Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 11 febbraio 2016, n. 607

Presidente: Zaccardi - Estensore: Spagnoletti

FATTO E DIRITTO

1. Erminia Maria L. e Maria Beatrice V., entrambe nominate uditori giudiziari con d.m. 13 maggio 1981, magistrati di VII valutazione di professionalità con funzioni di giudice della Corte d'Appello di Milano, hanno partecipato alla procedura selettiva per il conferimento dell'incarico di funzioni semidirettive giudicanti di primo grado di presidente di sezione del Tribunale di Pavia.

Nella seduta del 2 luglio 2014 il Plenum del C.S.M. ha deliberato, su conforme proposta espressa all'unanimità dalla competente V Commissione, la nomina della V., che ha assunto possesso dell'ufficio in data 16 settembre 2014.

Con il ricorso in primo grado n.r. 12902/2014 Erminia Maria L. ha impugnato la deliberazione consiliare, la presupposta proposta e il decreto ministeriale di nomina, deducendo, in estrema sintesi, i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 d.lgs. n. 120/20106. Eccesso di potere per violazione della circolare del C.S.M. n. 19244 del 3 agosto 2010, emanata con deliberazione del 30 luglio 2010 (testo unico sulla dirigenza giudiziaria). Eccesso di potere per illogicità, arbitrarietà, errore di fatto, travisamento dei presupposti, contraddittorietà e manifesta ingiustizia, difetto di motivazione e di istruttoria

La deliberazione è inficiata dalla violazione delle disposizioni legislative e regolamentari di cui alla rubrica, oltre che dai vizi funzionali ivi denunciati, avendo assegnato illogica preferenza alla controinteressata che, a differenza della ricorrente, non poteva vantare lo svolgimento di "plurimi ruoli presidenziali", e quindi denotare una superiore attitudine all'incarico semidirettivo, giacché la ricorrente, oltre ad aver presieduto collegi della IV Sezione civile della Corte d'Appello di Milano, al pari della controinteressata, ha altresì presieduto, in via vicaria, la I Sezione civile del Tribunale di Pavia dal gennaio al settembre 1994, dal marzo 2001 al marzo 2003 (e in tali periodi anche la sezione specializzata agraria) e dal luglio al dicembre 2009 (svolgendo anche funzioni presidenziali in materia di separazioni e divorzi), e anche in materia di volontaria giurisdizione, fallimenti e procedure concorsuali, presiedendo collegi giudicanti, il collegio inquirente per i reati ministeriali presso il Tribunale di Milano tra il febbraio del 1991 e il gennaio del 1993 e la Commissione per il gratuito patrocinio dal 1995 al 1999.

Peraltro, tutti gli elementi favorevoli desunti dai pareri espressi dai Consigli giudiziari indicati per la controinteressata sono riscontrabili, anche con maggiori accentuazioni, in quelli relativi alla ricorrente, non potendo assumere rilievo che la controinteressata abbia svolto - anche e più a lungo - funzioni nel settore penale - nel quale comunque la ricorrente ha maturato significative esperienze - trattandosi di assegnare rilievo all'esperienza specifica nel settore civile.

Considerazioni analoghe valgono per l'altro parametro del merito, per il quale pure pareri e rapporti informativi evidenziano, in realtà, secondo una lettura comparata, la superiorità del profilo della ricorrente rispetto a quello della controinteressata.

2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990. Difetto di motivazione.

In presenza di pregnanti elementi che militavano a favore del superiore profilo della ricorrente, il Consiglio Superiore della Magistratura avrebbe dovuto esplicitare una motivazione di ben altra consistenza nell'accordare preferenza alla controinteressata, le cui osservazioni in ordine alla proposta della commissione consiliare non sono state prese in considerazione.

Con motivi aggiunti al ricorso l'interessata ha poi gravato il verbale d'immissione nelle funzioni semidirettive, deducendone l'illegittimità per invalidità derivata dalle censure suesposte.

Nel giudizio si sono costituiti il Ministero e il C.S.M. e la controinteressata che hanno dedotto, a loro volta, l'infondatezza del ricorso.

