Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 22 settembre 2016, n. 3922

Presidente: Cirillo - Estensore: Spiezia

FATTO E DIRITTO

1. Con decreto 23 febbraio 2007, n. 11 Imm. (notificato il 27 giugno 2007) il Questore di Udine - previa comunicazione del preavviso di cui all'art. 10-bis della l. n. 241/1990 - revocava il permesso di soggiorno per lavoro dipendente, già rinnovato il 17 gennaio 2006 a G.I., cittadino albanese in Italia dal 1998, invitandolo a lasciare il territorio nazionale entro 15 giorni con l'avvertenza che, in mancanza, ne avrebbe disposto l'espulsione ai sensi del d.lgs. n. 286/1998, art. 13.

Il Questore di Udine aveva disposto la revoca del permesso di soggiorno, in applicazione degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998, che prevedono la revoca del permesso di soggiorno in presenza di condanne per alcuni tipi di reati, in quanto in data 18 ottobre 2005 con sentenza n. 616, a seguito di giudizio abbreviato, il GUP del Tribunale penale di Udine, aveva condannato l'immigrato alla pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione (attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti) per tentato omicidio e lesioni personali in danno di più persone, fatto commesso a Lignano Sabbiadoro il 14 luglio 2004.

1.1. Avverso la revoca del permesso di soggiorno l'immigrato ha proposto ricorso al T.A.R. del Friuli-Venezia Giulia (r.g. 303/2007), che accoglieva l'istanza cautelare con ordinanza n. 99/2007 e poi, preso atto che nel frattempo la Corte d'Appello di Trieste, con sentenza del 22 ottobre 2008 aveva confermato la sentenza di primo grado e che nel febbraio 2009 avverso la sentenza della Corte di Appello l'immigrato aveva presentato ricorso per Cassazione, nel merito ha respinto il ricorso con sentenza 1° agosto 2009, n. 634.

1.2. Avverso la sentenza del T.A.R. l'immigrato ha proposto l'appello in epigrafe, chiedendone l'annullamento, previa sospensione, con unico articolato motivo.

Con ordinanza cautelare 27 gennaio 2010, n. 399 la Sezione sesta di questo Consiglio di Stato, dopo aver acquisito le sentenze di condanna dell'immigrato (con ordinanza n. 5874/2009), ha respinto l'istanza di sospensione della sentenza.

Si è costituito in giudizio il ministero dell'Interno, che, con atto di mera forma, ha chiesto il rigetto dell'appello.

Alla pubblica udienza indicata in epigrafe la causa è passata in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne la contestata legittimità del decreto 23 febbraio 2007 con cui il Questore di Udine revocava il permesso di soggiorno per lavoro subordinato, peraltro scaduto il 30 ottobre 2006, rilevando che l'immigrato era stato condannato con sentenza del Tribunale Penale di Udine 18 ottobre 2005, n. 676 ad anni 4 e mesi 4 di reclusione per lesioni personali aggravate e tentato omicidio e che tale condanna, ai sensi del d.lgs. n. 286/1998, artt. 4 e 5, era ostativa al mantenimento del permesso di soggiorno.

La sentenza appellata, nel respingere il ricorso di primo grado (proposto anche avverso un non meglio indicato diniego di rinnovo del permesso di soggiorno) ha affermato che l'immigrato, se da un lato non ha interesse a contestare il provvedimento di revoca di un permesso di soggiorno già scaduto e che, quindi, è inidoneo ad incidere negativamente sulla sua sfera giuridica, per altro verso non si può neanche dolere del ritiro del titolo di soggiorno, in quanto i reati, per i quali è stato condannato, sono inseriti tra quelli automaticamente ostativi al rinnovo del permesso di soggiorno, ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 286/1998, e, quindi, l'Amministrazione risulta sollevata dall'onere di verificare qualsiasi altro elemento di valutazione.

2.1. Il fatto delittuoso, cui si riferisce la sentenza impugnata, consiste in una rissa, avvenuta il 14 luglio 2004, circa alle ore 6, dentro fuori un locale di Lignano Sabbiadoro "la Tavernetta club", in cui sono rimasti coinvolti, da un lato, una cameriera ed il cuoco del locale e, dall'altro, un gruppo di amici, che avevano festeggiato un compleanno.

