Corte di cassazione
Sezione III penale
Sentenza 9 giugno 2016, n. 51692

Presidente: Amoresano - Estensore: Liberati

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 11 novembre 2015 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Nola ha dichiarato la propria incompetenza funzionale nel procedimento nei confronti di Saverio E., in relazione al reato di cui all'art. 527, comma 2, c.p., disponendo la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero, affinché proceda alla citazione diretta dell'imputato innanzi al Tribunale in composizione monocratica.

1.1. Nel provvedere sulla richiesta di rinvio a giudizio dell'imputato per il reato di cui all'art. 527, comma 2, c.p., il Giudice dell'udienza preliminare, ritenendo che il fatto contestato non potesse rientrare nella ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 527 c.p., bensì in quella contemplata dal primo comma della medesima disposizione, ha dichiarato la propria incompetenza funzionale ai sensi degli artt. 22, ultimo comma, 33-bis e 550 c.p.p.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nola, prospettando l'abnormità del provvedimento impugnato, in quanto neppure applicando l'art. 33-sexies c.p.p., anziché l'art. 22 c.p.p. richiamato nella sentenza impugnata, il procedimento avrebbe potuto regredire alla fase delle indagini preliminari, essendo preclusa al giudice dell'udienza preliminare la riqualificazione del fatto così come contestato dal pubblico ministero.

3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Nola, evidenziando come la errata interpretazione dell'ambito di applicazione dell'art. 33-sexies c.p.p. da parte del Giudice dell'udienza preliminare avesse determinato una indebita e non consentita regressione del processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Il provvedimento adottato dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Nola è abnorme, essendo espressione di un potere esplicatosi al di fuori dei casi consentiti e che ha determinato un'indebita regressione del procedimento.

Come già osservato da questa Corte spetta al giudice, in ogni fase processuale, il potere di dare al fatto contestato una diversa definizione o qualificazione giuridica, riconducendo così la fattispecie concreta allo schema legale che le è proprio, in forza della valenza generale della regola contenuta nell'art. 521, comma 1, c.p.p. (Sez. un., n. 16 del 19 giugno 1996 e n. 5307 del 2 dicembre 2007; cfr. inoltre Corte cost., n. 347 del 1991 e n. 112 del 1994).

Al giudice spetta, altresì, il potere di "ridurre" l'imputazione, così come quello di prosciogliere l'imputato, qualora ritenga in radice insussistente il fatto contestato: a tale risultato il giudice deve, peraltro, approdare, in presenza dei relativi presupposti, nel rispetto dei principi e della sequenza procedimentale delineati stabiliti dalla legge, secondo quanto disposto dagli artt. 425 e 429 c.p.p., come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. un., n. 5307 del 20 dicembre 2007).

È, invece, inibita al giudice la restituzione degli atti al pubblico ministero ai sensi dell'art. 33-sexies c.p.p., mediante un provvedimento irritualmente adottato a seguito della modificazione della regiudicanda prospettata dal Procuratore della Repubblica nella richiesta di rinvio a giudizio e non suscettibile di impugnazione (Sez. 5, n. 15051 del 22 febbraio 2012, De Cicco, [Rv.] 252475; Sez. 6, n. 29855 del 30 maggio 2012, Aniello, Rv. 253177; Sez. 1, n. 10666 del 27 gennaio 2015, Comparone, Rv. 262694).

Ove si ammettesse tale possibilità, si precluderebbe al pubblico ministero la possibilità di insistere sulla originaria imputazione ricorrendo alle contestazioni suppletive previste dagli artt. 516 c.p.p. e segg. (unico rimedio a lui concesso nel caso di "riduzione" della contestazione), poiché il rifiuto di celebrazione opposto dal giudice confliggerebbe con la previsione dell'art. 521-bis c.p.p., produttiva, potenzialmente, di una situazione di stallo (Sez. 5, n. 31975 del 10 luglio 2008, Ragazzoni, Rv. 241162).

Qualora, quindi, il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale contestando un reato che richieda l'udienza preliminare, il giudice non può rifiutare la celebrazione dell'udienza stessa, operando una diversa qualificazione giuridica del fatto e disponendo la regressione del procedimento, non consentita ai sensi dell'art. 33-sexies c.p.p.

Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che il suo ambito di operatività è riservato alle sole ipotesi in cui il giudice, preso atto della qualificazione giuridica del fatto data dal pubblico ministero, rilevi che per il reato contestato l'azione penale avrebbe dovuto essere esercitata attraverso il decreto di citazione diretta a giudizio.

Per tutte queste ragioni si deve ribadire che è abnorme, in quanto determina un'indebita regressione del processo, il provvedimento del giudice dell'udienza preliminare il quale, investito dal pubblico ministero della richiesta di rinvio a giudizio per un reato che ne preveda la celebrazione, disponga, previa riqualificazione giuridica del fatto, la restituzione degli atti al pubblico ministero ai sensi dell'art. 33-sexies c.p.p., perché proceda a citazione diretta, dovendo il giudice fare esercizio dei poteri a lui conferiti nel rispetto dei paradigmi normativi delineati rispettivamente dagli artt. 425 e 429 c.p.p. (così Sez. 1, n. 10666 del 27 gennaio 2015, Comparone, Rv. 262694).

S'impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, mediante la quale il giudice dell'udienza preliminare ha dichiarato la propria incompetenza e disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero a seguito della riqualificazione del fatto, e la trasmissione degli atti al Tribunale di Nola per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Nola.

Depositata il 5 dicembre 2016.