Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 16 dicembre 2015, n. 5693
Presidente: Romeo - Estensore: Noccelli
FATTO E DIRITTO
1. Le odierne appellanti, Elena A., Manuela A. e Maria Rita F., hanno impugnato le note del 30 giugno 2015, a firma del Presidente della Commissione di concorso insediata con deliberazioni del 26 maggio 2015 e del 23 giugno 2015 - per l'esame relativo all'avviso di ricognizione interno di disponibilità di personale dirigente in servizio presso le strutture del Servizio Sanitario Regionale del Lazio nonché del personale con qualifica di dirigente in servizio presso l'Università La Sapienza per le esigenze dell'Azienda Policlinico Umberto I per la durata di cinque anni, eventualmente rinnovabile - con le quali sono state escluse dalla partecipazione alla procedura per carenza del requisito della qualifica di dirigente di cui al punto 3 dell'avviso medesimo, nonché di tutti gli atti precedenti e consequenziali.
1.1. Con motivi aggiunti del 5 agosto 2015 le ricorrenti hanno impugnato anche la deliberazione del Direttore Generale dell'Azienda Policlinico Umberto I del 3 agosto 2015, n. 691, con la quale è stata formalizzata la "graduatoria" degli idonei alla selezione di cui al verbale del 31 luglio 2015 e sono stati nominati vincitori il dott. Rocco D., per la U.O.C. Stato Giuridico e Reclutamento, il dott. Valerio C. per la U.O.C. Risorse Impiantistiche e Immobiliari, il dott. Angelo F. per la U.O.C. Risorse Strumentali e Servizi, e la dott.ssa Paola P. per la U.O.C. Gestione Risorse Economiche e Finanziarie, nonché di tutti gli atti presupposti.
1.2. Nel primo grado di giudizio si è costituita l'Amministrazione per resistere al ricorso.
1.3. Il T.A.R. Lazio, con la sentenza n. 11178 del 10 settembre 2015, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendo che l'avviso di ricognizione fosse stato adottato dall'Amministrazione nella veste di privato datore di lavoro, non avendo natura di bando di concorso né per titoli né per esami, unico elemento che potrebbe radicare la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 63, comma 4, del d.lgs. 165/2001.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto appello le ricorrenti, assumendo che la stessa abbia erroneamente declinato la giurisdizione a fronte di una procedura selettiva che subordina l'assegnazione degli incarichi al giudizio di un'apposita Commissione a seguito di valutazione dei titoli e del colloquio, e ne hanno chiesto la riforma, confermando la giurisdizione amministrativa.
2.1. Si è costituita l'Azienda Policlinico Umberto I di Roma per resistere all'appello ex adverso proposto, assumendo che difetti la giurisdizione del giudice amministrativo.
2.2. Nella camera di consiglio del 10 dicembre 2015 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L'appello è infondato e deve essere respinto.
3.1. Il bando della procedura in oggetto, per l'assegnazione di incarichi di dirigenti responsabili di Unità Operativa Complessa (U.O.C.), ha previsto che «la scelta sarà effettuata su giudizio insindacabile dell'Azienda tramite un'apposita Commissione attraverso la valutazione dei titoli e colloquio».
3.2. È incontestabile, dunque, che non vi siano state vere e proprie prove di esame (scritte ed orali), nel senso di una ponderazione comparativa delle qualità professionali o delle conoscenze tecniche dei singoli candidati e, quindi, di una autentica procedura selettiva con attribuzione di un giudizio, ancorché numerico, a ciascuno di essi su una specifica e circoscritta prova intesa quale, appunto, saggio di tali qualità o conoscenze, ma piuttosto - oltre alla valutazione dei curricula - dei generici colloqui all'esito dei quali la Commissione, assegnati dei punteggi, ha stilato un elenco degli «idonei alla selezione», poi approvato dal Direttore Generale.
3.3. Né deve trarre in inganno l'espressione di "graduatoria" degli idonei, ancorché impropria, usata nella delibera del Direttore Generale, poiché la maggiore o minore idoneità a ricoprire l'incarico, da parte di un candidato, espressa dalla Commissione sulla base di un punteggio assegnato all'esito del colloquio idoneativo, è concetto ben diverso dalla verifica delle sue conoscenze o competenze professionali attraverso lo svolgimento di temi, prove pratiche o teoriche, domande su materie d'esame e via dicendo, in confronto con gli altri candidati, per saggiarne, appunto, preparazione e professionalità al fine di premiare i migliori.