La lite ha avuto inizio quando qualcuno del gruppo, al momento del pagamento del conto, ha molestato con epiteti osceni ed atteggiamenti confidenziali non graditi la cameriera straniera, che ha reagito nei confronti del molestatore, provocando le proteste del gruppo; a quel punto, dopo che l'immigrato, cuoco nel locale, ha preso le difese della ragazza nei confronti del gruppo (dando uno schiaffo ad una ragazza del gruppo) è iniziato un acceso diverbio, che degenerava in rissa (in quanto gli amici della ragazza a loro volta presero a schiaffi l'immigrato) e che proseguiva fuori del locale, dove l'immigrato (ingiuriato anche per la sua nazionalità albanese) subiva un violento pestaggio da parte di alcuni membri del gruppo e, a sua volta, li aggrediva con un coltello (che, nel frattempo, aveva preso dalla cucina), procurando ad alcuni di essi ferite di taglio agli arti ed al torace.

2.2. L'appellante, in pratica, ripropone gli articolati motivi del ricorso di primo grado.

In punto di fatto, peraltro, è opportuno precisare che nel provvedimento di revoca il Questore di Udine non fa alcun riferimento al rigetto dell'istanza del permesso di soggiorno, che l'appellante avrebbe presentato in data 18 dicembre 2006, cioè prima di ricevere, in data 27 febbraio 2007, dalla Questura di Udine l'avviso di avvio del provvedimento di revoca.

Appare evidente, comunque, che la disposta revoca del permesso di soggiorno rappresenta una dirimente ragione ostativa al periodico rinnovo del permesso di soggiorno.

2.3. Per economia di mezzi si esamina per primo l'aspetto sostanziale della controversia circa la presenza o meno, nel caso di specie, delle ragioni ostative automatiche al rinnovo del permesso di soggiorno.

L'assunto del giudice di primo grado non appare condivisibile.

Infatti (come deduce l'appellante nel secondo profilo dell'unico articolato motivo) il Questore ha ritenuto che la condanna inflitta all'immigrato fosse elemento automaticamente ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno, mentre, ove avesse correttamente applicato l'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998, avrebbe dovuto farsi carico di valutare la circostanza che l'interessato risiedeva in Italia da diversi anni (dal 1998) e che aveva qui legami familiari (in particolare, la presenza della madre e del fratello, residente anch'egli a Lignano Sabbiadoro, e delle sorelle residenti in un comune limitrofo).

Va aggiunto che, anche a voler prescindere dalla considerazione che le disposizioni della Direttiva 2003/86/CE sulla tutela dell'unità familiare dei migranti, avevano, comunque, valore cogente per l'Italia a partire dal 3 ottobre 2005 (termine ultimo fissato per il suo recepimento), comunque, al momento della emanazione del decreto del Questore (23 febbraio 2007), era già entrato in vigore il d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5 (pubblicato il 31 gennaio 2007).

Il d.lgs. n. 5/2007 (recependo la suddetta direttiva CE), a parziale modifica dell'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, ha stabilito che nei confronti dello straniero, che abbia esercitato il ricongiungimento familiare, l'Amministrazione ha l'obbligo della valutazione comparativa (discrezionale) dell'interesse pubblico all'allontanamento dello straniero e dell'interesse di quest'ultimo a conservare i suoi rapporti familiari.

2.4. Pertanto, nel caso all'esame, all'appellante va riconosciuta la tutela rafforzata prevista dal d.lgs. n. 5/2007, pur se non è stato parte di un procedimento di ricongiungimento familiare, in quanto, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Sezione (C.d.S., Sezione Terza, n. 1/2014 e n. 3875/2014), questo criterio di bilanciamento va applicato anche ai nuclei familiari che si siano riuniti senza bisogno di quell'apposita procedura.

Va aggiunto che, successivamente alla vicenda in questione, la Corte costituzionale ha confermato la necessità del bilanciamento tra l'interesse alla sicurezza pubblica e la tutela dell'unità familiare dei migranti e con la sentenza n. 202/2013 ha annullato in parte qua l'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui non prevedeva che la valutazione discrezionale dei fatti ostativi si applicasse anche allo straniero "che abbia legami familiari nel territorio dello Stato".

