Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 19 maggio 2016, n. 10324
Presidente: Canzio - Estensore: Bernabai
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 22 novembre 2008 la Procura regionale presso la Corte dei conti per il Molise conveniva il prof. Carmine G., direttore del Dipartimento di cultura del progetto della seconda Università degli Studi di Napoli, per sentirlo dichiarare responsabile del danno arrecato alle finanze regionali, determinato nella somma di euro 538.000,00, per inadempimento di un incarico di consulenza scientifica, conferitogli dalla regione Molise per la formazione di un inventario informatizzato degli usi civici.
Con sentenza 7 luglio 2010 la sezione giurisdizionale per la regione Molise della Corte dei conti condannava il G. al pagamento della somma di euro 522.000,00.
La Corte dei conti centrale d'appello rigettava il successivo gravame con sentenza 3 giugno 2013.
Sull'eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione motivava:
- che, nella specie, era stata prospettata l'esistenza di una convenzione, priva di causa, tra la regione e l'Università di Napoli;
- che era stata la stessa amministrazione che aveva conferito l'incarico a sospendere i pagamenti, per la ritenuta inutilità della prestazione, anche in ragione dell'elevato prezzo pagato;
- che rientrava nella giurisdizione del giudice contabile l'accertamento dell'eventuale responsabilità, nella gestione di pubbliche risorse contraria a criteri di buona amministrazione;
- che la tesi difensiva di un atto unilaterale potestativo della regione nel conferimento dell'incarico, prospettata dal G., confermava ancor più la giurisdizione contabile, in ragione del rapporto di servizio configurabile con un'amministrazione diversa da quella di appartenenza del privato che aveva ricevuto l'incarico di consulenza.
Avverso la sentenza, non notificata, il G. proponeva ricorso per cassazione, notificato il 17 febbraio 2014 ed ulteriormente illustrato con memoria, deducendo il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in assenza dei requisiti di un rapporto di carattere funzionale con la Pubblica amministrazione, caratterizzato da poteri di natura autoritativa e dall'inserimento in un programma di attività da essa gestito, con impiego di risorse pubbliche.
Resisteva con controricorso il Procuratore generale presso la Corte dei conti.
All'udienza dell'8 marzo 2016, il Procuratore generale ed il difensore del G. precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
La contestazione dell'inutilità ab initio del progetto per la formazione di un inventario informatizzato degli usi civici appare irrilevante ai fini dell'identificazione della giurisdizione contabile nei confronti dell'arch. G., estraneo alla fase del conferimento dell'incarico, autonomamente deciso dalla regione Molise alla cui amministrazione egli non apparteneva.
Lo stesso vale per l'affermata esosità del corrispettivo, non determinato unilateralmente dal professionista, bensì frutto di un accordo di tipo privatistico conseguito a libere trattative.
Sotto entrambi i profili, quindi, la motivazione addotta in sentenza non è idonea a giustificare la ritenuta giurisdizione della Corte dei conti.
Né appare decisivo il rilievo che il compenso sia stato pagato con risorse pubbliche (fondi della regione Molise): potendosi ripetere tale evenienza in ogni obbligazione pecuniaria, pur se derivante da un ordinario contratto di diritto privato stipulato dalla Pubblica amministrazione.
Nel suo controricorso il Procuratore generale presso la Corte dei conti afferma, altresì, l'insindacabilità ab estrinseco del ritenuto rapporto di servizio, in quanto oggetto di un accertamento di merito rientrante nella cognizione esclusiva del giudice contabile.
Nei termini assoluti in cui appare enunciata, l'enunciazione di principio non può essere condivisa.
È vero che la responsabilità erariale può riguardare anche soggetti privati, sottoposti, quindi, a giurisdizione contabile; ma perché ciò avvenga, occorre appunto un titolo di responsabilità diverso da quello ordinario contrattuale, o da illecito aquiliano: consistente, invece, nell'esercizio, anche solo di fatto, di poteri propri della Pubblica amministrazione intestataria della funzione, che sia prospettato, in sede di edictio actionis, da parte della Procura contabile.
