Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione III
Sentenza 18 ottobre 2016, n. 10404
Presidente: Dongiovanni - Estensore: Lomazzi
FATTO E DIRITTO
Il Sig. Gerolamo T., Ricercatore di diritto amministrativo presso l'Università degli Studi di Genova, impugnava il giudizio di non idoneità al conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di Professore universitario di II fascia, settore concorsuale 12/D1 "diritto amministrativo", tornata 2012, unitamente agli atti presupposti, connessi e conseguenti, in particolare all'art. 8, comma 5, del d.P.R. n. 222 del 2011, deducendo la violazione dell'art. 16 della l. n. 240 del 2010, dell'art. 17 della l. n. 400 del 1988, dell'art. 97 Cost., dei principi della riserva di legge e della gerarchia delle fonti, in subordine dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990, del d.P.R. n. 222 del 2011, del d.m. n. 76 del 2012 nonché l'eccesso di potere per difetto di presupposto e di motivazione, illogicità e contraddittorietà, travisamento dei fatti, sviamento.
Il ricorrente in particolare ha fatto presente che tra i criteri direttivi di legge non era previsto quello della deroga al principio generale della maggioranza assoluta; che era poi dunque irragionevole l'effetto conseguente di un possibile esito di inidoneità determinato da un orientamento minoritario formatosi all'interno della Commissione di valutazione.
In via subordinata l'interessato ha sostenuto che allora la prescritta maggioranza regolamentare dei 4/5 dei componenti del predetto Organo occorreva anche per denegare l'idoneità all'abilitazione; che in ogni caso i giudizi riportati risultavano carenti di istruttoria e di motivazione e che il giudizio collegiale in particolare difettava di sintesi adeguata; che inoltre i criteri più restrittivi di valutazione adottati dalla Commissione apparivano irragionevoli, non motivati e comunque non ammessi dal predetto art. 16 della l. n. 240 del 2010; che era stata omessa altresì un'attenta valutazione, tra i titoli, dell'attività didattica svolta; che la Commissione in ultimo non avrebbe potuto, come invece sembra nei fatti avvenuto, fissare un tetto massimo al numero dei candidati da abilitare.
Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione di valutazione si costituivano in giudizio per la reiezione del gravame, illustrandone con successiva memoria l'infondatezza nel merito.
Con altra memoria il ricorrente ribadiva i propri assunti.
Con ordinanza n. 2330 del 2014 il Tribunale accoglieva, ai fini del riesame, la domanda cautelare presentata dal ricorrente.
Con ulteriore ordinanza n. 3567 del 2014, il Consiglio di Stato, Sez. VI, accoglieva l'appello cautelare ai fini della sollecita fissazione dell'udienza di merito, ex art. 55, comma 10, c.p.a.
Con note d'udienza l'interessato riaffermava le proprie tesi difensive.
Nell'udienza del 6 luglio 2016 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso risulta fondato nel merito e va pertanto accolto, con conseguente annullamento del giudizio impugnato, per le ragioni di seguito esposte.
Invero è necessario evidenziare al riguardo che con sentenza TAR Lazio, III-bis, n. 12407 del 2015, confermata in appello da C.d.S., Sez. VI, n. 2859 del 2016, veniva tra l'altro annullato l'art. 8, comma 5, del d.P.R. n. 222 del 2011, laddove prevedeva, per il conseguimento dell'idoneità all'abilitazione, una delibera assunta con la maggioranza dei 4/5 dei componenti della Commissione di valutazione anziché con la maggioranza assoluta degli stessi.
Il Tribunale rilevava in proposito che:
"Siffatta previsione regolamentare, assolutamente innovativa rispetto a tutta la pregressa legislazione in materia di concorsi universitari, risulta in contrasto con quelle di legge sotto due profili:
- in primo luogo, in quanto un'innovazione tanto significativa e contrastante con le regole generali di funzionamento degli organi collegiali avrebbe dovuto essere esplicitamente indicata dal legislatore nei dettagliatissimi criteri che esso ha fornito per l'adozione del regolamento disciplinante la procedura abilitativa;
- in secondo luogo e comunque, perché la previsione di maggioranze qualificate risulta incompatibile con quella - specificamente inserita dal legislatore tra i criteri direttivi per l'adozione del regolamento (art. 16, comma 3, lett. a), della legge n. 240/2010) - secondo cui la Commissione deve in ogni caso (cioè: sia se il giudizio è positivo, sia se è negativo) rendere un "motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche". Risulta infatti, all'evidenza, impossibile pervenire ad un congruo e motivato giudizio negativo per una Commissione a maggioranza convinta del contrario".
Ne discende l'illegittimità del giudizio collegiale negativo, reso dal predetto Organo valutativo e fondato su tre giudizi individuali positivi (Carullo, Longobardi, Ramajoli) su cinque, che va pertanto annullato (cfr. anche TAR Lazio, III-bis, n. 13121 del 2015, C.d.S., VI, n. 470 del 2016, TAR Lazio, III, n. 4513 del 2016).
Restano assorbite, per difetto di rilevanza, le rimanenti censure, formulate in via subordinata.
Ciò comporta, in presenza degli altri presupposti della disciplina in esame, il diretto conseguimento dell'abilitazione scientifica a Professore di II fascia da parte dell'interessato.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso n. 2810/2014 indicato in epigrafe e per l'effetto annulla il giudizio impugnato.
Condanna l'Amministrazione resistente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.000,00 (Mille/00) oltre a IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.