Con sentenza in forma semplificata n. 12128 del 2 dicembre 2014, emanata in esito alla camera di consiglio del 20 novembre 2014, il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, ha accolto il ricorso, annullando gli atti impugnati, in base ai seguenti rilievi specifici:

"Considerato che la ricorrente ha svolto funzioni semidirettive secondo quanto indicato in gravame; e che invece, come attestato nella stessa delibera gravata, la dr.ssa V. non ha ricoperto incarichi direttivi e semidirettivi;

Ritenuto che non appare ragionevole, nel giudizio comparativo riferito al predetto parametro attitudinale, l'individuazione di un profilo di prevalenza della dr.ssa V. in ragione della mera considerazione delle capacità organizzative dimostrate nella gestione del proprio ruolo o come presidente del Collegio, risultando apodittica e non adeguatamente motivata la valutazione di preminenza in sé, rispetto al dato obiettivo del pregresso esercizio di funzioni semi direttive, della diversa attività di esercizio di funzioni giudiziarie diverse (cfr. anche gli argomenti di cui a Tar Lazio I, 16 giugno 2011, n. 5379);

Ritenuto ancora che entrambe le candidate presentano un profilo professionale articolato, con esperienze giudiziarie sia nel settore civile che nel settore penale; e che comunque, la considerazione della specificità dell'incarico da conferire, nel caso di specie, avrebbe implicato una particolare valorizzazione, nel giudizio, delle esperienze svolte nel settore civile;

Considerato che, sebbene secondo costante orientamento giurisprudenziale, nelle procedure valutative compiute dal C.S.M. per il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi non è prescritto che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico con riferimento a ciascuno dei parametri prestabiliti, ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti dichiarati (cfr. da ultimo C.d.S., IV, 24 maggio 2013, n. 2821), nel caso di specie la motivazione della delibera gravata reca un giudizio di prevalenza con specifico riguardo a ciascuno dei parametri della valutazione senza che il possibile diverso giudizio di preminenza dell'una candidata sull'altra sul piano attitudinale abbia trovato argomentata compensazione nella ritenuta diversa prevalenza del percorso professionale di ciascuna sul piano del merito;

Ritenuto peraltro che anche il giudizio di preminenza formulato sul piano del merito in favore della odierna controinteressata non appare perfettamente congruo rispetto a quanto risultante dalla disamina dei pareri del Consiglio giudiziario di Milano".

2. Con appello notificato il 23 gennaio 2015 e depositato il 6 febbraio 2015 il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura hanno impugnato la sentenza, deducendo in sintesi, con unico articolato motivo:

Violazione dell'art. 1 c.p.a., quale diretta espressione del combinato disposto degli artt. 24 e 113 Cost. Vizio di motivazione

La valutazione di prevalenza del profilo professionale della dott.ssa V., espressiva di discrezionalità sindacabile entro noti e ristretti limiti, è fondata su ampia motivazione sia quanto al parametro delle attitudini che di quello del merito; peraltro la dott.ssa L. ha svolto solo in via vicaria funzioni semidirettive, circostanza che ex se, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, non assume valenza assorbente e decisiva, presiedendo collegi al pari della dott.ssa V., che vanta esperienze più articolate, né occorre raffronto analitico tra i vari candidati all'incarico direttivo o semidirettivo, essendo sufficiente un giudizio complessivo unitario.

In definitiva la sentenza ha valicato i limiti del sindacato giurisdizionale amministrativo sugli atti di conferimento degli incarichi direttivi o semidirettivi, risolvendosi in una comparazione diretta delle candidate.

Costituitasi in giudizio, con memorie difensive depositate il 28 febbraio 2015 e il 6 giugno 2015, l'appellata ha dedotto, a sua volta, l'infondatezza del gravame, evidenziando come la sentenza abbia in effetti censurato solo la manifesta irragionevolezza della deliberazione, anche tenuto conto che lo svolgimento di funzioni semidirettive, anche di fatto e/o vicarie, non può essere svalutata e non considerata quale indicatore delle attitudini.

All'udienza pubblica del 23 giugno 2015 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.

3. L'appello in epigrafe è fondato e deve essere accolto, onde, in riforma della sentenza gravata, va rigettato il ricorso proposto in primo grado.

