Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 20 ottobre 2016, n. 21261

Presidente: Rordorf - Estensore: Giusti

FATTI DI CAUSA

1. Il 19 marzo 2007 il Consorzio di bonifica pedemontano Brenta (ora Consorzio di bonifica Brenta), con sede in Cittadella, presentava alla Regione Veneto istanza volta ad ottenere la concessione per la derivazione d'acqua superficiale della roggia Contarina nel Comune di Piazzola sul Brenta, località Opifici Minori, per la produzione di energia idroelettrica.

In precedenza, in data 29 novembre 2006, analoga istanza era stata presentata dalla società Hydra s.r.l. con sede in Campodarsego.

Con decreto n. 471 del 20 dicembre 2011, il dirigente regionale della Segreteria regionale per l'Ambiente - direzione Difesa del suolo decideva di procedere nell'istruttoria dell'istanza della società Hydra s.r.l. per la concessione di derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, per produrre su un salto di ml. 6.00 la potenza media nominale di KW 50,29 ad uso idroelettrico.

2. Avverso tale provvedimento, nonché avverso ogni altro atto connesso per consequenzialità e/o presupposizione, ed in particolare del parere n. 6 del 3 novembre 2011 della Commissione tecnica sulle domande in concorrenza, il Consorzio di bonifica Brenta promuoveva giudizio di impugnazione avanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche con ricorso notificato il 25 febbraio 2012 alla Regione Veneto, al Genio civile di Padova e alla controinteressata Hydra s.r.l.

Il Consorzio ricorrente, a fondamento della domanda di annullamento del provvedimento, deduceva i seguenti motivi, illustrati con due successive memorie:

- illegittimità per violazione e falsa applicazione dell'art. 9 del t.u. acque pubbliche approvato con r.d. n. 1775 del 1933;

- illegittimità per eccesso di potere per falsità/insussistenza dei presupposti e per carenza di istruttoria; arbitrarietà; violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; carenza di motivazione;

- violazione e/o falsa applicazione dell'art. 9 del r.d. n. 1775 del 1933 sotto ulteriori profili; eccesso di potere per difetto di istruttoria;

- sulla discrezionalità amministrativa; in specie sulla discrezionalità tecnica: insussistenza, arbitrio, eccesso di potere;

- illegittimità per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti nonché per contraddittorietà delle motivazioni assunte; violazione del punto 1.1. del decreto del Ministero dello Sviluppo economico 10 settembre 2010; violazione del principio di libera concorrenza;

- violazione e/o falsa applicazione dell'art. 9 del r.d. n. 1775 del 1933 per mancata considerazione dell'interesse pubblico;

- eccesso di potere per illogicità manifesta ed errata interpretazione: art. 83-bis l.r. n. 11 del 13 aprile 2001; artt. 9 e 12-bis del testo unico acque pubbliche; art. 166 del d.lgs. n. 152 del 2006.

Si costituiva in giudizio l'impresa controinteressata, che resisteva al ricorso ed alla connessa istanza cautelare, poi abbandonata, illustrando con successiva memoria le proprie argomentazioni circa l'incompetenza del TSAP (a favore del TRAP di Venezia), il rilascio di parere comunale favorevole al suo progetto (suscettibile di adeguamento tecnologico, al contrario di quello consortile), la corretta istruttoria effettuata, la realizzata disponibilità di ben quattro impianti simili ed il legittimo uso di poteri discrezionali esercitati dalla Regione.

Si costituiva la Regione Veneto che, replicando in ordine ai diversi motivi di ricorso, concludeva per la declaratoria di inammissibilità e comunque per il rigetto del ricorso stesso.

3. Con sentenza depositata in data 9 luglio 2014, il TSAP ha respinto il ricorso e condannato il Consorzio del Brenta al rimborso delle spese processuali sostenute dalla Regione e dall'impresa Hydra.

La sentenza è così motivata:

«Si tratta di adempimenti formalizzati per legge e/o regolamento (comunitari e/o nazionali) ed estrinsecantisi in atti a contenuto precipuamente valutativo-discrezionale, spesso confinante con gli apprezzamenti di merito sottratti al sindacato del giudice della legittimità e, comunque, non censurabili se non per macroscopiche irrazionalità, nella specie non riscontrabili in rapporto alle qui dedotte doglianze: nel procedimento concessorio, finalizzato ad una derivazione idroelettrica da fonte rinnovabile, nella Regione Veneto, deve individuarsi una prima fase contemplante la richiesta dell'autorizzazione unica; la domanda di derivazione; la sua trasmissione alla Segreteria regionale dell'ambiente al competente Ufficio del Genio civile; la sua pubblicazione; la prescritta visita locale; l'acquisizione delle istanze concorrenti e delle varie opposizioni; il parere della competente commissione tecnica; la sua presa d'atto con apposito decreto dirigenziale della difesa del suolo; la trasmissione della domanda alla preposta Autorità di bacino; una seconda fase contemplante: l'autorizzazione alla costruzione ed alla gestione dell'impianto produttivo; il parere favorevole della competente Autorità di bacino; il parere positivo di compatibilità ambientale; la necessaria conferenza dei servizi; l'atto della Giunta regionale recante l'autorizzazione unica, raggruppante quella concernente il vincolo paesistico e l'approvazione della relazione di valutazione d'incidenza per ogni area, nonché quella di approvazione del progetto e quella di compatibilità ambientale; l'autorizzazione alla costruzione ed alla gestione dell'impianto e la dichiarazione di p.u. delle relative opere; infine, il disciplinare d'oneri e connesso decreto concessorio».

