Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 30 marzo 2016, n. 1251
Presidente: Patroni Griffi - Estensore: Santoleri
FATTO E DIRITTO
Con distinti ricorsi (rispettivamente R.G. 288/2014 e R.G. 389/14) proposti dinanzi al T.A.R. Sardegna, l'Associazione Italiana per l'Assistenza agli Spastici (AIAS) con sede in Cagliari, ha impugnato gli atti con i quali la ASL 8 di Cagliari e la ASL 7 di Carbonia hanno provveduto - ai sensi dell'art. 1676 c.c. - al pagamento delle retribuzioni ai suoi dipendenti, ai quali da mesi non erano corrisposti.
L'ente si è giustificato sostenendo di non disporre delle necessarie provviste a causa della mancata erogazione dei fondi da parte delle aziende sanitarie e di dover utilizzare i pochi fondi a disposizione per poter gestire le strutture e conservare l'accreditamento, presupposto necessario per salvaguardare i posti di lavoro dei propri dipendenti.
Ha precisato che il mancato pagamento delle retribuzioni aveva ingenerato l'avvio della speciale procedura di infrazione prevista dalla Regione Sardegna con l'Allegato alla DGR n. 44/22/2007 in attuazione del proprio Piano Regionale dei Servizi Sanitari 2006/2008, che si articola in varie fasi:
- specifica segnalazione alla ASL da parte delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL del mancato pagamento da parte del soggetto erogatore del servizio sanitario;
- comunicazione della segnalazione all'Assessorato Igiene e Sanità e alla Direzione Provinciale del Lavoro;
- convocazione del soggetto erogatore e delle OO.SS.;
- invito dell'erogatore a sanare le inadempienze entro 15 giorni;
- comunicazione di tale invito ai lavoratori per poter attivare le procedure di recupero del credito;
- diffida ad adempiere in caso di inadempimento del datore di lavoro da parte della ASL;
- collaborazione tra la ASL ed il soggetto erogatore per risolvere la problematica anche facendo ricorso alla stipula di accordi tra le parti;
- emissione, in analogia con l'art. 1676 c.c., da parte della ASL di un mandato di pagamento a favore del soggetto erogatore vincolato nella destinazione al pagamento delle somme ai dipendenti "le quali devono costituire solamente un titolo di acconto per un parziale soddisfacimento dello stesso".
Nei ricorsi di primo grado - di analogo contenuto - ha lamentato l'AIAS che le due ASL avrebbero interrotto la procedura di infrazione senza alcuna motivazione, ed avrebbero provveduto al pagamento diretto dei crediti retribuitivi dei suoi dipendenti in applicazione della disposizione recata dall'art. 1676 c.c.
Ha poi dedotto che la suddetta norma non sarebbe applicabile al caso di specie non ricorrendo tra le parti un contratto di appalto.
Il T.A.R. Sardegna ha respinto i due ricorsi con le sentenze impugnate, aventi il medesimo tenore.
Il primo giudice, dopo aver assorbito le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso introduttivo dedotte dalle ASL (in quanto proposto avverso un atto - ordinativo di pagamento - non avente natura di provvedimento amministrativo, e per carenza di interesse, dovendo l'ente comunque provvedere al pagamento delle retribuzioni dei propri dipendenti), ha rilevato che:
- l'art. 1676 c.c. attribuisce ai dipendenti dell'appaltatore un'azione diretta contro il committente per conseguire quanto è dovuto in conseguenza della prestazione dell'attività svolta per l'esecuzione dell'opera o del servizio appaltato; da ciò deriva una solidarietà passiva tra appaltatore e committente, che non diviene comunque parte del rapporto di lavoro;
- la norma si applica anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni;
- l'AIAS non ha contestato il debito, ma si è limitata a sostenere la necessità di seguire la procedura prevista dalla delibera della G.R. n. 44/22;
- la procedura prevista dalla citata delibera regionale non esclude affatto l'applicazione dell'art. 1676 c.c., in quanto nulla vieta al lavoratore di richiedere l'applicazione diretta dell'art. 1676 c.c. per ottenere quanto gli è dovuto, trattandosi di procedure distinte a tutela del lavoratore;
- il rapporto tra AIAS e ASL è pacificamente inquadrabile nell'ambito dei contratti per la prestazione di servizi: da ciò consegue l'applicabilità dell'art. 1676 c.c. alla fattispecie qui esaminata, e comunque anche la delibera G.R. 44/22 prevede - al termine della procedura - la sua applicazione.