3.1. Giova premettere il quadro di riferimento normativo, come delineato dalle disposizioni legislative di cui al d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, come modificate dalla della legge 30 luglio 2007, n. 111, e da quelle regolamentari contenute nella richiamata circolare del C.S.M. n. P. 19244 del 3 agosto 2010 (già P-13000 dell'8 luglio 1999 e successive modifiche del 7 marzo 2001 e 22 giugno 2005, come integrata dalla deliberazione del 21 novembre 2007).

Com'è noto, il conferimento degli incarichi di funzione (di primo grado, di secondo grado e di legittimità; semidirettive di primo grado, semidirettive elevate di primo grado e semidirettive di secondo grado; direttive di primo grado, direttive elevate di primo grado, direttive di secondo grado, direttive di legittimità, direttive superiori e direttive apicali), definiti dall'art. 10 del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, è disciplinato normativamente dall'art. 12 dello stesso decreto legislativo, entrambe le disposizioni come sostituite dall'art. 2 della legge 30 luglio 2007, n. 111.

Ad esso si provvede, a domanda degli interessati, all'esito di una procedura concorsuale di valutazione comparativa aperta ai magistrati che abbiano conseguito la valutazione di professionalità volta a volta richiesta: art. 12 commi da 2 a 9 (il solo conferimento delle funzioni al termine di tirocinio, per le funzioni giudicanti e requirenti; la seconda valutazione di professionalità per le funzioni di secondo grado e le funzioni semidirettive di primo grado; la terza valutazione di professionalità per le funzioni direttive di primo grado e le funzioni semidirettive elevate di primo grado; la quarta valutazione di professionalità per le funzioni requirenti di coordinamento nazionale, le funzioni di legittimità, le funzioni direttive di primo grado elevato; la quinta valutazione di professionalità per le funzioni per le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, direttive requirenti di coordinamento nazionale e le funzioni direttive di legittimità; la sesta valutazione di professionalità per le funzioni direttive superiori di legittimità; la settima valutazione di professionalità per le funzioni direttive apicali di legittimità).

In particolare, per il conferimento delle funzioni direttive di primo grado e di grado elevato (oltre che di quelle semidirettive di primo grado, semidirettive elevate di primo grado, semidirettive di secondo grado), "sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l'attitudine direttiva" (art. 12, comma 10).

La disposizione non richiama in modo espresso, tra le altre, le funzioni direttive di secondo grado, ma tale "lapsus calami" trova spiegazione, presumibilmente, nella circostanza che in genere i candidati all'assegnazione di incarichi direttivi di secondo grado hanno già maturato esperienze di funzioni semidirettive di analogo grado, o direttive e/o semidirettive di grado inferiore (cfr. C.d.S., Sez. IV, 24 maggio 2010, n. 3266), senza peraltro che lo svolgimento di pregressi incarichi direttivi o semidirettivi costituisca ex se titolo preferenziale, secondo quanto chiarito da un fermo orientamento giurisprudenziale.

L'art. 12, comma 12, precisa poi che l'attitudine direttiva deve intendersi "... riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l'attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell'ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; ... altresì alla propensione all'impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull'andamento generale dell'ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare".

Integrativa della normativa primaria è quella secondaria posta dal Consiglio Superiore della Magistratura con la circolare P-13000 dell'8 luglio 1999 e successive modifiche del 7 marzo 2001 e 22 giugno 2005, come integrata dalla deliberazione del 21 novembre 2007, emanata alla luce delle modificazioni legislative introdotte dal d.lgs. n. 160/2006, come parzialmente novato dalla legge n. 111/2007, poi trasfusa nella circolare del C.S.M. P. 19244 del 3 agosto 2010 di cui alla deliberazione del 30 luglio 2010 e successive integrazioni.

In sostanza il raffronto comparativo tra i candidati è condotto alla stregua dei criteri delle "... attitudini e del merito, che, in una valutazione integrata, confluiscono in un giudizio complessivo ed unitario".