3.4. Quello idoneativo è infatti un giudizio, espresso dall'Azienda per il tramite della Commissione in termini numerici, sulla potenziale capacità del candidato, più o meno spiccata, a rivestire l'incarico dirigenziale e non certo il prodotto di una ponderazione valutativa, relativa al suo bagaglio di conoscenze teoriche, all'esito di una vera e propria procedura selettiva articolata in specifiche prove e vertente su singole materie.
3.5. Ciò ha chiarito, del resto, anche la Corte di cassazione, ritenendo indubbio che, quando si sia di fronte, come in questo caso, ad una procedura che approdi ad una rosa di idonei, «le controversie attinenti ad una procedura di selezione "idoneativa" e "non concorsuale" avviata da una ASL per il conferimento di un incarico dirigenziale (nella specie di dirigente di struttura complessa), aventi ad oggetto atti adottati in base alla capacità ed ai poteri propri del datore di lavoro privato, appartengano alla giurisdizione del giudice ordinario» (Cass., sez. un., 3 febbraio 2014, n. 2290).
3.6. Manca infatti - come questa Sezione ha già chiarito in analogo precedente - la caratteristica essenziale del concorso, quale mezzo di reclutamento a pubblici impieghi, ossia la selezione dei candidati più capaci e meritevoli mercé il superamento di prove appositamente preordinate a farne emergere le qualità, affinché siano graduati in ordine decrescente di merito e, su questa base, avviati all'impiego.
3.7. Al contrario il conferimento degli incarichi in questione è effettuato nell'ambito di una rosa individuata dalla Commissione che, però, non opera una valutazione comparativa dei candidati e non redige una graduatoria di merito - nel verbale della Commissione si parla, non a torto e più correttamente rispetto alla delibera del Direttore Generale, solo di "elenco" degli idonei - ma esprime solo un giudizio d'idoneità, nel senso sopra inteso, e come ben si evince, del resto, dall'art. 15-ter, comma 2, primo periodo, del d.lgs. 502/1992, da leggersi in coerenza con il combinato disposto dell'art. 19 e dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. 165/2001 (C.d.S., sez. III, 13 aprile 2011, n. 2293).
4. La controversia in oggetto rientra dunque, a pieno titolo, nella previsione dell'art. 63, comma 1, del d.lgs. 163/2001, laddove devolve alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie del pubblico impiego, incluse quelle concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, a maggior ragione ove si tratti di incarichi dirigenziali delle Aziende Sanitarie Locali, le quali godono di un regime in parte derogatorio rispetto a quello delle altre Amministrazioni.
4.1. Non deve infatti trascurarsi, proprio in riferimento alle Unità Sanitarie Locali (alle sono succedute, con analoga disciplina, le odierne Aziende Sanitarie), che esse si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, a differenza di quanto accade normalmente, per le altre Amministrazioni, per gli atti cc.dd. di macroorganizzazione; agiscono mediante atti di diritto privato; il Direttore Generale adotta l'atto aziendale di organizzazione, è responsabile della gestione complessiva e nomina, sempre con atto di natura privatistica, i responsabili delle strutture operative dell'azienda (Cass., sez. un., 30 gennaio 2008, n. 2031; C.d.S., sez. III, 3 agosto 2015, n. 3815), come è accaduto nel caso di specie, relativo appunto al conferimento dei quattro distinti incarichi di direttore di Unità Operativa Complessa.
5. In conclusione, quindi, l'appello va respinto, con piena conferma della sentenza impugnata, che ha correttamente declinato la giurisdizione in favore del giudice del lavoro, territorialmente competente, davanti al quale la controversia dovrà essere proposta nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, ferme restando le preclusioni e le decadenze eventualmente intervenute (art. 11, comma 2, c.p.a.).
6. Le spese del presente grado del giudizio, considerato il peculiare e non agevole inquadramento della procedura idoneativa e il suo incerto riflesso sul riparto di giurisdizione, possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto da Elena A., Manuela A. e Maria Rita F., lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata e declina la propria giurisdizione in favore del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, territorialmente competente, assegnando alle predette ricorrenti il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza per la proposizione della domanda avanti ad esso.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.