Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione I
Sentenza 4 dicembre 2015, n. 1289

Presidente: Nicolosi - Estensore: Falferi

FATTO E DIRITTO

I ricorrenti, tutti ex consiglieri della Regione Veneto o anche ex consiglieri della Regione ed ex parlamentari della Repubblica Italiana e/o ex deputati europei, e titolari, da diverso tempo, di un assegno vitalizio mensile, espongono che, con deliberazione n. 6 del 27 gennaio 2015, la Regione Veneto, in attuazione della l.r. n. 43 del 23 dicembre 2014, ha disposto la riduzione - a partire dalla mensilità di gennaio 2015 - dell'importo lordo mensile del vitalizio degli ex consiglieri e degli ex consiglieri titolari di altri assegni che vantano un reddito annuo ai fini IRPEF superiore ad euro 29.500,00.

I ricorrenti precisano che la detta deliberazione, che ha approvato e fatto pedissequamente propri i criteri di riduzione stabiliti dalla l.r. n. 43/2014, ha una diretta e significativa incidenza negativa nei loro confronti, in quanto rientrando tutti nella fascia reddituale indicata, hanno subito e continueranno a subire una significativa decurtazione del trattamento economico loro riconosciuto e spettante.

Richiamati gli artt. 1 e 2 della l.r. n. 43 del 2014, della quale la deliberazione impugnata costituisce atto di applicazione, i ricorrenti denunciano i seguenti vizi: "-I- 1. Illegittimità derivata per illegittimità costituzionale e comunitaria degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 43 del 23.12.2014 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; 2. Illegittimità della delibera regionale n. 6 del 27.1.2015 per mancanza di motivazione (art. 3 L. 241/1990), violazione di legge (artt. 3, 97 Cost.) e eccesso di potere; -II- 1. Illegittimità derivata per illegittimità costituzionale e comunitaria degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 43 del 23.12.2014 per violazione degli artt. 2, 3, 97 e 117 primo comma della Costituzione; irragionevolezza e arbitrarietà; violazione del principio di certezza dei rapporti e di stabilità del quadro normativo; violazione del principio del legittimo affidamento; 2. Illegittimità della delibera regionale n. 6 del 27.1.2015 per violazione di legge (artt. 2, 3, 97 e 117 Costituzione nonché art. 6 Carte dei diritti dell'uomo e relativo protocollo); violazione del D.L. 10.10.2012, n. 174 convertito con L. 7.12.2012 n. 231, del D.L. n. 138/2011; eccesso di potere; omessa motivazione; -III- 1. Illegittimità derivata per illegittimità costituzionale e comunitaria degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 43 del 23.12.2014 per violazione dell'art. 117 della Costituzione e per violazione dell'art. 38 della Costituzione e per violazione del D.L. 10.10.2012 n. 174, convertito con L. 7.12.2012, n. 213. 2. Illegittimità della delibera regionale n. 6 del 27.1.2015 per violazione di norme di legge (art. 117 e 38 della Costituzione, nonché del D.L. 10.10.2012, n.174, convertito con L. 7.12.2012, n. 213; eccesso di potere e mancanza di motivazione; -IV- 1. Illegittimità derivata per illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 43 del 23.12.2014 per contrasto con gli artt. 53, 3 e 97 della Costituzione; 2. Illegittimità della delibera regionale n. 6 del 27.1.2015 per violazione di norme di legge (artt. 53, 3 e 97 della Costituzione); eccesso di potere e mancanza di motivazione".

I ricorrenti concludono chiedendo, previa disapplicazione o rimessione alla Corte Costituzionale delle questioni di legittimità costituzionale e comunitaria degli artt. 1, 2 e 3 della l.r. n. 43 del 23 dicembre 2014 con sospensione del presente giudizio, l'annullamento della deliberazione n. 6 del 2015, con condanna alla restituzione delle somme indebitamente trattenute.

Resiste in giudizio la Regione Veneto, la quale eccepisce, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo; nel merito chiede il rigetto del ricorso per infondatezza.

Interviene ad opponendum Jacopo Silva, il quale eccepisce preliminarmente, il difetto di giurisdizione dell'intestato Tribunale e nel merito chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato.

Dopo lo scambio tra le parti di ulteriori memorie difensive e di replica, il ricorso è passato in decisione alla Pubblica Udienza del 7 ottobre 2015.

È necessario scrutinare preliminarmente l'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall'Amministrazione regionale e dall'intervenuto.

L'eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo è fondata.

La vicenda per cui è causa attiene all'impugnazione della deliberazione n. 6/2015 con la quale la Regione Veneto ha assunto disposizioni per l'attuazione della l.r. n. 43/2014. In particolare, l'art. 1 della citata legge regionale - rubricato "Intervento temporaneo sull'assegno vitalizio" - prevede che "1. A decorrere dal mese successivo all'entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2017 e comunque una tantum, gli importi lordi mensili degli assegni vitalizi sono temporaneamente ridotti secondo le modalità previste al comma 2.