Quanto al "merito" (par. 1.1 della circolare P. 19244 del 3 agosto 2010, che ha sostituito il par. B) della circolare P-13000 dell'8 luglio 1999), esso è la risultante dell'apprezzamento complessiva dell'attività, "anche giudiziaria", svolta del magistrato incentrata sulla valutazione di: "capacità, laboriosità, diligenza ed impegno, in relazione alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto in rapporto alla tipologia ed alla condizione organizzativa e strutturale dell'ufficio, alla puntualità e tempestività dimostrate nello svolgimento delle funzioni, nel compimento di attività giudiziaria e nell'osservanza dei propri doveri, alla disponibilità a far fronte alle esigenze dell'ufficio anche con l'assidua presenza nelle udienze e nei giorni stabiliti, alla preparazione giuridica ed al grado di aggiornamento rispetto alle novità normative, dottrinali e giurisprudenziali, all'autorevolezza nella conduzione delle udienze ed all'efficace utilizzo dei collaboratori e degli ausiliari, alla frequenza nella partecipazione ai corsi di aggiornamento o, comunque, alla disponibilità a partecipare agli stessi".

Quanto invece alle "attitudini" (par. 1.2 della circolare P. 19244 del 3 agosto 2010, che ha sostituito il par. A) della circolare P-13000 dell'8 luglio 1999), essa è definita in generale come la "... capacità di organizzare, programmare e gestire le risorse in rapporto alle necessità dell'ufficio ed alle risorse disponibili... (nonché nella)... propensione all'impiego delle tecnologie avanzate e nella capacità di valorizzare le inclinazioni dei magistrati e dei funzionari nonché di ideare e realizzare gli adattamenti organizzativi dando piena e compiuta attuazione alle previsioni tabellari", ed è valutata alla stregua di una serie di "parametri" cui sono correlati specifici "indicatori":

- quanto al parametro della capacità di organizzare e programmare l'attività:

-- 1. Esperienze di direzione ed organizzazione, desunte dallo svolgimento, effettivo o vicario, di funzioni direttive, semidirettive o di coordinamento di posizioni tabellari o gruppi di lavoro;

-- 2. Esperienze di collaborazione nell'attività di direzione e/o organizzazione;

-- 3. Esperienze di organizzazione del lavoro giudiziario;

-- 4. Esperienze di coordinamento investigativo;

-- 5. Relazioni rilevanti per l'organizzazione e l'esercizio della funzione giudiziaria;

-- 7. Rispetto della sfera di autonomia professionale del giudice o del sostituto procuratore;

-- 8. Formazione (anche precedente l'ingresso in magistratura) in materia organizzativa e gestionale;

-- 9. Esperienze di direzione, organizzazione e collaborazione maturate in ambito non giudiziario;

- quanto al parametro capacità di gestire le risorse:

-- 1. Controllo sull'andamento generale dell'ufficio;

-- 2. Propensione all'uso di tecnologie avanzate;

-- 3. Attuazione del progetto di organizzazione tabellare o del programma organizzativo.

Beninteso, con riferimento a tali parametri e relativi indicatori, alcuni dei quali sono più riferibili al pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive, la circolare avverte che: "La mancanza di pregresse esperienze direttive o semidirettive, eventualmente svolte anche in via di fatto, impone che il giudizio prognostico sull'attitudine direttiva sia formulato sulla base della complessiva attività giudiziaria svolta dal candidato"; con ciò chiarendo positivamente che nella valutazione comparativa non vi è automatica preferenza e prevalenza per candidati che abbiano già svolto funzioni direttive o semidirettive, poiché la scelta del candidato si fonda su un apprezzamento complessivo, sia pure entro una "platea" di candidati "in fascia", come definita dal paragrafo 2.1 della circolare (sostitutiva delle disposizioni di cui alla precedente circolare) di cui si dirà dopo.

Ulteriori elementi di valutazione dell'attitudine sono costituiti (par. 1.2.2) da:

a) conoscenza approfondita dell'ordinamento giudiziario, delle circolari del C.S.M., specialmente di quelle in materia tabellare e di organizzazione degli uffici giudiziari, nonché delle norme che regolano lo status del personale giudiziario;

b) positivo esercizio di funzioni giudiziarie diverse;

c) positivo esercizio, specie se in epoca non remota e per un tempo adeguato, di funzioni:

- di identica o analoga natura rispetto a quelle dell'ufficio da ricoprire;

- di livello pari o superiore.

