Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione III
Sentenza 2 novembre 2016, n. 1225
Presidente: Settesoldi - Estensore: Rinaldi
FATTO
Con Deliberazione della Giunta regionale n. 956 del 28 luglio 2015 la Regione Veneto ha espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale sul progetto per la realizzazione, nel Comune di Roverchiara, di una discarica di rifiuti contenenti amianto e ha negato l'autorizzazione integrata ambientale richiesta dalle ditte ricorrenti.
La delibera, emanata all'esito di un'articolata istruttoria, recepisce il parere negativo della Commissione V.I.A. n. 519 del 2015 e i rilievi svolti dalle altre autorità amministrative intervenute nel procedimento, adducendo i seguenti otto profili ostativi:
"1) il PAT classifica l'area come esondabile e, di fatto, il sito è limitrofo a una zona certamente oggetto di almeno un allagamento negli ultimi 20 anni e, comunque, oggetto di segnalazione di pericolosità idraulica; rimane indimostrata la compatibilità del sito con l'attività proposta.
Pertanto, l'intervento appare inottemperante alle disposizioni sulla esondabilità sancite dal D.Lgs. n. 36/2003. Non risulta, ipotizzabile classificare l'intervento sulla base delle possibili deroghe, non risultando, neppure sotto tale profilo, osservata l'ipotesi contemplata sempre dal D.Lgs. n. 36/2003, nelle forme e modalità eventualmente ivi previste.
Al riguardo non appare sufficientemente garantita la sicurezza idraulica dell'area, per il solo fatto che l'argine della discarica è posto ad una quota uguale o simile alla vicina strada provinciale;
2) il D.Lgs. n. 36/2003 stabilisce che (Allegato 1, Punto 2.1, secondo comma):
"(...) Gli impianti non vanno ubicati di norma:
(...) - in aree esondabili, instabili e alluvionabili; deve, al riguardo, essere presa come riferimento la piena con tempo di ritorno minimo pari a 200 anni (...)".
Il progetto appare pertanto in contrasto con lo strumento normativo vigente;
3) il D.Lgs. n. 36/2003, punto 2.4.2 dell'allegato 1, nel caso di franco minimo dalla falda freatica non indica la possibilità di realizzare dei sistemi artificiali che garantiscano il rispetto di tale prescrizione, contrariamente a quanto previsto per altre prescrizioni;
4) la Sezione bacino idrografico Adige Po - Sezione di Verona (in precedenza Servizio Forestale regionale di Verona) risulta essere la struttura competente nella definizione se l'area in questione è da considerarsi boscata ai sensi dell'art. 14 della L.R. n. 52/1978.
Detta struttura regionale si è espressa più volte sulla questione, definendo l'area in oggetto parzialmente boscata - anche da ultimo con la propria nota del 26/08/2014 (prot. N. 357969) sottolineando che l'area risulterebbe vincolata anche ai sensi dell'art. 142 comma 1 lettera g) del D.Lgs. n. 42/2004;
Risulta mancante quindi il parere di compatibilità paesaggistica ai fini del rilascio del parere di compatibilità ambientale;
5) dal punto di vista paesaggistico il progetto prevede la realizzazione di colline fuori terra non compatibili con le caratteristiche attuali del paesaggio di pianura circostante tipicamente planiziale;
6) il Piano d'Area delle Pianure e Valli Grandi Veronesi (L.R. n. 108 del 02/08/2012) individua la zona come "ambito di fragilità di origine antropica"; in tale zona vanno applicate le disposizioni dell'art. 7 delle NTA in materia di prescrizioni e vincoli secondo le quali "(...) non è ammessa trasformazione del territorio che modifichi i caratteri naturalistici dell'area e deteriori le funzioni ecosistemiche presenti, ed i particolare la realizzazione di discariche, salvo nuovi interventi di piantumazione e sostituzione delle alberature esistenti; (...)".