2. La riduzione di cui al comma 1 viene applicata con criteri di progressività sugli assegni vitalizi dei soggetti con un reddito complessivo annuo ai fini IRPEF superiore a euro 29.500,00, secondo quanto stabilito dalla tabella A, allegata alla presente legge"; il successivo art. 2 - rubricato "Ambito di applicazione della riduzione" - dispone che "1. A far data dall'effettiva percezione dell'assegno vitalizio, la riduzione prevista dall'articolo 1 è applicata anche ai soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non hanno ancora conseguito i requisiti di età previsti per l'erogazione dell'assegno vitalizio ed ai soggetti che, nonostante il possesso dei requisiti richiesti, non hanno ancora percepito l'assegno vitalizio.

2. L'articolo 1 si applica anche alla erogazione in favore dei titolari dell'assegno di reversibilità".

Con l'impugnata deliberazione n. 6, la Regione, senza esercitare alcuna attività di tipo discrezionale, si è limitata ad indicare le modalità di verifica di sussistenza di redditi superiori ad euro 29.5000,00, quelle relative alla individuazione di redditi ed aliquote rilevanti ai sensi della legge medesima e le modalità di acquisizione degli elenchi dei percettori di assegni vitalizi.

Ebbene, è pacifico in giurisprudenza che la giurisdizione su controversie quali quella oggetto del presente giudizio esuli dalla giurisdizione del giudice amministrativo, non rientrando in alcuna delle ipotesi di giurisdizione generale di legittimità ovvero esclusiva di questo giudice, sussistendo, invece, dubbi in ordine alla individuazione del giudice competente, se cioè il giudice munito di giurisdizione sia il giudice ordinario ovvero quello contabile.

Secondo un orientamento maggioritario (TAR Piemonte, sez. II, 16 aprile 2015, n. 612; TRGA Trento, 18 dicembre 2014, n. 477; Corte Conti, sez. riun. 30 novembre 2005, n. 5; Corte Conti Abruzzo, 29 settembre 2014, n. 93; Corte Conti Valle d'Aosta, 22 maggio 2014, n. 10; Corte Conti Abruzzo, 12 ottobre 2012, n. 372) la giurisdizione spetta alla Corte dei Conti, in quanto la materia del contendere riveste "carattere previdenziale" e, secondo l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, che fornisce una nozione lata di "previdenza", qualsiasi forma di accantonamento di una parte di retribuzione ai fini di sostentamento successivo realizza, seppure per il tramite della retribuzione correlata a prestazioni lavorative, la funzione previdenziale di cui all'art. 38 Cost., in cui rientra non solo la classica contribuzione previdenziale obbligatoria, ma qualsiasi forma di accantonamento preventivo, per le esigenze di vita postume alla cessazione del rapporto di "lavoro", sia esso dipendente, professionale o onorario. Ne consegue l'applicabilità del principio secondo cui la Corte dei Conti è titolare di giurisdizione sulla generalità del contenzioso concernente le c.d. pensioni pubbliche, intendendo per tali i trattamenti di natura previdenziale erogati direttamente dallo Stato o dalle Regioni, in via immediata o tramite enti legati ad essi da una relazione di stretta strumentalità.

Più nello specifico, è stato osservato che il contenzioso previdenziale è suddiviso tra la Corte dei Conti ed il giudice ordinario ratione materiae, nel senso che alla prima sono rimessi i trattamenti pensionistici a totale o parziale carico dello Stato, o di enti di analogo livello, ovvero di enti in relazione di strumentalità con essi, mentre al secondo la generalità dei trattamenti previdenziali a carico di qualunque altro ente pubblico o privato: "La giurisdizione pensionistica della Corte dei conti, sorta nello - e con lo - sviluppo stesso del sistema pensionistico c.d. pubblico, è affermata in via generale dall'art. 62 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 con testuale riferimento alla materia pensionistica "a carico totale o parziale dello Stato" (ratione materiae) e non al soggetto attivo o passivo del rapporto dedotto (ratione subiecti) (...). Successive disposizioni di legge hanno poi allargato i confini di essa, aggiungendo una serie di casi particolari, che ne hanno definito i confini rispetto alla concorrente giurisdizione previdenziale del giudice ordinario. Ne è derivata una ripartizione di giurisdizione basata sulla circostanza della diretta afferenza del trattamento previdenziale sia pure parzialmente allo Stato o, in quanto ad esso assimilate, alle regioni ovvero ad un altro ente pubblico o privato.

