Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 21 giugno 2016, n. 2719
Presidente: Saltelli - Estensore: Franconiero
FATTO
1. In data 2 luglio 2003 la Romana Luminex di T. & C. Morandini s.n.c. presentava al Comune di Fondi una proposta di affidamento in concessione in project financing della progettazione, ampliamento, costruzione e gestione degli impianti di illuminazione del cimitero comunale e del servizio delle lampade votive. L'amministrazione dichiarava la proposta di pubblico interesse e nominava un proprio funzionario quale responsabile unico della successiva procedura di affidamento della concessione sulla base della proposta della Romana Luminex, ai sensi degli allora vigenti artt. 37-bis e seguenti della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 (delibera di giunta comunale n. 29 del 7 aprile 2004).
2. Stante la lunga inerzia dell'amministrazione, con istanza pervenuta al Comune l'8 agosto 2011 la Romana Luminex prima lo diffidava ad avviare la gara e poi, in assenza di riscontro, proponeva ricorso contro il silenzio-inadempimento, che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sezione staccata di Latina accoglieva, ordinando al Comune di Fondi di indire la gara o comunque di determinarsi in modo espresso sulla diffida della società (sentenza n. 626 del 1° agosto 2012).
3. Dando attuazione a tale pronuncia il Comune revocava ai sensi dell'art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241 la dichiarazione di pubblico interesse (delibera di giunta comunale n. 291 del 24 luglio 2012). Ciò a causa del lungo lasso temporale trascorso da quest'ultima (oltre un decennio) senza che fosse stato redatto alcuno studio di fattibilità o fossero stati adottati altri atti e del fatto che nel frattempo il cimitero era stato interessato da lavori di manutenzione ed ampliamento che avevano sostanzialmente modificato la situazione esistente all'epoca della proposta della Romana Luminex.
4. Il successivo ricorso di quest'ultima per l'annullamento della revoca e la conseguente condanna al risarcimento o, in alternativa, al pagamento dell'indennizzo ai sensi del citato art. 21-quinquies veniva respinta dal medesimo Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sezione staccata di Latina, con la sentenza in epigrafe.
5. Il giudice di primo grado reputava legittima la revoca sul rilievo che, anche dopo la dichiarazione di interesse pubblico, l'amministrazione non fosse tenuta ad indire la gara per l'affidamento della concessione e che il provvedimento di ritiro fosse giustificato dalle ragioni addotte dall'amministrazione. Veniva conseguentemente respinta la domanda risarcitoria.
Il Tribunale amministrativo respingeva anche la domanda di pagamento dell'indennizzo, ritenendo che non fosse applicabile l'art. 21-quinquies, in virtù della norma speciale contenuta nell'art. 153, comma 19, cod. contratti pubblici, che riconosce al promotore il rimborso delle spese in caso di mancato ottenimento della concessione all'esito della gara svolta sulla base della sua proposta.
6. La Romana Luminex ha proposto appello, col quale contesta tutte le statuizioni del giudice di primo grado.
7. Si è costituito in resistenza il Comune di Fondi.
DIRITTO
1. Romana Luminex censura la sentenza di primo grado per non avere considerato che con la dichiarazione di pubblico interesse della proposta il promotore acquista un'aspettativa giuridicamente tutelata ex art. 37-quater l. n. 109 del 1994 all'indizione della successiva procedura di gara per l'affidamento della concessione della costruzione e gestione dell'opera oggetto di proposta, come in particolare stabilito dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza del 28 gennaio 2012, n. 1, e che rispetto a questa aspettativa la revoca impugnata costituisce atto lesivo ed illegittimo. Il giudice di primo grado avrebbe quindi errato nel ritenere che il Comune di Fondi non fosse tenuto ad indire la gara.
2. La sentenza appellata sarebbe erronea anche nella parte in cui ha ritenuto legittime ex art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990 le ragioni addotte dall'amministrazione a sostegno della revoca della dichiarazione di pubblico interesse. In particolare, la Romana Luminex sottolinea che, in base alla legislazione in materia di servizi pubblici locali vigente all'epoca dei fatti di causa la gestione in economia del servizio era vietata. Inoltre, l'appellante contesta che possa essere addotto a giustificazione della revoca il tempo trascorso dalla dichiarazione di pubblico interesse, poiché l'inerzia è imputabile esclusivamente al Comune di Fondi. Non sarebbe quindi provata la sostanziale modifica della situazione rispetto a quella in cui la dichiarazione è stata emessa, per effetto di successivi lavori di ristrutturazione.