È sufficiente richiamare, in argomento, il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui la giurisdizione della Corte dei conti sussiste tutte le volte in cui fra l'autore del danno e l'amministrazione, o l'ente pubblico danneggiati sia ravvisabile un rapporto, non solo di impiego in senso proprio, ma di servizio: intendendosi per tale una relazione funzionale, caratterizzata dall'inserimento del soggetto nell'apparato organico e nell'attività dell'ente, suscettibile di rendere il primo compartecipe dell'operato del secondo (Cass., sez. un., 16 luglio 2014; Cass., sez. un., 24 novembre 2009, n. 24671).
Pertanto, la giurisdizione contabile va affermata allorché il danno erariale dipenda da comportamenti illegittimi tenuti dall'agente nell'esercizio di quelle funzioni per le quali possa dirsi che egli è inserito nell'apparato dell'ente pubblico, così da assumere la veste di agente dell'amministrazione; mentre, ben diversa è la situazione che si determina quando il pregiudizio di cui si pretende il ristoro sia conseguenza di comportamenti che il privato abbia assunto nella veste di controparte contrattuale dell'amministrazione medesima. In tale evenienza, ad esser violato non è, infatti, il dovere, lato sensu pubblicistico, gravante sul contraente generale, di agire nell'interesse dell'amministrazione, bensì quello di adempiere correttamente le obbligazioni dedotte nel contratto, alle quali corrispondono diritti corrispettivi, su un piano di parità.
Ne consegue che la prospettazione di un danno erariale nel senso sopraindicato non è sottratta a sindacato, sotto il profilo dei limiti esterni, qualora non venga allegato dalla Pubblica amministrazione alcuno degli elementi sintomatici del rapporto di servizio.
Diversamente opinando, lo stesso controllo dei limiti esterni di giurisdizione sarebbe precluso dalla pretesa sufficienza di affermazioni di carattere assertivo ed astratto; perfino se disancorate da qualsiasi riferimento agli elementi costitutivi della fattispecie concreta.
Cosa diversa resta invece l'accertamento di merito della responsabilità del soggetto privato, una volta che ne sia confermato l'assoggettamento a un rapporto di servizio: accertamento, rientrante per contro nella cognizione esclusiva della Corte dei conti.
Sul punto occorre aggiungere, per completezza di analisi, che se è vero che rientra nella giurisdizione contabile la valutazione del corretto esercizio del potere discrezionale amministrativo, anche alla luce dei criteri di proporzionalità delle scelte, di ragionevolezza, ed economicità fondati sul raffronto tra i risultati conseguiti ed i costi sostenuti (Cass., sez. un., 7 novembre 2013, n. 25037; Cass., sez. un., 9 luglio 2008; Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7024; Cass., sez. un., 29 settembre 2003, n. 14488) - cosicché discrezionalità in nessun caso può significare insindacabilità assoluta - tuttavia, nel caso in scrutinio, tale valutazione deve riguardare il soggetto pubblico responsabile del programma e dell'affidamento di una consulenza, in ipotesi, superflua e costosa: e non pure il soggetto privato che si sia limitato ad accettare l'altrui proposta contrattuale e che, se responsabile di inadempimento, dovrà risponderne dinanzi al giudice ordinario secondo le regole civili pertinenti.
La tesi contraria porterebbe, inammissibilmente, a riversare sullo stesso professionista l'obbligo di sindacare la congruità della proposta, prima di accettarla, in relazione ai canoni di buona amministrazione: sostanzialmente, anticipando il futuro giudizio del giudice contabile.
Né sembra che nel caso in esame possa parlarsi di concessione di un contributo pubblico, di cui il Dipartimento di architettura - ed al suo interno, l'arch. G. - sia stato beneficiario; trattandosi, piuttosto, di un normale corrispettivo di opera professionale (non essendo decisivo, in senso contrario, il rilievo che una percentuale di esso fosse trattenuta dal Dipartimento).
Alla luce dei predetti rilievi, la sentenza dev'essere dunque cassata senza rinvio e dichiarata la carenza di giurisdizione della Corte dei conti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara il difetto di giurisdizione della Corte dei conti.