Avverso dette sentenze - di analogo contenuto - ha proposto appello l'AIAS con separati ricorsi.
Si sono costituite in giudizio le ASL 8 di Cagliari e 7 di Carbonia che hanno riproposto le eccezioni di inammissibilità sollevate in primo grado ed hanno chiesto il rigetto dell'impugnazione.
In prossimità dell'udienza di discussione l'appellante ha depositato scritti difensivi a sostegno delle proprie tesi.
All'udienza pubblica del 28 gennaio 2016 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
Preliminarmente ritiene la Sezione di dover disporre la riunione dei due ricorsi tenuto conto della connessione soggettiva ed oggettiva esistente tra essi.
Prima di esaminare i motivi di appello è opportuno richiamare la norma dell'art. 1676 c.c. e soprattutto la sua ratio, come desumibile dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
Dispone la suddetta disposizione che "Coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda".
Come ha correttamente rilevato il primo giudice, detta norma "attribuisce ai dipendenti dell'appaltatore un'azione diretta contro il committente per conseguire quanto è dovuto in conseguenza della prestazione dell'attività svolta per l'esecuzione dell'opera o del servizio appaltato. Da ciò deriva una solidarietà passiva tra appaltatore e committente, che non diviene comunque parte del rapporto di lavoro (Cass. civ. Sez. Lav. 27 settembre 2000 n. 12784).
L'azione persegue il fine di attribuire ai dipendenti dell'appaltatore un eccezionale mezzo di tutela dei loro crediti, da far valere nei confronti del committente il quale, pur estraneo al loro rapporto di lavoro, si è comunque avvalso dell'opera da essi prestata. Si tratta di azione diretta, ha natura sostitutoria, ed è distinta dall'azione surrogatoria".
Come ha correttamente rilevato il T.A.R., la giurisprudenza ha riconosciuto l'applicabilità di detta disposizione anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni (Cass. civ., sez. lav., 7 luglio 2014, n. 15432).
La Cassazione, nella predetta sentenza, ha precisato che:
"a) l'art. 1676 c.c. - che consente agli ausiliari dell'appaltatore di agire direttamente contro il committente per "quanto è loro dovuto" - si applica anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni, trovando tale disposizione un puntuale riscontro nella L. 20 marzo 1865 n. 2248 , all. F, art. 357), contemplante la possibilità di pagamento diretto da parte dell'amministrazione della retribuzione dei dipendenti dell'appaltatore non corrisposta alle previste scadenze;
b) peraltro, l'azione diretta proposta dal dipendente dell'appaltatore contro il committente per conseguire quanto gli è dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore al momento della proposizione della domanda, è prevista dall'art. 1676 c.c. con riferimento al solo credito maturato dal lavoratore in forza dell'attività svolta per l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio oggetto dell'appalto, e non anche con riferimento ad ulteriori crediti, pur relativi allo stesso rapporto di lavoro (Cass. 19 novembre 2010, n. 23489).
Ne consegue che il ricorso all'applicazione dell'art. 1676 c.c., pur non consentendo necessariamente un completo ristoro del credito vantato dal lavoratore - a differenza della disciplina prevista dal codice degli appalti (art. 4 e 5 del D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 n.d.r.) - comunque risponde ad una logica simile a quella della disciplina speciale - diversa, invece, da quella sottesa al D.Lgs. n. 279 del 2003, art. 29, comma 2, - in base alla quale il lavoratore agisce direttamente contro il committente per il pagamento delle retribuzioni dovutegli, sia pure su basi diverse e con differenti effetti" (così, testualmente, Cass. civ., sez. lav., 7 luglio 2014, n. 15432).
Da queste premesse può evincersi che la disposizione contenuta nel codice civile si inserisce nell'ambito della legislazione volta alla tutela dei lavoratori (cfr. ad es. l'art. 29, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 ("Legge Biagi") e successive modificazioni richiamata dalla Cassazione nella sentenza citata in precedenza, artt. 4 e 5 del Regolamento di esecuzione del Codice degli Appalti, d.P.R. n. 207/2010 in precedenza richiamati, che prevedono l'intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva e retributiva dell'esecutore e del subappaltatore): detta normativa di favore assolve alla finalità di moltiplicare i centri di responsabilità a garanzia dei diritti dei lavoratori, sottraendoli alle vicende economiche di segno negativo dell'appaltatore (Cass., 6 marzo 1985, n. 1857).