3. La Romana Luminex insiste pertanto nella domanda di risarcimento dei danni, consequenziale all'annullamento della revoca e, in via subordinata, per il pagamento dell'indennizzo ai sensi del citato art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990.
4. Le censure non sono fondate.
5. Devono innanzitutto essere condivisi i rilievi del giudice di primo grado, secondo cui, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato quindi il promotore privato, l'amministrazione non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione (negli stessi termini si è ancora di recente espresso questo Consiglio di Stato, Sez. III, 20 marzo 2014, n. 1365). Tale scelta costituisce infatti una tipica manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, tali da non potere essere rese coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa.
6. In contrario non induce la disciplina (allora vigente) degli artt. 37-bis e seguenti della legge quadro n. 109 del 1994.
In particolare, contrariamente a quanto sostiene l'appellante, la previsione dell'art. 37-quater, secondo cui entro tre mesi dalla dichiarazione di pubblico interesse le amministrazioni indicono la gara per l'affidamento della concessione, non impone alle stesse un obbligo in tal senso. La funzione della norma è infatti quella di scandire le fasi della articolata procedura di affidamento in concessione di lavori pubblici secondo lo schema del project financing, nel presupposto (che spetta alla sola amministrazione apprezzare) della volontà di procedere in tal senso.
7. Quindi, dalla dichiarazione di pubblico interesse della proposta del promotore privato non deriva alcun vincolo per l'amministrazione di affidare la concessione, essendo necessaria da parte di quest'ultima una scelta ulteriore, analogamente a quanto avviene per qualsiasi decisione di affidare un contratto. In particolare, rispetto ai tipici moduli contrattuali pubblicistici, la complessiva disciplina dell'istituto del project financing si contraddistingue perché in questo caso l'iniziativa non è assunta dall'amministrazione stessa, ma dal privato. Sennonché anche una volta che la proposta di quest'ultimo sia stata dichiarata di pubblico interesse, lo stesso non acquisisce alcun diritto pieno all'indizione della procedura, ma una mera aspettativa, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell'amministrazione in ordine all'opportunità di contrattare sulla base della medesima proposta.
8. Detta aspettativa non è quindi giuridicamente tutelabile rispetto alle insindacabili scelte dell'amministrazione e la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all'interno della gara - come del resto riconosce l'appellante - una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta.
9. Tanto meno possono essere invocati i principi espressi dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 28 gennaio 2012, n. 1.
In questa pronuncia si è chiarito che la scelta del promotore determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e che l'atto in questione è pertanto impugnabile in sede giurisdizionale amministrativa. Tuttavia, poiché questo vantaggio si sostanzia nella preferenza riconosciuta al progetto del promotore in sede di gara, lo stesso presuppone che l'amministrazione si sia già determinata nell'affidare la concessione. In altri termini, il vantaggio e l'aspettativa giuridicamente rilevante per il promotore si pone "a valle" della scelta della addivenire all'affidamento del contratto, che solo l'amministrazione stessa è titolata ad adottare.
10. In forza dei rilievi finora svolti non è censurabile la decisione del Comune di Fondi di revocare la dichiarazione di pubblico interesse del progetto della Romana Luminex.
È infatti indubbio che il lungo lasso temporale trascorso da quest'ultima costituisce di per sé circostanza sufficiente a fondare in modo legittimo l'esercizio del potere di autotutela, tenuto conto dell'ampiezza con cui esso è riconosciuto dall'art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990. A questo riguardo, la nozione di revoca recepita da quest'ultima disposizione tende ad abbracciare tutti i casi di esercizio dello ius poenitendi da parte dell'amministrazione, e cioè non solo le ipotesi di ritiro di provvedimenti ad efficacia durevole sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto, ma anche quelle in cui per ragioni di opportunità l'amministrazione riveda il proprio operato, in virtù di una rinnovata e diversa valutazione dell'interesse pubblico originario (giurisprudenza consolidata di questo Consiglio di Stato, ancora recente ribadita dalla sentenza di questa Sezione del 14 ottobre 2014, n. 5082; in termini: Cons. giust. amm. Sicilia, sentenza 14 maggio 2014, n. 282). Rispetto a questo potestà così configurata secondo presupposti di particolare latitudine, in coerenza con il principio di inesauribilità del potere amministrativo, l'art. 21-quinquies in esame fa salvo il solo obbligo di ristorare il contrapposto interesse privato sacrificato mediante indennizzo, laddove siano integrati i relativi presupposti. In sostanza, la disposizione in esame esprime il bilanciamento tra l'immanente esigenza di assicurare la cura dell'interesse pubblico ed il principio di civiltà giuridica che impone di tutelare posizioni di affidamento legittimamente maturato, assicurando all'amministrazione ampi margini di (ri)valutazione delle proprie decisioni, ma al contempo imponendo ad essa di ristorare i pregiudizi di natura economica che tali rinnovate valutazioni possano arrecare in capo ai privati eventualmente pregiudicati.