2.5. Conseguentemente la Questura di Udine avrebbe dovuto valutare in concreto la pericolosità sociale dell'immigrato anche alla luce della circostanza che l'appellante ha sempre ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno dal 1998, ha sempre lavorato come generico di cucina o aiuto pizzaiolo, come dipendente inquadrato al 5° livello del CCNL del settore Turismo e poi, da agosto 2005, con inquadramento nel 6° livello dal 2 marzo 2007 (con contratto a tempo indeterminato stipulato dai gestori di una pizzeria di Lignano Sabbiadoro) ed, infine, ha in Italia tutti i suoi familiari (essendo il padre deceduto da tempo).

2.6. A conforto della necessità nel caso di specie di un accurato bilanciamento dei contrapposti interessi il Collegio richiama la circostanza che il Tribunale penale di Trieste (in sede di riesame dell'ordinanza di conferma della custodia cautelare in carcere dell'immigrato) con ordinanza 30 luglio 2004 ha concesso all'indagato gli arresti domiciliari presso l'abitazione della sorella, considerando che andava escluso il pericolo di reiterazione della condotta criminosa, in quanto si trattava di un incensurato, che si era trovato nel mezzo di una rissa per aveva preso le difese di una cameriera infastidita all'interno del locale, dove alle prime ore del mattino, era entrato un gruppo di amici; il Tribunale del Riesame, quindi, concedeva il beneficio degli arresti domiciliari, valutando positivamente il materiale probatorio acquisito sulla personalità dell'indagato.

Per completezza, peraltro, è opportuno segnalare che, nelle more del giudizio, la pena inflitta è stata rideterminata dal giudice dell'esecuzione, previa applicazione dell'indulto, in anni 1 giorni 27 di reclusione e che il Tribunale di Sorveglianza di Trieste, effettuata una prognosi favorevole sul reinserimento sociale dell'immigrato, con provvedimento del 22 marzo 2011 ha disposto per la residua pena la modalità della detenzione domiciliare con permesso di recarsi al lavoro.

Terminata la espiazione della pena al 27 gennaio 2012, l'appellante ha continuato a risiedere a Lignano Sabbiadoro (ambito comunale ed area limitrofa), in cui risiedono anche la madre, il fratello e le sorelle (cioè tutta la famiglia, visto che il padre è deceduto da molti anni), che, in attesa di un nuovo permesso di soggiorno, provvedono al suo mantenimento e, poi, in data 12 febbraio 2015, dopo i prescritti 3 anni di buona condotta, ha presentato anche istanza di riabilitazione al Tribunale di Sorveglianza di Trieste.

2.7. Pertanto, ad avviso del Collegio, gli esposti elementi sono sufficienti per concludere nel senso che il decreto di revoca del permesso di soggiorno è viziato da carenza di motivazione e di istruttoria e violazione dell'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 (nel testo modificato dal d.lgs. n. 5/2007).

2.8. Alla luce della fondatezza dei profili di censura sopraesposti il Collegio ritiene di essere esonerato dall'esame degli altri profili dell'articolato motivo di appello dalla cui valutazione l'appellante non trarrebbe ulteriore utilità.

3. In conclusione, quindi, l'appello va accolto nei sensi illustrati e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va accolto e il decreto di revoca va annullato con il conseguente obbligo del Questore di Udine di riesaminare la situazione dell'appellante mediante la valutazione comparata tra il concreto rischio che la presenza dell'immigrato possa turbare l'ordinato svolgimento della vita nell'ambito socio economico di riferimento e la esigenza di tutela del suo contesto affettivo e familiare, ormai stabilmente radicato in Italia da quasi 20 anni.

Considerate le caratteristiche in punto di fatto della vicenda, sussistono giusti motivi per compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l'appello in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed in conseguenza annulla il decreto del Questore di Udine 23 febbraio 2007 con l'obbligo di riesame della situazione dell'appellante alla luce di quanto in motivazione.

Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.