l'adozione della deliberazione incida "su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere, dovendosi escludere che ogni violazione di forma o di sostanza nell'adozione di una deliberazione, che di per sé può produrre un atto illegittimo impugnabile dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo, si traduca in una automatica lesione dello "ius ad officium" (C.d.S., n. 593/2014, ma anche, nello stesso senso e con individuazione delle figure sintomatiche di tale lesione, C.d.S. n. 1771 del 2011).

Il Collegio non ravvisa, dunque, ragione di discostarsi dal precedente, del tutto analogo, di cui alla sentenza del T.A.R. Cagliari, 27 giugno 2011, n. 664, in cui si è affermato che "il ricorso proposto per la violazione delle disposizioni costituzionali, legislative e dello statuto comunale poste a tutela della pari opportunità fra i diversi sessi, è inammissibile per difetto di legittimazione, qualora venga proposto da soggetti che facciano valere esclusivamente la qualità di consiglieri comunali", senza provare, dunque, la lesione del munus riconosciutogli dall'ordinamento.

Esclusa la legittimazione a ricorrere come consiglieri di minoranza, deve, però, essere verificata la sussistenza del presupposto dell'azione, in capo ai ricorrenti, come cittadini.

A tale proposito appare pertinente la richiamata pronuncia del T.A.R. Brescia, n. 1 del 5 gennaio 2012, in cui si è stata riconosciuta la legittimazione ad agire alle ricorrenti, in quanto cittadine elettrici del Comune: a ben vedere la loro legittimazione al ricorso "deriva dal fatto che le ricorrenti sono elettrici del Comune di Ghedi astrattamente in possesso dei requisiti per la nomina di assessore e comunque interessate, in quanto cittadine, a tutelare il principio di rappresentanza di genere" (così si legge nella sentenza citata).

Come già anticipato più sopra, la prima condizione, e cioè la possibilità di aspirare alla nomina, non si può ravvisare nella fattispecie in esame, nemmeno come semplici cittadini, dal momento che lo Statuto prevede che gli Assessori possano essere scelti solo tra i candidati non eletti della lista di maggioranza, ma ciò non può escludere che la ricorrente di sesso femminile sia comunque portatrice di un interesse differenziato, come cittadina interessata "a tutelare il principio di rappresentanza di genere".

Peraltro, proprio la presenza della richiamata disposizione statutaria, recentemente adottata e non impugnata, nemmeno dagli odierni ricorrenti e neanche con il ricorso in esame, non può che determinare il rigetto del ricorso.

La nuova versione dell'art. 36, comma 2, dello Statuto comunale, infatti, si limita, in modo del tutto generico, ad attribuire al Sindaco il potere di nominare "uno o più assessori tra i candidati non eletti della lista di maggioranza". Tale disposizione è "asessuata", in quanto non introduce alcuna disparità di genere, ma, al contrario, potrebbe anche rappresentare uno strumento idoneo a consentire al Sindaco di riequilibrare eventuali carenze di rappresentanza, pur limitando la ricerca dei possibili aspiranti assessori all'interno di una ristretta cerchia di soggetti.

Ciò è comunque sufficiente per escludere che possa anche solo ipotizzarsi una disapplicazione della norma statutaria per procedere ad una eterointegrazione dello Statuto stesso con i principi di non discriminazione e tutela della rappresentanza di genere ricavabili dal d.lgs. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna), dall'art. 46, comma 2, del d.lgs. 267/2000 e dall'art. 1, comma 137, della l. n. 56/2014.

Come chiarito dal Consiglio di Stato nella sentenza sez. V, 18 dicembre 2013, n. 6073, "L'attuazione del suddetto principio non può essere condizionata dall'omissione o ritardo del Consiglio comunale nel provvedere alla modifica dello statuto" tanto che, nell'ottica di imporre il cambiamento negli enti locali, il legislatore ha affermato, con l'art. 1, comma 137, della l. n. 56/2014, che "Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico".

La giurisprudenza riconosce valore cogente e precettivo alla percentuale indicata (C.d.S., 5 ottobre 2015, n. 4626, T.A.R. Campania, I, 13 maggio 2015, n. 2655, T.A.R. Calabria, Catanzaro, 12 febbraio 2015, n. 278), ma non si può trascurare che l'art. 47, comma quattro, del TUEL stabilisce che, nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, l'apertura ai c.d. assessori esterni è rimessa alla discrezionale opzione degli Statuti.

Il Comune di Carpenedolo, che in tale categoria rientra, ha optato, come già detto, per una parziale apertura, ammettendo la possibilità della nomina ad assessore anche di candidati non eletti, purché appartenenti alla lista di maggioranza.

Il significato politico di tale apertura limitata, che va nel segno della governabilità e della condivisione del programma elettorale del Sindaco, appare piuttosto evidente, ma non risulta contrastare con i suddetti principi posti a tutela della parità di genere, in considerazione della facile constatazione, come già più sopra detto, dell'assoluta assenza di contenuto discriminatorio di genere.

Nel caso in esame, dunque, la norma che impone un'adeguata presenza, in Giunta, di entrambi i sessi, è stata applicata tenendo conto, a seguito dell'accertata indisponibilità delle donne elette nella maggioranza, della possibilità di nominare assessori "esterni" solo attingendo alla lista dei candidati non eletti tra i sostenitori del Sindaco, ottenendo, anche in questo caso, un risultato negativo in termini di disponibilità di donne a ricoprire il ruolo di assessore.

Ne risulta dimostrata la conformità dell'attività posta in essere rispetto al dettato della norma, così come chiarito dalla circolare interpretativa del Ministero degli Interni del 24 aprile 2014, con l'obiettivo di attribuire una lettura costituzionalmente orientata ad una disposizione che, se interpretata nel senso di non ammettere deroghe, presenterebbe non pochi profili di incostituzionalità. In essa si afferma, con riferimento al rispetto della percentuale che fissa al 40 per cento la presenza minima di entrambi i sessi nella Giunta, che "laddove non sia possibile occorre un'adeguata motivazione sulle ragioni della mancata applicazione del principio di pari opportunità".

Il tentativo esperito dal Sindaco di rispettare, per la composizione della propria Giunta, l'obbligo della presenza di membri donne nella percentuale del 40 per cento (pari a 2 componenti su di una Giunta di 5 Assessori più il Sindaco), attingendo alle sole possibili aspiranti assessore tra le donne e cioè alle candidate di maggioranza risultate non elette, rappresenta, dunque, quella "adeguata motivazione" ora richiamata. Del resto, lo stesso ricorso precisa, a pag. 11, che il Sindaco ha dato conto della rinuncia alla nomina della sig.ra Noemi Pari e della circostanza che tra i candidati non eletti non vi erano "altre personalità di sesso femminile".

Pertanto, puntualizzato, solo per completezza, che, rispetto alla suddetta rinuncia, è condivisibile la tesi del Comune secondo cui la sig.ra Pari avrebbe potuto optare per abbandonare il suo incarico di Consigliere di Amministrazione della società Carpenedolo Servizi s.r.l. e l'accettazione dell'incarico come assessore, per cui la sua mancata nomina è da imputarsi esclusivamente alla sua libera volontà, nessun'altra attività doveva essere posta in essere dal Sindaco prima di optare per la nomina di un componente di sesso maschile, stante l'incontestata norma statutaria.

Né pare che allo stesso possa essere imputata, come vorrebbe parte ricorrente, una responsabilità nell'"attività promozionale preventiva", in quanto ciò esula dall'oggetto del contendere.

Così respinto il ricorso, le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolare natura della controversia involgente un principio di natura costituzionale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.