E con riferimento a quest'ultimo elemento, e per quanto qui interessa, per gli uffici direttivi di merito e "senza che costituisca titolo preferenziale, al positivo esercizio delle funzioni di merito per un tempo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici anni a far data dalla data della vacanza del posto in concorso" (lettera c2) nonché "negli stessi termini":

-- "per gli uffici direttivi di Procuratore della Repubblica in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso, alla particolare esperienza specifica acquisita presso una Procura, una Procura generale della Repubblica o presso la Procura Nazionale Antimafia per un periodo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici";

-- "per gli uffici di Procuratore della Repubblica di una Procura Distrettuale e per quelli di Procuratore generale - aventi sede, questi ultimi, in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso - alle esperienze maturate nella trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati dall'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., desunte concretamente dalla rilevanza dei procedimenti trattati e dalla durata della attività inquirente e requirente".

L'anzianità, che prima della riforma di cui al d.lgs. n. 160/2006 costituiva criterio preferenziale a parità di attitudini e merito, assume invece ormai valore del tutto residuale quale mero "requisito di ingresso per una prima utile comparazione" ed assume rilevanza essenzialmente come "criterio di validazione dei parametri del merito e delle attitudini dei quali attesta la costanza e la persistenza e perciò lo specifico valore... (nel senso che)... partendo dal più giovane partecipante al concorso, determini in linea di principio quale sia il valore aggiunto da attribuire al durevole esercizio positivo delle funzioni e alla costante capacità professionale e su questa base determini e circoscriva l'ambito di aspiranti che in una fase preliminare possono essere posti tra loro in significativa ed utile valutazione comparativa", con l'avvertenza che "... tra gli aspiranti utilmente collocati in quest'area di valutazione, l'anzianità non assume poi alcun ulteriore rilievo, dovendosi la stessa tradurre in esperienze maturate ed attività realizzate, valutabili solo all'interno dei parametri del merito e delle attitudini".

In sostanza, l'anzianità assume rilievo essenzialmente come requisito di legittimazione alla valutazione comparativa con gli altri candidati, nel senso che per ciascuna tipologia di uffici direttivi sono individuati periodi minimi di positivo esercizio delle funzioni in atto svolte da aggiungere all'anzianità di servizio dell'aspirante più giovane partecipante alla procedura concorsuale (uffici per cui è richiesta almeno la terza valutazione di professionalità, ossia funzioni direttive di primo grado e funzioni semidirettive elevate di primo grado: quattro o sei anni a seconda che l'incarico da conferire abbia o meno figure semidirettive subordinate; uffici per i quali è richiesta almeno la quarta valutazione, ossia funzioni requirenti di coordinamento nazionale, funzioni di legittimità, funzioni direttive di primo grado elevato: otto anni; uffici per i quali è richiesta almeno la quinta valutazione, ossia funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale e funzioni direttive di legittimità: otto anni; uffici per i quali è richiesta almeno la sesta o la settima valutazione, ossia rispettivamente funzioni direttive superiori di legittimità e funzioni direttive apicali di legittimità: dieci anni).

Il suddetto diaframma ostativo alla valutazione comparativa di merito può cedere (par. 2.2) però in funzione del "recupero delle professionalità più rilevanti, che non siano rientrate nella preliminare rosa di aspiranti sottoposti a valutazione comparativa", in relazione allo "spiccato rilievo" ossia della positiva ricognizione in capo all'aspirante del "possesso di doti attitudinali e di merito di eccezionale valenza", o, alternativamente laddove sia constatata la "... inadeguatezza di specifiche attitudini o della presenza di elementi negativi nei candidati ricompresi nella suddetta rosa, oppure, ovviamente, quando concorrono entrambi questi fattori".