Le Regioni (...) rappresentano enti territoriali dotati, alla pari dello Stato, di potestà di legislazione formale, espressione diretta della sovranità statuale, da cui derivano altresì conseguentemente le guarentigie dei relativi corpi legislativi, anche nell'attività di autorganizzazione, e le prerogative degli altri suoi organi, nonché la spiccata autonomia di cui godono nell'esercizio della stessa funzione amministrativa. Da qui la palese assimilazione allo Stato, nei limiti stabiliti dalla legislazione costituzionale, e la possibilità per le Regioni (...) di prevedere trattamenti previdenziali a carattere "pubblico" gravanti sul proprio bilancio (...).

Nel settore del contenzioso pensionistico, così come in altri della vita sociale ed amministrativa, è quindi intervenuta un'azione a livello normativo e giurisprudenziale tesa a ricondurre le varie ipotesi ai due fondamentali ambiti di giurisdizione (contabile ed ordinaria), in un'apprezzabile logica di aggregazione per materia, che tenga conto della qualificazione acquisita, in una quasi centenaria opera, dalla Corte dei conti, ormai divenuta - con la Costituzione repubblicana - una giurisdizione, non speciale, ma generale e specializzata nelle materie ad essa rimesse dalla Costituzione, direttamente o tramite la mediazione della legge" (Corte Conti cit. sez. riun. n. 5/2005).

Secondo altro, più recente, orientamento la giurisdizione spetterebbe, invece, al giudice ordinario, atteso che nessuna norma vigente attribuisce testualmente natura pensionistica all'assegno vitalizio, né in materia previdenziale vige un principio di "assimilazione" del trattamento in questione a quello pensionistico solo per la presenza di talune affinità funzionali o strutturali tra i trattamenti riconosciuti da lex specialis a funzionari onorari e pensioni erogate da lex generalis a pubblici dipendenti. Pertanto, "La assenza di norma attributiva di natura pensionistica, la diversa natura dei percettori (funzionari onorari o pubblici dipendenti) e la diversità di natura, finalità (indennità di carica, non retributiva, goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico) e di regime che distingue gli assegni vitalizi dalle pensioni ordinarie (si pensi solo al basilare distinguo afferente le condizioni estremamente più favorevoli per la maturazione e la misura del beneficio del vitalizio rispetto alla pensione) non consente, dunque, già per tale assorbente argomento testuale e sistematico, di radicare la giurisdizione in capo a questa Corte" (Corte Conti Lombardia, 24 giugno 2015, n. 117).

Ebbene, per quanto la questione presenti aspetti indubbiamente problematici e di non facile ed immediata soluzione, il Collegio ritiene, per il caso di cui si discute, di aderire alla tesi che predica la giurisdizione del giudice contabile.

Invero, la controversia oggetto del presente giudizio presuppone esclusivamente la lesione di diritti di natura previdenziale, tali essendo trattati dal legislatore.

Considerato che per la corretta qualificazione del rapporto, è necessario verificare le effettive modalità di svolgimento del rapporto medesimo e i termini in cui esso è stato configurato dal legislatore, non pare possano sorgere fondati dubbi sul fatto che i vitalizi di cui si discute presentino carattere previdenziale, per come essi risultano strutturati e disciplinati dalla legge regionale, che prevede requisiti minimi di contribuzione ed anagrafici per il conseguimento del diritto in questione. Deve, inoltre, rilevarsi che è incontestato che l'assegno vitalizio di cui si discute gravi sul bilancio regionale.

D'altra parte, è stato, in effetti, evidenziato, sia dalle S.U. della Cassazione in numerose pronunce, sia dalla stessa Corte dei Conti, con l'avvallo anche della Corte Costituzionale, che anche in tale settore si è inteso applicare la logica dei cc.dd. "blocchi di materia", secondo cui l'attribuzione di una competenza comporta necessariamente la sua estensione orizzontale e verticale all'intera casistica connessa, in modo da evitare frammentazioni ed incertezze circa il giudice cui ricorrere, che sarebbero lesive del principio costituzionale di piena ed effettiva tutela giurisdizionale.

In conclusione, per le esposte ragioni, esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo, il Collegio ritiene che questa spetti alla Corte dei Conti.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.

Peraltro, alla declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e all'affermazione di quella del giudice contabile, consegue la conservazione degli effettivi processuali e sostanziali della domanda ove il processo sia tempestivamente riassunto dinanzi al Giudice territorialmente competente, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi dell'art. 11, comma II, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, che regola la fattispecie sulla scorta dell'orientamento espresso da Corte Cost. n. 77/2007 e Cass. Sez. Un. n. 4109/2007 e poi recepito dal previgente art. 59 della l. n. 69/2009.

Stante la natura processuale della decisione e la, comunque, complessità della questione, anche in considerazione del contrasto giurisprudenziale in ordine alla individuazione del giudice munito di giurisdizione, il Collegio ritiene che sussistano quelle gravi ragioni che consentono di integralmente compensare le spese di causa tra tutte le parti costituite in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.