Proprio perché diretta alla tutela dei lavoratori si registra in giurisprudenza la tendenza ad un'interpretazione ampia, anche analogica della norma, che è stata così ritenuta applicabile al subappalto (Cass. 19 marzo 2008, n. 7384), ai dipendenti delle imprese consorziate di un consorzio appaltatore di opera pubblica (Cass. 7 marzo 2008, n. 6208), agli appalti pubblici (come già ricordato).
Occorre poi considerare che una volta riconosciuta l'applicabilità della norma al settore degli appalti pubblici (come misura residuale in caso di impossibilità di applicare norme speciali), è possibile ritenere applicabile la suddetta disposizione anche al settore delle concessioni di servizi, operando un'interpretazione costituzionalmente orientata, e dunque analogica della disposizione: la Corte costituzionale, infatti, ha ritenuto che quando nell'esercizio di una determinata attività imprenditoriale intervenga la pubblica amministrazione (in quanto essa eroghi benefici di carattere finanziario o creditizio ovvero affidi ad altri il compimento dell'attività stessa), deve essere assicurato uno standard minimo di tutela ai dipendenti coinvolti, con la conseguenza che diventa ingiustificata l'esclusione dall'ambito di efficacia della norma a tutela dei lavoratori subordinati dei lavoratori dipendenti da imprese che esercitano un pubblico servizio sulla base di una concessione della pubblica amministrazione anziché di un appalto (arg. da Corte cost. 1°-19 giugno 1998, n. 226 resa sulla questione di costituzionalità relativa all'art. 36 dello Statuto dei Lavoratori).
Ne consegue che la questione dedotta in appello dall'AIAS, diretta a sostenere l'inapplicabilità della disposizione recata dall'art. 1676 c.c. alla fattispecie in esame - in quanto riconducibile ad un rapporto di concessione e non di appalto di servizi - non costituisce elemento dirimente, non soltanto perché il ricorso al pagamento diretto del committente è stato previsto anche nella cosiddetta "procedura di infrazione" come correttamente ricordato dal primo giudice, ma anche perché detta norma deve essere applicata in via analogica anche al rapporto concessorio esistente tra le parti.
Quanto alla pretesa dell'AIAS di corrispondere solo parzialmente la retribuzione ai propri dipendenti anziché totalmente, è sufficiente rilevare che depongono in senso contrario gli strumenti di tutela apprestati dall'ordinamento per i lavoratori subordinati.
Ne consegue l'infondatezza del secondo motivo di appello.
Infondato si appalesa anche il primo motivo di impugnazione con il quale l'AIAS lamenta l'illegittima violazione della delibera della Giunta Regionale n. 44/22/2007 della Regione Sardegna, che aveva previsto una procedura specifica in caso di mancato pagamento dei dipendenti da parte delle associazioni che svolgono attività per le ASL: correttamente il primo giudice ha rilevato che la previsione di detta modalità di risoluzione della problematica non impedisce ai singoli di attivarsi in via autonoma per ottenere il pagamento del credito in base all'art. 1676 c.c.
Del resto le ASL hanno pagato su espressa sollecitazione dei dipendenti dell'AIAS che non avevano percepito la retribuzione, ed è stato provato in atti che gli stessi si erano rivolti al giudice per ottenere il pagamento del loro salario, essendo ovviamente incontestato l'inadempimento del datore di lavoro.
Ne consegue che il completamento della procedura prevista dalla delibera regionale non avrebbe condotto a risultati diversi da quelli poi verificatisi, dovendo l'AIAS pagare per intero la retribuzione ai propri dipendenti, non potendo pretendere di corrispondere loro soltanto una quota di quanto spettante contrattualmente.
Infine deve essere respinta anche l'ultima censura di sviamento di potere con la quale l'appellante ha sostenuto che le ASL avrebbero pagato i dipendenti per rimandare il pagamento dei propri debiti nei confronti dell'AIAS: le ASL hanno provveduto al pagamento delle retribuzioni per evitare il contenzioso con i dipendenti solo dopo aver più volte inutilmente sollecitato l'ente a provvedervi direttamente.
L'infondatezza dei motivi di appello consente di disporre l'assorbimento delle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa delle appellate.
In conclusione, gli appelli devono essere respinti.
Le spese di lite possono compensarsi tenuto conto della novità e particolarità della questione in esame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello RG 3775/2015 e RG 3779/2015, così dispone:
- riunisce gli appelli e li respinge confermando le sentenze di primo grado.
- spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.