Il medesimo Piano d'Area individua puntualmente, nella carta delle fragilità, le cave dismesse (compresa quella in oggetto) e, riguardo questo tema, nelle norme tecniche di attuazione propone i seguenti interventi (art. 7):
"(...) Per le cave dismesse, la Provincia e i Comuni provvedono a definire i metodi di risanamento e riqualificazione degli ambiti degradati, anche mediante la previsione di ampliamenti in superficie e/o in profondità delle aree già soggette ad escavazione, e finalizzano il recupero delle aree di cava ad usi compatibili con l'ambiente, il paesaggio circostante e la salvaguardia degli ecosistemi presenti, anche prevedendo la possibile fruizione dell'area per finalità naturalistico-didattiche, con riferimento in particolare al Titolo V, "Aree di cave abbandonate o dismesse", della L.R. 7 Settembre 1982 n. 44 (...)".
Lo stesso articolo, considerata l'importanza del sito nella formazione della rete ecologica regionale, dà un'indicazione specifica riguardante la cava in oggetto:
"(...) Per quanto riguarda la cava senile nel territorio del Comune di Roverchiara, nell'area posta a confine con il Comune di S. Pietro di Morubio, non è ammessa alcuna trasformazione del territorio salvo nuovi interventi di piantumazione o di sostituzione delle alberature esistenti. La realizzazione di capanni deve avvenire con l'impiego esclusivo di materiale ligneo e copertura a falde inclinate; tali manufatti non possono superare m. 3 di altezza ed il rapporto di copertura massimo deve essere pari allo 0,1% della superficie fondiaria (...)".
Il sito è definito bosco dalla Sezione bacino idrografico Adige Po - Sezione di Verona (in precedenza Servizio Forestale regionale di Verona), è vincolato dal Piano d'Area Grandi Valli Veronesi ed è inoltre praticamente una zona umida. Dall'analisi delle matrici ambientali descritte nello studio d'impatto ambientale, appare evidente che i valori attribuiti agli aspetti naturalistici del sito scelto non sono adeguati alle effettive valenze naturalistiche riscontrate dai vari livelli di pianificazioni vigenti nonché dal reale stato dei luoghi.
Il progetto appare pertanto in contrasto con il Piano d'Area delle Pianure e Valli Grandi Veronesi;
7) l'area ricade, rispetto la variante parziale del P.R.G. del Comune di Roverchiara, in ZTO E2/TAP (Tutela Ambientale Paesaggistica - Zona Umida soggetta a Tutela).
Il progetto appare pertanto in contrasto con gli strumenti pianificatori vigenti;
8) non appare condivisibile la scelta di un diaframma bentonico di 60 cm di spessore, con coefficiente di permeabilità di 10 alla 7 cm/secondo, per mantenere in modo artificioso il franco di falda di almeno due metri, in quanto lo stesso non sembra avere le caratteristiche di durata di almeno 35 anni necessari alla gestione e alla post gestione della discarica".
Le società ricorrenti hanno impugnato la delibera regionale e gli atti presupposti, deducendo plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si sono costituiti in giudizio la Regione Veneto e il Comune di Roverchiara, contrastando analiticamente le avverse pretese.
All'udienza pubblica in epigrafe indicata la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Il Collegio reputa, preliminarmente, opportuno soffermarsi sulla natura della valutazione d'impatto ambientale (VIA) e delle posizioni soggettive in essa coinvolte, sul tipo di sindacato esercitabile dal G.A. e sui limiti, cognitori e probatori, al suo potere decisorio.
La Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA) costituisce, com'è noto, un importante terreno d'incontro e d'interazione tra discrezionalità amministrativa e tecnica.
La procedura di VIA può essere definita come un procedimento di natura tecnico/amministrativa teso a individuare gli effetti negativi e/o positivi che determinati progetti pubblici o privati possono comportare sull'ambiente, al fine di giudicarne la "compatibilità" con l'ambiente interessato.
Come suggerisce il termine stesso (Valutazione d'Impatto Ambientale), un'opera o progetto viene sottoposto a valutazione al fine di poter valutare che tipo d'impatto avrà sull'ambiente.