Con specifico riferimento poi a taluni uffici caratterizzati da elementi di specializzazione (Tribunale di Sorveglianza, Uffici minorili, Procure distrettuali e Procure generali di distretti connotati da rilevante criminalità organizzata) "... la valutazione in comparazione va estesa a tutti coloro che siano in possesso dei requisiti di specializzazione richiesta - purché abbiano svolto funzioni specialistiche per almeno 4 anni negli ultimi quindici - a prescindere dalla presenza o meno tra quelli ordinariamente valutabili di magistrati "specializzati"".

Sotto quest'ultimo profilo deve porsi in evidenza che il Consiglio superiore della magistratura non deve motivare (in negativo) le ragioni della insussistenza dello "spiccato rilievo", sebbene, al contrario, soltanto l'eventuale positiva ricognizione di tale requisito.

In tal senso si è espresso chiaro e condivisibile orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, IV Sezione giurisdizionale, 30 novembre 2010, n. 8366) che ha evidenziato che "... il C.S.M. non ha alcun obbligo di prendere in concreta valutazione i candidati collocati 'fuori fascia' e, conseguentemente, non deve rendere ragione di tale determinazione (mentre) viceversa, ove ravvisi in uno dei candidati 'fuori fascia' il requisito dello 'spiccato rilievo' desunto da doti professionali eccezionali «... tali da imporsi pressoché ictu oculi» dovrà adeguatamente motivare... la sussistenza del requisito dello 'spiccato rilievo' che giustifica l'inserimento del candidato 'fuori fascia' nel lotto dei valutabili; quindi, in vista del conferimento dell'incarico in suo favore, dovrà previamente compararlo analiticamente con tutti i candidati più anziani, motivando specificatamente le ragioni della scelta".

Quanto, poi, alla comparazione tra gli aspiranti alla "platea" così individuata la circolare, ribadendo quanto già espresso da quella precedente, precisa che

"La valutazione comparativa degli aspiranti è effettuata al fine di preporre all'ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali.

Le ragioni della scelta devono risultare da un'espressa motivazione, riferita specificamente anche ai requisiti di indipendenza e prestigio nonché all'assenza di elementi negativi rispetto all'ufficio da ricoprire".

Ciò che conta è, peraltro, che nella valutazione comparativa globale e unitaria tra il magistrato prescelto e ciascuno degli altri posti in comparazione col medesimo "... risulti documentalmente avvenuta la presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali e qualificanti dei rispettivi curricula professionali, nonché la valutazione ponderata degli stessi in rapporto allo specifico oggetto di conferimento" (C.d.S., Sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3299), potendosi in tal modo compiutamente esercitare il sindacato giurisdizionale di legittimità entro i propri confini funzionali, ossia in relazione al riscontro dell'esattezza dei presupposti di fatto, del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni, e in definitiva dell'esistenza, congruenza e ragionevolezza della motivazione, senza trasmodare in un diretto apprezzamento che si estrinsechi in una valutazione specifica di merito (C.d.S., Sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 797).

3.2. Ancora in via preliminare deve rammentarsi che il sindacato giurisdizionale di legittimità sulle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura concernenti il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi si muove, com'è noto, lungo un crinale sottile, che, nella salvaguardia della sfera impenetrabile di "merito" delle valutazioni e della scelta espressa dall'organo di autogoverno, deve nondimeno assicurare la più puntuale ed effettiva verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti giuridico-fattuali costituenti il quadro conoscitivo considerato ai fini della valutazione, la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, la logicità della valutazione, l'effettività della comparazione tra i candidati, la sufficienza della motivazione.