11. La Romana Luminex si sofferma poi sul fatto che la lunga inerzia tenuta dal Comune di Fondi sarebbe ad esso stesso imputabile.
Tuttavia, in disparte il fatto che la stessa società promotrice ha formalmente diffidato l'amministrazione a dare corso alla procedura di gara dopo oltre sette anni dalla dichiarazione di pubblico interesse, la rivalutazione di tale interesse ai fini dell'esercizio del potere di revoca avviene sul piano oggettivo, a prescindere da ogni considerazione in ordine a chi sia addebitabile l'inerzia.
12. Del pari sono infondate le censure con cui la Romana Luminex contesta la scelta adottata dal Comune di Fondi con il provvedimento impugnato nel presente giudizio di assumere in proprio la gestione del servizio delle lampade votive all'interno del cimitero.
Come infatti correttamente rilevato dal giudice di primo grado, l'assunzione diretta di un servizio pubblico non era soggetta ad alcun limite di legge all'epoca dell'adozione della delibera impugnata, per effetto della sentenza della [Corte] Costituzionale del 20 luglio 2012, n. 199, dichiarativa dell'illegittimità dell'art. 4 d.l. 13 agosto 2011, n. 138 ("Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148). Per contro, gli assunti della Romana Luminex si fondano su parametri normativi non più vigenti o successivi rispetto al momento in cui il Comune di Fondi ha assunto il servizio di illuminazione cimiteriale votiva in proprio, ed in particolare l'art. 23-bis d.l. 25 giugno 2008, n. 112, e l'art. 34 d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, inapplicabili quindi al caso di specie.
13. Tutti i motivi volti all'annullamento della revoca impugnata devono pertanto essere respinti e con essi anche la consequenziale domanda risarcitoria, stante l'assenza di un danno ingiusto ex art. 2043 c.c. in conseguenza dell'accertata legittimità dell'atto amministrativo (secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato: Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2109, 6 agosto 2013, n. 4150; Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1186, 1° ottobre 2015, n. 4588, 8 giugno 2015, n. 2807, 31 dicembre 2014, n. 6450, 5 luglio 2012, n. 3941; Sez. VI, 8 aprile 2015, n. 1777).
14. Residua quindi l'esame della domanda di indennizzo ex art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990.
Anche quest'ultima deve essere respinta.
Questo Consiglio di Stato afferma in modo costante (da ultimo: Sez. V, 3 maggio 2016, n. 1692) che l'indennizzo non può essere riconosciuto al privato promotore se non all'esito della procedura di gara per l'affidamento della concessione, quando del progetto dallo stesso presentato e dichiarato di pubblico interesse si giovi un aggiudicatario della concessione diverso. Come infatti ricordato da questa pronuncia, la disciplina relativa alle concessioni di lavori pubblici in finanza di progetto prevede una specifica forma di ristoro per questa particolare ipotesi (art. 153, commi 12 e 19, cod. contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; in precedenza: art. 37-quater, comma 5, l. n. 109 del 1994).
Prima di questo momento non è conseguentemente configurabile alcun diritto all'indennizzo ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge generale sul procedimento amministrativo. L'applicazione di questa norma è in particolare impedita da quella speciale poc'anzi esaminata, ed in ogni caso dal fatto che - come sopra evidenziato - la dichiarazione di pubblico interesse del progetto di lavori non assicura al promotore alcun affidamento concreto in ordine alla successiva decisione dell'amministrazione di dare corso alla procedura di gara e di portarla a compimento con la stipula della concessione. Prima della conclusione della prodromica procedura di gara difetta dunque il presupposto che in base al più volte citato art. 21-quinquies giustifica il riconoscimento del ristoro patrimoniale in essa previsto a fronte delle superiori valutazioni dell'amministrazione rispetto agli interessi pubblici da perseguire.
15. L'appello deve essere in definitiva respinto e la Romana Luminex deve essere condannata a rifondere al Comune di Fondi le spese del presente grado di giudizio in applicazione del criterio della soccombenza, come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante Romana Luminex di T. & C. Morandini s.n.c. a rifondere al Comune di Fondi le spese del presente grado di giudizio, liquidate in Euro 4.000,00 (quattromila), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.