Per Impatto Ambientale s'intende l'insieme degli effetti rilevanti, diretti e indiretti, a breve e a lungo termine, permanenti e temporanei, singoli o cumulativi, positivi e negativi che progetti, pubblici o privati, hanno sull'ambiente inteso come insieme complesso di sistemi naturali e umani.
La VIA nasce, quindi, come strumento per individuare, descrivere e valutare gli effetti diretti e indiretti di un progetto sulla salute umana e su alcune componenti ambientali quali la fauna, la flora, il suolo, le acque, l'aria, il clima, il paesaggio e il patrimonio culturale e sull'interazione fra questi fattori e componenti.
Obiettivo del processo di VIA è proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita.
Circa l'esatta individuazione della natura del potere esercitato dalla P.A. in sede di VIA, inizialmente si riteneva che esso fosse caratterizzato esclusivamente da discrezionalità tecnica.
La più recente giurisprudenza amministrativa ha, tuttavia, chiarito che, nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l'amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti e della loro ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera o del progetto, apprezzamento che è sindacabile dal G.A. soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata, o sia stata svolta in modo inadeguato, e sia perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'amministrazione (C.d.S., sez. V, 6 luglio 2016 n. 3000, C.d.S., sez. V, 22 marzo 2012 n. 1640; C.d.S., sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3561; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; sez. V, 12 giugno 2009, n. 3770; Corte giust., 25 luglio 2008, c-142/07; Corte cost., 7 novembre 2007, n. 367; T.A.R. Abruzzo L'Aquila, sez. I, 20 aprile 2016, n. 237; T.A.R. Veneto, sez. III, 25 marzo 2016, n. 311 T.A.R. Piemonte, sez. II 10 ottobre 2014 n. 1552; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 19 giugno 2015 n. 2096 e 24 luglio 2013 n. 1746).
Le posizioni soggettive dei soggetti coinvolti nella procedura sono pacificamente qualificabili in termini di interesse legittimo ed è altrettanto assodato che le relative controversie non rientrano nel novero delle tassative ed eccezionali ipotesi di giurisdizione di merito previste dall'art. 134 c.p.a. (cfr., sotto l'egida della precedente normativa, identica in parte qua, C.d.S., ad. plen., 9 gennaio 2002, n. 1).
L'intensità del sindacato del G.A. risente della natura discrezionale, sia sul versante tecnico che amministrativo, della decisione finale assunta dalla P.A. in materia di VIA
Relativamente ai profili di discrezionalità tecnica, il sindacato è intrinseco, ma non sostitutivo.
Pur ammettendosi a seguito della nota sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato n. 601 del 1999 un sindacato intrinseco sugli apprezzamenti tecnici opinabili compiuti dalla P.A., laddove non emergano profili di palese erroneità o inattendibilità, ma solo margini di fisiologica opinabilità, della valutazione tecnico-specialistica operata dalla P.A., il Giudice - anche per il tramite dei suoi ausiliari - non può sovrapporre alla valutazione tecnica opinabile del competente organo della P.A. la propria.
Diversamente ragionando egli finirebbe col farsi amministratore, sostituendo un giudizio opinabile (nella specie, quello della Commissione VIA) con uno altrettanto incerto e opinabile (quello del consulente e/o il proprio), assumendo così un potere che la legge riserva alla P.A.
Si ritiene, pertanto, che a fronte di più valutazioni tecniche tutte fisiologicamente opinabili, ma allo stesso tempo tutte attendibili, debba prevalere l'apprezzamento tecnico effettuato dall'amministrazione.
Quanto al controllo esercitabile dal G.A. sulle valutazioni schiettamente discrezionali (anch'esse, come detto, ravvisabili in tema di VIA alla luce dei valori primari coinvolti), esso deve essere svolto ab estrinseco, nei limiti della rilevabilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare la sussistenza di seri indici di invalidità e non alla sostituzione dell'amministrazione.