Non è fuor di luogo rammentare che la Corte Costituzionale, nel primo fondamentale arresto in ordine alla sottoposizione delle deliberazioni del C.S.M. al sindacato giurisdizionale amministrativo (14 maggio 1968, n. 44, Pres. Sandulli, est. Mortati), dando atto della peculiare posizione costituzionale dell'organo ("... che, mentre realizza una particolare forma di autonomia, pel fatto di essere espresso in prevalenza dallo stesso corpo giudiziario, è poi presieduto dal Capo dello Stato, in considerazione della qualità che questi riveste di potere "neutro" e di garante della Costituzione, ed è altresì fornito di una serie di guarentigie corrispondenti al rango spettantegli, nella misura necessaria a preservarlo da influenze che, incidendo direttamente sulla propria autonomia, potrebbero indirettamente ripercuotersi sull'altra affidata alla sua tutela"), ha ritenuto come "... la sottoposizione delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura ad un controllo di stretta legittimità da parte di un organo appartenente al potere giurisdizionale non sia, di per sé, tale da condurre necessariamente a vanificare o comunque ad attenuare l'efficacia della funzione garantista cui esse adempiono", chiarendo che la prospettata alternativa della sottoposizione degli atti al sindacato giurisdizionale ordinario "... in deroga ai principi, che concentrano nel giudice amministrativo, nella materia del pubblico impiego, quale è quella de qua, ogni specie di tutela sia dei diritti che degli interessi, oltre a suscitare il problema discendente dalle restrizioni di tutela che, almeno secondo la legislazione vigente, ineriscono ai poteri ad essa consentiti, fa sorgere gravi perplessità, data la confluenza che verrebbe a verificarsi negli appartenenti allo stesso "ordine", di destinatari dei provvedimenti del Consiglio superiore della magistratura e di giudici della regolarità del medesimi".

Tali rilievi - ribaditi nel senso che "l'impugnabilità, anche per un organo di garanzia qual è, secondo la communis opinio, il Consiglio superiore della magistratura, deriva dalla «grande regola» accolta dall'art. 24 della Costituzione, che dà tutela generalizzata ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi" (Corte cost., 22 aprile 1992, n. 189, che ha riconosciuto la legittimità costituzionale della competenza funzionale del T.A.R. per il Lazio in ordine ai provvedimenti emanati dal C.S.M.) -, hanno costituito la premessa dell'affermazione della piena esperibilità del giudizio di ottemperanza delle sentenze di annullamento delle deliberazioni consiliari: la Corte, pronunciandosi sul conflitto di attribuzioni proposto dall'organo di autogoverno, ha con incisività affermato che "l'allegata non sottoponibilità degli atti del C.S.M. alla giurisdizione estesa al merito che il giudice amministrativo esercita in sede di ottemperanza non ha, di per sé, alcun esplicito fondamento costituzionale; né la titolarità delle specifiche competenze attribuite dall'art. 105 della Costituzione può comportare, quale conseguenza automatica, franchigie dell'attività di detto organo dal sindacato giurisdizionale, in quanto funzioni svolgentesi su piani diversi", evidenziando che "il principio di legalità dell'azione amministrativa (artt. 97, 98 e 28 Cost.), unitamente al principio di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 24, 101, 103 e 113 Cost.), se da una lato affermano l'indipendenza dell'amministrazione, dall'altro comportano esplicitamente l'assoggettamento dell'amministrazione medesima a tutti i vincoli posti dagli organi legittimati a creare diritto, fra i quali, evidentemente, gli organi giurisdizionali", e chiarendo altresì che "la Costituzione accoglie il principio in base al quale il potere dell'amministrazione merita tutela solo sul presupposto della legittimità del suo esercizio, demandando agli organi di giustizia il potere di sindacato - pieno, ai sensi del secondo comma dell'art. 113 della Costituzione - sull'esistenza di tale presupposto" (Corte cost., 15 settembre 1995, n. 435).

3.3. Tanto premesso deve rilevarsi che il fulcro delle censure condivise dal T.A.R. per il Lazio attiene alla mancata valutazione e considerazione dell'esperienza semidirettiva giudicante di primo grado svolta dalla L., nell'esercizio vicario e/o "di fatto", ossia nei periodi di assenza e/o vacanza del posto, delle funzioni di Presidente di Sezione civile del Tribunale di Pavia e di Presidente della Sezione specializzata agraria presso la Corte d'Appello di Milano, posto che è innegabile che anche la dott.ssa V. abbia presieduto, al pari della L., collegi di sezione di Tribunale e della IV Sezione della Corte d'Appello.