4. Per la cassazione della sentenza del TSAP il Consorzio del Brenta ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 novembre 2014, sulla base di due motivi.

Si sono costituiti, con separati atti di controricorso, la Regione Veneto e la Hydra s.r.l.

L'altro intimato - l'Ufficio del Genio civile di Padova - non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il Consorzio e la Regione hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell'udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione concerne la richiesta di annullamento degli atti relativi all'avvio dell'istruttoria dell'istanza di derivazione idroelettrica dalla roggia Contarina presentata dalla società Hydra.

Con la memoria in prossimità dell'udienza, la Regione controricorrente ha rappresentato, producendo la pertinente documentazione, che, con decreto n. 433 del 3 ottobre 2014 (pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto - Supplemento al n. 114 de 28 novembre 2014), è stato disposto il rilascio, a favore della società Domus Flow, ora Hydra s.r.l., della concessione di derivazione d'acqua oggetto dell'istanza già preferita.

Poiché, tuttavia, dalla documentazione prodotta non consta che il provvedimento finale di concessione sia divenuto inoppugnabile, è da escludere che il Consorzio di bonifica del Brenta ricorrente sia privo di interesse alla cassazione della sentenza, che si riferisce ad un atto preparatorio della medesima sequenza procedimentale in cui si inserisce l'atto finale.

Non sussistono pertanto i presupposti per dichiarare la cessazione della materia del contendere o l'estinzione del processo.

2. Con il primo motivo (nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c.; motivazione inesistente o comunque meramente apparente; violazione degli artt. 143 del r.d. n. 1775 del 1933, 111 e 113 Cost.) si sostiene che la sentenza emessa dal TSAP sarebbe viziata da nullità per difetto assoluto di motivazione o, comunque, per motivazione solo apparente, essendo stata omessa l'enunciazione delle ragioni in fatto e in diritto della decisione. Inoltre, la laconica affermazione del giudice con riguardo all'ambito e all'estensione del proprio sindacato di legittimità violerebbe, ad avviso del ricorrente, l'art. 143 del testo unico delle acque pubbliche, giacché il TSAP è l'unico giudice amministrativo specializzato per la tutela dell'interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri pubblicistici in materia di gestione delle acque pubbliche. La sentenza impugnata conterrebbe un'implicita (e immotivata) declinatoria del potere di giudicare profili di illegittimità dell'atto amministrativo (e dell'azione amministrativa) quali l'illogicità, l'arbitrarietà, la carenza di istruttoria macroscopica, il cui accertamento all'interno del nostro ordinamento rimarrebbe, in concreto, a seguire la tesi del TSAP, privo di effettiva tutela.

2.1. Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricorre l'ipotesi della motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente come parte del documento in cui consiste la sentenza, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l'iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. un., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. un., 5 agosto 2016, n. 16599).

Nella specie, la parte della decisione del TSAP dedicata alla motivazione della sentenza si risolve, da un lato, nella rilevazione del contenuto precipuamente valutativo-discrezionale degli atti impugnati, non censurabili se non per macroscopiche irrazionalità, in concreto non ravvisabili; dall'altro, nella illustrazione della fasi in cui si articola il procedimento concessorio.

Da tali considerazioni il TSAP fa direttamente derivare l'infondatezza del ricorso del Consorzio di bonifica.

Sennonché, le suddette considerazioni potevano, al più, costituire la premessa di base per una serie di successive argomentazioni in concreto pertinenti al caso sottoposto all'esame del giudice.

Esse invece mancano nella sentenza. In particolare, proprio la mancanza di una qualsiasi correlazione tra i due passaggi di cui si compone la motivazione (l'enunciazione in astratto della natura eminentemente discrezionale degli atti in questione, da una parte, e l'elencazione descrittiva dei profili procedimentali della concessione, dall'altra) rende di per sé apodittica, e di stile, l'affermazione che "macroscopiche irrazionalità" non sono "nella specie... riscontrabili in rapporto alle qui dedotte doglianze".

Coglie pertanto nel segno la censura del Consorzio ricorrente: la sentenza contiene nella prima parte un'asserzione, che funge da generica premessa, accompagnata dai "due punti", ai quali fa seguito, anziché l'esplicitazione delle ragioni poste a fondamento dell'affermazione sul mancato riscontro delle macroscopiche irrazionalità, la mera elencazione della fasi del procedimento di rilascio del provvedimento concessorio di derivazione idroelettrica.

La sentenza, in definitiva, non mostra il percorso logico-giuridico seguito per risolvere le questioni prospettate dalla parte ricorrente.

E l'impossibilità di individuare l'effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione, con conseguente nullità della sentenza impugnata.

3. Resta assorbito l'esame del secondo motivo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 7, 8 e 9 del r.d. n. 1775 del 1933 e violazione dell'art. 111 Cost.

4. La sentenza impugnata è cassata.

La causa deve essere rinviata per un nuovo esame al TSAP, in diversa composizione, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale superiore delle acque pubbliche, in diversa composizione.