Sulla scorta di consolidati principi (cfr., Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; C.d.S., sez. V, 22 marzo 2012 n. 1640; C.d.S., sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871) la sostituzione, da parte del G.A, della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell'amministrazione costituisce ipotesi di sconfinamento vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla P.A., quand'anche l'eccesso in questione sia compiuto da una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell'area dell'annullamento dell'atto.
In base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale, solo l'amministrazione è in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l'interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure; conseguentemente, il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti e non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa.
Facendo applicazione dei suesposti principi alla vicenda per cui è causa, il Collegio ritiene che il giudizio negativo di compatibilità ambientale e il diniego di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale siano stati adeguatamente motivati dalla Regione mediante rinvio ai pareri negativi espressi dalle amministrazioni ed uffici che si sono espressi nel corso del procedimento (che hanno evidenziato l'esondabilità dell'area, la fragilità idraulica del sito, la sua natura parzialmente boscata, il contrasto del progetto di discarica con gli strumenti pianificatori, la sua incompatibilità paesaggistica, ecc.) non essendo richiesto direttamente dalla legge, né essendo altrimenti ragionevole pretendere un'autonoma valutazione di quei pareri da parte dell'amministrazione procedente per denegare la richiesta autorizzazione (un'autonoma valutazione dei pareri sfavorevoli e dunque un particolare onere di motivazione del diniego, diversa ed ulteriore da quella per relationem, è necessaria solo se l'amministrazione procedente si discosti da quei pareri sfavorevoli: cfr. C.d.S., sez. V, 6 luglio 2016 n. 3000).
Dall'esame degli atti non emergono profili di palese inattendibilità o macroscopiche ipotesi di arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità, illogicità e travisamento dei fatti, nelle valutazioni tecnico-discrezionali (caratterizzate dalla complessità delle discipline specialistiche di riferimento e dall'opinabilità dell'esito della valutazione: es. esondabilità dell'area, sua pericolosità idraulica, ecc.) o puramente discrezionali compiute dalla Commissione VIA nel parere n. 578 del 2015 e recepite dalla Regione Veneto, all'esito di un'articolata e complessa istruttoria che ha coinvolto numerosi e qualificati organi amministrativi.
Le censure svolte dalle ricorrenti, tutte tese a contrastare il contenuto del compendio delle valutazioni discrezionali, anche sul piano tecnico, poste a base del positivo provvedimento definitivo di VIA sono inammissibili e infondate.
Le ricorrenti invero - pur deducendo una serie di figure sintomatiche di eccesso di potere, tra cui in particolare il travisamento dei fatti e, soprattutto, la carenza, lacunosità e insufficienza dell'istruttoria e della motivazione - mirano in realtà a surrogarsi all'autorità amministrativa nelle valutazioni opinabili di fatti (in caso di discrezionalità tecnica) e nel merito dell'azione amministrativa, cioè nelle scelte di opportunità (in caso di discrezionalità amministrativa), che il giudizio di compatibilità ambientale implica. Così facendo, tuttavia, esse pretendono di sostituire alle contestate valutazioni, che non superano mai la soglia dell'abnormità o della manifesta illogicità, le proprie valutazioni, chiedendo a questo Tribunale un sindacato che fuoriesce dai limiti sopra descritti (cfr. C.d.S., sez. V, 6 luglio 2016 n. 3000 secondo cui "non è sindacabile la scelta dell'amministrazione procedente di condividere e fare propri i pareri sfavorevoli espressi in sede di conferenza di servizi per una valutazione di impatto ambientale dagli uffici che hanno partecipato alla conferenza dei servizi stessa, poiché tale determinazione rientra nell'ambito della discrezionalità tecnico-amministrativa, sottratta al sindacato di legittimità, salvo le macroscopiche ipotesi di arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità, illogicità e travisamento dei fatti").
Per quanto sin qui esposto il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la regola della soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le società ricorrenti al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3000 (euro tremila/00), in favore di ciascuna amministrazione costituita, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.