In effetti tale circostanza non è stata obliterata nella proposta e nella consecutiva deliberazione, posto che nella comparazione si da atto espressamente che la dott.ssa L. ha svolto tali funzioni e nondimeno si ritiene che esse "recedano... per la maggiore rilevanza che - anche rispetto all'incarico da conferire - deve essere riconosciuta all'esperienza che questa (ossia la V.: n.d.e.) ha maturato nella giurisdizione, in una pluralità di settori (civile e penale), conseguendo risultati significativi in termini di efficienza e produttività, anche in ragione della complessità degli affari trattati".

Orbene, deve rammentarsi che secondo un costante indirizzo giurisprudenziale "il mancato svolgimento di funzioni direttive non rappresenta un aspetto dirimente, di fronte al quale possano configurarsi posizioni di primazia degli aspiranti che, al contrario, abbiano ricoperto incarichi di natura dirigenziale (o anche semidirigenziale), in quanto una conclusione di questo tipo imporrebbe che l'accesso a un ufficio direttivo, nelle procedure ove sia presente almeno un titolare di incarico di analoga natura, sia riservato solamente al candidato che già tale posizione riveste, quasi si trattasse di una sorta di mobilità orizzontale" (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 3266 del 24 maggio 2010, tra tante).

In tale direzione, dunque, non può assumere rilievo, all'opposto preponderante ed escludente, la circostanza che la dott.ssa V. non abbia svolto, in via vicaria o di fatto, e per periodi più o meno circoscritti e/o relativamente lunghi, funzioni semidirettive, a differenza della dott.ssa L., poiché la riforma d'ordinamento giudiziario rifugge dalla logica della "carriera".

In altri termini non può sostenersi, come in qualche modo sottendono le censure dedotte dalla dott.ssa L., sostanzialmente condivise dal giudice amministrativo capitolino, che la comparazione tra due magistrati, dei quali solo uno vanti pregresse esperienze di funzioni direttive o semidirettive, possa e debba condurre, irrefragabilmente, ad un giudizio di prevalenza, in termini di maggiori attitudini direttive del suddetto candidato.

Né può sostenersi che nella valutazione di attitudine all'incarico posto a concorso (presidente di sezione civile di Tribunale) non possa assumere rilievo, trattandosi di magistrati che svolgono funzioni civili di secondo grado nella stessa sezione di Corte d'Appello, ciascuna delle quali ha presieduto collegi per periodi sostanzialmente comparabili, una più variegata e articolata esperienza professionale, quale incontestabilmente emerge dal profilo della dott.ssa V., che pur avendo avuto un percorso quasi "parallelo" rispetto alla dott.ssa L. - entrambe ad inizio di carriera con funzioni requirenti di sostituto procuratore della Repubblica presso due Tribunali di modeste dimensioni, Lodi, e per più tempo, per la V. e Pavia per la L.; quindi giudicanti civili per entrambe sempre presso i predetti Tribunali -, ha poi svolto funzioni giudicanti sia alla Procura che al Tribunale di Milano (presso una sezione specializzata), e sia in campo civile, penale, lavoristico, agrario e delle esecuzioni immobiliari.

La valenza di tali esperienze, nella loro considerazione complessiva e combinata rispetto al parametro del merito, per il quale non è dato ravvisare del pari alcuna sopravvalutazione e/o correlativa svalutazione, nemmeno in relazione ai pareri invocati - le cui diverse accentuazioni, peraltro alquanto fisiologiche e comunque non tali da denotare profili di assoluta preminenza, non denotano un effettivo e evidente divario tra le due candidate -, attiene ad un apprezzamento di squisita e ampia discrezionalità, e quindi, escluso ogni aspetto di manifesta irragionevolezza e illogicità, non desumibile ex se come evidenziato dal mero svolgimento vicario di funzioni semidirettive, rimangono confinate nel perimetro del merito, inattingibile dal sindacato giurisdizionale amministrativo di legittimità.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

4. In conclusione, l'appello in epigrafe deve essere accolto, onde, in riforma della sentenza gravata, deve rigettarsi il ricorso in primo grado.

5. La relativa articolazione e complessità delle questioni esaminate giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull'appello in epigrafe n.r. 863 del 2015:

1) accoglie l'appello, e per l'effetto, in riforma della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I-quater, n. 12128 del 2 dicembre 2014, rigetta il ricorso proposto in primo grado;

2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.